La Comune di Fiume (da anarcotico.net): differenze tra le versioni

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Lo storico e critico letterario Umberto Carpi provò la presenza in Fiume del fuoriuscito ungherese Miclos Sisa, ex commisario del popolo nel governo dei Consigli ungherese di Bela Kun <ref>[http://archive.is/575Rm Biografia di Bela Kun]</ref>, che in seguito diventerà cittadino sovietico servendo la causa dell'U.R.S.S. come funzionario presso varie ambasciate e consolati. Sisa partecipò sicuramente alle discussioni sul progetto di Costituzione della Carta del Carnaro, riconoscendo che questo conteneva ammirevoli elementi ed ebbe un ruolo di primo piano insieme al poeta [[internazionalista]] e rivoluzionario belga [[Leone Kochnitzky]], alla progettazione della Lega di Fiume, cioè l'associazione che avrebbe dovuto raggruppare le forze sparse di tutti gli oppressi: popoli, nazioni e singole individualità che attraverso questo mezzo avrebbero potuto combattere e vincere l'[[imperialismo]].
Lo storico e critico letterario Umberto Carpi provò la presenza in Fiume del fuoriuscito ungherese Miclos Sisa, ex commisario del popolo nel governo dei Consigli ungherese di Bela Kun <ref>[http://archive.is/575Rm Biografia di Bela Kun]</ref>, che in seguito diventerà cittadino sovietico servendo la causa dell'U.R.S.S. come funzionario presso varie ambasciate e consolati. Sisa partecipò sicuramente alle discussioni sul progetto di Costituzione della Carta del Carnaro, riconoscendo che questo conteneva ammirevoli elementi ed ebbe un ruolo di primo piano insieme al poeta [[internazionalista]] e rivoluzionario belga [[Leone Kochnitzky]], alla progettazione della Lega di Fiume, cioè l'associazione che avrebbe dovuto raggruppare le forze sparse di tutti gli oppressi: popoli, nazioni e singole individualità che attraverso questo mezzo avrebbero potuto combattere e vincere l'[[imperialismo]].


Giulietti organizzò un incontro con l'anarchico [[Malatesta]] e i [[socialisti rivoluzionari]] Bombacci, il quale godeva di notevoli simpatie tra i legionari fiumani dannunziani, a partire da Nino Daniele, che successivamente subirà a Torino un'aggressione da parte di squadristi fascisti, e Serrati. Si trattava di discutere del progetto rivoluzionario che D'annunzio e il sindacalista rivoluzionario [[Alceste De Ambris]] - uno dei principali artefici della sublime, immaginifica e rinascimentale Carta del Carnaro, un uomo ancora oggi nel cuore dei rivoluzionari antiborghesi più ferventi e appassionati - vagheggiavano colmi d'entusiasmo: la Poesia al posto di comando, per finirla con ogni comando. L'incontro si svolse a Roma il 19 gennaio 1920. Malatesta e Bombacci furono pronti ad aderire ma Serrati rifiutò, dicendo di non sentirsela di fare la rivoluzione con D'Annunzio. Sarà sempre il [[socialista rivoluzionario]] massimalista Giacinto Menotti Serrati, sedicente "comunista unitario" ma in realtà elezionista, che nel gennaio 1921 a Livorno preferirà rompere con le varie componenti che daranno vita al Partito Comunista d'Italia piuttosto che liquidare Turati e i suoi fidi, che egli considerava fedeli alla linea del partito e diversi dagli altri riformisti europei, mai caduti come questi ultimi nella tentazione dello sciovinismo, dell'interventismo e dell'"union sacrèe".
Giulietti organizzò un incontro con l'anarchico [[Malatesta]] e i [[socialisti rivoluzionari]] Bombacci, il quale godeva di notevoli simpatie tra i legionari fiumani dannunziani, a partire da Nino Daniele, che successivamente subirà a Torino un'aggressione da parte di squadristi fascisti, e Serrati. Si trattava di discutere del progetto rivoluzionario che D'annunzio e il sindacalista rivoluzionario [[Alceste De Ambris]] - uno dei principali artefici della sublime, immaginifica e rinascimentale Carta del Carnaro, un uomo ancora oggi nel cuore dei rivoluzionari antiborghesi più ferventi e appassionati - vagheggiavano colmi d'entusiasmo: la Poesia al posto di comando, per finirla con ogni comando. L'incontro si svolse a Roma il [[19 gennaio]] [[1920]]. Malatesta e Bombacci furono pronti ad aderire ma Serrati rifiutò, dicendo di non sentirsela di fare la rivoluzione con D'Annunzio. Sarà sempre il [[socialista rivoluzionario]] massimalista Giacinto Menotti Serrati, sedicente "comunista unitario" ma in realtà elezionista, che nel gennaio [[1921]] a Livorno preferirà rompere con le varie componenti che daranno vita al Partito Comunista d'Italia piuttosto che liquidare Turati e i suoi fidi, che egli considerava fedeli alla linea del partito e diversi dagli altri riformisti europei, mai caduti come questi ultimi nella tentazione dello sciovinismo, dell'interventismo e dell'"union sacrèe".
