Consigli ed occupazioni di fabbrica in Italia (1919-20): differenze tra le versioni

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L'anarchico della FIOM [[Maurizio Garino]] accuserà  i dirigenti nazionali sindacali di avere in qualche modo illuso «la massa operaia che non distingue se il movimento fosse sindacale o politico, aveva creduto che voi sareste andati fino in fondo, che voi l'avreste condotta al gran gesto rivoluzionario» <ref name="rivista">[http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/296/55.htm Alcune schede tratte dal ''Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani'']</ref>. [[Errico Malatesta]], due anni dopo, sulle pagine di «[[Umanità  Nova]]», così commentò quel biennio e la relativa sconfitta dei rivoluzionari:
L'anarchico della FIOM [[Maurizio Garino]] accuserà  i dirigenti nazionali sindacali di avere in qualche modo illuso «la massa operaia che non distingue se il movimento fosse sindacale o politico, aveva creduto che voi sareste andati fino in fondo, che voi l'avreste condotta al gran gesto rivoluzionario» <ref name="rivista">[http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/296/55.htm Alcune schede tratte dal ''Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani'']</ref>. [[Errico Malatesta]], due anni dopo, sulle pagine di «[[Umanità  Nova]]», così commentò quel biennio e la relativa sconfitta dei rivoluzionari:


:«Lo stato d'animo dei lavoratori era propizio a un cambiamento di regime.  L'accordo tra i partiti rivoluzionari si era fatto da sé [...] i lavoratori repubblicani lottavano in bell'armonia cogli anarchici e con la parte rivoluzionaria dei socialisti. Si stava per passare agli atti risolutivi. Lo sciopero a tendenza insurrezionale si estendeva. [...] La rivoluzione stava per farsi, per impulso spontaneo delle popolazioni e con grande possibilità  di successo. Certamente non si sarebbe in quel momento attuata l'anarchia e nemmeno il socialismo, ma si sarebbero levati di mezzo molti ostacoli e si sarebbe aperto il periodo di libera propaganda, di libera sperimentazione, e sia pure di lotte civili, in capo al quale noi vediamo rifulgere il trionfo del nostro ideale.  I ferrovieri si apprestavano a prendere in mano la direzione del servizio per impedire le dislocazioni di truppe e non far viaggiare che i treni utili per il movimento insurrezionale.  Ma tutto ad un tratto, quando maggiori erano le speranze, la direzione della Confederazione Generale del Lavoro con telegramma circolare dichiara finito il movimento ed ordina la cessazione dello sciopero. E così le masse che agivano nella fiducia di prendere parte ad un movimento generale, furono disorientate; ciascuna località  vide naturalmente che era impossibile resistere da sola, e il movimento cessò.»<ref>«[[Umanità  Nova]]», n. 147, [[28 giugno]] [[1922]]</ref>
:«Lo stato d'animo dei lavoratori era propizio a un cambiamento di regime.  L'accordo tra i partiti rivoluzionari si era fatto da sé [...] i lavoratori repubblicani lottavano in bell'armonia cogli anarchici e con la parte rivoluzionaria dei socialisti. Si stava per passare agli atti risolutivi. Lo sciopero a tendenza insurrezionale si estendeva. [...] La rivoluzione stava per farsi, per impulso spontaneo delle popolazioni e con grande possibilità  di successo. Certamente non si sarebbe in quel momento attuata l'anarchia e nemmeno il socialismo, ma si sarebbero levati di mezzo molti ostacoli e si sarebbe aperto il periodo di libera propaganda, di libera sperimentazione, e sia pure di lotte civili, in capo al quale noi vediamo rifulgere il trionfo del nostro ideale.  I ferrovieri si apprestavano a prendere in mano la direzione del servizio per impedire le dislocazioni di truppe e non far viaggiare che i treni utili per il movimento insurrezionale.  Ma tutto ad un tratto, quando maggiori erano le speranze, la direzione della Confederazione Generale del Lavoro con telegramma circolare dichiara finito il movimento ed ordina la cessazione dello sciopero. E così le masse che agivano nella fiducia di prendere parte ad un movimento generale, furono disorientate; ciascuna località  vide naturalmente che era impossibile resistere da sola, e il movimento cessò.»<ref>«[[Umanità  Nova]]», n. 147, [[28 giugno]] [[1922]]</ref>


== Riflessioni e conseguenze sulla rivoluzione mancata  ==
== Riflessioni e conseguenze sulla rivoluzione mancata  ==
[[File:Giolitti2.jpg|thumb|[[Giovanni Giolitti]], primo ministro all'epoca delle occupazioni delle fabbriche, cercò di far cessare i tumulti attraverso un atteggiamento volto a spegnere i fuochi rivoluzionarli per dirigerli verso uno sterile riformismo]]
[[File:Giolitti2.jpg|thumb|[[Giovanni Giolitti]], primo ministro all'epoca delle occupazioni delle fabbriche, cercò di far cessare i tumulti attraverso un atteggiamento volto a spegnere i fuochi rivoluzionarli per dirigerli verso uno sterile riformismo]]
=== Il ruolo di Giolitti ===
=== Il ruolo di Giolitti ===
Il Primo ministro italiano (Giolitti), non sgomberò le fabbriche, come molti gli chiedevano di fare, ma lasciò che la protesta perdesse gradatamente la sua carica aggressiva, confidando anche nella collaborazione data dall'ala riformista del PSI e della CGL, che isolati dal reale movimento operaio e distaccandosi dalle richieste dei lavoratori, avallarono questo progetto in cambio di qualche conquista sindacale. Giovanni Giolitti sintetizzò così la sua linea politica nei confronti dell'occupazione delle fabbriche.:
Il Primo ministro italiano (Giolitti), non sgomberò le fabbriche, come molti gli chiedevano di fare, ma lasciò che la protesta perdesse gradatamente la sua carica aggressiva, confidando anche nella collaborazione data dall'ala riformista del PSI e della CGL, che isolati dal reale movimento operaio e distaccandosi dalle richieste dei lavoratori, avallarono questo progetto in cambio di qualche conquista sindacale. Giovanni Giolitti sintetizzò così la sua linea politica nei confronti dell'occupazione delle fabbriche.:


: «Ho voluto che gli operai facessero da sè la loro esperienza, perché comprendessero che è un puro sogno voler far funzionare le officine senza l'apporto di capitali, senza tecnici e senza crediti bancari. Faranno la prova, vedranno che è un sogno, e ciò li guarirà  da pericolose illusioni.» <ref>Enzo Biagi, ''Storia del Fascismo'', Firenze, Sadea Della Volpe Editori, 1964, p. 108</ref>
: «Ho voluto che gli operai facessero da sè la loro esperienza, perché comprendessero che è un puro sogno voler far funzionare le officine senza l'apporto di capitali, senza tecnici e senza crediti bancari. Faranno la prova, vedranno che è un sogno, e ciò li guarirà  da pericolose illusioni.» <ref>Enzo Biagi, ''Storia del Fascismo'', Firenze, Sadea Della Volpe Editori, 1964, p. 108</ref>
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