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=== La censura === | === La censura === | ||
[[Image:Bruno.jpeg|thumb|left|253|Il rogo di [[Giordano Bruno]] il [[17 febbraio]] [[1600]] a Campo de' Fiori in Roma.]] | [[Image:Bruno.jpeg|thumb|left|253|Il rogo di [[Giordano Bruno]] il [[17 febbraio]] [[1600]] a Campo de' Fiori in Roma.]] | ||
L'altra arma della Chiesa è stata la [[censura]], la persecuzione di una cultura alternativa a quella ecclesiastica. Fu formata una speciale commissione di cardinali denominata “Congregazione dell'Indice” avente il compito di tenere un elenco di libri (Indice dei libri proibiti) destinati alla distruzione e di cui si vietava la lettura. Nessun libro poté essere stampato senza l'approvazione dell'[[autorità]] ecclesiastica. Dopo il [[1542]], per iniziativa di Paolo III fu creata la “Sacra Congregazione del Santo Uffizio” ovvero la Santa Inquisizione <ref name="Le">Le origini di tale istituzione risalgono tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII in cui apparve la figura dell'Inquisitor, giudice straordinario designato dal papa per combattere l'eresia catara. La persecuzione, tuttavia, non colpì solo sospettati di eresia ma anche maghi, indovini, streghe. Il concilio di Trento nel XVI secolo decreta la nascita della Congregazione dell'Indice con il compito di bruciare i volumi censurati dalle autorità ecclesiastiche. La Santa Inquisizione opera allo scopo di applicare le conclusioni del concilio. Pio IV (?) decretò che i condannati in casi particolari potessero chiedere la revisione del processo. Durante il pontificato di Pio V tra il 1566 ed il 1571 si tennero a Roma ben dodici autodafé. Dalla metà del XVI secolo alla metà del XVII si trasforma in organo ordinario amministrativo della Santa Sede come garante dell'ordine, difensore della fede e morigeratrice dei costumi. I muri delle chiese saranno col tempo preferite alle esecuzioni pubbliche, le visite di commissari presso i villaggi furono sempre più rare sino a cessare praticamente la propria attività nel XVIII. Qui si tratta dell'Inquisizione Romana, non di quella spagnola che in Italia agiva solo in Sardegna e Sicilia ed era animata soprattutto da intenti politici più che religiosi. | L'altra arma della Chiesa è stata la [[censura]], la persecuzione di una cultura alternativa a quella ecclesiastica. Fu formata una speciale commissione di cardinali denominata “Congregazione dell'Indice” avente il compito di tenere un elenco di libri (Indice dei libri proibiti) destinati alla distruzione e di cui si vietava la lettura. Nessun libro poté essere stampato senza l'approvazione dell'[[autorità]] ecclesiastica. Dopo il [[1542]], per iniziativa di Paolo III fu creata la “Sacra Congregazione del Santo Uffizio” ovvero la Santa Inquisizione <ref name="Le">Le origini di tale istituzione risalgono tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII in cui apparve la figura dell'Inquisitor, giudice straordinario designato dal papa per combattere l'eresia catara. La persecuzione, tuttavia, non colpì solo sospettati di eresia ma anche maghi, indovini, streghe. Il concilio di Trento nel XVI secolo decreta la nascita della Congregazione dell'Indice con il compito di bruciare i volumi censurati dalle autorità ecclesiastiche. La Santa Inquisizione opera allo scopo di applicare le conclusioni del concilio. Pio IV (?) decretò che i condannati in casi particolari potessero chiedere la revisione del processo. Durante il pontificato di Pio V tra il [[1566]] ed il [[1571]] si tennero a Roma ben dodici autodafé. Dalla metà del XVI secolo alla metà del XVII si trasforma in organo ordinario amministrativo della Santa Sede come garante dell'ordine, difensore della fede e morigeratrice dei costumi. I muri delle chiese saranno col tempo preferite alle esecuzioni pubbliche, le visite di commissari presso i villaggi furono sempre più rare sino a cessare praticamente la propria attività nel XVIII. Qui si tratta dell'Inquisizione Romana, non di quella spagnola che in Italia agiva solo in Sardegna e Sicilia ed era animata soprattutto da intenti politici più che religiosi. | ||