Intanto, oltre ai serratiani anche i fascisti di Mussolini ordivano trame di tradimento vigliacco, occultati nell'ombra come ragni e suggenti gli appoggi dei grandi gruppi finanziari, industriali e agrari, e agivano contro la causa di Fiume e la sua solatia Reggenza. Le sanguisughe indicevano sottoscrizioni per la causa di Fiume i cui proventi servivano invece per prezzolare gli squadristi dello Stato e del Capitale nella loro opera di persecuzione degli oppressi. Un libertario come D'Annunzio, profeta del proletariato dei Geniali, non avrebbe mai potuto tollerare siffatte fellonie. Dunque, una possibile rivoluzione, unica, originale ed irripetibile, abortì sul nascere e il Natale di sangue 1920 pose il suo sigillo di strage al periglioso e illuminato esempio di azione diretta che fu la fatica di Fiume: l'Esercito regolare del capitalismo italiano non ebbe pietà e schiantò l'incantato sogno.
Intanto, oltre ai serratiani anche i fascisti di Mussolini ordivano trame di tradimento vigliacco, occultati nell'ombra come ragni e suggenti gli appoggi dei grandi gruppi finanziari, industriali e agrari, e agivano contro la causa di Fiume e la sua solatia Reggenza. Le sanguisughe indicevano sottoscrizioni per la causa di Fiume i cui proventi servivano invece per prezzolare gli squadristi dello Stato e del Capitale nella loro opera di persecuzione degli oppressi. Un libertario come D'Annunzio, profeta del proletariato dei Geniali, non avrebbe mai potuto tollerare siffatte fellonie. Dunque, una possibile rivoluzione, unica, originale ed irripetibile, abortì sul nascere e il Natale di sangue 1920 pose il suo sigillo di strage al periglioso e illuminato esempio di azione diretta che fu la fatica di Fiume: l'Esercito regolare del capitalismo italiano non ebbe pietà e schiantò l'incantato sogno.


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Questo nel 1899, quando al lavoratore della terra era conteso ogni diritto, a cominciare dal diritto di sciopero. Chi non ricorda il ''Canto di Calendimaggio''? E lo spirito che anima il poema ''Laus Vitae''? Ivi non si canta soltanto l'eroismo glorioso, ma una umana uguaglianza ed una divina giustizia.
Questo nel 1899, quando al lavoratore della terra era conteso ogni diritto, a cominciare dal diritto di sciopero. Chi non ricorda il ''Canto di Calendimaggio''? E lo spirito che anima il poema ''Laus Vitae''? Ivi non si canta soltanto l'eroismo glorioso, ma una umana uguaglianza ed una divina giustizia.


Ma se le parole del vecchio dramma suonano lontane nel tempo e se la poesia è così difficile ad essere compresa, vi sono di Gabriele D'Annunzio parole recenti e troppo chiare per aver bisogno di sforzo interpretativo: ad esempio, un brano del vietato discorso che Egli avrebbe dovuto pronunziare in Roma il 24 Maggio 1919:
Ma se le parole del vecchio dramma suonano lontane nel tempo e se la poesia è così difficile ad essere compresa, vi sono di Gabriele D'Annunzio parole recenti e troppo chiare per aver bisogno di sforzo interpretativo: ad esempio, un brano del vietato discorso che Egli avrebbe dovuto pronunziare in Roma il [[24 maggio]] [[1919]]:


: «Se il popolo italiano avesse l'ardire di trapassare, senza esitazioni e senza conciliazioni, da un regime rappresentativo bugiardo a una forma di rappresentanza sincera che rivelasse ed innalzasse i produttori veri della ricchezza nazionale contro i parassiti e gli inetti della odiosa casta politica non emendabile, le sette e sette vittorie dell'Alpe, del Carso e del Piave impallidirebbero davanti a questa meravigliosa vittoria civile. Ma non abbiamo noi fatta la guerra per giungere a questo? La nostra guerra non l'abbiamo noi guerreggiata per giungere ad un rinnovamento vittoriale? Non intendevamo che fosse questa la causa dell'Anima delle reclute del '99 e del '900, gli ultimogeniti della gran madre sanguinosa? La rivincita non è sognata e non è premiata se non dai vinti. Ma se tanto il popolo italiano volesse o potesse, per una volta i vincitori veri avrebbero la rivincita vera».
