Gian Pietro Lucini: differenze tra le versioni

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:«Le forme individue della Verità ricercata e spiegata con le formule racchiudono la catena trionfante dello scibile conquistato e rivelato. Se la Religione è la sintesi del Problema e del Mistero, se la Scienza ne è la rivelazione, verrà giorno in cui Scienza e Religione avranno un solo nome: Scienza Integrale».
:«Le forme individue della Verità ricercata e spiegata con le formule racchiudono la catena trionfante dello scibile conquistato e rivelato. Se la Religione è la sintesi del Problema e del Mistero, se la Scienza ne è la rivelazione, verrà giorno in cui Scienza e Religione avranno un solo nome: Scienza Integrale».


Il poeta milanese definì la sua dottrina filosofica «'''sincerismo critico'''», titolo di uno dei paragrafi conclusivi del suo libro. In buona sostanza, le affinità elettive più autentiche di Gian Pietro Lucini risalivano ai compagni dell'ultima fase della nostra scapigliatura e soprattutto agli amici [[Carlo Dossi]] e [[Camillo Boito]], che già ai tempi della [[Comune di Parigi]], avevano esordito nell'allora irrequieto mondo milanese e che ora nel nuovo secolo, sradicati ed incerti, ne restavano unici superstiti e testimoni, titubanti e spaesati nel nuovo clima culturale affermatosi. Legato ad una stagione ormai trascorsa, Gian Pietro Lucini provò un profondo disagio nei confronti della modernità in ogni campo e fu in quegli anni d'inizio Novecento una sorta di principe di Salina della cultura italiana, a cavallo tra due epoche e forse a disagio in ambedue. Per di più il suo carattere duro e diffidente ne condizionò spesso i rapporti con le nuove avanguardie artistiche e con le sopraggiungenti generazioni sovversive, persino con gli [[anarchici]] pur a lui così affini, che così egli ironicamente descrisse:
Il poeta milanese definì la sua dottrina filosofica «'''sincerismo critico'''», titolo di uno dei paragrafi conclusivi del suo libro. In buona sostanza, le affinità elettive più autentiche di Gian Pietro Lucini risalivano ai compagni dell'ultima fase della nostra scapigliatura e soprattutto agli amici [[Carlo Dossi]] <ref>e [[Camillo Boito]], che già ai tempi della [[Comune di Parigi]], avevano esordito nell'allora irrequieto mondo milanese e che ora nel nuovo secolo, sradicati ed incerti, ne restavano unici superstiti e testimoni, titubanti e spaesati nel nuovo clima culturale affermatosi. Legato ad una stagione ormai trascorsa, Gian Pietro Lucini provò un profondo disagio nei confronti della modernità in ogni campo e fu in quegli anni d'inizio Novecento una sorta di principe di Salina della cultura italiana, a cavallo tra due epoche e forse a disagio in ambedue. Per di più il suo carattere duro e diffidente ne condizionò spesso i rapporti con le nuove avanguardie artistiche e con le sopraggiungenti generazioni sovversive, persino con gli [[anarchici]] pur a lui così affini, che così egli ironicamente descrisse:
:«Venivano a me, lusingandomi, i [[libertari]] determinati e vanamente braccati, invano castigati dal fisco, dalla riprovazione, dall'isolamento, cercandomi compagno e combattente. Mandavano letterine femminili profumate ed eccitative, su cui, tra i rabeschi dello stil nuovo inglese, mi si pregava di collaborare e si cercava investigare le mie idee più a dentro ch'io non lo permettessi. Ed io ringraziava a quelle sollecitudini femminili di entusiaste, a quel bisogno di espandersi e di apostoleggiare; ma rifiutava. Tanto valeva ritornare al gregge, donde era uscito per sempre, se doveva mettermi a servizio di una schiera, combattesse pure per il trionfo di molte libertà oppure della Libertà indiscussa a me tanto cara».
:«Venivano a me, lusingandomi, i [[libertari]] determinati e vanamente braccati, invano castigati dal fisco, dalla riprovazione, dall'isolamento, cercandomi compagno e combattente. Mandavano letterine femminili profumate ed eccitative, su cui, tra i rabeschi dello stil nuovo inglese, mi si pregava di collaborare e si cercava investigare le mie idee più a dentro ch'io non lo permettessi. Ed io ringraziava a quelle sollecitudini femminili di entusiaste, a quel bisogno di espandersi e di apostoleggiare; ma rifiutava. Tanto valeva ritornare al gregge, donde era uscito per sempre, se doveva mettermi a servizio di una schiera, combattesse pure per il trionfo di molte libertà oppure della Libertà indiscussa a me tanto cara».


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