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=== Dalla destalinizzazione al crollo dei regimi dell'Est === | === Dalla destalinizzazione al crollo dei regimi dell'Est === | ||
I tratti dittatoriali del sistema stalinista furono sottoposti a critica da [[Nikita Kruscev]] sin dal [[1956]]. La destalinizzazione e l'abbandono dei metodi più oppressivi tuttavia non bastarono a frenare il percorso del comunismo sovietico verso una sclerotica elefantiasi burocratica, ma favorirono piuttosto l'allentamento dei legami con alcuni partiti comunisti europei occidentali (e il PCI tra i primi), che, coscienti dello scontro tra il "socialismo reale" dei paesi comunisti e le esigenze di libertà radicate in Occidente, approdarono di lì a qualche anno alla elaborazione democratica dei principi marxisti. La svolta politica operata in URSS da [[Michail Gorbacëv]] nel [[1985]], basata sull'innesto progressivo di elementi di democrazia nel sistema politico e di economia di mercato nel sistema economico sovietico, se ebbe successi nel creare un'embrionale opinione pubblica nel paese, forme di pluralismo e di nuova partecipazione politica e nel portare a una distensione nei rapporti con l'Occidente e a un netto miglioramento dell'immagine internazionale dell'URSS, non riuscì però a riformare nel profondo ma nella continuità il sistema e a risollevare un'economia ormai prostrata dalla stagnazione burocratica e dal peso dell'apparato militare. Il crollo dei regimi comunisti, che a partire dal [[1989]] coinvolse tutti i paesi comunisti dell'Est europeo e portò alla dissoluzione della stessa [[URSS]] nel [[1991]], trova le sue ragioni oltre che nel collasso economico e degli apparati burocratici di partito, in una molteplicità di fattori: la diminuzione della tensione nei confronti degli [[USA]], la crescita delle tensioni etniche e nazionali nell'[[impero sovietico]], la volontà di far crescere i consumi privati a livelli almeno paragonabili a quelli delle democrazie occidentali, l'affermazione delle [[libertà ]] politiche, civili, religiose e culturali di tutti i cittadini. Il crollo del comunismo nell'Est europeo ha avuto riflessi significativi anche in molti partiti comunisti del Terzo Mondo e dell'Occidente, al cui interno è andato progressivamente attenuandosi il richiamo agli ideali e alla tradizione comunisti (nel [[1991]] il Partito Comunista Italiano ha cambiato nome in Partito Democratico della Sinistra), mentre i modelli di [[lotta di classe]] sono stati abbandonati e ridisegnati come ideali di [[solidarietà sociale]]. Anche nei paesi in cui sopravvive, almeno formalmente, un regime comunista (Cina, Cuba, Corea del Nord, Laos, Vietnam), la graduale apertura a una economia di mercato ha segnato sempre di più un allontanamento dall'originaria idea comunista, sino ad assumere, in alcuni casi, caratteri reazionari. | I tratti dittatoriali del sistema stalinista furono sottoposti a critica da [[Nikita Kruscev]] sin dal [[1956]]. La destalinizzazione e l'abbandono dei metodi più oppressivi tuttavia non bastarono a frenare il percorso del comunismo sovietico verso una sclerotica elefantiasi burocratica, ma favorirono piuttosto l'allentamento dei legami con alcuni partiti comunisti europei occidentali (e il PCI tra i primi), che, coscienti dello scontro tra il "socialismo reale" dei paesi comunisti e le esigenze di libertà radicate in Occidente, approdarono di lì a qualche anno alla elaborazione democratica dei principi marxisti. La svolta politica operata in URSS da [[Michail Gorbacëv]] nel [[1985]], basata sull'innesto progressivo di elementi di democrazia nel sistema politico e di economia di mercato nel sistema economico sovietico, se ebbe successi nel creare un'embrionale opinione pubblica nel paese, forme di pluralismo e di nuova partecipazione politica e nel portare a una distensione nei rapporti con l'Occidente e a un netto miglioramento dell'immagine internazionale dell'URSS, non riuscì però a riformare nel profondo ma nella continuità il sistema e a risollevare un'economia ormai prostrata dalla stagnazione burocratica e dal peso dell'apparato militare. Il crollo dei regimi comunisti, che a partire dal [[1989]] coinvolse tutti i paesi comunisti dell'Est europeo e portò alla dissoluzione della stessa [[URSS]] nel [[1991]], trova le sue ragioni oltre che nel collasso economico e degli apparati burocratici di partito, in una molteplicità di fattori: la diminuzione della tensione nei confronti degli [[USA]], la crescita delle tensioni etniche e nazionali nell'[[impero sovietico]], la volontà di far crescere i consumi privati a livelli almeno paragonabili a quelli delle democrazie occidentali, l'affermazione delle [[libertà]] politiche, civili, religiose e culturali di tutti i cittadini. Il crollo del comunismo nell'Est europeo ha avuto riflessi significativi anche in molti partiti comunisti del Terzo Mondo e dell'Occidente, al cui interno è andato progressivamente attenuandosi il richiamo agli ideali e alla tradizione comunisti (nel [[1991]] il Partito Comunista Italiano ha cambiato nome in Partito Democratico della Sinistra), mentre i modelli di [[lotta di classe]] sono stati abbandonati e ridisegnati come ideali di [[solidarietà sociale]]. Anche nei paesi in cui sopravvive, almeno formalmente, un regime comunista (Cina, Cuba, Corea del Nord, Laos, Vietnam), la graduale apertura a una economia di mercato ha segnato sempre di più un allontanamento dall'originaria idea comunista, sino ad assumere, in alcuni casi, caratteri reazionari. | ||
== Divergenze tra il comunismo anarchico e quello autoritario == | == Divergenze tra il comunismo anarchico e quello autoritario == |