Che cos'è l'ecologia sociale (di Murray Bookchin): differenze tra le versioni

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In questo senso la società di mercato, non ponendo limiti allo sviluppo e all'egoismo, è unica. '''I suoi principi antisociali, per cui l'individualismo selvaggio è il principale motivo di avanzamento sociale e la competizione il motore del progresso, sono chiaramente in disaccordo con tutte le culture passate. Comunque queste attitudini fossero espresse sulla scena sociale, il disinteresse personale era infatti considerato tratto di autentica nobiltà umana e la disponibilità alla cooperazione la principale dimostrazione di virtù sociale.'''
In questo senso la società di mercato, non ponendo limiti allo sviluppo e all'egoismo, è unica. '''I suoi principi antisociali, per cui l'individualismo selvaggio è il principale motivo di avanzamento sociale e la competizione il motore del progresso, sono chiaramente in disaccordo con tutte le culture passate. Comunque queste attitudini fossero espresse sulla scena sociale, il disinteresse personale era infatti considerato tratto di autentica nobiltà umana e la disponibilità alla cooperazione la principale dimostrazione di virtù sociale.'''


La società di mercato ha fornito la peggiore interpretazione dei più consolidati valori del passato ed esibito, nelle guerre mondiali di questo secolo, un tale grado di brutalità da far sembrare, al confronto, miti le precedenti "crudeltà della Storia". Nei dibattiti sulla crisi ecologica e sociale moderna si è portati sempre più a non riconsiderare la fondamentale importanza di una latente mentalità di dominazione che da secoli giustifica il dominio dell'uomo sull'uomo e per conseguenza dell'uomo sulla natura. '''Mi riferisco ad un'immagine del mondo naturale per cui la natura stessa è vista come "cieca", "muta", "crudele", "corripetitiva e avara": un "regno della necessità" apparentemente dernoniaco che si oppone alla battaglia "dell'uomo" per la libertà e l'autodeterminazione.''' "L'uomo" sembra confrontarsi ad un'ostile alterità contro cui deve misurare la propria abilità e astuzia. La Storia è così presentata come un dramma prometeico in cui "l'uomo" afferma eroicamente se stesso sfidando la brutalità di un inflessibile mondo naturale. Il progresso viene visto come un mezzo per tirar fuori l'umanità dal letame di un insensato dominio, irragionevole e brutale, ciò che Jean Paul Sartre chiamava "la melma della Storia", per la benefica luce della ragione e della civilizzazione.
La società di mercato ha fornito la peggiore interpretazione dei più consolidati valori del passato ed esibito, nelle guerre mondiali di questo secolo, un tale grado di brutalità da far sembrare, al confronto, miti le precedenti "crudeltà della Storia". Nei dibattiti sulla crisi ecologica e sociale moderna si è portati sempre più a non riconsiderare la fondamentale importanza di una latente mentalità di dominazione che da secoli giustifica il dominio dell'uomo sull'uomo e per conseguenza dell'uomo sulla natura. '''Mi riferisco ad un'immagine del mondo naturale per cui la natura stessa è vista come "cieca", "muta", "crudele", "corripetitiva e avara": un "regno della necessità" apparentemente dernoniaco che si oppone alla battaglia "dell'uomo" per la libertà e l'autodeterminazione.''' "L'uomo" sembra confrontarsi ad un'ostile alterità contro cui deve misurare la propria abilità e astuzia. La Storia è così presentata come un dramma prometeico in cui "l'uomo" afferma eroicamente stesso sfidando la brutalità di un inflessibile mondo naturale. Il progresso viene visto come un mezzo per tirar fuori l'umanità dal letame di un insensato dominio, irragionevole e brutale, ciò che Jean Paul Sartre chiamava "la melma della Storia", per la benefica luce della ragione e della civilizzazione.


L'immagine di tale natura demoniaca e ostile risale al mondo greco e ancor prima all'epopea sumera di Gilgamesh. Arrivata al suo culmine nei due secoli scorsi, e particolarmente in epoca vittoriana, persiste ancor oggi nel nostro modo di pensare. Per paradosso è proprio l'idea di una natura cieca, muta, crudele e avara, che costituisce il fondamento di quelle scienze sociali, dei vari umanesimi che pretendono offrire un'alternativa di civiltà alla brutalità della natura e alla legge della giungla.''' Proprio come queste discipline accentuano l'"invalicabile abisso" tra natura e società nell'accezione classica del dualismo tra ciò che è fisico e ciò che è mentale, l'economia si definisce letteralmente come studio della "scarsità" delle risorse (leggi: "natura avara") e della "illimitatezza dei bisogni", sviluppandosi essenzialmente sull'interconnessione tra natura e umanità '''. '''Nello stesso modo la sociologia si considera una disciplina che analizza l'ascesa sociale dell'"uomo" dall'"animalità". La psicologia a sua volta, particolarmente nell'indirizzo freudiano, è focalizzata sul controllo della sregolata "natura interiore" dell'umanità ''' '''attraverso la razionalità, e i relativi imperativi imposti dalla "civilizzazione" - con il programma segreto di sublimare la potenza dell'uomo nel progetto di controllo della "natura esterna".
