Movimento comunalista: differenze tra le versioni

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Sostituzione testo - "I precursori dell'Anarchismo" con "I precursori dell'anarchismo"
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== Associazioni e federalismo ==
== Associazioni e federalismo ==
[[Image:Proudhon.gif|right|thumb|200px|[[Pierre-Joseph Proudhon]], anarchico federalista]]
[[Image:Proudhon4.jpg|right|thumb|200px|[[Pierre-Joseph Proudhon]], anarchico federalista]]
Nelle cittadine medioevali si svilupparono forme d'[[autogestione]] collettiva e la tendenza a ricostruire la società dal basso, in netta antitesi alla [[gerarchia | strutturazione gerarchica]] dei vecchi imperi.
Nelle cittadine medioevali si svilupparono forme d'[[autogestione]] collettiva e la tendenza a ricostruire la società dal basso, in netta antitesi alla [[gerarchia | strutturazione gerarchica]] dei vecchi imperi.
L'associazione, chiamata anche "fratellanza o corporazione o gilda", fu il cardine attorno al quale ruotava la vita politico-sociale della città medioevale. Ci si associava, legandosi con un patto giurato detto ''Coniuratio'', per scopi religiosi, per difesa, per lavoro, tra artisti ecc... Era lo stesso vescovo a legittimare l'associazione privata e a farla entrare nell'ordinamento cittadino in maniera quasi “illegale” e comunque all'ombra dell'ordinamento vescovile.
L'associazione, chiamata anche "fratellanza o corporazione o gilda", fu il cardine attorno al quale ruotava la vita politico-sociale della città medioevale. Ci si associava, legandosi con un patto giurato detto ''Coniuratio'', per scopi religiosi, per difesa, per lavoro, tra artisti ecc... Era lo stesso vescovo a legittimare l'associazione privata e a farla entrare nell'ordinamento cittadino in maniera quasi “illegale” e comunque all'ombra dell'ordinamento vescovile.
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===Le associazioni===
===Le associazioni===
«Si sono scritte molte opere su queste associazioni che sotto il nome di corporazioni, gilde, fratellanze – o druzhestya, minne, artels in Russia, esnaifs in Serbia e in Turchia, amkari in Georgia, ecc. – si sono sviluppate in modo considerevole nel Medio evo tanto da rappresentare una parte sostanziale nell'emancipazione delle città. Ma ci sono voluti più di sessant'anni perché gli storici riconoscessero l'universalità di questa istituzione e il suo vero carattere. [...]. Se la casa di un'' ''fratello è distrutta dal fuoco, o se egli ha perduto il suo bastimento, o ancora se ha sofferto durante un pellegrinaggio, tutti i fratelli devono venire in suo aiuto. Se un fratello cade gravemente ammalato, altri due fratelli devono vegliare presso il suo letto fino a che non sia fuori pericolo; se muore, devono sotterrarlo – faccenda non da poco in tempi di pestilenze – accompagnandolo in chiesa e alla tomba. Dopo la sua morte devono soccorrere i suoi figli se sono nel bisogno, mentre molto spesso'' ''la vedova diventa una «sorella» della gilda. Questi due caratteri fondamentali s'incontrano in tutte le fratellanze formate non importa a quale scopo. Sempre i membri devono trattarsi in modo fraterno, tanto da chiamarsi appunto fratelli e sorelle, e sono tutti uguali di fronte alla gilda. Essi possiedono in comune il cheptel (bestiame, terre, bastimenti, fondi agricoli). [...] Ma se qualcuno viene meno alla sua lealtà verso i fratelli della gilda, o verso altri, viene escluso dalla fratellanza "con la fama di uomo da nulla" (tha scal han maeles af brödrescap met nidings nafn). [...] si conoscono gilde in tutte le professioni immaginabili: gilde di servi, gilde di uomini liberi e gilde miste di servi e uomini liberi; gilde formate per uno scopo specifico, quale la caccia, la pesca o un'impresa commerciale, e disciolte quando questo scopo specifico viene raggiunto; gilde che invece per certe professioni o certi mestieri durano secoli. Via via che le attività si diversificano, il numero delle gilde cresce. [...]»
