Antonio D’Alba: differenze tra le versioni

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Arrestato, D'Alba manifesta una personalità  che sconcerta le [[autorità ]], alternando dichiarazioni sulla propria appartenenza all'anarchismo ad atteggiamenti al limite dello squilibrio mentale, talvolta dichiarando di avere agito da solo e tal'altra di avere avuto complici e mandanti. La polizia indirizzerà  le proprie indagini verso la [[Svizzera]], dove l'attentato aveva prodotto un certo entusiasmo tra gli anarchici italiani emigrati.
Arrestato, D'Alba manifesta una personalità  che sconcerta le [[autorità ]], alternando dichiarazioni sulla propria appartenenza all'anarchismo ad atteggiamenti al limite dello squilibrio mentale, talvolta dichiarando di avere agito da solo e tal'altra di avere avuto complici e mandanti. La polizia indirizzerà  le proprie indagini verso la [[Svizzera]], dove l'attentato aveva prodotto un certo entusiasmo tra gli anarchici italiani emigrati.


Alla fine le indagini porteranno a stabilire che, con buone probabilità , l'attentato fu l'[[azione diretta]] di una singola [[individualità ]], ma ciò ebbe comunque conseguenze importanti per la vita politica italiana. Innanzitutto, a causa dell'attentato di D'Alba, si incrinano i rapporti tra il capo del govenro Giolitti e il re, essendo emerse palesi manchevolezze nell'apparato di polizia (il questore di Roma fu sostituto); poi l'attentato sarà  la causa indiretta dell'espulsione dal partito socialista di Leonida Bissolati, Ivanoe Bonomi e Angiolo Cabrini, che si erano felicitati con Vittorio Emanuele per lo scampato pericolo.
Alla fine le indagini porteranno a stabilire che, con buone probabilità, l'attentato fu l'[[azione diretta]] di una singola [[individualità ]], ma ciò ebbe comunque conseguenze importanti per la vita politica italiana. Innanzitutto, a causa dell'attentato di D'Alba, si incrinano i rapporti tra il capo del govenro Giolitti e il re, essendo emerse palesi manchevolezze nell'apparato di polizia (il questore di Roma fu sostituto); poi l'attentato sarà  la causa indiretta dell'espulsione dal partito socialista di Leonida Bissolati, Ivanoe Bonomi e Angiolo Cabrini, che si erano felicitati con Vittorio Emanuele per lo scampato pericolo.


=== Il processo e la condanna ===
=== Il processo e la condanna ===
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volere del D'Alba. Per Ferri l'accusato non è «né delinquente nato né delinquente passionale, né delinquente politico», ma soltanto un «cervello instabile e semioscuro», uno dei «miseri abbandonati dalla famiglia nel fango della strada».
volere del D'Alba. Per Ferri l'accusato non è «né delinquente nato né delinquente passionale, né delinquente politico», ma soltanto un «cervello instabile e semioscuro», uno dei «miseri abbandonati dalla famiglia nel fango della strada».


Il processo è breve e si conclude il [[9 ottobre]] [[1912]] con la condanna dell'anarchico a trent'anni di [[carcere]] e a tre anni di vigilanza speciale. All'imputato non viene riconosciuta nessuna attenuante, esclusa la minore età , in virtù del quale non gli viene comminato l'ergastolo. Trasferito nel [[carcere]] di Noto (prov. Siracusa), D'Alba minaccia più volte il suicidio giacché l'isolamento era molto duro ed equiparabile a vera e propria tortura fisica e psicologica. Il [[21 gennaio]] [[1914]] gli viene finalmente tolto l'isolamento e viene posto sotto stretta sorveglianza.  
Il processo è breve e si conclude il [[9 ottobre]] [[1912]] con la condanna dell'anarchico a trent'anni di [[carcere]] e a tre anni di vigilanza speciale. All'imputato non viene riconosciuta nessuna attenuante, esclusa la minore età, in virtù del quale non gli viene comminato l'ergastolo. Trasferito nel [[carcere]] di Noto (prov. Siracusa), D'Alba minaccia più volte il suicidio giacché l'isolamento era molto duro ed equiparabile a vera e propria tortura fisica e psicologica. Il [[21 gennaio]] [[1914]] gli viene finalmente tolto l'isolamento e viene posto sotto stretta sorveglianza.  


In [[carcere]] riceve molta [[solidarietà ]] dai militanti anarchici, compreso anche somme di denaro. Il [[25 giugno]] [[1920]], per paura che improvvise proteste popolari potessero provocarne la liberazione, Antonio D'Alba viene trasferito nella prigione di S. Stefano, dove vi rimane fino al [[31 ottobre]] [[1921]], quando viene dimesso in seguito a provvedimento di grazia.
In [[carcere]] riceve molta [[solidarietà ]] dai militanti anarchici, compreso anche somme di denaro. Il [[25 giugno]] [[1920]], per paura che improvvise proteste popolari potessero provocarne la liberazione, Antonio D'Alba viene trasferito nella prigione di S. Stefano, dove vi rimane fino al [[31 ottobre]] [[1921]], quando viene dimesso in seguito a provvedimento di grazia.
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