Consigli ed occupazioni di fabbrica in Italia (1919-20): differenze tra le versioni

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Tra la fine della [[la prima guerra mondiale|prima guerra mondiale]] e il primissimo dopoguerra  si creò in [[Italia]] un clima da vigilia di rivoluzione: le proteste del movimento [[antimilitarismo|antimilitarista]], la contro la disoccupazione imperante, le oggettive difficoltà  del vivere quotidiano e le speranze suscitate dagli [[La Rivoluzione Russa|avvenimenti rivoluzionari che stavano investendo la Russia]], esplosero in un succedersi di scioperi e tumulti vari.
Tra la fine della [[la prima guerra mondiale|prima guerra mondiale]] e il primissimo dopoguerra  si creò in [[Italia]] un clima da vigilia di rivoluzione: le proteste del movimento [[antimilitarismo|antimilitarista]], la contro la disoccupazione imperante, le oggettive difficoltà  del vivere quotidiano e le speranze suscitate dagli [[La Rivoluzione Russa|avvenimenti rivoluzionari che stavano investendo la Russia]], esplosero in un succedersi di scioperi e tumulti vari.


I primi segnali di malcontento popolare si manifestarono a Torino. Il [[22 agosto]] [[1917]] spontaneamente i lavoratori [[moti operai antimilitaristici a Torino|incrociarono le braccia contro la guerra e il padronato]]; gli [[Personalità  anarchiche|anarchici]] torinesi della Barriera di Milano ([[Maurizio Garino]], [[Pietro Ferrero]], ecc) furono tra i principali protagonisti dei tumulti che scoppiarono in tutta la città . Una settimana dopo, la violenta repressione poliziesca (50 morti tra gli scioperanti, 10 tra gli esponenti della forza pubblica e oltre 1000 arresti)  pose termine alle proteste.
I primi segnali di malcontento popolare si manifestarono a Torino. Il [[22 agosto]] [[1917]] spontaneamente i lavoratori [[moti operai antimilitaristici a Torino|incrociarono le braccia contro la guerra e il padronato]]; gli [[Personalità  anarchiche|anarchici]] torinesi della Barriera di Milano ([[Maurizio Garino]], [[Pietro Ferrero]], ecc) furono tra i principali protagonisti dei tumulti che scoppiarono in tutta la città . Una settimana dopo, la violenta repressione poliziesca (50 morti tra gli scioperanti, 10 tra gli esponenti della forza pubblica e oltre 1000 arresti)  pose termine alle proteste.


Le elezioni politiche del [[1919]] sancirono la voglia di cambiamento degli elettori italiani, facendo registrare:
Le elezioni politiche del [[1919]] sancirono la voglia di cambiamento degli elettori italiani, facendo registrare:
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Tra le cause di questa ondata di scioperi ci furono senza dubbio la crisi economica, ma anche il mito della [[rivoluzione russa]] e il pensiero di poterne fare una anche in [[Italia]].  
Tra le cause di questa ondata di scioperi ci furono senza dubbio la crisi economica, ma anche il mito della [[rivoluzione russa]] e il pensiero di poterne fare una anche in [[Italia]].  


