La Comune di Fiume (da anarcotico.net): differenze tra le versioni

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<div style="float:left">[[File:Punto esclamativo.png|80px|link=:Categoria:Stub]]</div>In quest'articolo vengono presentati una serie di scritti sull'[[Aspetti libertari dell'impresa di Fiume|occupazione fiumana (1919)]] da parte di Gabriele D'Annunzio che furono pubblicati qualche anno fa su '''anarcotico.net''', un sito web [[anarco-individualista]] oggi non più attivo. Gli scritti, recuperati da [http://web.archive.org/web/20041010160710/http://www.anarcotico.net/index.php?module=pagesetter&tid=17 web.archive.org], sono stati opera di uno stesso autore e fonte di numerose critiche. Vengono qui su [[Anarcopedia]] riproposti in quanto non è nostra abitudine cancellare le opinioni altrui, ma essi '''non''' costituiscono una '''voce enciclopedica'''. Gli aspetti puramente storici e le prerogative libertarie dell'impresa di Fiume si possono invece trovare nella voce intitolata «'''[[Impresa di Fiume]]'''».</div><br>
| [[File:Punto esclamativo.png|80px]]
| In quest'articolo vengono presentati una serie di scritti sull'[[Aspetti libertari dell'impresa di Fiume|occupazione fiumana (1919)]] da parte di Gabriele D'Annunzio che furono pubblicati qualche anno fa su '''anarcotico.net''', un sito web [[anarco-individualista]] oggi non più attivo. Gli scritti, recuperati da [http://web.archive.org/web/20041010160710/http://www.anarcotico.net/index.php?module=pagesetter&tid=17 web.archive.org], sono stati opera di uno stesso autore e fonte di numerose critiche. Vengono qui su [[Anarcopedia]] riproposti in quanto non è nostra abitudine cancellare le opinioni altrui, ma essi '''non''' costituiscono una '''voce enciclopedica'''. Gli aspetti puramente storici e le prerogative libertarie dell'impresa di Fiume si possono invece trovare nella voce intitolata «'''[[Impresa di Fiume]]'''».
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== La Comune di Fiume (articolo pubblicato sulla rubrica «L'Individualista» di ''anarcotico.net'')==
== La Comune di Fiume (articolo pubblicato sulla rubrica «L'Individualista» di ''anarcotico.net'')==
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Davvero ancora oggi, è un immenso cruccio che continuamente rimugino e non sono in grado di rimuovere, un lutto (mancato) che non sono nelle condizioni di elaborare, il fatto che una revolverata liberatrice non sia seguita agli allettanti auspicii e proponimenti del Vate. Noi non obliamo invece a quel comando risolutore e sempiternamente rispetteremo la consegna: agli ordini, o Comandante, Gabriele D'Annunzio, Ernesto Che Guevara italico, ultimo italiano figlio delle Muse!
Davvero ancora oggi, è un immenso cruccio che continuamente rimugino e non sono in grado di rimuovere, un lutto (mancato) che non sono nelle condizioni di elaborare, il fatto che una revolverata liberatrice non sia seguita agli allettanti auspicii e proponimenti del Vate. Noi non obliamo invece a quel comando risolutore e sempiternamente rispetteremo la consegna: agli ordini, o Comandante, Gabriele D'Annunzio, Ernesto Che Guevara italico, ultimo italiano figlio delle Muse!


: «D'Annunzio non si è contentato di chiudersi nel mondo dei suoi sogni, e ha tentato violentemente di uscirne, trasferendo la celebrazione dell'attività individuale dal chiuso della poesia nel campo aperto e discorde della vita sociale». (Luigi Russo)
: «D'Annunzio non si è contentato di chiudersi nel mondo dei suoi sogni, e ha tentato violentemente di uscirne, trasferendo la celebrazione dell'attività individuale dal chiuso della poesia nel campo aperto e discorde della vita sociale» (Luigi Russo).


