Strage di Torino (18-20 dicembre 1922): differenze tra le versioni

Jump to navigation Jump to search
m (Sostituzione testo - "o<ref>" con "o <ref>")
m (Sostituzione testo - ":<ref>" con ": <ref>")
Riga 61: Riga 61:
Verso le 13 una diecina di fascisti della squadra « Enrico Toti » - che avevano già  devastato la casa di Maria e Carlo Berruti, alla ricerca di quest'ultimo - entrarono nell'ufficio delle Ferrovie di corso Re Umberto 48, all'angolo con via Valeggio: data l'ora, c'era poca gente. Prelevarono [[Carlo Berruti]], segretario del Sindacato ferrovieri e consigliere comunale comunista, e il socialista Carlo Fanti, li caricarono in una macchina scoperta e li portarono davanti al Fascio torinese. Qui arrivò un giovane ed elegante fascista: salì al posto del Fanti, che venne rilasciato e poté allontanarsi.  
Verso le 13 una diecina di fascisti della squadra « Enrico Toti » - che avevano già  devastato la casa di Maria e Carlo Berruti, alla ricerca di quest'ultimo - entrarono nell'ufficio delle Ferrovie di corso Re Umberto 48, all'angolo con via Valeggio: data l'ora, c'era poca gente. Prelevarono [[Carlo Berruti]], segretario del Sindacato ferrovieri e consigliere comunale comunista, e il socialista Carlo Fanti, li caricarono in una macchina scoperta e li portarono davanti al Fascio torinese. Qui arrivò un giovane ed elegante fascista: salì al posto del Fanti, che venne rilasciato e poté allontanarsi.  


La macchina ripartì in direzione di Nichelino e si fermò in aperta campagna, non lontano dalla linea ferroviaria. A cento metri di distanza, sui pali dell'alta tensione stavano lavorando alcuni operai delle Ferrovie, che poterono così osservare tutta la scena. Tra di loro era il diciottenne comunista [[Gustavo Comollo]]:<ref>Detto Pietro: su di lui cfr. la [http://www.anpi.it/uomini/comollo_gustavo.htm nota biografica dell'ANPI].</ref> « I fascisti erano tre o quattro. Scesero spingendo avanti uno, lo fecero andare per un sentiero e lui camminò tranquillo senza voltarsi [...] gli spararono tre o quattro colpi nella schiena [...] lui cadde giù. Ricordo che cadde lentamente. In fretta quelli salirono sull'auto e sparirono a gran velocità  [...] Dopo un poco ci siamo avvicinati. Alcuni amici dissero che c'era Mariotti su quella macchina [...] forse c'era anche il traditore Porro [...] poi è venuta della gente e anche i carabinieri [...] Berruti restò un bel po' steso per terra ». <ref>In G. Carcano, cit., pp. 59-60.</ref>
La macchina ripartì in direzione di Nichelino e si fermò in aperta campagna, non lontano dalla linea ferroviaria. A cento metri di distanza, sui pali dell'alta tensione stavano lavorando alcuni operai delle Ferrovie, che poterono così osservare tutta la scena. Tra di loro era il diciottenne comunista [[Gustavo Comollo]]: <ref>Detto Pietro: su di lui cfr. la [http://www.anpi.it/uomini/comollo_gustavo.htm nota biografica dell'ANPI].</ref> « I fascisti erano tre o quattro. Scesero spingendo avanti uno, lo fecero andare per un sentiero e lui camminò tranquillo senza voltarsi [...] gli spararono tre o quattro colpi nella schiena [...] lui cadde giù. Ricordo che cadde lentamente. In fretta quelli salirono sull'auto e sparirono a gran velocità  [...] Dopo un poco ci siamo avvicinati. Alcuni amici dissero che c'era Mariotti su quella macchina [...] forse c'era anche il traditore Porro [...] poi è venuta della gente e anche i carabinieri [...] Berruti restò un bel po' steso per terra ». <ref>In G. Carcano, cit., pp. 59-60.</ref>