Ad agosto iniziarono le occupazioni delle terre abbandonate (il [[24 agosto]] vengono occupate terre dell'agro romano) che proseguiranno nel mese di settembre (100000 braccianti occupano le terre di 15 feudi del trapanese). Già  a marzo, a  Dalmine (prov. Bergamo), si  realizzarono le prime estemporanee occupazioni di fabbriche, ovunque sorsero i [[Soviet]] locali e nel fiorentino si costituì un'effimera "Repubblica dei Soviet" (sciolta dopo solo 3 giorni). Storicamente però, si suole indicare l'inizio del biennio rosso con la pubblicazione sulla rivista «Ordine Nuovo» di Antonio Gramsci del manifesto ''Ai commissari di reparto delle officine Fiat Centro e Brevetti'' ([[13 settembre]] [[1919]]), nel quale sanciva la nascita dei consigli di fabbrica e se ne delineavano i compiti ed obiettivi, ovvero controllo operaio della produzione e creazione delle condizioni per lo scoppio della [[rivoluzione]].
Ad agosto iniziarono le occupazioni delle terre abbandonate (il [[24 agosto]] vengono occupate terre dell'agro romano) che proseguiranno nel mese di settembre (100000 braccianti occupano le terre di 15 feudi del trapanese). Già  a marzo, a  Dalmine (prov. Bergamo), si  realizzarono le prime estemporanee occupazioni di fabbriche, ovunque sorsero i [[Soviet]] locali e nel fiorentino si costituì un'effimera "Repubblica dei Soviet" (sciolta dopo solo 3 giorni). Storicamente però, si suole indicare l'inizio del biennio rosso con la pubblicazione sulla rivista «Ordine Nuovo» di Antonio Gramsci del manifesto ''Ai commissari di reparto delle officine Fiat Centro e Brevetti'' ([[13 settembre]] [[1919]]), nel quale sanciva la nascita dei consigli di fabbrica e se ne delineavano i compiti ed obiettivi, ovvero controllo operaio della produzione e creazione delle condizioni per lo scoppio della [[rivoluzione]].


A Torino, il [[1 novembre|1° novembre]], grazie anche allo stimolo degli anarchici ([[Maurizio Garino]], [[Italo Garinei]] e [[Pietro Ferrero]] su tutti...), l'assemblea della Sezione torinese della FIOM approvò l'ordine del giorno "Boero-Garino" «a grande maggioranza» che portò alla «costituzione dei Consigli operai di fabbrica, mediante l'elezione dei Commissari di reparto». Si costituì un nuovo consiglio direttivo, provvisorio, in cui [[Pietro Ferrero]] assunse le funzioni di segretario, dopo che la carica era stata declinata dallo stesso Garino. Questi e [[Pietro Ferrero|Ferrero]] agirono spesso in stretta collaborazione con i [[comunismo|comunisti]] de «L'Ordine Nuovo», nuovo giornale [[comunismo|comunista]] di [[Antonio Gramsci]].  
A Torino, il [[1 novembre|1° novembre]], grazie anche allo stimolo degli anarchici ([[Maurizio Garino]], [[Italo Garinei]] e [[Pietro Ferrero]] su tutti...), l'assemblea della Sezione torinese della FIOM approvò l'ordine del giorno "Boero-Garino" «a grande maggioranza» che portò alla «costituzione dei Consigli operai di fabbrica, mediante l'elezione dei Commissari di reparto». Si costituì un nuovo consiglio direttivo, provvisorio, in cui [[Pietro Ferrero]] assunse le funzioni di segretario, dopo che la carica era stata declinata dallo stesso Garino. Questi e [[Pietro Ferrero|Ferrero]] agirono spesso in stretta collaborazione con i [[comunismo|comunisti]] de «L'Ordine Nuovo», nuovo giornale [[comunismo|comunista]] di [[Antonio Gramsci]].  
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Il già  citato [[Maurizio Garino|Garino]], concludendo la sua relazione sui consigli di fabbrica e di azienda al Congresso dell'[[Unione Anarchica Italiana]] (Bologna - [[1 luglio|1°]]/[[4 luglio]] [[1920]]), affermò che «come mezzo di lotta immediata, rivoluzionaria, il consiglio è perfettamente idoneo, sempre ché non sia influenzato da elementi non comunisti».  
Il già  citato [[Maurizio Garino|Garino]], concludendo la sua relazione sui consigli di fabbrica e di azienda al Congresso dell'[[Unione Anarchica Italiana]] (Bologna - [[1 luglio|1°]]/[[4 luglio]] [[1920]]), affermò che «come mezzo di lotta immediata, rivoluzionaria, il consiglio è perfettamente idoneo, sempre ché non sia influenzato da elementi non comunisti».  


Il consiglio di fabbrica era composto da operai con elevate competenze tecniche, quindi capaci di gestire il ciclo produttivo.
Il consiglio di fabbrica era composto da operai con elevate competenze tecniche, quindi capaci di gestire il ciclo produttivo.


