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Sostituzione testo - "Unione europea" con "Unione Europea"
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Alcuni dei passaggi di maggior rilievo in argomento si ebbero come accennato a partire dalla fine del [[Settecento]]; in quel tempo le normative in genere prevedevano tutela per gli autori solo per gli illeciti più gravi e palesi, come il [[plagio (diritto d'autore)|plagio]], e tutte le protezioni tenevano in buona considerazione, insieme a quelli degli autori, i diritti degli [[stampa]]tori, antesignani della moderna figura dell'[[editore]] <ref>La [[stampa a caratteri mobili]], l'[[invenzione (tecnologia)|invenzione]] che rese imperitura la memoria di [[Johann Gutenberg]] era del [[1456]]. </ref>. In [[Italia]], tuttavia, già nel [[1536]] era stata scritta una delle opere giuridico-letterarie che maggiormente contribuirono in seguito allo sviluppo di norme di simile indirizzo <ref>Sul ruolo di questo saggio a tali effetti, diverse fonti; ad esempio Giuseppe Panattoni, Lorenzo Panattoni, ''Memoria sulla riproduzione dei Promessi sposi del c. Alessandro Manzoni fatta in Firenze nel 1845 dal sig. F. Le Monnier: Repliche giuridiche e Rettificazione alla difesa del Tipografo ricorrente avanti la C. di Cassazione della Toscana'', Tipografia Barbèra, Firenze, 1861</ref>, il saggio ''De rebus et dispositionibus dubiis'' <ref>[[Alberto Bruno da Asti]], ''De rebus et dispositionibus dubiis'', Tipografia Francesco Baroni, 20 agosto 1536, Asti</ref> (''Delle cose e delle disposizioni dubbie'') di [[Alberto Bruno da Asti]]; questo giurista <ref>Alberto Bruno da Asti (nato in realtà a [[Castellinaldo]] nel [[1477]]), signore di [[Ferrere]], fu discepolo di [[Jacopino di San Giorgio]] e nel [[1541]] divenne Avvocato Fiscale Generale di [[Ducato di Savoia|Savoia]], del cui Ducato fu anche senatore a [[Milano]]. Prolifico saggista in materia di [[diritto costituzionale]], si occupò anche di studi riguardanti la [[monetazione]] ed il [[signoraggio]]. Morì nel [[1551]].</ref>, con riferimento alla allora già "fiorente" attività di ristampa non autorizzata di opere altrui, suggeriva che non fosse consentito ''lucrare con altrui danno'' <ref>Taluni autori successivi, come [[Lodovico Bosellini]] (Lodovico Bosellini, ''Della proprietà letteraria e di uno scritto del signor Laboulaye intorno alla medesima'', in ''La Temi - Giornale di legislazione e di giurisprudenza'', Volume VI, Tipografia Barbèra, Firenze, 1857), hanno riferito questo richiamo al principio romanistico riassunto nel [[broccardo]] "''[[nemo locupletari debet cum aliena iactura]]''"</ref>, sottolineando il rischio che ''pel timore di abusi e ristampe <ref>Il termine "ristampa", sino all'Ottocento, è stato frequentemente utilizzato a sé, ma con sottinteso riferimento al significato di "ristampa non autorizzata o comunque abusiva".</ref>, gli Scrittori si svogliassero di pubblicare le opere loro'' ed invocando appositi provvedimenti da parte dell'imperatore o del papa affinché fosse garantita una giusta remunerazione per le fatiche dell'[[intelletto]] <ref>Fonte di diverso segno, ma coincidente con quella di Panattoni sul punto dell'influenza avuta da quest'opera, la lettura datane da Bosellini (op. cit.)</ref>.  