: «Forse bisognerà dimenticare l'epiteto di poeta della lussuria che non gli risponde a pieno. D'Annunzio si è valso della lussuria per una sorta di conoscenza e una sorta di ascesi. Quel che per altri è piacere, per lui è sacrificio e conoscimento. In nessuno degli scritti ascetici, che sono stati forse la sua più forte passione letteraria, si troverà contemplata e indagata la morte come nei suoi libri erotici: la carne non è se non uno spirito devoto alla morte. In questo senso nessuno è stato più carnale di Gabriele D'Annunzio, devoto costante alla morte. Non solo egli s'è visto più volte e s'è descritto morto... egli ha temuto la morte. La sua devozione nasce, come nei primitivi, dall'orrore del suo Dio o demone. Che egli l'abbia cercata, la morte, che ne sia stato tentato, non significa che non la tema... Egli sente come la morte sia l'esperienza maggiore; più grande dell'amore; più decisiva dell'arte; più pericolosa dell'eroismo tragico. Ma essa è anche l'unica esperienza che non consenta ritorni. Egli vorrebbe arricchire la sua vita con la morte». (Pietro Bargellini)
: «Forse bisognerà dimenticare l'epiteto di poeta della lussuria che non gli risponde a pieno. D'Annunzio si è valso della lussuria per una sorta di conoscenza e una sorta di ascesi. Quel che per altri è piacere, per lui è sacrificio e conoscimento. In nessuno degli scritti ascetici, che sono stati forse la sua più forte passione letteraria, si troverà contemplata e indagata la morte come nei suoi libri erotici: la carne non è se non uno spirito devoto alla morte. In questo senso nessuno è stato più carnale di Gabriele D'Annunzio, devoto costante alla morte. Non solo egli s'è visto più volte e s'è descritto morto... egli ha temuto la morte. La sua devozione nasce, come nei primitivi, dall'orrore del suo Dio o demone. Che egli l'abbia cercata, la morte, che ne sia stato tentato, non significa che non la tema... Egli sente come la morte sia l'esperienza maggiore; più grande dell'amore; più decisiva dell'arte; più pericolosa dell'eroismo tragico. Ma essa è anche l'unica esperienza che non consenta ritorni. Egli vorrebbe arricchire la sua vita con la morte» (Pietro Bargellini).


== Il fallito complotto anarfuturista del 1920 (articolo pubblicato sulla rubrica «L'Individualista» di ''anarcotico.net'')==
== Il fallito complotto anarfuturista del 1920 (articolo pubblicato sulla rubrica «L'Individualista» di ''anarcotico.net'')==
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A parte Cerati, che aveva passato la trentina, erano tutti molto giovani: il più anziano aveva ventiquattro anni, il più giovane diciassette. Tra essi, oltre a Filippi e Cerati, c'erano gli anarchici Aurelio Tromba, fornaio, Ettore Aguggini, meccanico, Antonio Pietropaolo, studente.
A parte Cerati, che aveva passato la trentina, erano tutti molto giovani: il più anziano aveva ventiquattro anni, il più giovane diciassette. Tra essi, oltre a Filippi e Cerati, c'erano gli anarchici Aurelio Tromba, fornaio, Ettore Aguggini, meccanico, Antonio Pietropaolo, studente.
A piede libero, per complicità, venne denunciato il capitano Mario Carli, scrittore futurista, volontario tra gli Arditi durante la Grande Guerra, da poco lasciatosi alle spalle la Repubblica dei Sindacati di Fiume e trasferitosi a Milano dove dirigeva il periodico dannunziano fondato proprio a Fiume nel corso del 1920 dal titolo ''La Testa di Ferro'', e i cui legami con anarchici individualisti come [[Renzo Novatore]] e [[Auro D'Arcola]] alias Tintino Persio Rasi erano profondi e notori; sulle colonne del suo giornale si era svolto un interessante dibattito sul tema delle relazioni tra futurismo ed anarchismo, a cui aveva partecipato anche [[Carlo Molaschi]], seppure in posizione critica, già sul crinale di essere infettato dalla cancrena malatestiana-organizzatrice. Il periodico di Mario Carli si era pericolosamente esposto in quei giorni con una feroce campagna contro il Trattato di Rapallo, esortando gli italiani ad imporre con qualsiasi mezzo allo schifoso governo di riconoscere la Reggenza del Carnaro ed invitandoli a sbarazzarsi in un sol colpo della monarchia, del sistema parlamentare e del papato, che con il loro penetrante fetore ammorbavano l'italo suol dove, come diceva l'Alighieri, "dolce risuona il Sì".
A piede libero, per complicità, venne denunciato il capitano Mario Carli, scrittore futurista, volontario tra gli Arditi durante la Grande Guerra, da poco lasciatosi alle spalle la Repubblica dei Sindacati di Fiume e trasferitosi a Milano dove dirigeva il periodico dannunziano fondato proprio a Fiume nel corso del 1920 dal titolo ''La Testa di Ferro'', e i cui legami con anarchici individualisti come [[Renzo Novatore]] e [[Auro D'Arcola]] alias Tintino Persio Rasi erano profondi e notori; sulle colonne del suo giornale si era svolto un interessante dibattito sul tema delle relazioni tra futurismo ed anarchismo, a cui aveva partecipato anche [[Carlo Molaschi]], seppure in posizione critica, già sul crinale di essere infettato dalla cancrena [[Malatesta|malatestiana]]-[[organizzatrice.]] Il periodico di Mario Carli si era pericolosamente esposto in quei giorni con una feroce campagna contro il Trattato di Rapallo, esortando gli italiani ad imporre con qualsiasi mezzo allo schifoso governo di riconoscere la Reggenza del Carnaro ed invitandoli a sbarazzarsi in un sol colpo della monarchia, del sistema parlamentare e del papato, che con il loro penetrante fetore ammorbavano l'italo suol dove, come diceva l'Alighieri, "dolce risuona il Sì".