: «Se il popolo italiano avesse l'ardire di trapassare, senza esitazioni e senza conciliazioni, da un regime rappresentativo bugiardo a una forma di rappresentanza sincera che rivelasse ed innalzasse i produttori veri della ricchezza nazionale contro i parassiti e gli inetti della odiosa casta politica non emendabile, le sette e sette vittorie dell'Alpe, del Carso e del Piave impallidirebbero davanti a questa meravigliosa vittoria civile. Ma non abbiamo noi fatta la guerra per giungere a questo? La nostra guerra non l'abbiamo noi guerreggiata per giungere ad un rinnovamento vittoriale? Non intendevamo che fosse questa la causa dell'Anima delle reclute del '99 e del '900, gli ultimogeniti della gran madre sanguinosa? La rivincita non è sognata e non è premiata se non dai vinti. Ma se tanto il popolo italiano volesse o potesse, per una volta i vincitori veri avrebbero la rivincita vera».


Ma tutte queste espressioni d'arte non avrebbero per noi se non un valore relativo, se non fossero state confermate dagli atti. Non ricorderò il gesto di Gabriele D'Annunzio alla Camera dei Deputati: nel 1900, quando passò all'estrema sinistra- durante l'ostruzionismo- per andare "verso la vita". Mi basterà di ricordare fatti assai più vicini, compiuti da lui quando aveva una enorme responsabilità, durante l'impresa di Fiume. Il senso più intimo e vero di questa impresa sfuggì a quasi tutti: a chi la vide e la esaltò come la conquista di alquanti chilometri quadrati di terreno e di un porto importante, ed a chi credette di doverla deprecare come l'estremo e più pericoloso conato di un imperialismo frenetico. A capire D'Annunzio e l'opera sua non rimasero in realtà che pochi giovani semplici, ingenui, cui la guerra aveva dischiuso l'anima all'eroismo che si prodiga per l'Idea pura, al sacrificio che non cerca compenso. Non li guidava il ragionamento gelido ma una fresca spontanea intuizione fatta di ardore e di fiducia. Essi non tentavano di analizzare D'Annunzio, e molto meno ancora di attribuirgli i loro pensieri o di vincolarlo ai loro interessi: sentivano d'istinto che Egli era lo spirito vivo della stirpe e lo seguivano con assoluta fede e con purità di cuore. Questa breve schiera vide D'Annunzio-il Comandante di Fiume-schierarsi apertamente a lato degli operai, quando questi fecero lo sciopero generale, nell'Aprile del 1920, per ottenere il minimo di salario, ed esaltò il Comandante nella affermazione del nuovo diritto sociale consegnata nella Carta del Carnaro.
Ma tutte queste espressioni d'arte non avrebbero per noi se non un valore relativo, se non fossero state confermate dagli atti. Non ricorderò il gesto di Gabriele D'Annunzio alla Camera dei Deputati: nel 1900, quando passò all'estrema sinistra- durante l'ostruzionismo- per andare "verso la vita". Mi basterà di ricordare fatti assai più vicini, compiuti da lui quando aveva una enorme responsabilità, durante l'impresa di Fiume. Il senso più intimo e vero di questa impresa sfuggì a quasi tutti: a chi la vide e la esaltò come la conquista di alquanti chilometri quadrati di terreno e di un porto importante, ed a chi credette di doverla deprecare come l'estremo e più pericoloso conato di un imperialismo frenetico. A capire D'Annunzio e l'opera sua non rimasero in realtà che pochi giovani semplici, ingenui, cui la guerra aveva dischiuso l'anima all'eroismo che si prodiga per l'Idea pura, al sacrificio che non cerca compenso. Non li guidava il ragionamento gelido ma una fresca spontanea intuizione fatta di ardore e di fiducia. Essi non tentavano di analizzare D'Annunzio, e molto meno ancora di attribuirgli i loro pensieri o di vincolarlo ai loro interessi: sentivano d'istinto che Egli era lo spirito vivo della stirpe e lo seguivano con assoluta fede e con purità di cuore. Questa breve schiera vide D'Annunzio-il Comandante di Fiume-schierarsi apertamente a lato degli operai, quando questi fecero lo sciopero generale, nell'aprile del [[1920]], per ottenere il minimo di salario, ed esaltò il Comandante nella affermazione del nuovo diritto sociale consegnata nella Carta del Carnaro.