Alcuni dei passaggi di maggior rilievo in argomento si ebbero come accennato a partire dalla fine del [[Settecento]]; in quel tempo le normative in genere prevedevano tutela per gli autori solo per gli illeciti più gravi e palesi, come il [[plagio (diritto d'autore)|plagio]], e tutte le protezioni tenevano in buona considerazione, insieme a quelli degli autori, i diritti degli [[stampa]]tori, antesignani della moderna figura dell'[[editore]] <ref>La [[stampa a caratteri mobili]], l'[[invenzione (tecnologia)|invenzione]] che rese imperitura la memoria di [[Johann Gutenberg]] era del [[1456]]. </ref>. In [[Italia]], tuttavia, già nel [[1536]] era stata scritta una delle opere giuridico-letterarie che maggiormente contribuirono in seguito allo sviluppo di norme di simile indirizzo <ref>Sul ruolo di questo saggio a tali effetti, diverse fonti; ad esempio Giuseppe Panattoni, Lorenzo Panattoni, ''Memoria sulla riproduzione dei Promessi sposi del c. Alessandro Manzoni fatta in Firenze nel 1845 dal sig. F. Le Monnier: Repliche giuridiche e Rettificazione alla difesa del Tipografo ricorrente avanti la C. di Cassazione della Toscana'', Tipografia Barbèra, Firenze, 1861</ref>, il saggio ''De rebus et dispositionibus dubiis'' <ref>[[Alberto Bruno da Asti]], ''De rebus et dispositionibus dubiis'', Tipografia Francesco Baroni, 20 agosto 1536, Asti</ref> (''Delle cose e delle disposizioni dubbie'') di [[Alberto Bruno da Asti]]; questo giurista <ref>Alberto Bruno da Asti (nato in realtà a [[Castellinaldo]] nel [[1477]]), signore di [[Ferrere]], fu discepolo di [[Jacopino di San Giorgio]] e nel [[1541]] divenne Avvocato Fiscale Generale di [[Ducato di Savoia|Savoia]], del cui Ducato fu anche senatore a [[Milano]]. Prolifico saggista in materia di [[diritto costituzionale]], si occupò anche di studi riguardanti la [[monetazione]] ed il [[signoraggio]]. Morì nel [[1551]].</ref>, con riferimento alla allora già "fiorente" attività di ristampa non autorizzata di opere altrui, suggeriva che non fosse consentito ''lucrare con altrui danno'' <ref>Taluni autori successivi, come [[Lodovico Bosellini]] (Lodovico Bosellini, ''Della proprietà letteraria e di uno scritto del signor Laboulaye intorno alla medesima'', in ''La Temi - Giornale di legislazione e di giurisprudenza'', Volume VI, Tipografia Barbèra, Firenze, 1857), hanno riferito questo richiamo al principio romanistico riassunto nel [[broccardo]] "''[[nemo locupletari debet cum aliena iactura]]''"</ref>, sottolineando il rischio che ''pel timore di abusi e ristampe <ref>Il termine "ristampa", sino all'Ottocento, è stato frequentemente utilizzato a sé, ma con sottinteso riferimento al significato di "ristampa non autorizzata o comunque abusiva".</ref>, gli Scrittori si svogliassero di pubblicare le opere loro'' ed invocando appositi provvedimenti da parte dell'imperatore o del papa affinché fosse garantita una giusta remunerazione per le fatiche dell'[[intelletto]] <ref>Fonte di diverso segno, ma coincidente con quella di Panattoni sul punto dell'influenza avuta da quest'opera, la lettura datane da Bosellini (op. cit.)</ref>.  


Si cominciava ad investigare sì sulla natura di quel ricettacolo in cui tutto il prodotto intellettuale non protetto sarebbe andato a defluire, anche se ancora non organicamente col nome di ''pubblico dominio''. Ma della nascente idea di ''proprietà letteraria'' non si parlava ancora in termini giuridici di proprietà ([[Dominium ex iure Quiritium|quiritaria]] o [[in bonis habere|bonitaria]] che fosse), o almeno non in termini di generale condivisione, anzi molte furono <ref>Sebbene principalmente nei secoli successivi.</ref> le confutazioni alla pretesa di una simile identificabilità dei diritti spettanti all'autore (che come ricordato dal Bruno stesso <ref>Alberto Bruno, op.cit.</ref> avevano precedenti in diritto romano solo nel caso del "premio" ricevuto da [[Appio Claudio Cieco|Appio]] per la pubblicazione delle sue opere). Proprio poiché il pubblico dominio era il luogo che accoglieva quanto non assorbito dai diritti di sfruttamento esclusivo dell'opera garantiti agli autori, le ipotesi di inquadramento di questi diritti alla stregua di forme di proprietà condizionava, come del resto ancora oggi, le riflessioni sulla natura giuridica del pubblico dominio. Mentre la dottrina elaborava, in Inghilterra nel [[1557]] si accordava alla ''[[Stationers' Company]]'' <ref>{{en 2}} [[:en:Worshipful Company of Stationers and Newspaper Makers|Worshipful Company of Stationers and Newspaper Makers]]</ref> un vero e proprio [[monopolio]] su tutte le opere, i cui diritti di pubblicazione potevano essere scambiati solo fra i soci della Compagnia; questa era congegnata in modo da assicurare l'esclusione degli autori dal novero dei soci, con la conseguenza che l'auto-pubblicazione risultava di fatto impossibile <ref>[[John Feather]], ''The Book Trade in Politics: The Making of the Copyright Act of 1710'', Publishing History, 1980</ref>. La compagnia aveva un potere di normazione settoriale e la sua norma forse più nota è quella dalla quale deriva lo stesso termine ''[[copyright]]'': una volta che uno dei soci avesse dichiarato presso la Compagnia di avere acquisito i diritti su un testo (detto in quel contesto ''copy''), gli altri soci si sarebbero astenuti dal pubblicarlo lasciando al titolare l'esclusivo "diritto di copia" (''copyright''); a tal fine la Compagnia aveva organizzato un registro, lo ''"entry book of copies"'' (o ''Stationers' Company Register'') che faceva fede fra gli editori inglesi. La privativa fu limitata nel [[1695]], fu poi lo ''[[Statute of Anne]]'' <ref>''Copyright Act 1709 8 Anne c.19 - "An Act for the Encouragement of Learning, by vesting the Copies of Printed Books in the Authors or purchasers of such Copies, during the Times therein mentioned''</ref> a modificare la situazione nel [[1709]].
