Albert Camus: differenze tra le versioni

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Ne ''La peste'' descrive i flagelli dell'umanità, contestando l'[[individualismo]] assoluto e promovendo, in sua vece, la [[solidarietà]] e la socialità umana.  
Ne ''La peste'' descrive i flagelli dell'umanità, contestando l'[[individualismo]] assoluto e promovendo, in sua vece, la [[solidarietà]] e la socialità umana.  


E se ne ''Il mito di Sisifo'' il concetto di rivolta era trattato da un punto di vista metafisico e individuale, ne ''[[L'uomo in rivolta]]'' approda a un concetto di rivolta che dall'[[Individuo|individuo]] va verso la collettività. La [[rivolta]] viene vista come l'unico modo per combattere l'assurdità e l'ingiustizia della vita. La [[rivolta]] dà una nuova interpretazione all'essere umano: «'''mi rivolto, dunque siamo'''». Se si ammette una realtà e un pensiero senza mediazioni, si tradisce la realtà in nome della dismisura assolutistica e totalitaristica (declinata come [[rivoluzione]] e [[nichilismo]]). La realtà, invece, è multiforme e dotata di mille sfumature, che non si possono semplificare e banalizzare in visioni assolute. Al contrario, il "'''pensiero meridiano'''" (''la pensée de midi'') a cui giunge l'intellettuale francese si fonda sul concetto di '''misura''' greco (l'armonia, la proporzione e il limite erano infatti alla base dell'estetica e dell'etica greche e la giustizia, nel pensiero arcaico, era legata all'idea di equilibrio e '''''μέτρον''''' [''mètron'']) e in questo pensiero si coniugano la ragione e il sapere visionario dell'immaginazione creativa. È proprio la coscienza di vivere all'interno del limite ciò che, secondo Camus, abbiamo smarrito e che dovremmo ritrovare: ideali come la [[giustizia]] e la [[libertà]] sono realizzabili a condizione di perdere il loro carattere assoluto, trovando un limite nel confronto dell'una con l'altra. Ciò che può essere realizzato mantenendo integra la dignità e la [[libertà]] dell'uomo è solo un'approssimazione al regno della [[giustizia]] perfettamente compiuto, ovvero una [[giustizia]] solo relativa. Il rifiuto della menzogna in nome dell'onestà e della chiarezza, anche a prezzo dell'ostracismo intellettuale, fa di Camus una delle personalità più libere del Novecento. Libero da pregiudizi e ideologie, egli intende la [[libertà]] politica come legata alla [[rivolta]] contro ogni forma di conformismo e alla necessità di spirito critico nei confronti di ogni sistema politico. Qualsiasi attività umana, anche una politica che abbia di mira l'[[eguaglianza]] sociale, non può risolversi totalmente in prassi, ma deve essere sempre accompagnata dalla riflessione e dalla contemplazione. Solo recuperando il momento della riflessione l'uomo può perdere l'aspirazione al [[potere]] assoluto, riconciliandosi con il mondo circostante e riconquistando la dignità nella sua totale interezza.
E se ne ''Il mito di Sisifo'' il concetto di rivolta era trattato da un punto di vista metafisico e individuale, ne ''[[L'uomo in rivolta]]'' approda a un concetto di rivolta che dall'[[Individuo|individuo]] va verso la collettività. La [[rivolta]] viene vista come l'unico modo per combattere l'assurdità e l'ingiustizia della vita. La [[rivolta]] dà una nuova interpretazione all'essere umano: «'''mi rivolto, dunque siamo'''». Se si ammette una realtà e un pensiero senza mediazioni, si tradisce la realtà in nome della dismisura assolutistica e totalitaristica (declinata come [[rivoluzione]] e [[nichilismo]]). La realtà, invece, è multiforme e dotata di mille sfumature, che non si possono semplificare e banalizzare in visioni assolute. Al contrario, il "'''pensiero meridiano'''" (''la pensée de midi'') a cui giunge l'intellettuale francese si fonda sul concetto di '''misura''' greco (l'armonia, la proporzione e il limite erano infatti alla base dell'estetica e dell'etica greche e la giustizia, nel pensiero arcaico, era legata all'idea di equilibrio e '''''μέτρον''''' [''mètron'']): in questo pensiero si coniugano la ragione e il sapere visionario dell'immaginazione creativa. È proprio la coscienza di vivere all'interno del limite ciò che, secondo Camus, abbiamo smarrito e che dovremmo ritrovare: ideali come la [[giustizia]] e la [[libertà]] sono realizzabili a condizione di perdere il loro carattere assoluto, trovando un limite nel confronto dell'una con l'altra. Ciò che può essere realizzato mantenendo integra la dignità e la [[libertà]] dell'uomo è solo un'approssimazione al regno della [[giustizia]] perfettamente compiuto, ovvero una [[giustizia]] solo relativa. Il rifiuto della menzogna in nome dell'onestà e della chiarezza, anche a prezzo dell'ostracismo intellettuale, fa di Camus una delle personalità più libere del Novecento. Libero da pregiudizi e ideologie, egli intende la [[libertà]] politica come legata alla [[rivolta]] contro ogni forma di conformismo e alla necessità di spirito critico nei confronti di ogni sistema politico. Qualsiasi attività umana, anche una politica che abbia di mira l'[[eguaglianza]] sociale, non può risolversi totalmente in prassi, ma deve essere sempre accompagnata dalla riflessione e dalla contemplazione. Solo recuperando il momento della riflessione l'uomo può perdere l'aspirazione al [[potere]] assoluto, riconciliandosi con il mondo circostante e riconquistando la dignità nella sua totale interezza.


A metà del XX secolo Camus comincia ad aver la sensazione di non aver saputo indicare una vera saggezza e di essere pervenuto soltanto ad una cattiva coscienza. Per questo le sue ultime opere evidenziano un pessimismo cupo e privo di vie d'uscita.
A metà del XX secolo Camus comincia ad aver la sensazione di non aver saputo indicare una vera saggezza e di essere pervenuto soltanto ad una cattiva coscienza. Per questo le sue ultime opere evidenziano un pessimismo cupo e privo di vie d'uscita.
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