Consigli ed occupazioni di fabbrica in Italia (1919-20): differenze tra le versioni

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Il [[27 settembre]] «L'Avanti» pubblicò un editoriale in cui, oltre ad ammettere la sconfitta degli operai accusò di ciò la dirigenza [[riformista]] del Partito socialista <ref>Battista Santhià, ''Con Gramsci all'Ordine Nuovo'', Firenze, Editori Riuniti, giugno 1956, p. 128: «Il 27 l'Avanti pubblicò un comunicato in cui apertamente si riconosceva che la lotta era finita con la sconfitta degli operai per colpa dei dirigenti riformisti.»</ref>. L'editoriale non fece altro che rettificare la spaccatura ormai insanabile tra i riformisti e i rivoluzionari del PSI. Quest'ultimi erano allineati alle posizioni ufficiali della [[III Internazionale]] (Comintern), che durante il suo II° Congresso tenutosi tra tra luglio e agosto del [[1920]] decise che tutti i suoi membri avrebbero dovuto sottoscrivere 21 condizioni che tra le altre cose prevedevano l'espulsione di ogni riformista e il cambiamento del nome dei partiti in "Partito Comunista". Il [[27 agosto]], al termine del Congresso, il il presidente del Comintern Zinov'ev, Bucharin e Lenin inviarono al Psi e a «tutto il proletariato rivoluzionario» italiano l'invito a discutere al più presto in un Congresso le 21 condizioni. L'appello sarà pubblicato in Italia solo il [[30 ottobre]] su ''L'Ordine Nuovo'', quindicinale socialista torinese diretto da [[Antonio Gramsci]].
Il [[27 settembre]] «L'Avanti» pubblicò un editoriale in cui, oltre ad ammettere la sconfitta degli operai accusò di ciò la dirigenza [[riformista]] del Partito socialista <ref>Battista Santhià, ''Con Gramsci all'Ordine Nuovo'', Firenze, Editori Riuniti, giugno 1956, p. 128: «Il 27 l'Avanti pubblicò un comunicato in cui apertamente si riconosceva che la lotta era finita con la sconfitta degli operai per colpa dei dirigenti riformisti.»</ref>. L'editoriale non fece altro che rettificare la spaccatura ormai insanabile tra i riformisti e i rivoluzionari del PSI. Quest'ultimi erano allineati alle posizioni ufficiali della [[III Internazionale]] (Comintern), che durante il suo II° Congresso tenutosi tra tra luglio e agosto del [[1920]] decise che tutti i suoi membri avrebbero dovuto sottoscrivere 21 condizioni che tra le altre cose prevedevano l'espulsione di ogni riformista e il cambiamento del nome dei partiti in "Partito Comunista". Il [[27 agosto]], al termine del Congresso, il il presidente del Comintern Zinov'ev, Bucharin e Lenin inviarono al Psi e a «tutto il proletariato rivoluzionario» italiano l'invito a discutere al più presto in un Congresso le 21 condizioni. L'appello sarà pubblicato in Italia solo il [[30 ottobre]] su ''L'Ordine Nuovo'', quindicinale socialista torinese diretto da [[Antonio Gramsci]].


La vittoria della fazione riformista dei socialisti <ref>All'interno del PSI convivevano diverse fazioni: «Il PSI, che all'Internazionale Comunista aveva aderito fin dal proprio precedente congresso dell'ottobre 1919, giunse a Livorno diviso in cinque frazioni: '''l'ala destra''' era quella dei concentrazionisti, vicini alle posizioni del gradualismo riformista di Filippo Turati; '''al centro''' si collocava gran parte dei massimalisti (i comunisti unitari) di Giacinto Menotti Serrati, e tra gli uni e gli altri i cosiddetti rivoluzionari intransigenti di Costantino Lazzari; '''a sinistra''' i comunisti puri di Amadeo Bordiga, affiancati dal gruppo della circolare di Antonio Graziadei»[http://it.wikipedia.org/wiki/XVII_Congresso_del_Partito_Socialista_Italiano Leggi tutto].</ref>, considerata da anarchici e comunisti un vero e proprio [[sabotaggio]] della [[rivoluzione]], accelerò il distacco tra le due correnti. Durante il congresso di Milano ([[15 ottobre]] [[1920]]) dei socialisti allineati alla [[III Internazionale]] approvò il manifesto, dal titolo ''Ai Compagni e alle Sezioni del Partito Socialista Italiano'', che si concludeva con una proposta sintetizzata in 10 punti firmata da Gramsci, Bordiga, Fortichiari, Misiano, Terracini e il segretario della Federazione Giovanile Socialista Italiana, Luigi Polano. Nacque in questo modo la frazione comunista del PSI, che si trasformò in partito ([[Partito Comunista d'Italia]]) al termine del XVII Congresso del Partito Socialista ([[15 gennaio|15]]-[[21 gennaio]]) con l'abbandono dei lavori da parte dei comunisti di Gramsci e Bordiga. <ref>[http://archive.is/WMHuD Breve storia della nascita del P.C.I.]</ref>