Si cominciava ad investigare sì sulla natura di quel ricettacolo in cui tutto il prodotto intellettuale non protetto sarebbe andato a defluire, anche se ancora non organicamente col nome di ''pubblico dominio''. Ma della nascente idea di ''proprietà letteraria'' non si parlava ancora in termini giuridici di proprietà ([[Dominium ex iure Quiritium|quiritaria]] o [[in bonis habere|bonitaria]] che fosse), o almeno non in termini di generale condivisione, anzi molte furono <ref>Sebbene principalmente nei secoli successivi.</ref> le confutazioni alla pretesa di una simile identificabilità dei diritti spettanti all'autore (che come ricordato dal Bruno stesso <ref>Alberto Bruno, op.cit.</ref> avevano precedenti in diritto romano solo nel caso del "premio" ricevuto da [[Appio Claudio Cieco|Appio]] per la pubblicazione delle sue opere). Proprio poiché il pubblico dominio era il luogo che accoglieva quanto non assorbito dai diritti di sfruttamento esclusivo dell'opera garantiti agli autori, le ipotesi di inquadramento di questi diritti alla stregua di forme di proprietà condizionava, come del resto ancora oggi, le riflessioni sulla natura giuridica del pubblico dominio. Mentre la dottrina elaborava, in Inghilterra nel [[1557]] si accordava alla ''[[Stationers' Company]]'' <ref>Worshipful Company of Stationers and Newspaper Makers</ref> un vero e proprio [[monopolio]] su tutte le opere, i cui diritti di pubblicazione potevano essere scambiati solo fra i soci della Compagnia; questa era congegnata in modo da assicurare l'esclusione degli autori dal novero dei soci, con la conseguenza che l'auto-pubblicazione risultava di fatto impossibile <ref>[[John Feather]], ''The Book Trade in Politics: The Making of the Copyright Act of 1710'', Publishing History, 1980</ref>. La compagnia aveva un potere di normazione settoriale e la sua norma forse più nota è quella dalla quale deriva lo stesso termine ''[[copyright]]'': una volta che uno dei soci avesse dichiarato presso la Compagnia di avere acquisito i diritti su un testo (detto in quel contesto ''copy''), gli altri soci si sarebbero astenuti dal pubblicarlo lasciando al titolare l'esclusivo "diritto di copia" (''copyright''); a tal fine la Compagnia aveva organizzato un registro, lo ''"entry book of copies"'' (o ''Stationers' Company Register'') che faceva fede fra gli editori inglesi. La privativa fu limitata nel [[1695]], fu poi lo ''[[Statute of Anne]]'' <ref>''Copyright Act 1709 8 Anne c.19 - "An Act for the Encouragement of Learning, by vesting the Copies of Printed Books in the Authors or purchasers of such Copies, during the Times therein mentioned''</ref> a modificare la situazione nel [[1709]].


