Il Risveglio Anarchico: differenze tra le versioni

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In altra occasione, alla tesi sostenuta dagli [[anarco-individualisti|individualisti]], che associazione è sinonimo di autoritarismo, il giornale ebbe modo di ribattere che, al contrario:
In altra occasione, alla tesi sostenuta dagli [[anarco-individualisti|individualisti]], che associazione è sinonimo di autoritarismo, il giornale ebbe modo di ribattere che, al contrario:
:«[...] si può esercitarne uno grandissimo all'infuori d'ogni aggruppamento [...] Diremo di più. In mancanza d'organizazzione, l'autoritarismo è inevitabile. Il compagno più capace o intraprendente mette gli altri in presenza d'una sua iniziativa già presa, e non hanno tempo né modo di discuterla. Non resta loro che appoggiarla incondizionatamente [...] Sono appunto gli autoritari che negano la possibilità d'un'unione senza capi, e certi compagni nostri vengono indirettamente a dar loro ragione col terrore che dimostrano per ogni qualsiasi intesa un po' allargata». <ref>Cfr. ''In tema d'organizzazione'' (risposta della redazione a un intervento di «Prometeo»), n. 599, del 14 ottobre 1922. Cfr. altresì ''Vecchio tema'', n. 608, del 10 febbraio 1923; ''Per uno schiarimento'', n. 610, del 10 marzo 1923; ''Vecchio tema'', n. 653, dell'8 novembre 1923. Una chiara sintesi della concezione [[bertoniana]] dell'organizzazione (compresa «l'organizzazione sindacale - sulla quale sono più che mai divisi gli organizzatori stessi - e l'organizzazione, chiamiamola così, politica»), si ritrova, comunque, nel lungo scritto ''Anarchia e Associazione'', pubblicato a puntate sul suppl. ai n. 753, 754 e 755, rispettivamente del 22 settembre, 6 e 20 ottobre 1928, nel quale vengono altresì denunciate, come antianarchiche, le formule e gli eccessi organizzativi degli «arscinovisti»: «I compagni russi che hanno fatto la dolorosa esperienza di una rivoluzione, hanno sentito talmente la mancanza di un'organizzazione [...] dal volerne una anche in contraddizione coi principi anarchici». Per le posizioni di [[Luigi Bertoni|Bertoni]] nei confronti dell'[[individualismo anarchico]], si veda, infine, l'articolo ''Metafisca dell'Individualismo'', pubblicato in «Pensiero e Volontà» (Roma), a. II, n. 1 (1 gennaio 1925), pp. 6-7.</ref>
:«[...] si può esercitarne uno grandissimo all'infuori d'ogni aggruppamento [...]. Diremo di più. In mancanza d'organizazzione, l'autoritarismo è inevitabile. Il compagno più capace o intraprendente mette gli altri in presenza d'una sua iniziativa già presa, e non hanno tempo né modo di discuterla. Non resta loro che appoggiarla incondizionatamente [...]. Sono appunto gli autoritari che negano la possibilità d'un'unione senza capi, e certi compagni nostri vengono indirettamente a dar loro ragione col terrore che dimostrano per ogni qualsiasi intesa un po' allargata». <ref>Cfr. ''In tema d'organizzazione'' (risposta della redazione a un intervento di «Prometeo»), n. 599, del 14 ottobre 1922. Cfr. altresì ''Vecchio tema'', n. 608, del 10 febbraio 1923; ''Per uno schiarimento'', n. 610, del 10 marzo 1923; ''Vecchio tema'', n. 653, dell'8 novembre 1923. Una chiara sintesi della concezione [[bertoniana]] dell'organizzazione (compresa «l'organizzazione sindacale - sulla quale sono più che mai divisi gli organizzatori stessi - e l'organizzazione, chiamiamola così, politica»), si ritrova, comunque, nel lungo scritto ''Anarchia e Associazione'', pubblicato a puntate sul suppl. ai n. 753, 754 e 755, rispettivamente del 22 settembre, 6 e 20 ottobre 1928, nel quale vengono altresì denunciate, come antianarchiche, le formule e gli eccessi organizzativi degli «arscinovisti»: «I compagni russi che hanno fatto la dolorosa esperienza di una rivoluzione, hanno sentito talmente la mancanza di un'organizzazione [...] dal volerne una anche in contraddizione coi principi anarchici». Per le posizioni di [[Luigi Bertoni|Bertoni]] nei confronti dell'[[individualismo anarchico]], si veda, infine, l'articolo ''Metafisca dell'Individualismo'', pubblicato in «Pensiero e Volontà» (Roma), a. II, n. 1 (1 gennaio 1925), pp. 6-7.</ref>