La vittoria della fazione riformista dei socialisti <ref>All'interno del PSI convivevano diverse fazioni: «Il PSI, che all'Internazionale Comunista aveva aderito fin dal proprio precedente congresso dell'ottobre 1919, giunse a Livorno diviso in cinque frazioni: '''l'ala destra''' era quella dei concentrazionisti, vicini alle posizioni del gradualismo riformista di Filippo Turati; '''al centro''' si collocava gran parte dei massimalisti (i comunisti unitari) di Giacinto Menotti Serrati, e tra gli uni e gli altri i cosiddetti rivoluzionari intransigenti di Costantino Lazzari; '''a sinistra''' i comunisti puri di Amadeo Bordiga, affiancati dal gruppo della circolare di Antonio Graziadei» ([http://it.wikipedia.org/wiki/XVII_Congresso_del_Partito_Socialista_Italiano leggi tutto]).</ref>, considerata da anarchici e comunisti un vero e proprio [[sabotaggio]] della [[rivoluzione]], accelerò il distacco tra le due correnti. Durante il congresso di Milano ([[15 ottobre]] [[1920]]) dei socialisti allineati alla [[III Internazionale]] approvò il manifesto, dal titolo ''Ai Compagni e alle Sezioni del Partito Socialista Italiano'', che si concludeva con una proposta sintetizzata in 10 punti firmata da Gramsci, Bordiga, Fortichiari, Misiano, Terracini e il segretario della Federazione Giovanile Socialista Italiana, Luigi Polano. Nacque in questo modo la frazione comunista del PSI, che si trasformò in partito ([[Partito Comunista d'Italia]]) al termine del XVII Congresso del Partito Socialista ([[15 gennaio|15]]-[[21 gennaio]]) con l'abbandono dei lavori da parte dei comunisti di Gramsci e Bordiga. <ref>[http://archive.is/WMHuD Breve storia della nascita del P.C.I.]</ref>
: « Come classe, gli operai italiani che occuparono le fabbriche si dimostrarono all'altezza dei loro compiti e delle loro funzioni. Tutti i problemi che le necessità del movimento posero loro da risolvere furono brillantemente risolti. Non poterono risolvere i problemi dei rifornimenti e delle comunicazioni perché non furono occupate le ferrovie e la flotta. Non poterono risolvere i problemi finanziari perché non furono occupati gli istituti di credito e le aziende commerciali. Non poterono risolvere i grandi problemi nazionali e internazionali, perché non conquistarono il potere di Stato. Questi problemi avrebbero dovuto essere affrontati dal Partito socialista e dai sindacati che invece capitolarono vergognosamente, pretestando l'immaturità delle masse; in realtà i dirigenti erano immaturi e incapaci, non la classe. Perciò avvenne la rottura di Livorno e si creò un nuovo partito, il Partito comunista. »[[File:Benito Mussolini and Adolf Hitler.jpg|right|thumb|160 px|[[Mussolini]] e [[Hitler]]: il fascismo fu una reazione borghese alle istanze rivoluzionarie proletarie.]]
: « Come classe, gli operai italiani che occuparono le fabbriche si dimostrarono all'altezza dei loro compiti e delle loro funzioni. Tutti i problemi che le necessità del movimento posero loro da risolvere furono brillantemente risolti. Non poterono risolvere i problemi dei rifornimenti e delle comunicazioni perché non furono occupate le ferrovie e la flotta. Non poterono risolvere i problemi finanziari perché non furono occupati gli istituti di credito e le aziende commerciali. Non poterono risolvere i grandi problemi nazionali e internazionali, perché non conquistarono il potere di Stato. Questi problemi avrebbero dovuto essere affrontati dal Partito socialista e dai sindacati che invece capitolarono vergognosamente, pretestando l'immaturità delle masse; in realtà i dirigenti erano immaturi e incapaci, non la classe. Perciò avvenne la rottura di Livorno e si creò un nuovo partito, il Partito comunista. »[[File:Benito Mussolini and Adolf Hitler.jpg|right|thumb|160 px|[[Mussolini]] e [[Hitler]]: il fascismo fu una reazione borghese alle istanze rivoluzionarie proletarie.]]
(Antonio Gramsci <ref>Antonio Gramsci, ''Ancora delle capacità organiche della classe operaia'' (articolo non firmato) in "l'Unità ", 1º ottobre 1926; ora in Id., ''La costruzione del Partito comunista'', 1923-1926, Einaudi, Torino 1971, pp. 347-8.</ref>)
(Antonio Gramsci <ref>Antonio Gramsci, ''Ancora delle capacità organiche della classe operaia'' (articolo non firmato) in "l'Unità ", 1º ottobre 1926; ora in Id., ''La costruzione del Partito comunista'', 1923-1926, Einaudi, Torino 1971, pp. 347-8.</ref>)