Nel Vecchio Continente una parte rilevante dei plagi e delle ristampe abusive si manifestavano nell'illecita riproduzione di opere di autori principalmente di altri stati <ref>Numerose ad esempio le polemiche fra gli stati italiani e la [[Francia]] culminate e riassunte (quasi sempre polemicamente) nella corposa saggistica originata dal cennato caso [[Alessandro Manzoni|Manzoni]]-[[Felice Le Monnier|Le Monnier]].</ref> (non che mancasse peraltro l'uso di fare "vittime" fra i connazionali), con all'apice di questa criticità il clamoroso caso delle accuse rivolte a [[Leibniz]] di aver plagiato il lavoro di [[Isaac Newton|Newton]] sull'[[analisi infinitesimale]], un caso che con i séguiti polemici che ebbe divenne un vero e proprio [[incidente diplomatico]] e fu causa di una grave frattura fra gli ambienti scientifici inglesi e continentali. Nelle more dell'attesa di decisive definizioni dottrinali circa la proprietà letteraria, da un lato i governi fecero intanto ricorso ad una discreta [[trattato internazionale|trattatistica]] internazionale, a complemento di interventi legislativi interni, per tutelare ciascuno i propri autori; dall'altro lato, autori illustri anche di scienze non direttamente giuridiche si dedicarono al tema apportandovi contributi in genere volti al riconoscimento di prerogative autorali. [[Immanuel Kant|Kant]], ad esempio, ne ''L'illegittimità della ristampa dei libri'' <ref>Immanuel Kant, ''L'illegittimità della ristampa dei libri (Von der Unrechtmäßigkeit des Büchernachdrucks)'', [[1795]]</ref>, del [[1795]] con [[sillogismo]] riaffermava la separazione fra la proprietà della singola copia di un'opera ed il diritto di effettuarne riproduzioni <ref>Il sillogismo usato, in estrema sintesi, esprimeva che essere proprietari di una ''cosa'' (ad esempio un libro) comprendeva sì il diritto di proprietà sulla cosa, ma non poteva comprendere diritti personali su terzi. Lo stampatore, per conto suo, aveva invece il certo diritto, diritto personale positivo, di essere l'editore dello scritto contenuto nel libro. Il diritto di riproduzione non poteva perciò - secondo appunto Kant - appartenere ad entrambi, era accertato che fosse dello stampatore e non poteva dunque essere contemporaneamente anche del proprietario della copia, anche perché essendo un diritto ''personale'', non poteva avere scaturigine dalla concreta proprietà di una cosa materiale.</ref>.
Nel Vecchio Continente una parte rilevante dei plagi e delle ristampe abusive si manifestavano nell'illecita riproduzione di opere di autori principalmente di altri stati <ref>Numerose ad esempio le polemiche fra gli stati italiani e la [[Francia]] culminate e riassunte (quasi sempre polemicamente) nella corposa saggistica originata dal cennato caso [[Alessandro Manzoni|Manzoni]]-[[Felice Le Monnier|Le Monnier]].</ref> (non che mancasse peraltro l'uso di fare "vittime" fra i connazionali), con all'apice di questa criticità il clamoroso caso delle accuse rivolte a [[Leibniz]] di aver plagiato il lavoro di [[Isaac Newton|Newton]] sull'[[analisi infinitesimale]], un caso che con i séguiti polemici che ebbe divenne un vero e proprio [[incidente diplomatico]] e fu causa di una grave frattura fra gli ambienti scientifici inglesi e continentali. Nelle more dell'attesa di decisive definizioni dottrinali circa la proprietà letteraria, da un lato i governi fecero intanto ricorso ad una discreta [[trattato internazionale|trattatistica]] internazionale, a complemento di interventi legislativi interni, per tutelare ciascuno i propri autori; dall'altro lato, autori illustri anche di scienze non direttamente giuridiche si dedicarono al tema apportandovi contributi in genere volti al riconoscimento di prerogative autorali. [[Immanuel Kant|Kant]], ad esempio, ne ''L'illegittimità della ristampa dei libri'' <ref>Immanuel Kant, ''L'illegittimità della ristampa dei libri (Von der Unrechtmäßigkeit des Büchernachdrucks)'', [[1795]]</ref>, del [[1795]] con [[sillogismo]] riaffermava la separazione fra la proprietà della singola copia di un'opera ed il diritto di effettuarne riproduzioni <ref>Il sillogismo usato, in estrema sintesi, esprimeva che essere proprietari di una ''cosa'' (ad esempio un libro) comprendeva sì il diritto di proprietà sulla cosa, ma non poteva comprendere diritti personali su terzi. Lo stampatore, per conto suo, aveva invece il certo diritto, diritto personale positivo, di essere l'editore dello scritto contenuto nel libro. Il diritto di riproduzione non poteva perciò - secondo appunto Kant - appartenere ad entrambi, era accertato che fosse dello stampatore e non poteva dunque essere contemporaneamente anche del proprietario della copia, anche perché essendo un diritto ''personale'', non poteva avere scaturigine dalla concreta proprietà di una cosa materiale.</ref>.