: «(...) Il proletariato italiano, che ha già commesso un primo errore scambiando la rivoluzionaria impresa di Fiume per un tentativo reazionario, in base a false informazioni ed a tendenziose induzioni, vorrà ancora una volta misconoscere e rinunziare all'immenso valore spirituale che D'Annunzio potrebbe recargli, mantenendosi sospettoso-od almeno incerto-perché il Comandante non crede di dover sciupare il suo tempo a rettificare corbellerie di giornalisti faciloni o a controbattere speculazioni dei politicanti poco scrupolosi?».
: «(...) Il proletariato italiano, che ha già commesso un primo errore scambiando la rivoluzionaria impresa di Fiume per un tentativo reazionario, in base a false informazioni ed a tendenziose induzioni, vorrà ancora una volta misconoscere e rinunziare all'immenso valore spirituale che D'Annunzio potrebbe recargli, mantenendosi sospettoso-od almeno incerto-perché il Comandante non crede di dover sciupare il suo tempo a rettificare corbellerie di giornalisti faciloni o a controbattere speculazioni dei politicanti poco scrupolosi?».


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C'erano, questi italiani. E non erano tutti legionari. Anche tra gli anarchici di tendenza individualista molti avevano continuato a sperare che la miccia di Fiume non si sarebbe spenta.
C'erano, questi italiani. E non erano tutti legionari. Anche tra gli anarchici di tendenza individualista molti avevano continuato a sperare che la miccia di Fiume non si sarebbe spenta.
Nel Giugno 1920 Randolfo Vella, corrispondente di ''[[Umanità Nova]]'', aveva visitato la Reggenza del Carnaro, compiendo quella celeberrima e fragorosa intervista al Vate nel quale costui aveva pronunciato il suo famoso auspicio per l'instaurazione del "comunismo senza dittatura" e pubblicando un resoconto di intonazione favorevole sulle cose che aveva veduto e le accoglienze che aveva ricevute. Nella succitata intervista stampata da ''[[Umanità Nova]]'' il 9 Giugno 1920, all'ingenuo malatestiano Vella che gli aveva chiesto, stupito: "Lei è per il comunismo?", D'Annunzio aveva replicato impassibile e senza scomporsi, con aristocratico distacco: «Nessuna meraviglia, poiché tutta la mia cultura è anarchica, e poiché è radicata in me la convinzione che, dopo quest'ultima guerra, la storia scioglierà un novello volo verso un audacissimo lido. È mia intenzione di fare di questa città un'isola spirituale dalla quale possa irradiare un'azione eminentemente comunista verso tutte le nazioni oppresse. Io ho bisogno di non essere calunniato da voi sovversivi; poi vedrete che la mia opera non è nazionalista».
Nel giugno [[1920]] Randolfo Vella, corrispondente di ''[[Umanità Nova]]'', aveva visitato la Reggenza del Carnaro, compiendo quella celeberrima e fragorosa intervista al Vate nel quale costui aveva pronunciato il suo famoso auspicio per l'instaurazione del "comunismo senza dittatura" e pubblicando un resoconto di intonazione favorevole sulle cose che aveva veduto e le accoglienze che aveva ricevute. Nella succitata intervista stampata da ''[[Umanità Nova]]'' il [[9 giugno]] [[1920]], all'ingenuo malatestiano Vella che gli aveva chiesto, stupito: "Lei è per il comunismo?", D'Annunzio aveva replicato impassibile e senza scomporsi, con aristocratico distacco: «Nessuna meraviglia, poiché tutta la mia cultura è anarchica, e poiché è radicata in me la convinzione che, dopo quest'ultima guerra, la storia scioglierà un novello volo verso un audacissimo lido. È mia intenzione di fare di questa città un'isola spirituale dalla quale possa irradiare un'azione eminentemente comunista verso tutte le nazioni oppresse. Io ho bisogno di non essere calunniato da voi sovversivi; poi vedrete che la mia opera non è nazionalista».


Con la consueta supponenza arrogante e settaria, l'organo che sarebbe poi diventato l'attuale bollettino rivoltante e nauseabondo della F.A.I., per mezzo di una nota redazionale chiosava, quello stesso giorno e a commento dell'intervista, che sarebbe stato meglio se D'Annunzio fosse andato "a far dei versi". Notazione ineccepibile, sempre che coloro che l'avessero fatta fossero stati poi in grado di fare quella Rivoluzione di cui si accusava il Poeta di essere incapace di attuare, perso nelle sue "fisime medievali". Ma in ogni momento, e quindi anche in quello, i malatestiani dimostrarono di non smentirsi mai; e in un certo qual modo, la coerenza della loro costante miopia va pertanto riconosciuta.
