Regis Debray: differenze tra le versioni

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Tornato in [[Francia]] dopo il rilascio, Debray inizia a maturare una forma di rispetto nei confronti di uno [[Stato]] forte e autorevole, svolgendo attività politica come consigliere speciale del presidente François Mitterand per sette anni. Nel [[1993]], deluso dalla falsità di uno [[Stato]]-immagine, tutto intento a cercare il [[consenso]] anziché risolvere i problemi delle masse, abbandona definitivamente la politica.
Tornato in [[Francia]] dopo il rilascio, Debray inizia a maturare una forma di rispetto nei confronti di uno [[Stato]] forte e autorevole, svolgendo attività politica come consigliere speciale del presidente François Mitterand per sette anni. Nel [[1993]], deluso dalla falsità di uno [[Stato]]-immagine, tutto intento a cercare il [[consenso]] anziché risolvere i problemi delle masse, abbandona definitivamente la politica.


Si dedica con impegno alla [[filosofia]] e alla strutturazione di una nuova disciplina, la [[mediologia]], da lui proposta nel [[1989]] con il suo saggio ''Cours de médiologie générale'' (Corso di mediologia generale). Con questa disciplina egli intenderebbe «comprendere le dinamiche con cui vengono tramandate le tradizioni dei diversi gruppi sociali, alla luce dei condizionamenti a esse imposte da parte dei principali dispositivi impiegati: la scrittura, la stampa, la televisione e attualmente Internet» <ref>[http://www.zam.it/biografia_Regis_Debray Biografia Regis Debray]</ref>. In ''Lo Stato seduttore'', del [[1993]], Debray arriva a sostenere che se uno [[Stato]] è impregnato di forti ideologie politiche, come quella [[marxista]], o anche di forti legami con una qualsiasi [[religione]], come avviene nelle teocrazie, il rischio per la popolazione è la [[repressione]] generalizzata. In caso contrario il pericolo è quello di cadere in una depressione generalizzata, nella quale a farla da padrone è il potere della ricchezza e dell'immagine. Un ruolo determinante nella desacralizzazione delle immagini e nell'indebolimento del simbolismo di [[Stato]] è, secondo Debray, svolto dai [[media]] e dalla tv in particolare.
Si dedica con impegno alla [[filosofia]] e alla strutturazione di una nuova disciplina, la [[mediologia]], da lui proposta nel [[1989]] con il suo saggio ''Cours de médiologie générale'' (Corso di mediologia generale). Con questa disciplina egli intenderebbe «comprendere le dinamiche con cui vengono tramandate le tradizioni dei diversi gruppi sociali, alla luce dei condizionamenti a esse imposte da parte dei principali dispositivi impiegati: la scrittura, la stampa, la televisione e attualmente Internet» <ref>[http://www.zam.it/biografia_Regis_Debray Biografia Regis Debray]</ref>. In ''Lo Stato seduttore'', del [[1993]], Debray arriva a sostenere che se uno [[Stato]] è impregnato di forti ideologie politiche, come quella [[marxista]], o anche di forti legami con una qualsiasi [[religione]], come avviene nelle teocrazie, il rischio per la popolazione è la [[repressione]] generalizzata. In caso contrario il pericolo è quello di cadere in una depressione generalizzata, nella quale a farla da padrone è il potere della ricchezza e dell'immagine. Un ruolo determinante nella desacralizzazione delle immagini e nell'indebolimento del simbolismo di [[Stato]] è, secondo Debray, svolto dai [[media]] e dalla TV in particolare.


La sua opera ''Cosa abbiamo imparato dai Tupamaros?'' è stata tradotta in tutto il mondo e pubblicata in [[Italia]], avendo una grande influenza sui [[movimenti rivoluzionari]]. Debray è inoltre famoso per aver sviluppato «[[la dottrina del focolaio]]», una teoria rivoluzionaria ispirata da [[Ernesto Che Guevara]] e sviluppata dal filosofo francese attraverso il testo ''Rivoluzione nella rivoluzione?'' (1967).
La sua opera ''Cosa abbiamo imparato dai Tupamaros?'' è stata tradotta in tutto il mondo e pubblicata in [[Italia]], avendo una grande influenza sui [[movimenti rivoluzionari]]. Debray è inoltre famoso per aver sviluppato «[[la dottrina del focolaio]]», una teoria rivoluzionaria ispirata da [[Ernesto Che Guevara]] e sviluppata dal filosofo francese attraverso il testo ''Rivoluzione nella rivoluzione?'' (1967).
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