Aspetti libertari dell'impresa di Fiume: differenze tra le versioni

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: «Il quotidiano anarchico è il primo dei giornali sovversivi che ci manda un suo inviato speciale e che non si accontenta, per giudicarci, delle menzogne dei vari Zanella autonomi o comunisti. Rileviamo con piacere l'atto di onestà politica dell'organo di Malatesta» («La Testa di Ferro», [[6 giugno]] [[1920]]).
: «Il quotidiano anarchico è il primo dei giornali sovversivi che ci manda un suo inviato speciale e che non si accontenta, per giudicarci, delle menzogne dei vari Zanella autonomi o comunisti. Rileviamo con piacere l'atto di onestà politica dell'organo di Malatesta» («La Testa di Ferro», [[6 giugno]] [[1920]]).


Scegliendo di parlare con «Umanità Nova» e accettando l'intervista dell'anarchico [[Randolfo Vella]], D'Annunzio affermò di essere «per il comunismo senza dittatura»; perplesso e meravigliato per l'affermazione, Vella domandò: «lei per il comunismo?». «Nessuna meraviglia, perché tutta la mia cultura è anarchica» - replicò D'Annunzio - «e poiché in me è radicata la convinzione che, dopo quest'ultima guerra, la storia scioglierà un novello volo verso un audacissimo progresso» . Vella ribadì che «il suo sbarco a Fiume, più che comunista ed internazionalista», lo rivelava «ultranazionazionalista». «È mia intenzione» - rispose D'Annunzio - «di fare di questa città un'isola spirituale dalla quale possa irradiare un'azione, eminentemente comunista, verso tutte le nazioni oppresse. Io ho bisogno di non essere calunniato da voi sovversivi; poi vedrete che la mia opera non è nazionalista». <ref name="gabriele">Intervista a [[Gabriele D'Annunzio]], [[Umanità Nova]], [[9 giugno]] [[1920]]</ref>.
Scegliendo di parlare con «Umanità Nova» e accettando l'intervista dell'anarchico [[Randolfo Vella]], D'Annunzio affermò di essere «per il comunismo senza dittatura»; perplesso e meravigliato per l'affermazione, Vella domandò: «lei per il comunismo?». «Nessuna meraviglia, perché tutta la mia cultura è anarchica» - replicò D'Annunzio - «e poiché in me è radicata la convinzione che, dopo quest'ultima guerra, la storia scioglierà un novello volo verso un audacissimo progresso». Vella ribadì che «il suo sbarco a Fiume, più che comunista ed internazionalista», lo rivelava «ultranazionazionalista». «È mia intenzione» - rispose D'Annunzio - «di fare di questa città un'isola spirituale dalla quale possa irradiare un'azione, eminentemente comunista, verso tutte le nazioni oppresse. Io ho bisogno di non essere calunniato da voi sovversivi; poi vedrete che la mia opera non è nazionalista». <ref name="gabriele">Intervista a [[Gabriele D'Annunzio]], [[Umanità Nova]], [[9 giugno]] [[1920]]</ref>.