Con la consueta supponenza arrogante e settaria, l'organo che sarebbe poi diventato l'attuale bollettino rivoltante e nauseabondo della F.A.I., per mezzo di una nota redazionale chiosava, quello stesso giorno e a commento dell'intervista, che sarebbe stato meglio se D'Annunzio fosse andato "a far dei versi". Notazione ineccepibile, sempre che coloro che l'avessero fatta fossero stati poi in grado di fare quella Rivoluzione di cui si accusava il Poeta di essere incapace di attuare, perso nelle sue "fisime medievali". Ma in ogni momento, e quindi anche in quello, i malatestiani dimostrarono di non smentirsi mai; e in un certo qual modo, la coerenza della loro costante miopia va pertanto riconosciuta.
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A piede libero, per complicità, venne denunciato il capitano Mario Carli, scrittore futurista, volontario tra gli Arditi durante la Grande Guerra, da poco lasciatosi alle spalle la Repubblica dei Sindacati di Fiume e trasferitosi a Milano dove dirigeva il periodico dannunziano fondato proprio a Fiume nel corso del 1920 dal titolo ''La Testa di Ferro'', e i cui legami con anarchici individualisti come [[Renzo Novatore]] e [[Auro D'Arcola]] alias Tintino Persio Rasi erano profondi e notori; sulle colonne del suo giornale si era svolto un interessante dibattito sul tema delle relazioni tra futurismo ed anarchismo, a cui aveva partecipato anche [[Carlo Molaschi]], seppure in posizione critica, già sul crinale di essere infettato dalla cancrena malatestiana-organizzatrice. Il periodico di Mario Carli si era pericolosamente esposto in quei giorni con una feroce campagna contro il Trattato di Rapallo, esortando gli italiani ad imporre con qualsiasi mezzo allo schifoso governo di riconoscere la Reggenza del Carnaro ed invitandoli a sbarazzarsi in un sol colpo della monarchia, del sistema parlamentare e del papato, che con il loro penetrante fetore ammorbavano l'italo suol dove, come diceva l'Alighieri, "dolce risuona il Sì".
A piede libero, per complicità, venne denunciato il capitano Mario Carli, scrittore futurista, volontario tra gli Arditi durante la Grande Guerra, da poco lasciatosi alle spalle la Repubblica dei Sindacati di Fiume e trasferitosi a Milano dove dirigeva il periodico dannunziano fondato proprio a Fiume nel corso del 1920 dal titolo ''La Testa di Ferro'', e i cui legami con anarchici individualisti come [[Renzo Novatore]] e [[Auro D'Arcola]] alias Tintino Persio Rasi erano profondi e notori; sulle colonne del suo giornale si era svolto un interessante dibattito sul tema delle relazioni tra futurismo ed anarchismo, a cui aveva partecipato anche [[Carlo Molaschi]], seppure in posizione critica, già sul crinale di essere infettato dalla cancrena malatestiana-organizzatrice. Il periodico di Mario Carli si era pericolosamente esposto in quei giorni con una feroce campagna contro il Trattato di Rapallo, esortando gli italiani ad imporre con qualsiasi mezzo allo schifoso governo di riconoscere la Reggenza del Carnaro ed invitandoli a sbarazzarsi in un sol colpo della monarchia, del sistema parlamentare e del papato, che con il loro penetrante fetore ammorbavano l'italo suol dove, come diceva l'Alighieri, "dolce risuona il Sì".


Secondo le dichiarazioni rese alla stampa, la questura aveva accertato che lo scopo della riunione era di organizzare un attentato contro le centrali elettriche di Via Gadio e di Viale Elvezia: piombato nel buio il capoluogo lombardo, altri attentati sarebbero seguiti, secondo un preciso piano insurrezionalistico. La trama fu giudicata da molti organi borghesi come sterile e puerile, "Il Popolo d'Italia", ad ogni buon conto, si affrettò a denunciare questi accordi - tra anarchici e dannunziani - che non possono avere alcun valore politico"; se infatti una salda alleanza si fosse concretata tra queste componenti sovversive, tristi giorni si sarebbero profilati per i mondani e reazionari piani fascisti. Sull'organo dei Fasci si leggeva il 4 Gennaio 1921: «Non si concilia la teoria della diserzione coll'adempimento del dovere di Patria; non si mettono nello stesso seguito la Nazione e l'antinazione. Non si fanno certe unioni contro-natura". Il moralistico ed utilitaristico messaggio contenuto in queste parole richiama senza dubbio alla mente espressioni analoghe che nel campo dell'Anarchismo Ufficiale venivano sentenziate dai capoccia a giustificazione della propria perversa ignavia e della propria sciocca pedanteria settaria e legalitaria, allora come oggi, da sempre. Gli individualisti, dal canto loro, non rinunciarono alle distinzioni: "Per la storia, ci teniamo a far rilevare un fatto: i dannunziani non vanno confusi con i fascisti poiché un abisso li divide».