L'immagine di tale natura demoniaca e ostile risale al mondo greco e ancor prima all'epopea sumera di Gilgamesh. Arrivata al suo culmine nei due secoli scorsi, e particolarmente in epoca vittoriana, persiste ancor oggi nel nostro modo di pensare. Per paradosso è proprio l'idea di una natura cieca, muta, crudele e avara, che costituisce il fondamento di quelle scienze sociali, dei vari umanesimi che pretendono offrire un'alternativa di civiltà alla brutalità della natura e alla legge della giungla.''' Proprio come queste discipline accentuano l'"invalicabile abisso" tra natura e società nell'accezione classica del dualismo tra ciò che è fisico e ciò che è mentale, l'economia si definisce letteralmente come studio della "scarsità" delle risorse (leggi: "natura avara") e della "illimitatezza dei bisogni", sviluppandosi essenzialmente sull'interconnessione tra natura e umanità '''. '''Nello stesso modo la sociologia si considera una disciplina che analizza l'ascesa sociale dell'"uomo" dall'"animalità". La psicologia a sua volta, particolarmente nell'indirizzo freudiano, è focalizzata sul controllo della sregolata "natura interiore" dell'umanità ''' '''attraverso la razionalità, e i relativi imperativi imposti dalla "civilizzazione" - con il programma segreto di sublimare la potenza dell'uomo nel progetto di controllo della "natura esterna".
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Questa profonda divisione che sacerdoti e filosofi concepirono secoli fa secondo la visione di una natura senz'anima e di un'anima snaturata, è stata realizzata nella forma di una disastrosa frammentazione dell'umanità e della natura e, oggigiorno, della stessa psiche umana. La logica degli eventi scorre quasi senza modificazioni da un'immagine distorta del mondo naturale ai contorni deformati del mondo sociale, minacciando di seppellire la società in quella "melma della storia" che non appartiene all'operare della natura ma dell'uomo - parlo delle prime gerarchie da cui emersero le classi economiche; dei sistemi di dominio, all'inizio a spese delle donne da parte degli uomini, che hanno comportato poi sistemi di sfruttamento altamente razionalizzati; e in seguito legioni di guerrieri, preti, monarchi e burocrati emerse dalle articolazioni delle società tribali per diventare più tardi i tiranni istituzionali della società di mercato.
Questa profonda divisione che sacerdoti e filosofi concepirono secoli fa secondo la visione di una natura senz'anima e di un'anima snaturata, è stata realizzata nella forma di una disastrosa frammentazione dell'umanità e della natura e, oggigiorno, della stessa psiche umana. La logica degli eventi scorre quasi senza modificazioni da un'immagine distorta del mondo naturale ai contorni deformati del mondo sociale, minacciando di seppellire la società in quella "melma della storia" che non appartiene all'operare della natura ma dell'uomo - parlo delle prime gerarchie da cui emersero le classi economiche; dei sistemi di dominio, all'inizio a spese delle donne da parte degli uomini, che hanno comportato poi sistemi di sfruttamento altamente razionalizzati; e in seguito legioni di guerrieri, preti, monarchi e burocrati emerse dalle articolazioni delle società tribali per diventare più tardi i tiranni istituzionali della società di mercato.
[[File:Anarchy symbol neat.png|thumb|250px|[[A cerchiata]]]]
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Non dovrebbe essere necessario ricordare ancora una volta l'equivoco per cui l'autentica giungla che chiamiamo "Libero mercato" è intesa come estensione della competizione umana "naturale": una fiction ideologica che si presenta sotto l'etichetta di darwinismo sociale e di sociobiologia. '''I leoni diventano "Re degli animali" solo per gli esseri umani, per chi comanda imperi e imprese; le formiche sono "umili" in natura solo in virtù di ideologie diffuse da templi, palazzi, manieri e castelli, e, oggigiorno, propagate dagli apologeti ossequiosi del potere esistente. La realtà ''',''' come vedremo, è diversa, una natura concepita come "gerarchica", per non parlare degli altri "bestiali" e borghesissimi caratteri che le si attribuiscono, riflette solamente una condizione umana in cui il dominio e la sottomissione sono fini a se stessi e mettono in questione la stessa esistenza della biosfera.'''Lungi da essere mero "oggetto" della cultura, la natura è sempre con noi, fa parte dell'immagine che ci facciamo di noi stessi, è la pietra angolare di quelle stesse discipline che le negano un posto nella nostra formazione sociale e personale, persino nel protrarsi dell'infanzia della nostra prole che rende la mente umana aperta allo sviluppo culturale e crea quei legami dai quali emerge una società organizzata.