La permanenza di Vella a Fiume e i resoconti inviati a Milano, alla sede di «[[Umanità Nova]]», non migliorarono il giudizio della stampa anarchica nei confronti di D'Annunzio, ed essa continuò non solo ad essere sospettosa, ma giunse a denunciare pubblicamente, con forti attacchi, le scelte del poeta. Il [[20 luglio]] vennero posti in risalto, ancora una volta, i problemi degli operai fiumani e l'incompetenza di D'Annunzio nel non riuscire a migliorare le condizioni dei lavoratori. <ref>«La tragicommedia di Fiume, anziché giungere alla fase risolutiva, tende a perpetuarsi sotto gli auspici del governo italiano, il quale assiste passivo, ed interviene solo quando deve pagare la nota delle spese presentata dal divino cantore. La stampa sovversiva ed i deputati socialisti alla Camera strepitano invano: il governo della borghesia ha tutto l'interesse che D'Annunzio continui la sua parte di tragicomico sulle scene di Fiume; e perciò paga e chiude gli occhi alle vergogne e alle sopraffazioni che pochi capitalisti
La permanenza di Vella a Fiume e i resoconti inviati a Milano, alla sede di «[[Umanità Nova]]», non migliorarono il giudizio della stampa anarchica nei confronti di D'Annunzio, ed essa continuò non solo ad essere sospettosa, ma giunse a denunciare pubblicamente, con forti attacchi, le scelte del poeta. Il [[20 luglio]] vennero posti in risalto, ancora una volta, i problemi degli operai fiumani e l'incompetenza di D'Annunzio nel non riuscire a migliorare le condizioni dei lavoratori. <ref>«La tragicommedia di Fiume, anziché giungere alla fase risolutiva, tende a perpetuarsi sotto gli auspici del governo italiano, il quale assiste passivo, ed interviene solo quando deve pagare la nota delle spese presentata dal divino cantore. La stampa sovversiva ed i deputati socialisti alla Camera strepitano invano: il governo della borghesia ha tutto l'interesse che D'Annunzio continui la sua parte di tragicomico sulle scene di Fiume; e perciò paga e chiude gli occhi alle vergogne e alle sopraffazioni che pochi capitalisti
esercitano su una popolazione affamata e sanguinante. In quella città martoriata si soffre, si muore». ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]]).</ref> A D'Annunzio venne nuovamente rimproverato di essere sceso a patti col Consiglio nazionale fiumano, quest'ultimo accusato di tutelare gli interessi dei capitalisti fiumani. <ref>«I capitalisti fiumani, con a capo i membri del Consiglio nazionale, che dopo il concordato con il comandante D'Annunzio, dovevano agli operai assegnare un salario medio di L. 13; ora che hanno avuto la rivincita, ora che sono più forti, ritornano alle vecchie tabelle e pagano la fatica dei lavoratori a cinque a sei lire al giorno. Quando si pensa che a Fiume i generi di prima necessità, tranne che il pane, sono i più cari d'Italia.
esercitano su una popolazione affamata e sanguinante. In quella città martoriata si soffre, si muore» ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]]).</ref> A D'Annunzio venne nuovamente rimproverato di essere sceso a patti col Consiglio nazionale fiumano, quest'ultimo accusato di tutelare gli interessi dei capitalisti fiumani. <ref>«I capitalisti fiumani, con a capo i membri del Consiglio nazionale, che dopo il concordato con il comandante D'Annunzio, dovevano agli operai assegnare un salario medio di L. 13; ora che hanno avuto la rivincita, ora che sono più forti, ritornano alle vecchie tabelle e pagano la fatica dei lavoratori a cinque a sei lire al giorno. Quando si pensa che a Fiume i generi di prima necessità, tranne che il pane, sono i più cari d'Italia.
Quando si pensa che per l'arenamento delle industrie e del commercio, in una famiglia non lavora che uno solo, è facile comprendere in quale miseria si dibattano i lavoratori, mentre giungono alle loro orecchie le note allegre delle fanfare dannunziane». ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]]).</ref> Vella non fece a meno di elencare i personaggi più «filo bolscevichi» di cui si circondò D'Annunzio con lo scopo di sciogliere il Consiglio nazionale e liberarsi di quest'ultimo per governare autonomamente. <ref>«Quando governava “Cagoja”, lo scagliatore di fulmini sull'impresa fiumana, il comandante poeta, circondandosi di elementi sovversivi quali: Sissa (ex segretario di Bela Kun), Kochnitzky, Coselchi, ed altri ufficiali più o meno ribelli, aveva progettato di sciogliere il Consiglio nazionale e d'instaurare a Fiume i Soviety; redigendo a questo scopo un programma comunista. Anche col nuovo governo è salito il “brigante”, il “traditore”, che al capo gabinetto De Ambris promette di togliere il blocco, di venire a certi negoziati, di annettere al più presto possibile la città che doveva essere l'isola spirituale dalla quale doveva irradiare il comunismo , il poeta cambia rima, e non solo non scioglie il Consiglio nazionale, ma dà a questo una più indiscutibile libertà di sopraffazione» ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]]).</ref> Il giornalista giunse alla conclusione che Fiume era «diventata una città autocrate, dove il questore Giuseppe Dorini (sotto il governo austro ungarico Dorie) impera col pugno di ferro; e dove D'Annunzio disinvolto passa da un'incoerenza all'altra, credendo che sul campo della realtà si agisca come sui campi... dell'immaginazione». Vella si espresse parlando a nome degli anarchici italiani:
Quando si pensa che per l'arenamento delle industrie e del commercio, in una famiglia non lavora che uno solo, è facile comprendere in quale miseria si dibattano i lavoratori, mentre giungono alle loro orecchie le note allegre delle fanfare dannunziane» ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]]).</ref> Vella non fece a meno di elencare i personaggi più «filo bolscevichi» di cui si circondò D'Annunzio con lo scopo di sciogliere il Consiglio nazionale e liberarsi di quest'ultimo per governare autonomamente. <ref>«Quando governava “Cagoja”, lo scagliatore di fulmini sull'impresa fiumana, il comandante poeta, circondandosi di elementi sovversivi quali: Sissa (ex segretario di Bela Kun), Kochnitzky, Coselchi, ed altri ufficiali più o meno ribelli, aveva progettato di sciogliere il Consiglio nazionale e d'instaurare a Fiume i Soviety; redigendo a questo scopo un programma comunista. Anche col nuovo governo è salito il “brigante”, il “traditore”, che al capo gabinetto De Ambris promette di togliere il blocco, di venire a certi negoziati, di annettere al più presto possibile la città che doveva essere l'isola spirituale dalla quale doveva irradiare il comunismo , il poeta cambia rima, e non solo non scioglie il Consiglio nazionale, ma dà a questo una più indiscutibile libertà di sopraffazione» ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]]).</ref> Il giornalista giunse alla conclusione che Fiume era «diventata una città autocrate, dove il questore Giuseppe Dorini (sotto il governo austro ungarico Dorie) impera col pugno di ferro; e dove D'Annunzio disinvolto passa da un'incoerenza all'altra, credendo che sul campo della realtà si agisca come sui campi... dell'immaginazione». Vella si espresse parlando a nome degli anarchici italiani:
«Noi anarchici pensiamo che è il momento di cessare simili vergogne; e che si lasci a Fiume quella libertà che né l'Italia né le a ltri nazioni borghesi potranno mai concederle». Seguì il commento della redazione: «Di quello che ci racconta il Vella non ci meravigliamo. Da D'Annunzio non c'era da aspettarsi altro». <ref>[[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]].</ref>
«Noi anarchici pensiamo che è il momento di cessare simili vergogne; e che si lasci a Fiume quella libertà che né l'Italia né le a ltri nazioni borghesi potranno mai concederle». Seguì il commento della redazione: «Di quello che ci racconta il Vella non ci meravigliamo. Da D'Annunzio non c'era da aspettarsi altro». <ref>[[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]].</ref>


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