Corrado Quaglino: differenze tra le versioni

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'''Ricordo di Gobetti e Gramsci'''  
'''Ricordo di Gobetti e Gramsci'''  
:«Io Piero l'ho conosciuto. Sono venuto qui [''la sede del Centro studi P. Gobetti è ubicata nell'ex abitazione di Piero – ndr''] e abbiamo fatto una bella chiacchierata. Io ero a Milano, a «Umanità Nova», e ricevevamo «Rivoluzione Liberale» che era molto apprezzata da [[Malatesta]]. [[Malatesta]] era un uomo che amava molto i giovani... Abbiamo fatto questa chiacchierata, poi io sono venuto altre due volte e l'ho trovato con Gramsci in via XX Settembre. Gramsci naturalmente sapeva che ero anarchico e mi diceva: ‘Sei ancora troppo anarchico', ma era buono, veramente buono, era un tipo affabile...».  
:«Io Piero l'ho conosciuto. Sono venuto qui [''la sede del Centro studi P. Gobetti è ubicata nell'ex abitazione di Piero – ndr''] e abbiamo fatto una bella chiacchierata. Io ero a Milano, a «Umanità Nova», e ricevevamo «Rivoluzione Liberale» che era molto apprezzata da [[Malatesta]]. [[Malatesta]] era un uomo che amava molto i giovani... Abbiamo fatto questa chiacchierata, poi io sono venuto altre due volte e l'ho trovato con Gramsci in via XX Settembre. Gramsci naturalmente sapeva che ero anarchico e mi diceva: "Sei ancora troppo anarchico", ma era buono, veramente buono, era un tipo affabile... ».  


'''La distruzione dell'Avanti'''  
'''La distruzione dell'Avanti'''  
:«Ero andato a trovare Serrati qualche giorno prima del 15 aprile del '19, quando l'hanno incendiato, perché si sapeva attraverso certi compagni, tra i quali Bruno Filippi, ragazzi decisi, che i fascisti avrebbero... e hanno offerto a Serrati un appoggio non solo morale: ‘Noi possiamo difendere l'Avanti...'. Erano armati. Ma Serrati: ‘La direzione del partito prenderà provvedimenti'...».  
:«Ero andato a trovare Serrati qualche giorno prima del [[15 aprile]] del '19, quando l'hanno incendiato, perché si sapeva attraverso certi compagni, tra i quali [[Bruno Filippi]], ragazzi decisi, che i [[fascisti]] avrebbero... e hanno offerto a Serrati un appoggio non solo morale: "Noi possiamo difendere ''l'Avanti''...". Erano armati. Ma Serrati: "La direzione del partito prenderà provvedimenti"... ».  


'''[[Teatro Diana|La bomba del Diana]]'''
'''[[Teatro Diana|La bomba del Diana]]'''
: Quella del Diana è stata una storia terribile. Noi eravamo in cella a San Vittore e un bel giorno Malatesta dice di fare lo sciopero della fame. E poi scoppia la bomba del Diana. «Umanità Nova» faceva una campagna: Malatesta muore, e hanno perso la testa. Quei tre, che io conoscevo perfettamente, Mariani, Boldrini e Aguggini, hanno messo questa bomba al Diana. È stata una carneficina. Malatesta ci aveva detto: ‘Badate che se facciamo lo sciopero della fame bisogna andare fino in fondo'. Fino in fondo voleva dire morire. Allora io avevo 24 anni e la fame la sentivo! Poi una mattina viene la guardia carceraria e mi butta lì il giornale, il «Corriere della Sera»... allora ci siamo radunati tutti e tre e Malatesta dice:‘Ormai non c'è più niente da fare'. Il Diana è stata una cosa riprovevole, una cosa che nessuno sa spiegare. Con Malatesta e Borghi ci siamo detti: "Bisogna finirlo" [''lo sciopero della fame – ndr'']. Io glielo ho detto a Malatesta: "Guarda che chi ha fatto questo sono questi qui". È impallidito. Comunque al processo siamo stati assolti, perché Malatesta era un ragionatore, spiegava le cose. Infatti nei comizi – allora non c'era l'altoparlante – ragionava, lui ragionava. Aveva degli occhi... gli occhi meridionali, lampeggianti... il suo pizzo... il vero rivoluzionario. Era un uomo onesto, poi era buono... era buono. Malatesta ha parlato, ha fatto un'autodifesa magnifica. Siamo stati assolti».  
:«Quella del Diana è stata una storia terribile. Noi eravamo in cella a San Vittore e un bel giorno [[Malatesta]] dice di fare lo sciopero della fame. E poi scoppia la bomba del Diana. «[[Umanità Nova]]» faceva una campagna: [[Malatesta]] muore, e hanno perso la testa. Quei tre, che io conoscevo perfettamente, Mariani, Boldrini e Aguggini, hanno messo questa bomba al Diana. È stata una carneficina. [[Malatesta]] ci aveva detto: "Badate che se facciamo lo sciopero della fame bisogna andare fino in fondo". Fino in fondo voleva dire morire. Allora io avevo 24 anni e la fame la sentivo! Poi una mattina viene la guardia carceraria e mi butta lì il giornale, il ''Corriere della Sera''... allora ci siamo radunati tutti e tre e [[Malatesta]] dice: "Ormai non c'è più niente da fare". Il Diana è stata una cosa riprovevole, una cosa che nessuno sa spiegare. Con [[Malatesta]] e [[Armando Borghi|Borghi]] ci siamo detti: "Bisogna finirlo" [''lo sciopero della fame – ndr'']. Io glielo ho detto a [[Malatesta]]: "Guarda che chi ha fatto questo sono questi qui". È impallidito. Comunque al processo siamo stati assolti, perché [[Malatesta]] era un ragionatore, spiegava le cose. Infatti nei comizi – allora non c'era l'altoparlante – ragionava, lui ragionava. Aveva degli occhi... gli occhi meridionali, lampeggianti... il suo pizzo... il vero rivoluzionario. Era un uomo onesto, poi era buono... era buono. [[Malatesta]] ha parlato, ha fatto un'autodifesa magnifica. Siamo stati assolti».  