Secondo le dichiarazioni rese alla stampa, la questura aveva accertato che lo scopo della riunione era di organizzare un attentato contro le centrali elettriche di Via Gadio e di Viale Elvezia: piombato nel buio il capoluogo lombardo, altri attentati sarebbero seguiti, secondo un preciso piano insurrezionalistico. La trama fu giudicata da molti organi borghesi come sterile e puerile, "Il Popolo d'Italia", ad ogni buon conto, si affrettò a denunciare questi accordi - tra anarchici e dannunziani - che non possono avere alcun valore politico"; se infatti una salda alleanza si fosse concretata tra queste componenti sovversive, tristi giorni si sarebbero profilati per i mondani e reazionari piani fascisti. Sull'organo dei Fasci si leggeva il [[4 gennaio]] [[1921]]: «Non si concilia la teoria della diserzione coll'adempimento del dovere di Patria; non si mettono nello stesso seguito la Nazione e l'antinazione. Non si fanno certe unioni contro-natura". Il moralistico ed utilitaristico messaggio contenuto in queste parole richiama senza dubbio alla mente espressioni analoghe che nel campo dell'Anarchismo Ufficiale venivano sentenziate dai capoccia a giustificazione della propria perversa ignavia e della propria sciocca pedanteria settaria e legalitaria, allora come oggi, da sempre. Gli individualisti, dal canto loro, non rinunciarono alle distinzioni: "Per la storia, ci teniamo a far rilevare un fatto: i dannunziani non vanno confusi con i fascisti poiché un abisso li divide».


Il 5 Gennaio 1921 il questore, secondo una prassi divenuta ormai abituale, chiedeva al procuratore del re sei giorni di proroga per le indagini. Scaduti i sei giorni della proroga, la pratica passava al giudice istruttore. Tranne Cerati, Tromba e Filippi, tutti gli arrestati venivano rimessi in libertà. L'intero caso si sgonfiava e le cose prendevano una piega diversa, fermo restando l'insolita intesa creatasi che ricordava alcuni complotti anarrepubblicani che avevano avuto luogo a Roma nel 1919. Dei tre inquisiti non si parlò più fino all'estate, quando fu celebrato il processo.
Il [[5 gennaio]] [[1921]] il questore, secondo una prassi divenuta ormai abituale, chiedeva al procuratore del re sei giorni di proroga per le indagini. Scaduti i sei giorni della proroga, la pratica passava al giudice istruttore. Tranne Cerati, Tromba e Filippi, tutti gli arrestati venivano rimessi in libertà. L'intero caso si sgonfiava e le cose prendevano una piega diversa, fermo restando l'insolita intesa creatasi che ricordava alcuni complotti anarrepubblicani che avevano avuto luogo a Roma nel 1919. Dei tre inquisiti non si parlò più fino all'estate, quando fu celebrato il processo.


Il 21 Luglio 1921 i tre imputati comparvero davanti alla Corte d'Assise di Milano dopo quasi sette mesi di carcere preventivo, insieme a Mario Carli e ad un altro futurista, imputati a piede libero, di complotto contro la sicurezza dello Stato. Essi avevano, secondo l'atto d'accusa ripreso da ''Il Secolo'' del 21 Luglio medesimo, «concertato e stabilito di commettere il fatto diretto a far sorgere in armi gli abitanti del Regno contro i poteri dello Stato, incitando con la stampa la cittadinanza a prendere le armi contro i detti poteri per la questione di Fiume, radunando persone a convegno a Milano le sere del [[27 dicembre|27]] e [[28 dicembre]] [[1920]], munendosi di armi da fuoco e di un ordigno esplosivo e stampando un supplemento straordinario del periodico ''La Testa di Ferro'', con un vibrato appello alla sommossa a mano armata».
Il 21 Luglio 1921 i tre imputati comparvero davanti alla Corte d'Assise di Milano dopo quasi sette mesi di carcere preventivo, insieme a Mario Carli e ad un altro futurista, imputati a piede libero, di complotto contro la sicurezza dello Stato. Essi avevano, secondo l'atto d'accusa ripreso da ''Il Secolo'' del 21 Luglio medesimo, «concertato e stabilito di commettere il fatto diretto a far sorgere in armi gli abitanti del Regno contro i poteri dello Stato, incitando con la stampa la cittadinanza a prendere le armi contro i detti poteri per la questione di Fiume, radunando persone a convegno a Milano le sere del [[27 dicembre|27]] e [[28 dicembre]] [[1920]], munendosi di armi da fuoco e di un ordigno esplosivo e stampando un supplemento straordinario del periodico ''La Testa di Ferro'', con un vibrato appello alla sommossa a mano armata».