«Si sono scritte molte opere su queste associazioni che sotto il nome di corporazioni, gilde, fratellanze – o druzhestya, minne, artels in Russia, esnaifs in Serbia e in Turchia, amkari in Georgia ecc. – si sono sviluppate in modo considerevole nel Medio evo tanto da rappresentare una parte sostanziale nell'emancipazione delle città. Ma ci sono voluti più di sessant'anni perché gli storici riconoscessero l'universalità di questa istituzione e il suo vero carattere. [...]. Se la casa di un'' ''fratello è distrutta dal fuoco, o se egli ha perduto il suo bastimento, o ancora se ha sofferto durante un pellegrinaggio, tutti i fratelli devono venire in suo aiuto. Se un fratello cade gravemente ammalato, altri due fratelli devono vegliare presso il suo letto fino a che non sia fuori pericolo; se muore, devono sotterrarlo – faccenda non da poco in tempi di pestilenze – accompagnandolo in chiesa e alla tomba. Dopo la sua morte devono soccorrere i suoi figli se sono nel bisogno, mentre molto spesso'' ''la vedova diventa una «sorella» della gilda. Questi due caratteri fondamentali s'incontrano in tutte le fratellanze formate non importa a quale scopo. Sempre i membri devono trattarsi in modo fraterno, tanto da chiamarsi appunto fratelli e sorelle, e sono tutti uguali di fronte alla gilda. Essi possiedono in comune il cheptel (bestiame, terre, bastimenti, fondi agricoli). [...] Ma se qualcuno viene meno alla sua lealtà verso i fratelli della gilda, o verso altri, viene escluso dalla fratellanza "con la fama di uomo da nulla" (tha scal han maeles af brödrescap met nidings nafn). [...] si conoscono gilde in tutte le professioni immaginabili: gilde di servi, gilde di uomini liberi e gilde miste di servi e uomini liberi; gilde formate per uno scopo specifico, quale la caccia, la pesca o un'impresa commerciale, e disciolte quando questo scopo specifico viene raggiunto; gilde che invece per certe professioni o certi mestieri durano secoli. Via via che le attività si diversificano, il numero delle gilde cresce. [...]»


=== Caratteristiche principali===
=== Caratteristiche principali===
«Ma il Comune non era semplicemente una parte «autonoma» dello Stato (queste parole ambigue non erano ancora state inventate): era esso stesso uno Stato. Aveva diritti di guerra e di pace, di federazione e di alleanza con i vicini; uno Stato e, cosa ancor più notevole, quando il potere della città veniva usurpato da un'aristocrazia nobiliare o mercantile, la vita interna [...] La città medievale ci appare così come una doppia federazione: innanzi tutto quella di tutte le unità domestiche all'interno di territori delimitati – la strada, la parrocchia, il quartiere – e poi quella degli individui uniti da giuramento in gilde secondo le loro professioni. Mentre la prima era un prodotto della comunità rurale, origine della città, la seconda era una creazione posteriore la cui esistenza derivava dalle mutate condizioni. Garantire la libertà, l'auto-amministrazione e la pace era lo scopo principale della città medievale, e il lavoro, come vedremo tra poco parlando delle gilde di mestiere, ne era la base. Ma la «produzione» non assorbiva tutta l'attenzione degli economisti del Medio evo. Con il loro spirito pratico, essi compresero che il "consumo" doveva essere garantito al fine di ottenere la produzione; di conseguenza, il principio fondamentale di ogni città era di provvedere alla sussistenza comune e all'alloggio tanto dei poveri quanto dei ricchi (gemeine notdurft und gemach armer und richer). L'acquisto di viveri e di altri beni di prima necessità (carbone, legna, ecc.) prima che fossero passati per il mercato o in condizioni particolarmente favorevoli dalle quali altri fossero esclusi – in una parola la preemptio – era assolutamente vietata [...]. Insomma, più conosciamo la città del Medio evo, più vediamo che non era una semplice organizzazione politica per la difesa di determinate libertà. Era un tentativo, su ben più vasta scala rispetto alla comunità rurale, di organizzare una stretta unione di assistenza e appoggio mutuo per il consumo, per la produzione e per la vita sociale nel suo insieme, senza frapporre gli impedimenti dello Stato, ma lasciando piena libertà di espressione al genio creatore di ciascun gruppo nelle arti, nei mestieri, nelle scienze, in commercio e in politica. Vedremo meglio fino a che punto questo tentativo ha avuto successo quando analizzeremo, nel capitolo seguente, l'organizzazione del lavoro nella città medievale e le relazioni delle città con la popolazione delle campagna circostanti. [...]»