Secondo le dichiarazioni rese alla stampa, la questura aveva accertato che lo scopo della riunione era di organizzare un attentato contro le centrali elettriche di Via Gadio e di Viale Elvezia: piombato nel buio il capoluogo lombardo, altri attentati sarebbero seguiti, secondo un preciso piano insurrezionalistico. La trama fu giudicata da molti organi borghesi come sterile e puerile, "Il Popolo d'Italia", ad ogni buon conto, si affrettò a denunciare questi accordi - tra anarchici e dannunziani - che non possono avere alcun valore politico"; se infatti una salda alleanza si fosse concretata tra queste componenti sovversive, tristi giorni si sarebbero profilati per i mondani e reazionari piani fascisti. Sull'organo dei Fasci si leggeva il [[4 gennaio]] [[1921]]: «Non si concilia la teoria della diserzione coll'adempimento del dovere di Patria; non si mettono nello stesso seguito la Nazione e l'antinazione. Non si fanno certe unioni contro-natura". Il moralistico ed utilitaristico messaggio contenuto in queste parole richiama senza dubbio alla mente espressioni analoghe che nel campo dell'Anarchismo Ufficiale venivano sentenziate dai capoccia a giustificazione della propria perversa ignavia e della propria sciocca pedanteria settaria e legalitaria, allora come oggi, da sempre. Gli individualisti, dal canto loro, non rinunciarono alle distinzioni: "Per la storia, ci teniamo a far rilevare un fatto: i dannunziani non vanno confusi con i fascisti poiché un abisso li divide».
Secondo le dichiarazioni rese alla stampa, la questura aveva accertato che lo scopo della riunione era di organizzare un attentato contro le centrali elettriche di Via Gadio e di Viale Elvezia: piombato nel buio il capoluogo lombardo, altri attentati sarebbero seguiti, secondo un preciso piano insurrezionalistico. La trama fu giudicata da molti organi borghesi come sterile e puerile, "Il Popolo d'Italia", ad ogni buon conto, si affrettò a denunciare questi accordi - tra anarchici e dannunziani - che non possono avere alcun valore politico"; se infatti una salda alleanza si fosse concretata tra queste componenti sovversive, tristi giorni si sarebbero profilati per i mondani e reazionari piani fascisti. Sull'organo dei Fasci si leggeva il [[4 gennaio]] [[1921]]: «Non si concilia la teoria della diserzione coll'adempimento del dovere di Patria; non si mettono nello stesso seguito la Nazione e l'antinazione. Non si fanno certe unioni contro-natura". Il moralistico ed utilitaristico messaggio contenuto in queste parole richiama senza dubbio alla mente espressioni analoghe che nel campo dell'Anarchismo Ufficiale venivano sentenziate dai capoccia a giustificazione della propria perversa ignavia e della propria sciocca pedanteria settaria e legalitaria, allora come oggi, da sempre. Gli individualisti, dal canto loro, non rinunciarono alle distinzioni: "Per la storia, ci teniamo a far rilevare un fatto: i dannunziani non vanno confusi con i fascisti poiché un abisso li divide».
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Morte e trasfigurazione, gioiosità dionisiaca e cupio dissolvi, lento e agonico e agonistico e mistico desiderio di Estinzione e di Rivolta: questi, in modo precario ed improvvisato, i punti in comune, di contatto e di non ritorno tra queste due fantomatiche assenti attuazioni umane, che sono state, ad opera di italiani "antinazionali", ma proprio nel significato meno di lato e più etimologico del termine, cioè di individui operanti contro il perenne ed atavico senso comune delle genti della penisola, e al di là di isolate declamazioni, rispettivamente la suprema Comune di Fiume e il meno ambizioso ma non meno estasiante movimento del 1977. Altro il mio limitato occhio non vede: contemplo il deserto del reale, nel quale non vi è alcuna traversata da compiere. Tutto il resto è silenzio.
Morte e trasfigurazione, gioiosità dionisiaca e cupio dissolvi, lento e agonico e agonistico e mistico desiderio di Estinzione e di Rivolta: questi, in modo precario ed improvvisato, i punti in comune, di contatto e di non ritorno tra queste due fantomatiche assenti attuazioni umane, che sono state, ad opera di italiani "antinazionali", ma proprio nel significato meno di lato e più etimologico del termine, cioè di individui operanti contro il perenne ed atavico senso comune delle genti della penisola, e al di là di isolate declamazioni, rispettivamente la suprema Comune di Fiume e il meno ambizioso ma non meno estasiante movimento del 1977. Altro il mio limitato occhio non vede: contemplo il deserto del reale, nel quale non vi è alcuna traversata da compiere. Tutto il resto è silenzio.


