Oreste Ristori: differenze tra le versioni

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Lasciando la sua compagna Mercedes in [[Brasile]], Ristori fa ritorno in [[Italia]] nel giugno [[1936]] con l'idea fissa di ricongiungersi al più presto con l'amata compagna. Per questo, dopo aver raggiunto la [[Spagna]] da Livorno per aggregarsi con le forze antifasciste impegnate nella [[rivoluzione spagnola|rivoluzione antifranchista]], anche da Barcellona proverà inutilmente a far giungere la moglie dal Sud America. Stesso esito avrà il tentativo di riunirsi a lei in [[Francia]] avvalendosi dell'aiuto di Luigi Campolonghi, presidente della LIDU («Lega italiana dei diritti dell'uomo»).
Lasciando la sua compagna Mercedes in [[Brasile]], Ristori fa ritorno in [[Italia]] nel giugno [[1936]] con l'idea fissa di ricongiungersi al più presto con l'amata compagna. Per questo, dopo aver raggiunto la [[Spagna]] da Livorno per aggregarsi con le forze antifasciste impegnate nella [[rivoluzione spagnola|rivoluzione antifranchista]], anche da Barcellona proverà inutilmente a far giungere la moglie dal Sud America. Stesso esito avrà il tentativo di riunirsi a lei in [[Francia]] avvalendosi dell'aiuto di Luigi Campolonghi, presidente della LIDU («Lega italiana dei diritti dell'uomo»).


Allo scoppio della seconda guerra mondiale si trova in [[Francia]] confinato nel campo di Roland Garros, dal quale sarà poi estradato in [[Italia]] nel [[1940]]. Le [[autorità]] fasciste gli impongono la residenza sorvegliata a Empoli, ma quando il regime cade egli è tra i primi scende in piazza e a festeggiare con pubbliche manifestazioni non autorizzate che gli costano la detenzione alle Murate a Firenze. Durante il trasferimento in cella ingiuria ironicamente con l'appellativo di «gelataio» il comandante di Polizia. Un insulto che gli costerà una nuova denuncia.  
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale si trova in [[Francia]] confinato nel campo di Roland Garros, dal quale sarà poi estradato in [[Italia]] nel [[1940]]. Le [[autorità]] fasciste gli impongono la residenza sorvegliata a Empoli, ma quando il regime cade egli è tra i primi scende in piazza e a festeggiare con pubbliche manifestazioni non autorizzate che gli costano la detenzione alle Murate a Firenze. Durante il trasferimento in cella ingiuria ironicamente con l'appellativo di «gelataio» il comandante di Polizia. Un insulto che gli costerà una nuova denuncia.  


Il [[2 dicembre]], mentre si trova proprio alle Murate ([[carcere]] fiorentino), una milizia [[fascista]] lo preleva insieme all'anarchico [[Gino Manetti]] e a tre comunisti (Armando Gualtieri, Luigi Pugi e Orlando Storai) come rappresaglia dell'omicidio del colonnello Gobbi da parte dei partigiani.
Il [[2 dicembre]], mentre si trova proprio alle Murate ([[carcere]] fiorentino), una milizia [[fascista]] lo preleva insieme all'anarchico [[Gino Manetti]] e a tre comunisti (Armando Gualtieri, Luigi Pugi e Orlando Storai) come rappresaglia dell'omicidio del colonnello Gobbi da parte dei partigiani.
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