Mafia e fascismo: differenze tra le versioni

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Infatti, nel febbraio [[1944]] Giuliano si infiltrò a Taranto nella Xª MAS badogliana per conto della rete [[Fascismo|fascista]] di Pignatelli. Quando a Taranto poi giunsero i [[Fascismo|fascisti]] Cecacci e Bertucci, si spostò con loro a Penne, dove incontrò i fratelli Console di Partinico, che in seguito costituiranno una cellula clandestina dell'RSI proprio a Partinico ed in stretta relazione con la banda Giuliano e con Selene Corbellino, spia della banda Kock e coordinatrice dei [[nazifascisti]] meridionali.  
Infatti, nel febbraio [[1944]] Giuliano si infiltrò a Taranto nella Xª MAS badogliana per conto della rete [[Fascismo|fascista]] di Pignatelli. Quando a Taranto poi giunsero i [[Fascismo|fascisti]] Cecacci e Bertucci, si spostò con loro a Penne, dove incontrò i fratelli Console di Partinico, che in seguito costituiranno una cellula clandestina dell'RSI proprio a Partinico ed in stretta relazione con la banda Giuliano e con Selene Corbellino, spia della banda Kock e coordinatrice dei [[nazifascisti]] meridionali.  


I rapporti della banda Giuliano con la mafia sono inoltre testimoniati dal documento Sis del [[25 giugno]] [[1947]]: dal '43 agiva sotto il controllo dei vari capifamiglia delle zona in cui operava: Vincenzo Rimi (Alcamo), Santo Fleres (Partinico), Domenico Albano (Borgetto), Salvatore Celeste (San Cipirello), Giuseppe Troia (San Giuseppe Jato), don Ciccio Cuccia (Piana degli Albanesi), don Calcedonio Miceli (Monreale). Furono proprio loro a determinare la fine delle altre bande criminali della zona e a voler partecipare all'elaborazione di strategie antidemocratiche:  
I rapporti della banda Giuliano con la mafia sono inoltre testimoniati dal documento SIS del [[25 giugno]] [[1947]]: dal [[1943]] agivano, sotto il controllo dei vari capifamiglia delle zona in cui operavano, Vincenzo Rimi (Alcamo), Santo Fleres (Partinico), Domenico Albano (Borgetto), Salvatore Celeste (San Cipirello), Giuseppe Troia (San Giuseppe Jato), don Ciccio Cuccia (Piana degli Albanesi), don Calcedonio Miceli (Monreale). Furono proprio loro a determinare la fine delle altre bande criminali della zona e a voler partecipare all'elaborazione di strategie antidemocratiche:  
: «Mormini del Fronte - si legge in un lungo [[Salvatore Giuliano, un bandito fascista| rapporto del Sis]]) - avrebbe dovuto raggiungere in Sicilia la banda Giuliano, a contatto anche con la mafia locale in parte a disposizione del suo gruppo».   
:«Mormini del Fronte - si legge in un lungo [[Salvatore Giuliano, un bandito fascista|rapporto del SIS]]) - avrebbe dovuto raggiungere in Sicilia la banda Giuliano, a contatto anche con la mafia locale, in parte a disposizione del suo gruppo».   


Non è chiaro chi sia questo Mormini, ma il documento riportava che egli lavorava per il Fronte antibolscevico nell'isola, cioè per il “Nuovo comando generale” neofascista. Questa strategia antidemocratica e stragista sfocerà in vili sovversioni bombarole come la strage di Portella della Ginestra, di cui Giuliano fu il principale responsabile; il suo rapporto con i [[Fascismo|fascisti]] e con le forze reazionarie del paese è ben esemplificato dal rapporto SIS ([[25 luglio]] [[1947]]): ''[[Salvatore Giuliano, un bandito fascista]]''.
Non è chiaro chi sia questo Mormini, ma il documento riportava che egli lavorava per il Fronte antibolscevico nell'isola, cioè per il “Nuovo comando generale” neofascista. Questa strategia antidemocratica e stragista sfocerà in vili sovversioni bombarole come la strage di Portella della Ginestra, di cui Giuliano fu il principale responsabile; il suo rapporto con i [[Fascismo|fascisti]] e con le forze reazionarie del paese è ben esemplificato dal rapporto SIS ([[25 luglio]] [[1947]]): ''[[Salvatore Giuliano, un bandito fascista]]''.
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