L'idea degli [[Personalità  anarchiche|anarchici]] fu quello di formare un consiglio strutturato orizzontalmente senza capi e subordinati: ogni reparto sceglieva un commissario nella persona di un operaio, che aveva il compito di esaminare il ciclo di produzione, comunicando poi il tutto ai compagni di reparto, in modo da eliminare ogni [[gerarchia]] di funzioni direttive all'interno della fabbrica.
L'idea degli [[Personalità  anarchiche|anarchici]] fu quello di formare un consiglio strutturato orizzontalmente senza capi e subordinati: ogni reparto sceglieva un commissario nella persona di un operaio, che aveva il compito di esaminare il ciclo di produzione, comunicando poi il tutto ai compagni di reparto, in modo da eliminare ogni [[gerarchia]] di funzioni direttive all'interno della fabbrica.
I commissari di reparto avevano anche il compito di nominare il consiglio di fabbrica e inoltre la loro carica, come tutte le altre cariche, era, da parte della base,  revocabile immediatamente.
I commissari di reparto avevano anche il compito di nominare il consiglio di fabbrica e inoltre la loro carica, come tutte le altre cariche, era, da parte della base,  revocabile immediatamente.


Contemporaneamente, a livello nazionale, cercarono di collegare, sulla base di un [[federalismo]] strutturato orizzontalmente, tutti  i consigli di fabbrica, in modo da sottrarsi al controllo dei partiti e dei sindacati.
Contemporaneamente, a livello nazionale, cercarono di collegare, sulla base di un [[federalismo]] strutturato orizzontalmente, tutti  i consigli di fabbrica, in modo da sottrarsi al controllo dei partiti e dei sindacati.
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L'atteggiamento del governo, suscitò le ire tanto dei capitalisti che dei rivoluzionari, ma il presidente del consiglio continuò imperterrito nella sua strada facendo leve sui moderati dei due campi contrapposti. L'accordo tra il governo e riformisti della CGL fu interpretato dagli [[anarco-sindacalismo|anarco-sindacalisti]], dai comunisti e dai massimalisti come un modo per porre fine all'occupazione e castrare ogni velleità  rivoluzionaria. Non di meno, essi considerarono il referendum operaio sugli accordi sindacali.  
L'atteggiamento del governo, suscitò le ire tanto dei capitalisti che dei rivoluzionari, ma il presidente del consiglio continuò imperterrito nella sua strada facendo leve sui moderati dei due campi contrapposti. L'accordo tra il governo e riformisti della CGL fu interpretato dagli [[anarco-sindacalismo|anarco-sindacalisti]], dai comunisti e dai massimalisti come un modo per porre fine all'occupazione e castrare ogni velleità  rivoluzionaria. Non di meno, essi considerarono il referendum operaio sugli accordi sindacali.  