«Ma il Comune non era semplicemente una parte «autonoma» dello Stato (queste parole ambigue non erano ancora state inventate): era esso stesso uno Stato. Aveva diritti di guerra e di pace, di federazione e di alleanza con i vicini; uno Stato e, cosa ancor più notevole, quando il potere della città veniva usurpato da un'aristocrazia nobiliare o mercantile, la vita interna [...] La città medievale ci appare così come una doppia federazione: innanzi tutto quella di tutte le unità domestiche all'interno di territori delimitati – la strada, la parrocchia, il quartiere – e poi quella degli individui uniti da giuramento in gilde secondo le loro professioni. Mentre la prima era un prodotto della comunità rurale, origine della città, la seconda era una creazione posteriore la cui esistenza derivava dalle mutate condizioni. Garantire la libertà, l'auto-amministrazione e la pace era lo scopo principale della città medievale, e il lavoro, come vedremo tra poco parlando delle gilde di mestiere, ne era la base. Ma la «produzione» non assorbiva tutta l'attenzione degli economisti del Medio evo. Con il loro spirito pratico, essi compresero che il "consumo" doveva essere garantito al fine di ottenere la produzione; di conseguenza, il principio fondamentale di ogni città era di provvedere alla sussistenza comune e all'alloggio tanto dei poveri quanto dei ricchi (gemeine notdurft und gemach armer und richer). L'acquisto di viveri e di altri beni di prima necessità (carbone, legna ecc.) prima che fossero passati per il mercato o in condizioni particolarmente favorevoli dalle quali altri fossero esclusi – in una parola la preemptio – era assolutamente vietata [...]. Insomma, più conosciamo la città del Medio evo, più vediamo che non era una semplice organizzazione politica per la difesa di determinate libertà. Era un tentativo, su ben più vasta scala rispetto alla comunità rurale, di organizzare una stretta unione di assistenza e appoggio mutuo per il consumo, per la produzione e per la vita sociale nel suo insieme, senza frapporre gli impedimenti dello Stato, ma lasciando piena libertà di espressione al genio creatore di ciascun gruppo nelle arti, nei mestieri, nelle scienze, in commercio e in politica. Vedremo meglio fino a che punto questo tentativo ha avuto successo quando analizzeremo, nel capitolo seguente, l'organizzazione del lavoro nella città medievale e le relazioni delle città con la popolazione delle campagna circostanti. [...]»


===Arti e mestieri===
===Arti e mestieri===
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===Fine del movimento comunalista ===
===Fine del movimento comunalista ===
«Le città del Medio evo hanno reso un immenso servizio alla civiltà europea: le hanno impedito di avviarsi verso le teocrazie e gli Stati dispotici dell'antichità; le hanno dato la diversità, la fiducia in se stessa, lo spirito d'iniziativa e le immense energie intellettuali e materiali che possiede ancor oggi e che sono la miglior garanzia della sua capacità di'' ''resistere ad una nuova invasione che venga da Oriente. Ma perché dunque questi centri di civiltà, che avevano tentato di rispondere a bisogni così profondi della natura umana e che erano così pieni di vita, non sopravvissero più a lungo? [...] Verso la fine del XV secolo, vennero costituiti alcuni potenti Stati che si rifacevano al vecchio modello romano. In ogni regione, qualche signore feudale, più abile, più avido di ricchezze e spesso meno scrupoloso dei suoi vicini, era riuscito ad assicurarsi più ricchi possedimenti personali, un più alto numero di contadini per le sue terre e di cavalieri per il suo seguito, un più consistente tesoro nei suoi scrigni. Aveva scelto come sua residenza un gruppo di villaggi ben situati, dove non si era ancora sviluppata la libera vita municipale – Parigi, Madrid o Mosca – e con il lavoro dei suoi servi ne aveva fatto delle città regie fortificate. Là attirava compagni d'arme, cui concedeva villaggi con liberalità, e mercanti, cui offriva la sua protezione per il commercio. Si andava così formando il germe d'un futuro Stato, che gradatamente avrebbe'' ''cominciato ad assorbire altri centri simili. Trovavano ripugnante la forma stessa della comunità rurale, che i loro codici ignoravano, e i princìpi federativi, che consideravano un'eredità dei "barbari"; viceversa, appoggiavano un cesarismo, sostenuto dalla menzogna del consenso popolare e dalla forza delle armi, e lavoravano alacremente per quelli che'' ''promettevano di attuarlo. [...] La Chiesa consacrò questi primi dominatori, li incoronò come rappresentanti di Dio sulla Terra, e mise al loro servizio la scienza e lo spirito politico dei suoi ministri, le sue benedizioni e le sue maledizioni, le sue ricchezze [...] le invasioni dei Mongoli e dei Turchi, le guerre sante contro i Mori di Spagna, le terribili guerre che ben