In sintesi, gli schemi organizzativi sostenuti da ''Il Risveglio'', possono essere considerati, a partire dagli anni '20, sostanzialmente conformi a quelli formulati dal'[[Unione Anarchica Italiana]], anche se a tale organismo il foglio ginevrino non fece mai atto di formale adesione, onde evitare dissensi e possibili spaccature all'interno del movimento italo-elvetico. Tale, almeno, la giustificazione più tardi addotta dallo stesso [[Luigi Bertoni|Bertoni]], quando, costretto a una nuova presa di posizione sulla spinosa questione, ebbe modo di precisare che:
In sintesi, gli schemi organizzativi sostenuti da ''Il Risveglio'', possono essere considerati, a partire dagli anni '20, sostanzialmente conformi a quelli formulati dal'[[Unione Anarchica Italiana]], anche se a tale organismo il foglio ginevrino non fece mai atto di formale adesione, onde evitare dissensi e possibili spaccature all'interno del movimento italo-elvetico. Tale, almeno, la giustificazione più tardi addotta dallo stesso [[Luigi Bertoni|Bertoni]], quando, costretto a una nuova presa di posizione sulla spinosa questione, ebbe modo di precisare che:
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Da critico, l'atteggiamento del giornale nei confronti del [[bolscevismo]] divenne apertamente ostile non appena fu chiara la politica di repressione condotta dal nuovo regime sovietico contro tutte le forze [[rivoluzionarie]], di fede non [[bolscevica]]: <ref> Vedi, ad esempio, ''Documenti rivoluzionari'', n. 529, del 3 gennaio 1920; ''Involuzione bolscevica'', n. 532, del 14 febbraio 1920.</ref>  
Da critico, l'atteggiamento del giornale nei confronti del [[bolscevismo]] divenne apertamente ostile non appena fu chiara la politica di repressione condotta dal nuovo regime sovietico contro tutte le forze [[rivoluzionarie]], di fede non [[bolscevica]]: <ref> Vedi, ad esempio, ''Documenti rivoluzionari'', n. 529, del 3 gennaio 1920; ''Involuzione bolscevica'', n. 532, del 14 febbraio 1920.</ref>  
:«L'errore di alcuni [[anarchici]] - si legge, in particolare, in una postilla redazionale a una corrispondenza di «Numitore» ([[Leonida Mastrodicasa]]) - fu di non aver subito attaccato con vigore la dittatura sedicente [[rivoluzionaria]], conformemente al programma elaborato da più di cinquant'anni. Ora non c'è possibilità d'accordo coi capi neo-comunisti [...] I giacobini della [[rivoluzione russa]] si sono ormai trasformati essi stessi in termidoriani per rimanere al potere». <ref>''Per la rivoluzione'', n. 577, del 26 novembre 1921.</ref>
:«L'errore di alcuni [[anarchici]] - si legge, in particolare, in una postilla redazionale a una corrispondenza di «Numitore» ([[Leonida Mastrodicasa]]) - fu di non aver subito attaccato con vigore la dittatura sedicente [[rivoluzionaria]], conformemente al programma elaborato da più di cinquant'anni. Ora non c'è possibilità d'accordo coi capi neo-comunisti [...]. I giacobini della [[rivoluzione russa]] si sono ormai trasformati essi stessi in termidoriani per rimanere al potere». <ref>''Per la rivoluzione'', n. 577, del 26 novembre 1921.</ref>


La frattura coi [[comunisti]] era, a questo punto, chiaramente irreparabile. L'intolleranza [[bolscevica]] aveva d'altronde confermato, alla prova dei fatti, l'inconciliabilità - sia nei mezzi che nei fini - di due opposte concezioni del [[socialismo]]; ed in pratica si lasciava interpretare come un serio avvertimento a diffidare, anche in avvenire, di possibili accordi, per quanto temporanei, con le forze [[marxiste]], se questi si fossero ripresentati in vista di nuove esperienze rivoluzionarie. Più che mai significativa è, d'altronde, la decisione presa al convegno di Zurigo del [[4 luglio|4]]-[[5 luglio]] [[1925]], di sopprimere dalla testata del giornale la parola "comunista", onde non lasciare dubbi sull'assoluta autonomia del programma politico portato avanti dall'organo ginevrino ed evitare, per il futuro, l'insorgere di pericolosi malintesi:
La frattura coi [[comunisti]] era, a questo punto, chiaramente irreparabile. L'intolleranza [[bolscevica]] aveva d'altronde confermato, alla prova dei fatti, l'inconciliabilità - sia nei mezzi che nei fini - di due opposte concezioni del [[socialismo]]; ed in pratica si lasciava interpretare come un serio avvertimento a diffidare, anche in avvenire, di possibili accordi, per quanto temporanei, con le forze [[marxiste]], se questi si fossero ripresentati in vista di nuove esperienze rivoluzionarie. Più che mai significativa è, d'altronde, la decisione presa al convegno di Zurigo del [[4 luglio|4]]-[[5 luglio]] [[1925]], di sopprimere dalla testata del giornale la parola "comunista", onde non lasciare dubbi sull'assoluta autonomia del programma politico portato avanti dall'organo ginevrino ed evitare, per il futuro, l'insorgere di pericolosi malintesi:
:«[[Malatesta]] - si legge nel resoconto post-congressuale - aveva accennato lui pure alla necessità di dirci ormai semplicemente [[anarchici]], a scanso di ogni equivoco. Per esserci detti, noi soli, comunisti, durante quasi mezzo secolo, quando gli stessi [[Marx]] ed Engels, senza contare poi [[Lenin]], non si dicevano più tali, potremmo insistere a rivendicare la qualità di comunisti, ma non ne risulterebbe che un grave danno per noi [...] Oggi che il comunismo significa per i più la dittatura di [[Stato]] di un partito che lo rivendica, anche se non vuole in fondo che aggiungere al [[capitalismo]] privato un [[capitalismo]] di [[Stato]] sempre più potente, col dirci comunisti la massa ignara di storia e di dottrina potrebbe farsi il più falso concetto dell'[[anarchismo]] o magari rimproverarci le più incredibili contraddizioni». <ref>''Il nostro Convegno'', supplemento al n. 672, del 31 luglio 1925. Crf. anche la lettera di [[Luigi Bertoni|Bertoni]] a [[Emilio Grassini]], in data 2 gennaio 1947, pubblicata in ''[[L'Adunata dei Refrattari]]'' (New York) del 17 ottobre 1964, p. 3.</ref>
:«[[Malatesta]] - si legge nel resoconto post-congressuale - aveva accennato lui pure alla necessità di dirci ormai semplicemente [[anarchici]], a scanso di ogni equivoco. Per esserci detti, noi soli, comunisti, durante quasi mezzo secolo, quando gli stessi [[Marx]] ed Engels, senza contare poi [[Lenin]], non si dicevano più tali, potremmo insistere a rivendicare la qualità di comunisti, ma non ne risulterebbe che un grave danno per noi [...]. Oggi che il comunismo significa per i più la dittatura di [[Stato]] di un partito che lo rivendica, anche se non vuole in fondo che aggiungere al [[capitalismo]] privato un [[capitalismo]] di [[Stato]] sempre più potente, col dirci comunisti la massa ignara di storia e di dottrina potrebbe farsi il più falso concetto dell'[[anarchismo]] o magari rimproverarci le più incredibili contraddizioni». <ref>''Il nostro Convegno'', supplemento al n. 672, del 31 luglio 1925. Crf. anche la lettera di [[Luigi Bertoni|Bertoni]] a [[Emilio Grassini]], in data 2 gennaio 1947, pubblicata in ''[[L'Adunata dei Refrattari]]'' (New York) del 17 ottobre 1964, p. 3.</ref>


È da ritenersi pertanto corretta e conforme a questa linea di pensiero (e non «purezza dottrinaria» o «coerenza di principi» per partito preso), la posizione assunta dal giornale nei confronti di quella corrente di [[anarchici]] « terzointernazionalisti » che sosteneva l'opportunità di un «fronte unico rivoluzionario» con le forze [[marxiste]] <ref>Crf. nel n. 528, del 20 dicembre 1919, la rubrica ''Manrovesci e battimani''.</ref>, per il pericolo insito in questo genere di coalizione, di dover abdicare ai criteri tattici e teorici dell'[[anarchismo]], «per diventare volta a volta zimmerwaldiani, kienthaliani, [[bolscevichi]], terzinternazionalisti, dittatoristi, e non sappiamo cos'altro ancora». <ref>''Unione non unità'', n. 553, del 28 febbraio 1920.</ref>