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Il [[biennio rosso|biennio rosso 1919-1920]], l'occupazione delle fabbriche del settembre [[1920]], il [[1968]]: c'è chi odiernamente, col senno di poi di cui ovviamente e soprattutto noi facciamo man bassa e di cui sono piene le fosse, non la nostra, però, che purtroppo non è stata ancora predisposta ma per la quale ci sarà e ci vorrà tempo, c'è chi, dicevo, può indiscutibilmente affermare che questi testè citati fatti abbiano messo in pericolo il potere borghese, il suo sistema di dominio e di riproduzione del dominio, al di là di scarne e scarse e flebili ripercussioni psicologiche presso le pavide classi dominanti?
Il [[biennio rosso|biennio rosso 1919-1920]], l'occupazione delle fabbriche del settembre [[1920]], il [[1968]]: c'è chi odiernamente, col senno di poi di cui ovviamente e soprattutto noi facciamo man bassa e di cui sono piene le fosse, non la nostra, però, che purtroppo non è stata ancora predisposta ma per la quale ci sarà e ci vorrà tempo, c'è chi, dicevo, può indiscutibilmente affermare che questi testè citati fatti abbiano messo in pericolo il potere borghese, il suo sistema di dominio e di riproduzione del dominio, al di là di scarne e scarse e flebili ripercussioni psicologiche presso le pavide classi dominanti?


La [[gli anarchici e la resistenza antifascista|Resistenza Italiana 1943-1945]], che molti si ostinano, magari inconsapevoli nell'usare tale espressione, a valutare trotzkysticamente come una "Rivoluzione tradita" o perlomeno più prosaicamente a nomare come un'occasione perduta o mancata - per fare che, poi? La Rivoluzione Socialista, le riforme di struttura, l'attuazione del "riformismo rivoluzionario" di Riccardo Lombardi, forse? - cosa fu quest'evento se non una guerra di liberazione nazionale culminata in una insurrezione nazionale, per immacolare il patrio suol? Tentativo di rivoluzione sociale essa fu per pochi indomiti, assolutamente slegati tra loro e contrastati dai partiti della sinistra storica ed ufficiale italiana, P.C.I. togliattiano in testa, impegnati quest'ultimi, al di là dei proclami per le masse ingenue ed irretite, nella pura e semplice restaurazione della democrazia parlamentare borghese; i partiti della Sinistra non esitarono perfino ad eliminare fisicamente i rivoluzionari dissidenti: si veda come momento esemplare di questa repressione l'omicidio da parte dei togliattiani a Milano del segretario generale del Partito Comunista Integrale "Stella Rossa", ossia Temistocle Vaccarella, nella notte tra il 21 e il 22 Giugno 1944, ben documentato dallo studioso Arturo Peregalli. Inoltre, guerra popolare non fu per nessuno, se non nella mente di qualche visionario, perché il buon popolo (italico, ma potrebbe essere di qualsiasi altra parte del globo, le masse infatti fanno universalmente schifo e ribrezzo) attese nella sua stragrande maggioranza l'evolversi delle cose, e appena gli fu consentito dalla contemporaneamente superba e volgare democrazia, consegnò un potere pluridecennale nelle mani dei nuovi moderati e conservatori sociali, i "fascisti di ritorno" democristiani, o meglio "demo-sagrestanti", come li definiva Enzo Martucci, più subdoli, più pervasivi, più allucinati dei precedenti.
La [[gli anarchici e la resistenza antifascista|Resistenza Italiana 1943-1945]], che molti si ostinano, magari inconsapevoli nell'usare tale espressione, a valutare trotzkysticamente come una "Rivoluzione tradita" o perlomeno più prosaicamente a nomare come un'occasione perduta o mancata - per fare che, poi? La Rivoluzione Socialista, le riforme di struttura, l'attuazione del "riformismo rivoluzionario" di Riccardo Lombardi, forse? - cosa fu quest'evento se non una guerra di liberazione nazionale culminata in una insurrezione nazionale, per immacolare il patrio suol? Tentativo di rivoluzione sociale essa fu per pochi indomiti, assolutamente slegati tra loro e contrastati dai partiti della sinistra storica ed ufficiale italiana, P.C.I. togliattiano in testa, impegnati quest'ultimi, al di là dei proclami per le masse ingenue ed irretite, nella pura e semplice restaurazione della democrazia parlamentare borghese; i partiti della Sinistra non esitarono perfino ad eliminare fisicamente i rivoluzionari dissidenti: si veda come momento esemplare di questa repressione l'omicidio da parte dei togliattiani a Milano del segretario generale del Partito Comunista Integrale "Stella Rossa", ossia Temistocle Vaccarella, nella notte tra il [[21 giugno|21]] e il [[22 giugno]] [[1944]], ben documentato dallo studioso Arturo Peregalli. Inoltre, guerra popolare non fu per nessuno, se non nella mente di qualche visionario, perché il buon popolo (italico, ma potrebbe essere di qualsiasi altra parte del globo, le masse infatti fanno universalmente schifo e ribrezzo) attese nella sua stragrande maggioranza l'evolversi delle cose, e appena gli fu consentito dalla contemporaneamente superba e volgare democrazia, consegnò un potere pluridecennale nelle mani dei nuovi moderati e conservatori sociali, i "fascisti di ritorno" democristiani, o meglio "demo-sagrestanti", come li definiva Enzo Martucci, più subdoli, più pervasivi, più allucinati dei precedenti.