Sul piano legislativo, nell'imminenza ed al sorgere del [[XIX secolo]], fiorirono norme e trattati internazionali <ref>Il cui scopo era di garantire reciprocità nella tutela degli autori delle rispettive nazionalità </ref> da [[Venezia]] alla [[Francia]], dalla [[Prussia]] alla [[Gran Bretagna]], mentre oltreoceano gli appena indipendenti [[Stati Uniti]] già nel [[1787]] avevano inserito nella loro [[Costituzione degli Stati Uniti|costituzione]] la garanzia di tutela del diritto autorale <ref>{{en 2}} [http://en.wikisource.org/wiki/Constitution_of_the_United_States_of_America Constitution of the United States of America], Articolo 1, sezione 8, comma 8: ''To promote the Progress of Science and useful Arts, by securing for limited Times to Authors and Inventors the exclusive Right to their respective Writings and Discoveries''</ref>.  
Sul piano legislativo, nell'imminenza ed al sorgere del [[XIX secolo]], fiorirono norme e trattati internazionali <ref>Il cui scopo era di garantire reciprocità nella tutela degli autori delle rispettive nazionalità </ref> da [[Venezia]] alla [[Francia]], dalla [[Prussia]] alla [[Gran Bretagna]], mentre oltreoceano gli appena indipendenti [[Stati Uniti]] già nel [[1787]] avevano inserito nella loro [[Costituzione degli Stati Uniti|costituzione]] la garanzia di tutela del diritto autorale <ref>[http://en.wikisource.org/wiki/Constitution_of_the_United_States_of_America Constitution of the United States of America], Articolo 1, sezione 8, comma 8: ''To promote the Progress of Science and useful Arts, by securing for limited Times to Authors and Inventors the exclusive Right to their respective Writings and Discoveries''</ref>.  


Malgrado una così grande e partecipata elaborazione sulla tutela dei diritti, non altrettanto spessore ebbe l'indagine sulla "terra di nessuno" che al copyright residuava. Dal punto di vista del [[diritto internazionale]], il pubblico dominio è oggi perciò, come in passato, solo quell'insieme di opere d'ingegno e altre conoscenze (opere d'arte, [[musica]], [[scienze]], invenzioni, ecc.) sulle quali nessuna persona o organizzazione ha un interesse proprietario (tipicamente un [[monopolio]] concesso governativamente come il [[diritto d'autore]] o il [[brevetto]]). Tali opere e invenzioni sono considerate parte dell'eredità culturale pubblica, e chiunque può utilizzarle o modificarle senza restrizioni (se non si considerano le leggi che riguardano sicurezza, esportazione, ecc.).
Malgrado una così grande e partecipata elaborazione sulla tutela dei diritti, non altrettanto spessore ebbe l'indagine sulla "terra di nessuno" che al copyright residuava. Dal punto di vista del [[diritto internazionale]], il pubblico dominio è oggi perciò, come in passato, solo quell'insieme di opere d'ingegno e altre conoscenze (opere d'arte, [[musica]], [[scienze]], invenzioni ecc.) sulle quali nessuna persona o organizzazione ha un interesse proprietario (tipicamente un [[monopolio]] concesso governativamente come il [[diritto d'autore]] o il [[brevetto]]). Tali opere e invenzioni sono considerate parte dell'eredità culturale pubblica, e chiunque può utilizzarle o modificarle senza restrizioni (se non si considerano le leggi che riguardano sicurezza, esportazione ecc.).


Mentre il diritto d'autore venne adunque creato per difendere l'incentivo finanziario di coloro i quali svolgono un lavoro creativo, e come mezzo per incoraggiare ulteriore lavoro creativo, le opere di pubblico dominio esistono in quanto tali, e il pubblico ha il diritto di usare e riutilizzare il lavoro creativo di altri senza dover pagare un prezzo economico o sociale.
Mentre il diritto d'autore venne adunque creato per difendere l'incentivo finanziario di coloro i quali svolgono un lavoro creativo, e come mezzo per incoraggiare ulteriore lavoro creativo, le opere di pubblico dominio esistono in quanto tali, e il pubblico ha il diritto di usare e riutilizzare il lavoro creativo di altri senza dover pagare un prezzo economico o sociale.