Non dovrebbe essere necessario ricordare ancora una volta l'equivoco per cui l'autentica giungla che chiamiamo "Libero mercato" è intesa come estensione della competizione umana "naturale": una fiction ideologica che si presenta sotto l'etichetta di darwinismo sociale e di sociobiologia. '''I leoni diventano "Re degli animali" solo per gli esseri umani, per chi comanda imperi e imprese; le formiche sono "umili" in natura solo in virtù di ideologie diffuse da templi, palazzi, manieri e castelli, e, oggigiorno, propagate dagli apologeti ossequiosi del potere esistente. La realtà ''',''' come vedremo, è diversa, una natura concepita come "gerarchica", per non parlare degli altri "bestiali" e borghesissimi caratteri che le si attribuiscono, riflette solamente una condizione umana in cui il dominio e la sottomissione sono fini a stessi e mettono in questione la stessa esistenza della biosfera.'''Lungi da essere mero "oggetto" della cultura, la natura è sempre con noi, fa parte dell'immagine che ci facciamo di noi stessi, è la pietra angolare di quelle stesse discipline che le negano un posto nella nostra formazione sociale e personale, persino nel protrarsi dell'infanzia della nostra prole che rende la mente umana aperta allo sviluppo culturale e crea quei legami dai quali emerge una società organizzata.
E la natura è sempre con noi come coscienza delle trasgressioni che abbiamo visto all'opera sul pianeta-terra e terribile vendetta che ci aspetta per la violazione dell'equilibrio ecologico.
E la natura è sempre con noi come coscienza delle trasgressioni che abbiamo visto all'opera sul pianeta-terra e terribile vendetta che ci aspetta per la violazione dell'equilibrio ecologico.
Quello che distingue l'ecologia sociale è che essa smentisce la rozza rappresentazione che viene tradizionalmente data del mondo naturale e della sua evoluzione. E lo fa senza annullare il sociale nel naturale, come fa la sociobiologia, o attribuendo alla natura proprietà mistiche fuori della comprensione umana e dello sguardo razionale. In effetti l'ecologia sociale pone la mente umana e la stessa umanità in un contesto naturale che esplora in termini di storia naturale, così che le scissioni tra mente e corpo, sociale e naturale, sono superate e il tradizionale dualismo della cultura occidentale viene trasceso da una interpretazione evolutiva della coscienza naturalmente ricca di diversificazioni.
Quello che distingue l'ecologia sociale è che essa smentisce la rozza rappresentazione che viene tradizionalmente data del mondo naturale e della sua evoluzione. E lo fa senza annullare il sociale nel naturale, come fa la sociobiologia, o attribuendo alla natura proprietà mistiche fuori della comprensione umana e dello sguardo razionale. In effetti l'ecologia sociale pone la mente umana e la stessa umanità in un contesto naturale che esplora in termini di storia naturale, così che le scissioni tra mente e corpo, sociale e naturale, sono superate e il tradizionale dualismo della cultura occidentale viene trasceso da una interpretazione evolutiva della coscienza naturalmente ricca di diversificazioni.
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Non ho bisogno di essere tendenzioso. È certo infatti che l'umanità dell'Occidente, spesso travolta da controrivoluzioni autoritarie, considererebbe comunque meno negativo adattarsi ad una visione sociale libertaria che ad una totalitaria. Che le mie parole possano sembrare tendenziose o no, si consideri l'intera logica del mio punto di vista: lo sguardo che portiamo al mondo naturale incide profondamente sull'immagine che sviluppiamo dei mondi sociali, perfino se asseriamo la "supremazia" e "l'autonomia" della cultura sulla natura.
Non ho bisogno di essere tendenzioso. È certo infatti che l'umanità dell'Occidente, spesso travolta da controrivoluzioni autoritarie, considererebbe comunque meno negativo adattarsi ad una visione sociale libertaria che ad una totalitaria. Che le mie parole possano sembrare tendenziose o no, si consideri l'intera logica del mio punto di vista: lo sguardo che portiamo al mondo naturale incide profondamente sull'immagine che sviluppiamo dei mondi sociali, perfino se asseriamo la "supremazia" e "l'autonomia" della cultura sulla natura.