La prassi seguita era sempre la stessa. L'Inquisitor giungeva nel luogo in cui era segnalata la presenza di un eretico con lo scopo di istruire un processo. Le [[autorità]] civili erano obbligate a collaborare, altrimenti sarebbero stati scomunicati. Il giudice inquisitore promulgava quindi due editti: uno detto “di fede” con cui si emanava l'ordine di denuncia per chiunque fosse consapevole della presenza di eretici; l'altro detto “di grazia” stabiliva un periodo di tempo (tra le due settimane e un mese) entro cui l'eretico sarebbe stato perdonato, in caso di una sua autodenuncia, dopo una penitenza. Scaduto il periodo di grazia si insediava ufficialmente il tribunale composto dall'inquisitore e il suo vicario; i commissari; alcuni “probi” nominati dal potere civile; i guardiani della prigione; un notaio e dei segretari. Tutti questi componenti avevano l'obbligo di controllarsi a vicenda per denunciare alla Santa Sede le eventuali inadempienze. Qualora il ricercato non fosse stato preso o non si presentasse, scattava la condanna alla scomunica in contumacia che diventava definitiva dopo un anno. | La prassi seguita era sempre la stessa. L'Inquisitor giungeva nel luogo in cui era segnalata la presenza di un eretico con lo scopo di istruire un processo. Le [[autorità]] civili erano obbligate a collaborare, altrimenti sarebbero stati scomunicati. Il giudice inquisitore promulgava quindi due editti: uno detto “di fede” con cui si emanava l'ordine di denuncia per chiunque fosse consapevole della presenza di eretici; l'altro detto “di grazia” stabiliva un periodo di tempo (tra le due settimane e un mese) entro cui l'eretico sarebbe stato perdonato, in caso di una sua autodenuncia, dopo una penitenza. Scaduto il periodo di grazia si insediava ufficialmente il tribunale composto dall'inquisitore e il suo vicario; i commissari; alcuni “probi” nominati dal potere civile; i guardiani della prigione; un notaio e dei segretari. Tutti questi componenti avevano l'obbligo di controllarsi a vicenda per denunciare alla Santa Sede le eventuali inadempienze. Qualora il ricercato non fosse stato preso o non si presentasse, scattava la condanna alla scomunica in contumacia che diventava definitiva dopo un anno. | ||
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All'imputato era consentito di difendersi da se, presentando memoriali e rispondendo alle domande all'interrogatorio alla presenza dei probi, la cui consultazione era d'obbligo prima di emettere una sentenza. L'accusato di eresia era sottoposto a tortura nel caso in cui non avesse reso confessione immediata e spontanea. La bolla ''Ad estirpanda'' del 1252 di papa Innocenzo IV autorizzava la tortura definendone circostanze e modi d'uso. Successivi provvedimenti di papa Alessandro IV e Urbano IV autorizzavano l'inquisitore ad assistervi per dettare ai notai le confessioni estorte. Le pratiche di [[tortura]] più utilizzate erano il cavalletto e i carboni ardenti. Non era infrequente la morte dei rei prima di confessare, mentre spesso confessavano il falso mossi dall'unico obiettivo di evitare i tormenti. | All'imputato era consentito di difendersi da se, presentando memoriali e rispondendo alle domande all'interrogatorio alla presenza dei probi, la cui consultazione era d'obbligo prima di emettere una sentenza. L'accusato di eresia era sottoposto a tortura nel caso in cui non avesse reso confessione immediata e spontanea. La bolla ''Ad estirpanda'' del 1252 di papa Innocenzo IV autorizzava la tortura definendone circostanze e modi d'uso. Successivi provvedimenti di papa Alessandro IV e Urbano IV autorizzavano l'inquisitore ad assistervi per dettare ai notai le confessioni estorte. Le pratiche di [[tortura]] più utilizzate erano il cavalletto e i carboni ardenti. Non era infrequente la morte dei rei prima di confessare, mentre spesso confessavano il falso mossi dall'unico obiettivo di evitare i tormenti. | ||