'''La redazione di [[Umanità Nova]]'''  
'''La redazione di [[Umanità Nova]]'''  
:«Facevo una rubrica su «Umanità Nova», Sotto il tallone del militarismo. Avevo rapporti con i soldati, venivano giù e mi riempivano una borsa di pelle sgangherata... me la riempivano di pallottole. Io la prendevo sotto il braccio e andavo alla redazione di «Umanità Nova» a piedi. Poi un altro mi portava il moschetto avviluppato nel giornale che sembrava una scopa. Io lo prendevo e lo portavo lì. La situazione era rivoluzionaria, ma mancava l'intellighentzia, mancavano gli uomini. Malatesta era l'uomo, ma era vecchio. Malatesta si illudeva... non voleva la violenza. La redazione a Milano era in uno sgabuzzino, in una casa abitata, al primo piano. Dopo è venuta la crisi, c'erano pochi soldi. A Milano avevamo la linotype mandata dai compagni di Boston. Era l'America che teneva su il giornale. Avevamo come amministratrice una donna di grande valore, Nella Giacomelli, una maestra, era tirata. Facevamo sulle 50.000 copie, e si mandavano in Emilia, in Toscana...A Milano eravamo in cinque Malatesta, Damiani, Frigerio, Porcelli e Quaglino, cinque. Io ero capocronista. A Roma, poi, soldi non ce ne avevamo più [''«Umanità Nova» esce come quotidiano dal febbraio del 1920 a metà agosto del 1922; dal 19 agosto del 1922 diventa settimanale, ma chiude il 2 dicembre dello stesso anno. Fondata a Milano, dal 3 luglio 1921 viene stampata a Roma – ndr'']. Si trattava di trasformarlo in settimanale... c'ero io, c'era Frigerio, Porcelli e c'era Agostinelli che era un caro uomo, un anconetano. Il settimanale poi è finito ed è uscito «Pensiero e Volontà», che lo faceva Malatesta. Malatesta ha sempre avuto il pallino della volontà, diceva che per fare la rivoluzione ci voleva la volontà.».
:«Facevo una rubrica su «[[Umanità Nova]]», ''Sotto il tallone del militarismo''. Avevo rapporti con i soldati, venivano giù e mi riempivano una borsa di pelle sgangherata... me la riempivano di pallottole. Io la prendevo sotto il braccio e andavo alla redazione di «[[Umanità Nova]]» a piedi. Poi un altro mi portava il moschetto avviluppato nel giornale che sembrava una scopa. Io lo prendevo e lo portavo lì. La situazione era [[rivoluzionaria]], ma mancava l'intellighentzia, mancavano gli uomini. [[Malatesta]] era l'uomo, ma era vecchio. [[Malatesta]] si illudeva... non voleva la [[violenza]]. La redazione a Milano era in uno sgabuzzino, in una casa abitata, al primo piano. Dopo è venuta la crisi, c'erano pochi soldi. A Milano avevamo la linotype mandata dai compagni di Boston. Era l'America che teneva su il giornale. Avevamo come amministratrice una donna di grande valore, [[Nella Giacomelli]], una maestra, era tirata. Facevamo sulle 50.000 copie, e si mandavano in Emilia, in Toscana... A Milano eravamo in cinque [[Malatesta]], [[Gigi Damiani|Damiani]], [[Carlo Frigerio|Frigerio]], Porcelli e Quaglino, cinque. Io ero capocronista. A Roma, poi, soldi non ce ne avevamo più [''«Umanità Nova» esce come quotidiano dal febbraio del [[1920]] a metà agosto del [[1922]]; dal [[19 agosto]] del [[1922]] diventa settimanale, ma chiude il [[2 dicembre]] dello stesso anno. Fondata a Milano, dal [[3 luglio]] [[1921]] viene stampata a Roma – ndr'']. Si trattava di trasformarlo in settimanale... c'ero io, c'era [[Carlo Frigerio|Frigerio]] Porcelli e c'era Agostinelli che era un caro uomo, un anconetano. Il settimanale poi è finito ed è uscito «[[Pensiero e Volontà]]», che lo faceva [[Malatesta]]. [[Malatesta]] ha sempre avuto il pallino della [[volontà]], diceva che per fare la [[rivoluzione]] ci voleva la [[volontà]]».


==Note==
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