In che senso l'ecologia sociale guarda la natura proprio come terreno per un'etica della libertà? Se la storia dell'evoluzione naturale non è comprensibile nella descrizione atomistica di Locke, relativa ad una specie particolare, se questa storia è fondamentalmente una descrizione dell'evoluzione dell'intero ecosistema verso direzioni evolutive sempre più complesse e flessibili, allora non può essere semplicemente vista come "governata" da "necessità" o "leggi inesorabili" e imperative. Ogni organismo si ostina in qualche modo a preservare se stesso cercando di mantenere la propria identità e di resistere a un tipo di entropia biologica che ne minaccia l'integrità e la complessità. Ma, anche se leggermente, ogni organismo trasforma comunque i requisiti che gli assicurano la condizione di forma vivente distinta, nella capacità di scegliere le alternative che gli assicurino sopravvivenza e benessere, non solo la capacità di reagire come semplice insieme psico-fisico.
In che senso l'ecologia sociale guarda la natura proprio come terreno per un'etica della libertà? Se la storia dell'evoluzione naturale non è comprensibile nella descrizione atomistica di Locke, relativa ad una specie particolare, se questa storia è fondamentalmente una descrizione dell'evoluzione dell'intero ecosistema verso direzioni evolutive sempre più complesse e flessibili, allora non può essere semplicemente vista come "governata" da "necessità" o "leggi inesorabili" e imperative. Ogni organismo si ostina in qualche modo a preservare stesso cercando di mantenere la propria identità e di resistere a un tipo di entropia biologica che ne minaccia l'integrità e la complessità. Ma, anche se leggermente, ogni organismo trasforma comunque i requisiti che gli assicurano la condizione di forma vivente distinta, nella capacità di scegliere le alternative che gli assicurino sopravvivenza e benessere, non solo la capacità di reagire come semplice insieme psico-fisico.


Questa embrionale libertà è rinforzata dalla ricchezza della complessità ecologica che mette la vita in sincronia con ecosistemi in evoluzione. L'elaborazione delle possibilità che deriva dall'elaborazione della diversità e dal crescente numero di alternative a cui è confrontata l'evoluzione della specie, apre sempre nuove e feconde vie di sviluppo organico. La vita non è passiva di fronte a queste possibilità d'evoluzione. Tende ad esse attivamente, in un processo di mutua stimolazione tra organismi e ambiente, così come attivamente crea e colonizza le nicchie che ospitano moltitudini di forme di vita diverse. Questa immagine di vita attiva e ingegnosa non richiede uno "spirito" hegeliano o un logos "eracliteo" per essere compresa. Infatti l'attività metabolica si estende alla nozione di attività come tale e fornisce identità e un "io" rudimentale ad ogni organismo. La diversità e la complessità, la nozione dell'evoluzione come storia che varia, aggiungono la possibilità di percorsi e alternative molteplici alla semplice scelta e ad una libertà ancora rudimentale. Poiché la libertà, nella sua forma embrionale, è anche una funzione della diversità e della complessità, di "un regno della necessità" che viene alleggerito dalla presenza di alternative e possibilità evolutive che la vita crea e al tempo stesso "riceve", sino a che la coscienza, dono della natura e della società all'umanità, renda questa ricerca intenzionale, autoriflessiva e coscientemente creativa.
Questa embrionale libertà è rinforzata dalla ricchezza della complessità ecologica che mette la vita in sincronia con ecosistemi in evoluzione. L'elaborazione delle possibilità che deriva dall'elaborazione della diversità e dal crescente numero di alternative a cui è confrontata l'evoluzione della specie, apre sempre nuove e feconde vie di sviluppo organico. La vita non è passiva di fronte a queste possibilità d'evoluzione. Tende ad esse attivamente, in un processo di mutua stimolazione tra organismi e ambiente, così come attivamente crea e colonizza le nicchie che ospitano moltitudini di forme di vita diverse. Questa immagine di vita attiva e ingegnosa non richiede uno "spirito" hegeliano o un logos "eracliteo" per essere compresa. Infatti l'attività metabolica si estende alla nozione di attività come tale e fornisce identità e un "io" rudimentale ad ogni organismo. La diversità e la complessità, la nozione dell'evoluzione come storia che varia, aggiungono la possibilità di percorsi e alternative molteplici alla semplice scelta e ad una libertà ancora rudimentale. Poiché la libertà, nella sua forma embrionale, è anche una funzione della diversità e della complessità, di "un regno della necessità" che viene alleggerito dalla presenza di alternative e possibilità evolutive che la vita crea e al tempo stesso "riceve", sino a che la coscienza, dono della natura e della società all'umanità, renda questa ricerca intenzionale, autoriflessiva e coscientemente creativa.
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