Camillo Berneri: differenze tra le versioni

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Lo sviluppo autoritario della [[rivoluzione russa|rivoluzione]] lo porterà a riflettere sulla necessità della costruzione di un'organizzazione anarchica, individuando proprio in questa mancanza la posizione d'inferiorità dell'[[anarchismo]] rispetto al [[marxismo-leninismo]]. Compito degli anarchici, secondo Berneri, dovrebbe essere quello di colmare questa lacuna. <ref>''I problemi della rivoluzione'', «[[Volontà]]», 16 giugno 1920</ref>
Lo sviluppo autoritario della [[rivoluzione russa|rivoluzione]] lo porterà a riflettere sulla necessità della costruzione di un'organizzazione anarchica, individuando proprio in questa mancanza la posizione d'inferiorità dell'[[anarchismo]] rispetto al [[marxismo-leninismo]]. Compito degli anarchici, secondo Berneri, dovrebbe essere quello di colmare questa lacuna. <ref>''I problemi della rivoluzione'', «[[Volontà]]», 16 giugno 1920</ref>


Pur sostenendo che ogni processo rivoluzione determini comunque l'emergere di una dittatura capeggiata da un nuovo gruppo dominante («In questo senso è legittima e necessaria una vera e propria dittatura dei lavoratori» <ref>''I problemi della produzione comunista'', Volontà, 1° luglio 1920</ref>), egli critica apertamente il carattere accentratore e gerarchico della [[dittatura del proletariato]] dei bolscevichi, ironizzando sul mito leninista di cui s'erano ormai imbevute le masse proletarie italiane e che si esplicitava nel motto ''Viva Lenin''. Questo slogan, secondo l'anarchico di Lodi, non faceva altro che innescare un'idea attendistica che allontanava le masse dalla rivoluzione anzichè avvicinarla:
Pur sostenendo che ogni processo rivoluzione determini comunque l'emergere di una dittatura capeggiata da un nuovo gruppo dominante («In questo senso è legittima e necessaria una vera e propria dittatura dei lavoratori» <ref>''I problemi della produzione comunista'', Volontà, 1° luglio 1920</ref>), egli critica apertamente il carattere accentratore e gerarchico della [[dittatura del proletariato]] dei bolscevichi, ironizzando sul mito leninista di cui s'erano ormai imbevute le masse proletarie italiane e che si esplicitava nel motto ''Viva Lenin''. Questo slogan, secondo l'anarchico di Lodi, non faceva altro che innescare un'idea attendistica che allontanava le masse dalla rivoluzione anziché avvicinarla:
«Le masse non hanno ancora compreso che la rivoluzione non si attende ma si vuole, si vuole e si fa. Il "verrà Lenin" si tira dietro il "verrà la rivoluzione": due non sensi che hanno pure radice nel fatalismo degli italiani e in quel fondo religioso senso di aspettazione che è uno dei più potenti elementi di conservazione delle cose» <ref>''Il grido della rivolta'', [[6 giugno]] [[1920]]</ref>.
«Le masse non hanno ancora compreso che la rivoluzione non si attende ma si vuole, si vuole e si fa. Il "verrà Lenin" si tira dietro il "verrà la rivoluzione": due non sensi che hanno pure radice nel fatalismo degli italiani e in quel fondo religioso senso di aspettazione che è uno dei più potenti elementi di conservazione delle cose» <ref>''Il grido della rivolta'', [[6 giugno]] [[1920]]</ref>.