Astensionismo (di Alfredo Maria Bonanno): differenze tra le versioni

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In qualsiasi prospettiva politica, sotto qualsiasi colore o programma, gli sfruttati sono costretti a piegare il capo, a dire di sì.
In qualsiasi prospettiva politica, sotto qualsiasi colore o programma, gli sfruttati sono costretti a piegare il capo, a dire di sì.


Per capovolgere questo stato di cose bisogna cambiare prospettiva. Non si tratta di un’alternativa diversa, ma di una diversa prospettiva. Non occorrono programmi, uomini o partiti diversi, occorre che la gente, gli sfruttati, i lavoratori, i disoccupati, le donne, gli studenti - insomma tutta la grande maggioranza del popolo, - possano prendere in mano le decisioni che riguardano il proprio futuro. Occorre, in una parola, che si neghi la delega e che si applichi l’azione diretta. Certo, queste sono belle parole, che, peraltro, gli anarchici ripetono puntualmente ad ogni scadenza elettorale. Non votare non basta. Appunto. Il tradizionale astensionismo, anche quello anarchico, assoluto e costante, non è sufficiente. E’ uno strumento platonico che solo in determinati momenti storici, quando ci si trova davanti a contraddizioni fortissime del capitale e dello Stato, può significare momento di raccolta delle forze antagoniste. In caso contrario, quando la situazioni è più o meno stabile e il potere procede a periodici aggiustamenti politici ed amministrativi, l’astensione del voto produce solo un dissenso ideale.
Per capovolgere questo stato di cose bisogna cambiare prospettiva. Non si tratta di un’alternativa diversa, ma di una diversa prospettiva. Non occorrono programmi, uomini o partiti diversi, occorre che la gente, gli sfruttati, i lavoratori, i disoccupati, le donne, gli studenti - insomma tutta la grande maggioranza del popolo, - possano prendere in mano le decisioni che riguardano il proprio futuro. Occorre, in una parola, che si neghi la delega e che si applichi l’azione diretta. Certo, queste sono belle parole, che, peraltro, gli anarchici ripetono puntualmente ad ogni scadenza elettorale. Non votare non basta. Appunto. Il tradizionale astensionismo, anche quello anarchico, assoluto e costante, non è sufficiente. È uno strumento platonico che solo in determinati momenti storici, quando ci si trova davanti a contraddizioni fortissime del capitale e dello Stato, può significare momento di raccolta delle forze antagoniste. In caso contrario, quando la situazioni è più o meno stabile e il potere procede a periodici aggiustamenti politici ed amministrativi, l’astensione del voto produce solo un dissenso ideale.


Occorrerebbe fare un passo avanti. Ne abbiamo parlato più volte, ma si tratta di un discorso che ci accorgiamo sembra decisamente difficile. I compagni sono spesso portati a considerare il problema astensionista come staccato da un processo continuo di recupero del consenso che, in un regime democratico, è regola di ogni giorno. Si pensa a “campagne” d’opinione, al solito manifesto, ai soliti volantini che nascono e muoiono in occasione della scadenza del potere.
Occorrerebbe fare un passo avanti. Ne abbiamo parlato più volte, ma si tratta di un discorso che ci accorgiamo sembra decisamente difficile. I compagni sono spesso portati a considerare il problema astensionista come staccato da un processo continuo di recupero del consenso che, in un regime democratico, è regola di ogni giorno. Si pensa a “campagne” d’opinione, al solito manifesto, ai soliti volantini che nascono e muoiono in occasione della scadenza del potere.
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