Gian Pietro Lucini: differenze tra le versioni

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Nonostante i suoi sforzi per liberarsi dall'ipoteca dell'immaginifico, egli riecheggiò ed ebbe sempre a modello proprio il classico eroe dannunziano; particolari affinità e contiguità, debiti e riconoscenze della immagine luciniana del Melibeo si riscontrano in Stelio Effrena, il protagonista de ''Il Fuoco'' ([[1900]]). La creazione artistica e la sensibilità estetica sono i tratti che li accomunano irrevocabilmente. Lucini ritenne, però, a differenza di D'Annunzio, che alla base della mitica figura [[nietzschiana]] di Zarathustra, ben nascosto, ci fosse il mito dell'Unico [[stirneriano]], e ne trasse profitto per elaborare l'idea simbolica del suo eroe. Questi è, infatti, il costruttore e l'iniziatore di una nuova epoca, «unico legislatore di sé stesso» alla maniera di Claudio Cantelmo, il protagonista del romanzo dannunziano ''Le Vergini delle Rocce'' ([[1896]]): l'uomo più che uomo che, in quanto artista, prefigura, nel divenire carsico della storia, l'uomo sovversivo del futuro; questi sarà lo Sconosciuto-Riconosciuto, colui che crea la vita, «quell'Io di cui i ragionamenti della metafisica hanno parlato e hanno pur oggi identificato nelle sue divine ed immateriali ragioni senza confini. L'essenza fondamentale ed insieme cosciente dell'energia divina, cioè della Vita Universale».
Nonostante i suoi sforzi per liberarsi dall'ipoteca dell'immaginifico, egli riecheggiò ed ebbe sempre a modello proprio il classico eroe dannunziano; particolari affinità e contiguità, debiti e riconoscenze della immagine luciniana del Melibeo si riscontrano in Stelio Effrena, il protagonista de ''Il Fuoco'' ([[1900]]). La creazione artistica e la sensibilità estetica sono i tratti che li accomunano irrevocabilmente. Lucini ritenne, però, a differenza di D'Annunzio, che alla base della mitica figura [[nietzschiana]] di Zarathustra, ben nascosto, ci fosse il mito dell'Unico [[stirneriano]], e ne trasse profitto per elaborare l'idea simbolica del suo eroe. Questi è, infatti, il costruttore e l'iniziatore di una nuova epoca, «unico legislatore di sé stesso» alla maniera di Claudio Cantelmo, il protagonista del romanzo dannunziano ''Le Vergini delle Rocce'' ([[1896]]): l'uomo più che uomo che, in quanto artista, prefigura, nel divenire carsico della storia, l'uomo sovversivo del futuro; questi sarà lo Sconosciuto-Riconosciuto, colui che crea la vita, «quell'Io di cui i ragionamenti della metafisica hanno parlato e hanno pur oggi identificato nelle sue divine ed immateriali ragioni senza confini. L'essenza fondamentale ed insieme cosciente dell'energia divina, cioè della Vita Universale».
=== L'ironia e l'Humorismo ===
In alcune pagine precedenti il quinto capitolo dell'''Ora Topica di Carlo Dossi'', Lucini si sofferma sul concetto di ironia:
:«Buona ironia! Rimane il miglior idealismo preservativo, ricostituente, immunizza, è una ricchezza inesauribile, perchè, coll'usarla, la si riproduce; è un giocare colla vita, per fa sul serio dell'arte; è quanto rimane alle moderne genialità, dopo le messe sanguinose pontificate dalle passioni artificiali, dopo i suicidi delle loro maschere, che sono la modalità della loro coscienza: è quanto appartiene di più suo e di più caro all'artista, questa proposta dei logaritmi dell'imaginazione sciorinata davanti all'immusonita praticaccia venale; che se ne turba, se ne spaventa e manda per gendarme della logica, pel catedrante grigio, occhialuto e feticista» (in ''Ora Topica di Carlo Dossi'').
Il quinto capitolo dell'''Ora Topica di Carlo Dossi'', intitolato ''L'Humorismo lo vendica'', merita un'analisi particolare per i contenuti che Lucini esprime al suo interno e per l'attenzione che egli dedica ad un concetto davvero importante per chiunque si occupi di modernità e che inaugura esso stesso la modernità: l'umorismo.
Lucini vede nell'Humorismo l'unica difesa possibile dall'assurdità del mondo, dalla sua non corrispondenza con le aspettative dell'uomo, il ridicolo coniugato con la satira, la risata che si deforma in un ghigno, la deformazione espressionistica del reale che attrae, quasi con fascinazione ipnotica, verso il brutto e il deforme:
:«"L'Humorismo è attitudine speciale dell'intelletto e del carattere, per cui l'artista pone se stesso al posto delle cose" [citazione di Hegel]. Sostituire il fatto reale col fatto vero [...] ridere, riconfortarsi nella propria onestà; dileggiare altrui, manifestarsi lieto, non concedere al mondo la trista gioia d'esporgli le proprie sofferenze, che appunto il mondo gl'impone. [...] Questo è difendersi; questo è opporre violenza a violenza, volontà testarda a volontà incosciente; quali armi, il ridicolo, la satira, la falsa commiserazione, l'elogio a doppio taglio, come un bipenne, l'incenso affatturato da suffumigi d'ospedale, il ghigno, che sembra sorriso, la risata del disprezzo irrefrenato e convulsa, come una bestemmia!» (in ''Ora Topica di Carlo Dossi'').


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