Quella battaglia, furono le stesse sinistre ciellenistiche che la propalarono come quinta guerra d'indipendenza nazionale italiana o peggio come Secondo Risorgimento Nazionale Italiano, con la classe operaia di fabbrica a dirigerla, nelle loro fantasie, in quanto "classe nazionale", non ultima, codesta, per idiozia delle espressioni che le intramontabili menti di Giorgio Amendola e Pietro Secchia hanno consegnato alla (loro) Storia - di Secchia rimane memorabile anche l'articolo intitolato "Il sinistrismo maschera della Gestapo" nel quale denunciava come provocatori e nemici del popolo tutti coloro che si trovavano alla sinistra del P.C.I. e ne richiedeva implicitamente la neutralizzazione, al fine della liberazione nazionale - salvo poi, dopo il [[25 Aprile]] [[1945]], abbandonare quasi senza colpo ferire alla borghesia il potere, in nome della Causa Santa dell'Ideologia della Ricostruzione.
Quella battaglia, furono le stesse sinistre ciellenistiche che la propalarono come quinta guerra d'indipendenza nazionale italiana o peggio come Secondo Risorgimento Nazionale Italiano, con la classe operaia di fabbrica a dirigerla, nelle loro fantasie, in quanto "classe nazionale", non ultima, codesta, per idiozia delle espressioni che le intramontabili menti di Giorgio Amendola e Pietro Secchia hanno consegnato alla (loro) Storia - di Secchia rimane memorabile anche l'articolo intitolato "Il sinistrismo maschera della Gestapo" nel quale denunciava come provocatori e nemici del popolo tutti coloro che si trovavano alla sinistra del P.C.I. e ne richiedeva implicitamente la neutralizzazione, al fine della liberazione nazionale - salvo poi, dopo il [[25 aprile]] [[1945]], abbandonare quasi senza colpo ferire alla borghesia il potere, in nome della Causa Santa dell'Ideologia della Ricostruzione.


Il [[1968]], al di là dei suoi introduttivi mesi iniziali caratterizzati da un fiero spontaneismo e da una vivace insubordinazione, vide quasi subito il prevalere incontrastato nel movimento rivoluzionario di burocratici partitini marxisti-leninisti scatenatisi in ferali e diuturne e dilanianti ed indefesse lotte intestine tra loro- non era [[Renzo Novatore|Novatore]] ad avere affermato che con Marx lo Spirito era sceso a livello degli intestini?- e anche nel 1969 la contestazione operaia non sfuggì mai realmente dalla supervisione e dalle fauci grottesche delle Centrali sclerotizzate della Triplice Sindacale Confederale, la famigerata C.G.I.L.-C.I.S.L.-U.I.L., rafforzantesi vieppiù presso i lavoratori in nome della inconsistente e superflua ed ectoplasmatica parola d'ordine dell'unità sindacale.
Il [[1968]], al di là dei suoi introduttivi mesi iniziali caratterizzati da un fiero spontaneismo e da una vivace insubordinazione, vide quasi subito il prevalere incontrastato nel movimento rivoluzionario di burocratici partitini marxisti-leninisti scatenatisi in ferali e diuturne e dilanianti ed indefesse lotte intestine tra loro- non era [[Renzo Novatore|Novatore]] ad avere affermato che con Marx lo Spirito era sceso a livello degli intestini?- e anche nel 1969 la contestazione operaia non sfuggì mai realmente dalla supervisione e dalle fauci grottesche delle Centrali sclerotizzate della Triplice Sindacale Confederale, la famigerata C.G.I.L.-C.I.S.L.-U.I.L., rafforzantesi vieppiù presso i lavoratori in nome della inconsistente e superflua ed ectoplasmatica parola d'ordine dell'unità sindacale.