È da ritenersi pertanto corretta e conforme a questa linea di pensiero (e non «purezza dottrinaria» o «coerenza di principi» per partito preso), la posizione assunta dal giornale nei confronti di quella corrente di [[anarchici]] « terzointernazionalisti » che sosteneva l'opportunità di un «fronte unico rivoluzionario» con le forze [[marxiste]] <ref>Crf. nel n. 528, del 20 dicembre 1919, la rubrica ''Manrovesci e battimani''.</ref>, per il pericolo insito in questo genere di coalizione, di dover abdicare ai criteri tattici e teorici dell'[[anarchismo]], «per diventare volta a volta zimmerwaldiani, kienthaliani, [[bolscevichi]], terzinternazionalisti, dittatoristi, e non sappiamo cos'altro ancora». <ref>''Unione non unità'', n. 553, del 28 febbraio 1920.</ref>
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Nettissimo fu, al tempo stesso, il rifiuto de ''Il Risveglio'' per una partecipazione [[anarchica]] alla costituzione di un «Fronte Unico», in quanto - affermava - «non crediamo esista formula teorica che possa unire tutti gli [[antifascisti]]». <ref>''Lotta antifascista'', supplemento al n. 699, del 21 agosto 1926.</ref> Un anno più tardi, rispondendo a un appello lanciato dalle colonne de l'''Avanti!'' dalla direzione del Partito Socialista, a comunisti, republicani ed [[anarchici]], «per l'unità proletaria nella lotta [[antifascista]]», replicava che gli [[anarchici]] non possono aderirvi, perché:
Nettissimo fu, al tempo stesso, il rifiuto de ''Il Risveglio'' per una partecipazione [[anarchica]] alla costituzione di un «Fronte Unico», in quanto - affermava - «non crediamo esista formula teorica che possa unire tutti gli [[antifascisti]]». <ref>''Lotta antifascista'', supplemento al n. 699, del 21 agosto 1926.</ref> Un anno più tardi, rispondendo a un appello lanciato dalle colonne de l'''Avanti!'' dalla direzione del Partito Socialista, a comunisti, republicani ed [[anarchici]], «per l'unità proletaria nella lotta [[antifascista]]», replicava che gli [[anarchici]] non possono aderirvi, perché:
:«[...] è evidente che l'accordo non può farsi che per determinati atti, il cui sviluppo sarà quel che sarà, secondo circostanze ed opportunità, forze e possibilità, ma sarebbe assurdo esigere da chiunque di rinunciare ad influire sugli avvenimenti in senso proprio, soprattutto quando si tratta, come nel caso nostro, di salvaguardare la maggiore [[libertà]] per tutti [...] I gruppi senza confondersi e seguendo ciascuno il proprio cammino possono convergere tutti contro il [[fascismo]] [...] L'azione [[insurrezionale]] deve partire dai più diversi punti della periferia e non da un centro, quasi sempre esitante e ritardatario». <ref>Vedi, sul supplemento al n. 713, del 5 marzo 1927, la rubrica ''Manrovesci e Battimani'', nonché, sullo stesso numero, l'intervento di C. B. ([[Camillo Berneri]]) ''L'Antifascismo in Francia. Il fronte unico''.</ref>
:«[...] è evidente che l'accordo non può farsi che per determinati atti, il cui sviluppo sarà quel che sarà, secondo circostanze ed opportunità, forze e possibilità, ma sarebbe assurdo esigere da chiunque di rinunciare ad influire sugli avvenimenti in senso proprio, soprattutto quando si tratta, come nel caso nostro, di salvaguardare la maggiore [[libertà]] per tutti [...]. I gruppi senza confondersi e seguendo ciascuno il proprio cammino possono convergere tutti contro il [[fascismo]] [...]. L'azione [[insurrezionale]] deve partire dai più diversi punti della periferia e non da un centro, quasi sempre esitante e ritardatario». <ref>Vedi, sul supplemento al n. 713, del 5 marzo 1927, la rubrica ''Manrovesci e Battimani'', nonché, sullo stesso numero, l'intervento di C. B. ([[Camillo Berneri]]) ''L'Antifascismo in Francia. Il fronte unico''.</ref>


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