Massimo Rocca: differenze tra le versioni

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Partito da posizioni "[[Nietzsche|nicciane]]" e [[Stirner|stirneriane]] - che lo portarono ad auspicare «l'inveramento di un'aristocrazia di massa, che ribellandosi al potere ed elidendo la morale del gregge, conquisti per sè la [[libertà]] autentica, e liberando sé stessa, liberi ed infonda a quanti più possibile l'Amore per il Bene, il Bello, Il Vero» - in seguito, insieme all'[[anarchico]] [[Mario Gioda]], fu fra gli interventisti nella Prima guerra mondiale, distinguendosi con articoli su ''Il Resto del Carlino'' che incitavano [[Mussolini]] all'adesione alla guerra. Il futuro Duce all'epoca stava infatti cominciando a mettere in discussione il suo neutralismo socialista.  
Partito da posizioni "[[Nietzsche|nicciane]]" e [[Stirner|stirneriane]] - che lo portarono ad auspicare «l'inveramento di un'aristocrazia di massa, che ribellandosi al potere ed elidendo la morale del gregge, conquisti per sè la [[libertà]] autentica, e liberando sé stessa, liberi ed infonda a quanti più possibile l'Amore per il Bene, il Bello, Il Vero» - in seguito, insieme all'[[anarchico]] [[Mario Gioda]], fu fra gli interventisti nella Prima guerra mondiale, distinguendosi con articoli su ''Il Resto del Carlino'' che incitavano [[Mussolini]] all'adesione alla guerra. Il futuro Duce all'epoca stava infatti cominciando a mettere in discussione il suo neutralismo socialista.  


Rocca si definiva anche «Anarchico, fra gli anarchici» votato a un «[[anarchismo]] concepito come rivolta ideale e religiosa contro coloro che impestavano l'[[anarchia]] di utopie e di delinquenza». Per sfuggire a questa "delinquenza [[anarchica]]", egli però non trovò di meglio che il paradosso: aderì a [[fascismo]], che nella delinquenza aveva le sue fondamenta, sin dalla sua nascita nel [[1919]] (con lui anche [[Mario Gioda]]). Divenne uno dei leader del PNF e membro del Consiglio Generale del Fascismo. In seguito assunse posizioni revisionistiche, schierandosi contro l'eccesso di [[violenza]] degli squadristi ma anche contro il conservatorismo legalitario [[fascista]]. Criticò la [[Strage di Torino ([[18 dicembre|18]]-[[20 dicembre]] [[1922]])|strage di Torino del dicembre 1922]] ed altre [[violenze]] [[fasciste]], fu quindi espulso e costretto all'esilio in [[Francia]] (secondo varie fonti in esilio collaborava segretamente con l'[[OVRA]]). Rimase comunque sempre un tenace sostenitore di [[Mussolini]]. Dopo l'[[8 settembre]] [[1943]] rientrò in [[Italia]] per aderire alla [[Repubblica Sociale Italiana]].  
Rocca si definiva anche «Anarchico, fra gli anarchici» votato a un «[[anarchismo]] concepito come rivolta ideale e religiosa contro coloro che impestavano l'[[anarchia]] di utopie e di delinquenza». Per sfuggire a questa "delinquenza [[anarchica]]", egli però non trovò di meglio che il paradosso: aderì a [[fascismo]], che nella delinquenza aveva le sue fondamenta, sin dalla sua nascita nel [[1919]] (con lui anche [[Mario Gioda]]). Divenne uno dei leader del PNF e membro del Consiglio Generale del Fascismo. In seguito assunse posizioni revisionistiche, schierandosi contro l'eccesso di [[violenza]] degli squadristi ma anche contro il conservatorismo legalitario [[fascista]]. Criticò la [[Strage di Torino (18-20 dicembre 1922)|strage di Torino del dicembre 1922]] ed altre [[violenze]] [[fasciste]], fu quindi espulso e costretto all'esilio in [[Francia]] (secondo varie fonti in esilio collaborava segretamente con l'[[OVRA]]). Rimase comunque sempre un tenace sostenitore di [[Mussolini]]. Dopo l'[[8 settembre]] [[1943]] rientrò in [[Italia]] per aderire alla [[Repubblica Sociale Italiana]].  


Dopo la guerra fu arrestato e condannato a 15 anni di reclusione, in seguito amnistiati. Continuò a scrivere articoli (anche su ''Il Sole-24 ore'') su posizioni di critica dialettica nei confronti del [[fascismo]].
Dopo la guerra fu arrestato e condannato a 15 anni di reclusione, in seguito amnistiati. Continuò a scrivere articoli (anche su ''Il Sole-24 ore'') su posizioni di critica dialettica nei confronti del [[fascismo]].
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