«Le città del Medio evo hanno reso un immenso servizio alla civiltà europea: le hanno impedito di avviarsi verso le teocrazie e gli Stati dispotici dell'antichità; le hanno dato la diversità, la fiducia in se stessa, lo spirito d'iniziativa e le immense energie intellettuali e materiali che possiede ancor oggi e che sono la miglior garanzia della sua capacità di'' ''resistere ad una nuova invasione che venga da Oriente. Ma perché dunque questi centri di civiltà, che avevano tentato di rispondere a bisogni così profondi della natura umana e che erano così pieni di vita, non sopravvissero più a lungo? [...] Verso la fine del XV secolo, vennero costituiti alcuni potenti Stati che si rifacevano al vecchio modello romano. In ogni regione, qualche signore feudale, più abile, più avido di ricchezze e spesso meno scrupoloso dei suoi vicini, era riuscito ad assicurarsi più ricchi possedimenti personali, un più alto numero di contadini per le sue terre e di cavalieri per il suo seguito, un più consistente tesoro nei suoi scrigni. Aveva scelto come sua residenza un gruppo di villaggi ben situati, dove non si era ancora sviluppata la libera vita municipale – Parigi, Madrid o Mosca – e con il lavoro dei suoi servi ne aveva fatto delle città regie fortificate. Là attirava compagni d'arme, cui concedeva villaggi con liberalità, e mercanti, cui offriva la sua protezione per il commercio. Si andava così formando il germe d'un futuro Stato, che gradatamente avrebbe'' ''cominciato ad assorbire altri centri simili. Trovavano ripugnante la forma stessa della comunità rurale, che i loro codici ignoravano, e i princìpi federativi, che consideravano un'eredità dei "barbari"; viceversa, appoggiavano un cesarismo, sostenuto dalla menzogna del consenso popolare e dalla forza delle armi, e lavoravano alacremente per quelli che'' ''promettevano di attuarlo. [...] La Chiesa consacrò questi primi dominatori, li incoronò come rappresentanti di Dio sulla Terra, e mise al loro servizio la scienza e lo spirito politico dei suoi ministri, le sue benedizioni e le sue maledizioni, le sue ricchezze [...] le invasioni dei Mongoli e dei Turchi, le guerre sante contro i Mori di Spagna, le terribili guerre che ben
presto scoppiarono tra i centri della nascente sovranità – tra Ile de France e Borgogna, Scozia e Inghilterra, Inghilterra e Francia, Lituania e Polonia, Mosca e Tver, ecc. – contribuirono tutte allo stesso risultato: vennero costituiti potenti Stati [...] Il peggio fu che queste autocrazie in ascesa trovarono appoggi grazie alle divisioni che si erano formate in seno alle città stesse [...] La città fu così divisa: da una parte i "borghesi" o "il Comune", e dall'altra «gli abitanti». Il commercio, che era dapprima comunale, diventò il privilegio di alcune famiglie di mercanti e di artigiani; non vi era ormai che un passo da fare perché divenisse un privilegio individuale o di un gruppo di oppressori, e questo inevitabile passo fu fatto [...]. Ogni città aveva ora i suoi Colonna e i suoi Orsini, i suoi Overstolze e i suoi Wise. Grazie alle cospicue rendite delle terre che avevano conservate, si circondarono di numerosi clienti, feudalizzando i costumi e le abitudini della città stessa. E quando i dissensi cominciarono a farsi sentire tra gli artigiani, offrirono le loro spade e le loro compagnie d'armi per risolvere le liti invece di lasciare che i dissensi trovassero soluzioni più pacifiche, come tradizionalmente accadeva nei tempi passati.  [...] Gli studiosi di diritto romano e i prelati della Chiesa, strettamente alleati dall'epoca di Innocenzo III, riuscirono a neutralizzare l'idea-che aveva presieduto alla fondazione della città. Durante due-trecento anni predicarono dall'alto del pulpito, insegnarono nelle Università, pronunciarono dal banco del tribunale, che occorreva cercare la salvezza in uno Stato fortemente centralizzato, posto sotto un'autorità semi-divina. [...] Ben presto nessuna autorità fu trovata eccessiva, nessuna esecuzione a fuoco lento parve troppo crudele se compiuta "per la sicurezza pubblica". E con questa nuova attitudine di spirito, e questa nuova fede nella potenza di un uomo, il vecchio principio federalista svanì e il genio creatore delle masse si estinse. L'idea romana trionfava e, in queste circostanze, lo Stato accentrato trovò nelle città una facile preda [...] Per aver avuto troppa fiducia nel governo, i cittadini hanno cessato d'aver fiducia in se stessi, sono incapaci di trovare nuove vie. Allo Stato non resta che farsi avanti e schiacciare le ultime libertà. [...] Il flusso scorre ancora oggi alla ricerca di una nuova manifestazione, che non sarà più lo Stato, né la città del Medio evo, né la comunità rurale dei barbari, né il clan dei selvaggi, ma che parteciperà di tutte queste forme, pur superandole grazie a una concezione più ampia e profondamente umana.»