La sentenza spettava all'inquisitore ed ai suoi commissari dopo la consultazione dei probi e di un consiglio apposito. Il giudice iniziava quindi col riassumere accuse e impressioni dell'interrogatorio ed infine enunciava la pena per l'eretico. Il giudizio era proclamato pubblicamente nel corso di un “sermo generalis”, assemblea meglio nota con il nome spagnolo di | La sentenza spettava all'inquisitore ed ai suoi commissari dopo la consultazione dei probi e di un consiglio apposito. Il giudice iniziava quindi col riassumere accuse e impressioni dell'interrogatorio ed infine enunciava la pena per l'eretico. Il giudizio era proclamato pubblicamente nel corso di un “sermo generalis”, assemblea meglio nota con il nome spagnolo di [[autodafé]]. In questa riunione pubblica l'inquisitor confutava l'eresia e riceveva il giuramento delle [[autorità]] laiche che promettevano di contrastare tali teorie pericolose. La sentenza era quindi proclamata. La condanna andava dall'abiura accompagnata dalla marcatura sul corpo e sugli abiti di croci rosse, al carcere perpetuo alla consegna al “braccio secolare”, ovvero la giurisdizione civile. Nessuno è mai sopravvissuto a quest'ultima; la Chiesa formalmente invitava a non spargere sangue declinando ogni responsabilità sulla sorte dei condannati dallo Stato a causa di essa. | ||
Gli eretici che rifiutavano l'abiura erano bruciati vivi. Non c'era scampo neanche per chi riusciva a sfuggire la condanna. Una volta deceduto, il cadavere dell'eretico era riesumato e sottoposto ad impiccagione, decapitazione e cremazione pubblica. Inoltre i beni erano confiscati e spesso erano abbattute le case in cui gli eretici avevano risieduto; figli e nipoti degli eretici erano esclusi dalla vita civile ed ecclesiastica.</ref> con il compito di reprimere le eresie luterane e calviniste, l'apostasia, e con lo scopo di perseguitare i fautori, complici e seguaci delle eresie. Questa sterzata repressiva ebbe la colpa di bloccare il libero pensiero ed il progresso culturale, specialmente in [[Italia]]; gli intellettuali scomodi furono annientati anche fisicamente poiché coltivavano una cultura alternativa a quella clericale. Nel XVI secolo gli eretici italiani Aonio Paleario e Pietro Carnesecchi furono uccisi sul rogo; Fausto Socini, Galeazzo Caracciolo e Giacomo Aconcio furono invece costretti ad emigrare e si concluse così la speranza di Riforma anche nel nostro paese, con la morte o l'esilio dei suoi capi. Particolare attenzione merita Socini, fautore della [[libertà]] di coscienza e per questo contrario sia al [[luteranesimo]] e al [[calvinismo]] che alla Chiesa; fu dunque perseguitato per la sua lotta contro l'intolleranza religiosa. | Gli eretici che rifiutavano l'abiura erano bruciati vivi. Non c'era scampo neanche per chi riusciva a sfuggire la condanna. Una volta deceduto, il cadavere dell'eretico era riesumato e sottoposto ad impiccagione, decapitazione e cremazione pubblica. Inoltre i beni erano confiscati e spesso erano abbattute le case in cui gli eretici avevano risieduto; figli e nipoti degli eretici erano esclusi dalla vita civile ed ecclesiastica.</ref> con il compito di reprimere le eresie luterane e calviniste, l'apostasia, e con lo scopo di perseguitare i fautori, complici e seguaci delle eresie. Questa sterzata repressiva ebbe la colpa di bloccare il libero pensiero ed il progresso culturale, specialmente in [[Italia]]; gli intellettuali scomodi furono annientati anche fisicamente poiché coltivavano una cultura alternativa a quella clericale. Nel XVI secolo gli eretici italiani Aonio Paleario e Pietro Carnesecchi furono uccisi sul rogo; Fausto Socini, Galeazzo Caracciolo e Giacomo Aconcio furono invece costretti ad emigrare e si concluse così la speranza di Riforma anche nel nostro paese, con la morte o l'esilio dei suoi capi. Particolare attenzione merita Socini, fautore della [[libertà]] di coscienza e per questo contrario sia al [[luteranesimo]] e al [[calvinismo]] che alla Chiesa; fu dunque perseguitato per la sua lotta contro l'intolleranza religiosa. |