Dante Mariotti era il comandante della squadra « Enrico Toti »,<ref>Notizie sulla composizione delle squadre fasciste sono contenute in Dante Maria Tuninetti, ''Squadrismo, squadristi, piemontesi'', Roma, Pinciana 1942.</ref> mentre « il traditore » era Luigi Porro, figlio di Carlo, uno degli inetti generali dello Stato Maggiore rimossi dopo il disastro di Caporetto. Nel 1921 quel giovane studente d'ingegneria si era iscritto al Partito comunista, ma l'anno dopo era tornato nel più congegnale ambiente della canaglia fascista. Secondo tutte le testimonianze, anche di parte fascista, in quei giorni il Porro indicò i comunisti da colpire. <ref>Lo squadrista e poi repubblichino F. G., importante esponente del fascismo piemontese che non volle che fosse pubblicato il suo nome in un'intervista concessa nel 1972, dichiarò che in quei giorni il Porro, appartenente alla squadra « Enrico Toti » indicò delle persone, ma  « non ammazzò nessuno ». Va tenuto conto che quando l'intervista fu rilasciata l'ingegner Luigi Porro, dirigente d'azienda, era ancora vivo. Cfr. G. Carcano, cit., p. 112.</ref> Secondo [[Teresa Noce]],<ref>Al tempo, giovane operaia comunista che poi sposò Luigi Longo e divenne una dirigente di primo piano del PCI.</ref> il Porro comandò un gruppo di fascisti che era alla ricerca di [[Luigi Longo]], suo compagno di corso all'Università, entrando nel negozio della famiglia Longo, nella centrale via Po, per assassinarlo, ma Longo si trovava allora a Mosca. <ref>G. Carcano, cit., p. 115.</ref>
Dante Mariotti era il comandante della squadra « Enrico Toti »,<ref>Notizie sulla composizione delle squadre fasciste sono contenute in Dante Maria Tuninetti, ''Squadrismo, squadristi, piemontesi'', Roma, Pinciana 1942.</ref> mentre « il traditore » era Luigi Porro, figlio di Carlo, uno degli inetti generali dello Stato Maggiore rimossi dopo il disastro di Caporetto. Nel 1921 quel giovane studente d'ingegneria si era iscritto al Partito comunista, ma l'anno dopo era tornato nel più congegnale ambiente della canaglia fascista. Secondo tutte le testimonianze, anche di parte fascista, in quei giorni il Porro indicò i comunisti da colpire. <ref>Lo squadrista e poi repubblichino F. G., importante esponente del fascismo piemontese che non volle che fosse pubblicato il suo nome in un'intervista concessa nel 1972, dichiarò che in quei giorni il Porro, appartenente alla squadra « Enrico Toti » indicò delle persone, ma  « non ammazzò nessuno ». Va tenuto conto che quando l'intervista fu rilasciata l'ingegner Luigi Porro, dirigente d'azienda, era ancora vivo. Cfr. G. Carcano, cit., p. 112.</ref> Secondo [[Teresa Noce]],<ref>Al tempo, giovane operaia comunista che poi sposò Luigi Longo e divenne una dirigente di primo piano del PCI.</ref> il Porro comandò un gruppo di fascisti che era alla ricerca di [[Luigi Longo]], suo compagno di corso all'Università, entrando nel negozio della famiglia Longo, nella centrale via Po, per assassinarlo, ma Longo si trovava allora a Mosca. <ref>G. Carcano, cit., p. 115.</ref>
Riga 171: Riga 171:


=== L'amnistia ===
=== L'amnistia ===
Se quell'operaio socialista poteva stare tranquillo, ancor di più potevano stare gli assassini: il [[22 dicembre]] il governo Mussolini emanò un decreto di amnistia - il Regio Decreto 1641 del 22 dicembre 1922 - preparato dal ministro di « Giustizia » Aldo Oviglio:<ref>Questo decreto sarà  revocato il 27 luglio 1944. L'Oviglio (1873-1942), fascista della prima ora, cercò di separare le sue responsabilità  dal fascismo, dimettendosi dopo il delitto Matteotti: quando si avvide che il fascismo aveva superato anche quella prova, ritornò tra le sue fila e fu nominato senatore.</ref> i responsabili di reati di natura politica venivano amnistiati, a condizione che i fatti delittuosi fossero stati commessi « per un fine, sia pure indirettamente, nazionale ». Pertanto, i crimini fascisti, essendo stati commessi per fini « non contrastanti con l'ordinamento politico-sociale », non erano punibili, ma non quelli eventualmente commessi da « sovversivi », essendo essi volti ad « abbattere l'ordine costitutivo, gli organi statali e le norme fondamentali della convivenza sociale ». Questo mostro giuridico - che tra l'altro comprometteva politicamente anche quella magistratura non ancora connivente con il Regime, costretta a distinguere tra reati commessi da fascisti o da antifascisti - fu subito controfirmato da re Vittorio.
Se quell'operaio socialista poteva stare tranquillo, ancor di più potevano stare gli assassini: il [[22 dicembre]] il governo Mussolini emanò un decreto di amnistia - il Regio Decreto 1641 del 22 dicembre 1922 - preparato dal ministro di « Giustizia » Aldo Oviglio: <ref>Questo decreto sarà  revocato il 27 luglio 1944. L'Oviglio (1873-1942), fascista della prima ora, cercò di separare le sue responsabilità  dal fascismo, dimettendosi dopo il delitto Matteotti: quando si avvide che il fascismo aveva superato anche quella prova, ritornò tra le sue fila e fu nominato senatore.</ref> i responsabili di reati di natura politica venivano amnistiati, a condizione che i fatti delittuosi fossero stati commessi « per un fine, sia pure indirettamente, nazionale ». Pertanto, i crimini fascisti, essendo stati commessi per fini « non contrastanti con l'ordinamento politico-sociale », non erano punibili, ma non quelli eventualmente commessi da « sovversivi », essendo essi volti ad « abbattere l'ordine costitutivo, gli organi statali e le norme fondamentali della convivenza sociale ». Questo mostro giuridico - che tra l'altro comprometteva politicamente anche quella magistratura non ancora connivente con il Regime, costretta a distinguere tra reati commessi da fascisti o da antifascisti - fu subito controfirmato da re Vittorio.


=== L'inchiesta fascista ===
=== L'inchiesta fascista ===