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* l'autore o l'ultimo degli autori, è morto almeno 70 anni prima del 1º gennaio dell'anno corrente;
* l'autore o l'ultimo degli autori, è morto almeno 70 anni prima del 1º gennaio dell'anno corrente;
* nessuno dei firmatari della [[Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche|Convenzione di Berna]] ha passato un diritto d'autore perpetuo sull'opera;
* nessuno dei firmatari della [[Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche|Convenzione di Berna]] ha passato un diritto d'autore perpetuo sull'opera;
* né gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e né l'[[Unione europea]] hanno accettato l'estensione dei termini sul diritto d'autore da quando queste condizioni sono state aggiornate (questa deve essere una condizione perché i numeri esatti nelle altre condizioni dipendono dallo stato della legge "in ogni dato momento").
* né gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e né l'[[Unione Europea]] hanno accettato l'estensione dei termini sul diritto d'autore da quando queste condizioni sono state aggiornate (questa deve essere una condizione perché i numeri esatti nelle altre condizioni dipendono dallo stato della legge "in ogni dato momento").


Queste condizioni sono basate sull'intersezione tra le leggi sui diritti d'autore degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, che sono riconosciute dalla maggior parte degli altri firmatari della Convenzione di Berna. Si noti che i termini di estensione nella tradizione statunitense non ''ripristinano'' l'opera a pubblico dominio (da cui la data del 1924), mentre nella tradizione europea questo avviene perché la "direttiva sull'armonizzazione dei termini di protezione del diritto d'autore" si basa sui termini in vigore in [[Germania]], che sono già stati estesi alla vita dell'autore più 70 anni.
Queste condizioni sono basate sull'intersezione tra le leggi sui diritti d'autore degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, che sono riconosciute dalla maggior parte degli altri firmatari della Convenzione di Berna. Si noti che i termini di estensione nella tradizione statunitense non ''ripristinano'' l'opera a pubblico dominio (da cui la data del 1924), mentre nella tradizione europea questo avviene perché la "direttiva sull'armonizzazione dei termini di protezione del diritto d'autore" si basa sui termini in vigore in [[Germania]], che sono già stati estesi alla vita dell'autore più 70 anni.
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== Copyright statunitense per opere pubblicate 1923-1963 ==
== Copyright statunitense per opere pubblicate 1923-1963 ==
Negli Stati Uniti, opere di autori e possessori statunitensi pubblicate 1923-1963 sono nel pubblico dominio "se il copyright non è stato rinnovato" o "se l'opera è stata pubblicata senza un adeguato avviso di copyright". Attualmente, l'unico modo di accertare lo stato di rinnovamento è una ricerca formale tra le voci del ''US Copyright Office''. Opere straniere che erano precedentemente di pubblico dominio sono state rimesse sotto copyright con le clausole degli emendamenti GATT/TRIPS (in vigore dal 1º gennaio 1996) a condizione che l'opera non fosse già di pubblico dominio nel paese d'origine. <ref>Le voci dal 1978 si trovano nel sito del ''[http://www.copyright.gov/records/ US copyright office]''. Quelle del 1950-1977 sono indicizzate dal ''[http://www.gutenberg.org/etext/11800 Project Gutenberg]''.</ref>
Negli Stati Uniti, opere di autori e possessori statunitensi pubblicate 1923-1963 sono nel pubblico dominio "se il copyright non è stato rinnovato" o "se l'opera è stata pubblicata senza un adeguato avviso di copyright". Attualmente, l'unico modo di accertare lo stato di rinnovamento è una ricerca formale tra le voci del ''US Copyright Office''. Opere straniere che erano precedentemente di pubblico dominio sono state rimesse sotto copyright con le clausole degli emendamenti GATT/TRIPS (in vigore dal 1º gennaio 1996) a condizione che l'opera non fosse già di pubblico dominio nel paese d'origine. <ref>Le voci dal 1978 si trovano nel sito del ''[http://www.copyright.gov/records/ US copyright office]''. Quelle del 1950-1977 sono indicizzate dal ''[http://www.gutenberg.org/ebooks/11800 Project Gutenberg]''.</ref>


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*[[Rinuncia ai diritti d'autore]]
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*[[Anarcopyright]]
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== Collegamenti esterni ==
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