: «Su tutte le cose sta il cielo Caso, il cielo Incolpevolezza, il cielo Accidente. Per caso: questa è la più vecchia nobiltà del mondo che io restituii a tutte le cose, liberandole dal giacere in schiavitù sotto il Fine. Sopra esse ed in esse non vuole nessuna eterna Volontà; e in luogo di tale Volontà posi la pazzia, quando insegnai: una cosa è per sempre impossibile, la razionalità. L'eterno ragno-ragione e l'eterna ragnatela di ragione non esistono affatto». ([[Friedrich Nietzsche]], ''Così parlò Zarathustra'', Parte Terza, 1883-85)
: «Su tutte le cose sta il cielo Caso, il cielo Incolpevolezza, il cielo Accidente. Per caso: questa è la più vecchia nobiltà del mondo che io restituii a tutte le cose, liberandole dal giacere in schiavitù sotto il Fine. Sopra esse ed in esse non vuole nessuna eterna Volontà; e in luogo di tale Volontà posi la pazzia, quando insegnai: una cosa è per sempre impossibile, la razionalità. L'eterno ragno-ragione e l'eterna ragnatela di ragione non esistono affatto» ([[Friedrich Nietzsche]], ''Così parlò Zarathustra'', Parte Terza, 1883-85).


:«L'umanità non ha alcun fine, alcuna idea, alcun piano, così come non hanno un fine la specie delle farfalle o delle orchidee». ([[Oswald Spengler]], ''Il Tramonto dell'Occidente'', Volume Primo, 1923)
:«L'umanità non ha alcun fine, alcuna idea, alcun piano, così come non hanno un fine la specie delle farfalle o delle orchidee» ([[Oswald Spengler]], ''Il Tramonto dell'Occidente'', Volume Primo, 1923).


:«La storia del genere umano, l'incalzare degli eventi, il cambiamento dei tempi, le forme della vita umana, così diverse col variare dei luoghi e dei tempi, tutto ciò non è che la forma accidentale del fenomeno dell'idea; nessuna di tali determinazioni particolari appartiene all'idea, che sola costituisce l'oggettità adeguata della volontà; fanno tutte parte del solo fenomeno soggetto alla conoscenza dell'individuo; tali determinazioni sono all'idea così estranee, inessenziali ed indifferenti, come alle nubi le figure che vi appaiono, al ruscello la forma dei gorghi e delle schiume, e al ghiaccio le sue arborescenze» ([[Arthur Schopenhauer]], ''Il mondo come volontà e rappresentazione'', "Libro Terzo, Il mondo come rappresentazione. L'idea platonica: l'oggetto dell'arte", Paragrafo 35, 1818)
:«La storia del genere umano, l'incalzare degli eventi, il cambiamento dei tempi, le forme della vita umana, così diverse col variare dei luoghi e dei tempi, tutto ciò non è che la forma accidentale del fenomeno dell'idea; nessuna di tali determinazioni particolari appartiene all'idea, che sola costituisce l'oggettità adeguata della volontà; fanno tutte parte del solo fenomeno soggetto alla conoscenza dell'individuo; tali determinazioni sono all'idea così estranee, inessenziali ed indifferenti, come alle nubi le figure che vi appaiono, al ruscello la forma dei gorghi e delle schiume, e al ghiaccio le sue arborescenze» ([[Arthur Schopenhauer]], ''Il mondo come volontà e rappresentazione'', "Libro Terzo, Il mondo come rappresentazione. L'idea platonica: l'oggetto dell'arte", Paragrafo 35, 1818)
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