La Questione Sociale (Paterson): differenze tra le versioni

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Dopo l'attentato di Monza del [[29 luglio]] [[1900]], il quotidiano newyorkese ''L'Araldo Italiano'' si era fatto promotore di una sottoscrizione pubblica, per inviare una targa-corona del valore di mille dollari, sulla tomba di Umberto I, oltre un album «da offrirsi al fantoccio figlio del re Mitraglia di Savoia, per dimostrare tutta la loro ammirazione e devozione per il piccolo nuovo tiranno». Come risposta a tale iniziativa, ''La Questione Sociale'' aveva messo in circolazione «sottoscrizioni dal titolo Nickel-Protesta, allo scopo di dimostrare, una volta ancora, che le nostre simpatie sono tutte per il [[Bresci]]» e per raccogliere fondi da devolvere a favore della compagna e delle figlie dell'anarchico pratese. <ref>Cfr. ''La protesta dei cinque soldi (Nickel-Protesta)'', in «L'Aurora» (Yohoghany, Pa.) del [[20 ottobre]] [[1900]] e il trafiletto ''Umberto e Bresci'', in «L'Alba Sociale» (Ybor City-Tampa, Fla.) del [[15 giugno]] [[1901]], ove è rilevato con soddisfazione, che «l'Araldo, dopo quasi un anno di continui strimpellanti appelli» ancora non aveva raggiunto l'obiettivo prefissosi, mentre «la lista della Questione Sociale, l'organo degli aborriti anarchici, supera già di parecchio la somma di dollari mille».</ref>
Dopo l'attentato di Monza del [[29 luglio]] [[1900]], il quotidiano newyorkese ''L'Araldo Italiano'' si era fatto promotore di una sottoscrizione pubblica, per inviare una targa-corona del valore di mille dollari, sulla tomba di Umberto I, oltre un album «da offrirsi al fantoccio figlio del re Mitraglia di Savoia, per dimostrare tutta la loro ammirazione e devozione per il piccolo nuovo tiranno». Come risposta a tale iniziativa, ''La Questione Sociale'' aveva messo in circolazione «sottoscrizioni dal titolo Nickel-Protesta, allo scopo di dimostrare, una volta ancora, che le nostre simpatie sono tutte per il [[Bresci]]» e per raccogliere fondi da devolvere a favore della compagna e delle figlie dell'anarchico pratese. <ref>Cfr. ''La protesta dei cinque soldi (Nickel-Protesta)'', in «L'Aurora» (Yohoghany, Pa.) del [[20 ottobre]] [[1900]] e il trafiletto ''Umberto e Bresci'', in «L'Alba Sociale» (Ybor City-Tampa, Fla.) del [[15 giugno]] [[1901]], ove è rilevato con soddisfazione, che «l'Araldo, dopo quasi un anno di continui strimpellanti appelli» ancora non aveva raggiunto l'obiettivo prefissosi, mentre «la lista della Questione Sociale, l'organo degli aborriti anarchici, supera già di parecchio la somma di dollari mille».</ref>


È grazie a questa sottoscrizione straordinaria, che il [[29 luglio]] [[1903]] venne pubblicato a New York il numero unico '''''Umberto e Bresci''''' (sottotitolato «'''[[1900]]-[[29 luglio]]-[[1903]]. Terzo anniversario della caduta del tiranno d'Italia. Per cura di un gruppo di anarchici di New York'''» e recante il motto «'''La morte di un tiranno è la vita di un popolo - Chi ama il popolo non può dolersi della morte di un tiranno'''» <ref>Leonardo Bettini, [https://bettini.ficedl.info/article804.html ''Umberto e Bresci''], in ''Bibliografia dell'anarchismo''.</ref>), uscito in sostituzione del n. 63 de ''La Questione Sociale'', e diffuso gratuitamente in oltre 50.000 esemplari «per facilitare l'operaio che ancora non conosce chi fu il magnanimo Umberto e chi l'assassino [[Bresci]]». <ref>Cfr., a p. 4, ''Il nostro compito e quello dei compagni''.</ref>
È grazie a questa sottoscrizione straordinaria, che il [[29 luglio]] [[1903]] venne pubblicato a New York il numero unico '''''Umberto e Bresci''''' (sottotitolato «'''[[1900]] - [[29 luglio]] - [[1903]]. Terzo anniversario della caduta del tiranno d'Italia. Per cura di un gruppo di anarchici di New York'''» e recante il motto «'''La morte di un tiranno è la vita di un popolo - Chi ama il popolo non può dolersi della morte di un tiranno'''» <ref>Leonardo Bettini, [https://bettini.ficedl.info/article804.html ''Umberto e Bresci''], in ''Bibliografia dell'anarchismo''.</ref>), uscito in sostituzione del n. 63 de ''La Questione Sociale'', e diffuso gratuitamente in oltre 50.000 esemplari «per facilitare l'operaio che ancora non conosce chi fu il magnanimo Umberto e chi l'assassino [[Bresci]]». <ref>Cfr., a p. 4, ''Il nostro compito e quello dei compagni''.</ref>