presto scoppiarono tra i centri della nascente sovranità – tra Ile de France e Borgogna, Scozia e Inghilterra, Inghilterra e Francia, Lituania e Polonia, Mosca e Tver ecc. – contribuirono tutte allo stesso risultato: vennero costituiti potenti Stati [...] Il peggio fu che queste autocrazie in ascesa trovarono appoggi grazie alle divisioni che si erano formate in seno alle città stesse [...] La città fu così divisa: da una parte i "borghesi" o "il Comune", e dall'altra «gli abitanti». Il commercio, che era dapprima comunale, diventò il privilegio di alcune famiglie di mercanti e di artigiani; non vi era ormai che un passo da fare perché divenisse un privilegio individuale o di un gruppo di oppressori, e questo inevitabile passo fu fatto [...]. Ogni città aveva ora i suoi Colonna e i suoi Orsini, i suoi Overstolze e i suoi Wise. Grazie alle cospicue rendite delle terre che avevano conservate, si circondarono di numerosi clienti, feudalizzando i costumi e le abitudini della città stessa. E quando i dissensi cominciarono a farsi sentire tra gli artigiani, offrirono le loro spade e le loro compagnie d'armi per risolvere le liti invece di lasciare che i dissensi trovassero soluzioni più pacifiche, come tradizionalmente accadeva nei tempi passati.  [...] Gli studiosi di diritto romano e i prelati della Chiesa, strettamente alleati dall'epoca di Innocenzo III, riuscirono a neutralizzare l'idea-che aveva presieduto alla fondazione della città. Durante due-trecento anni predicarono dall'alto del pulpito, insegnarono nelle Università, pronunciarono dal banco del tribunale, che occorreva cercare la salvezza in uno Stato fortemente centralizzato, posto sotto un'autorità semi-divina. [...] Ben presto nessuna autorità fu trovata eccessiva, nessuna esecuzione a fuoco lento parve troppo crudele se compiuta "per la sicurezza pubblica". E con questa nuova attitudine di spirito, e questa nuova fede nella potenza di un uomo, il vecchio principio federalista svanì e il genio creatore delle masse si estinse. L'idea romana trionfava e, in queste circostanze, lo Stato accentrato trovò nelle città una facile preda [...] Per aver avuto troppa fiducia nel governo, i cittadini hanno cessato d'aver fiducia in stessi, sono incapaci di trovare nuove vie. Allo Stato non resta che farsi avanti e schiacciare le ultime libertà. [...] Il flusso scorre ancora oggi alla ricerca di una nuova manifestazione, che non sarà più lo Stato, né la città del Medio evo, né la comunità rurale dei barbari, né il clan dei selvaggi, ma che parteciperà di tutte queste forme, pur superandole grazie a una concezione più ampia e profondamente umana.»


== Voci correlate ==
== Voci correlate ==
*[[I precursori dell'Anarchismo]]
*[[I precursori dell'anarchismo]]


[[Categoria:Precursori dell'Anarchismo]]
[[Categoria:Precursori dell'anarchismo]]
[[Categoria:Storia generale]]
[[Categoria:Storia generale]]
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