Dall'altro versante, la sfiducia verso Giolitti era tale che il direttore del «Corriere della Sera», Luigi Albertini<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-albertini_%28Enciclopedia_Italiana%29/ Luigi Albertini]</ref>, auspicò la sostituzione di Giolitti al governo con i socialisti moderati, quale ostacolo definitivo alla prosecuzione del progetto sovietista. Il direttore del «Corriere» arrivò addirittura ad organizzare un incontro con Turati (presumibilmente intorno al [[21 settembre|21]]-[[23 settembre]]), nel corso del quale gli esponeva il suo progetto per portare i socialisti moderati al governo e marginalizzare così gli estremisti. Nel [[1923]] il direttore del scriverà  che meglio sarebbe stato avere Turati e D'Aragona al governo piuttosto che la prosecuzione di un regime che a causa della sua inettitudine avrebbe portato il paese verso il [[comunismo]].<ref>Si veda Paolo Spriano, ''L'occupazione delle fabbriche'', Einaudi, pag 139-141)</ref>. Sempre a Torino, contro gli accordi, si dimise il presidente dela sezione locale della Lega Industriale.
Dall'altro versante, la sfiducia verso Giolitti era tale che il direttore del «Corriere della Sera», Luigi Albertini<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-albertini_%28Enciclopedia_Italiana%29/ Luigi Albertini]</ref>, auspicò la sostituzione di Giolitti al governo con i socialisti moderati, quale ostacolo definitivo alla prosecuzione del progetto sovietista. Il direttore del «Corriere» arrivò addirittura ad organizzare un incontro con Turati (presumibilmente intorno al [[21 settembre|21]]-[[23 settembre]]), nel corso del quale gli esponeva il suo progetto per portare i socialisti moderati al governo e marginalizzare così gli estremisti. Nel [[1923]] il direttore del scriverà  che meglio sarebbe stato avere Turati e D'Aragona al governo piuttosto che la prosecuzione di un regime che a causa della sua inettitudine avrebbe portato il paese verso il [[comunismo]].<ref>Si veda Paolo Spriano, ''L'occupazione delle fabbriche'', Einaudi, pag 139-141)</ref>. Sempre a Torino, contro gli accordi, si dimise il presidente dela sezione locale della Lega Industriale.
=== Il dramma socialista: scissione e nascita del PCI ===
=== Il dramma socialista: scissione e nascita del PCI ===
Il [[27 settembre]] «L'Avanti» pubblicò un editoriale in cui, oltre ad ammettere la sconfitta degli operai accusò di ciò la dirigenza [[riformista]] del Partito socialista <ref>Battista Santhià , ''Con Gramsci all'Ordine Nuovo'', Firenze, Editori Riuniti, giugno 1956, p. 128: «Il 27 l'Avanti pubblicò un comunicato in cui apertamente si riconosceva che la lotta era finita con la sconfitta degli operai per colpa dei dirigenti riformisti.»</ref>. L'editoriale non fece altro che rettificare la spaccatura ormai insanabile tra i riformisti e i rivoluzionari del PSI. Quest'ultimi erano allineati alle posizioni ufficiali della [[III Internazionale]] (Comintern), che durante il suo II° Congresso tenutosi tra tra luglio e agosto del [[1920]] decise che tutti i suoi membri avrebbero dovuto sottoscrivere 21 condizioni che tra le altre cose prevedevano l'espulsione di ogni riformista e il cambiamento del nome dei partiti in "Partito Comunista". Il [[27 agosto]], al termine del Congresso, il il presidente del Comintern Zinov'ev, Bucharin e Lenin inviarono al Psi e a «tutto il proletariato rivoluzionario» italiano l'invito a discutere al più presto in un Congresso le 21 condizioni. L'appello sarà  pubblicato in Italia solo il [[30 ottobre]] su ''L'Ordine Nuovo'', quindicinale socialista torinese diretto da [[Antonio Gramsci]].
Il [[27 settembre]] «L'Avanti» pubblicò un editoriale in cui, oltre ad ammettere la sconfitta degli operai accusò di ciò la dirigenza [[riformista]] del Partito socialista <ref>Battista Santhià , ''Con Gramsci all'Ordine Nuovo'', Firenze, Editori Riuniti, giugno 1956, p. 128: «Il 27 l'Avanti pubblicò un comunicato in cui apertamente si riconosceva che la lotta era finita con la sconfitta degli operai per colpa dei dirigenti riformisti.»</ref>. L'editoriale non fece altro che rettificare la spaccatura ormai insanabile tra i riformisti e i rivoluzionari del PSI. Quest'ultimi erano allineati alle posizioni ufficiali della [[III Internazionale]] (Comintern), che durante il suo II° Congresso tenutosi tra tra luglio e agosto del [[1920]] decise che tutti i suoi membri avrebbero dovuto sottoscrivere 21 condizioni che tra le altre cose prevedevano l'espulsione di ogni riformista e il cambiamento del nome dei partiti in "Partito Comunista". Il [[27 agosto]], al termine del Congresso, il il presidente del Comintern Zinov'ev, Bucharin e Lenin inviarono al Psi e a «tutto il proletariato rivoluzionario» italiano l'invito a discutere al più presto in un Congresso le 21 condizioni. L'appello sarà  pubblicato in Italia solo il [[30 ottobre]] su ''L'Ordine Nuovo'', quindicinale socialista torinese diretto da [[Antonio Gramsci]].
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