In tutti gli scritti presenti nel supplemento troviamo esaltata la figura ed il gesto del «figlio del popolo» [[Bresci]], cui viene contrapposta quella del «tiranno» Umberto I, «parassita inutile e dannoso della società». Per entrambi - è detto - «noi attendiamo fiduciosi il verdetto della storia». <ref>Vedi gli articoli: ''Umberto-Bresci'', ''Confronto'' e ''Psicologia''.</ref> Infine, sotto il titolo ''Chi semina raccoglie'', viene fornito, in cifre, il bilancio dei 22 anni di regno di Umberto, durante i quali - è ricordato - il «re filantropo, buono e galantuomo, rubò al già dissanguato popolo italiano la bagatella di 400 milioni di lire. Fece massacrare in Africa ventimila giovani lavoratori... ventimila anni di carcere furono distribuiti agli affamati... mille e duecento lavoratori furono vigliaccamente massacrati dai sicari suoi... In tutto ciò non è compreso lo svaligiamento delle banche, il furto manifesto del gioco del lotto... più ancora... i delitti delle caserme, i relegati alle infami isole, gli incidenti sui lavori, l'emigrazione forzata di qualche duecentomila all'anno, il credito degl'italiani all'estero, l'Istruzione pubblica interna, il cretinismo religioso... E con tutto questo po' po' di sterminio umano, di vigliaccheria sfacciata, di ladrocinio, si trovano ancora dei neo-cavalieri Maffiosi, ricettari e ladri patentati che versano amare lagrime per la perdita irreparabile del più grande assassino d'Italia. Umberto fece bagnare di sangue del popolo le desolate terre italiane... ed a Milano, che ancora fresca era la memoria dei sepolti dell'anno prima, a Milano il tiranno seminò, e a due passi di distanza raccolse il frutto dei suoi orrendi delitti».
In tutti gli scritti presenti nel supplemento troviamo esaltata la figura ed il gesto del «figlio del popolo» [[Bresci]], cui viene contrapposta quella del «tiranno» Umberto I, «parassita inutile e dannoso della società». Per entrambi - è detto - «noi attendiamo fiduciosi il verdetto della storia». <ref>Vedi gli articoli: ''Umberto-Bresci'', ''Confronto'' e ''Psicologia''.</ref> Infine, sotto il titolo ''Chi semina raccoglie'', viene fornito, in cifre, il bilancio dei 22 anni di regno di Umberto, durante i quali - è ricordato - il «re filantropo, buono e galantuomo, rubò al già dissanguato popolo italiano la bagatella di 400 milioni di lire. Fece massacrare in Africa ventimila giovani lavoratori... ventimila anni di carcere furono distribuiti agli affamati... mille e duecento lavoratori furono vigliaccamente massacrati dai sicari suoi... In tutto ciò non è compreso lo svaligiamento delle banche, il furto manifesto del gioco del lotto... più ancora... i delitti delle caserme, i relegati alle infami isole, gli incidenti sui lavori, l'emigrazione forzata di qualche duecentomila all'anno, il credito degl'italiani all'estero, l'Istruzione pubblica interna, il cretinismo religioso... E con tutto questo po' po' di sterminio umano, di vigliaccheria sfacciata, di ladrocinio, si trovano ancora dei neo-cavalieri Maffiosi, ricettari e ladri patentati che versano amare lagrime per la perdita irreparabile del più grande assassino d'Italia. Umberto fece bagnare di sangue del popolo le desolate terre italiane... ed a Milano, che ancora fresca era la memoria dei sepolti dell'anno prima, a Milano il tiranno seminò, e a due passi di distanza raccolse il frutto dei suoi orrendi delitti».
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