Municipalismo libertario perché (di Murray Bookchin): differenze tra le versioni

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== Premessa ==
== Premessa ==


«Cari amici, la mia età , i malanni cronici e la calura estiva mi costringono a non muovermi di casa; per questo mi dispiace molto di non poter essere presente alla vostra conferenza sul municipalismo libertario. Vorrei, però, grazie a Janet Biehl, che ha accondisceso di leggervi queste mie parole, darvi il benvenuto nel Vermont e farvi i miei auguri per le discussioni che avranno luogo nei prossimi tre giorni. Se qualcuno di voi vorrà  venirmi a trovare alla fine dei lavori, a Burlington, che oggi è bene o male il mio rifugio sicuro, sarò felicissimo di riceverlo. Non fatevi scrupoli a chiamarmi e magari sarà  possibile riuscire a vederci durante o dopo questo incontro.
«Cari amici, la mia età, i malanni cronici e la calura estiva mi costringono a non muovermi di casa; per questo mi dispiace molto di non poter essere presente alla vostra conferenza sul municipalismo libertario. Vorrei, però, grazie a Janet Biehl, che ha accondisceso di leggervi queste mie parole, darvi il benvenuto nel Vermont e farvi i miei auguri per le discussioni che avranno luogo nei prossimi tre giorni. Se qualcuno di voi vorrà  venirmi a trovare alla fine dei lavori, a Burlington, che oggi è bene o male il mio rifugio sicuro, sarò felicissimo di riceverlo. Non fatevi scrupoli a chiamarmi e magari sarà  possibile riuscire a vederci durante o dopo questo incontro.
Intanto, in questo messaggio, vorrei toccare alcune delle questioni sollevate in proposito delle precedenti discussioni sul municipalismo libertario, esponendo le mie opinioni a riguardo. Forse la cosa più importante è la distinzione che andrebbe fatta tra comunitarismo e municipalismo libertario, una distinzione che spesso va smarrita quando si discute della politica del municipalismo libertario. <br />
Intanto, in questo messaggio, vorrei toccare alcune delle questioni sollevate in proposito delle precedenti discussioni sul municipalismo libertario, esponendo le mie opinioni a riguardo. Forse la cosa più importante è la distinzione che andrebbe fatta tra comunitarismo e municipalismo libertario, una distinzione che spesso va smarrita quando si discute della politica del municipalismo libertario. <br />
Con il termine comunitarismo io intendo riferirmi a quei movimenti e a quelle ideologie che aspirano a trasformare la società  creando cosiddette alternative nel campo economico e dell'esistenza personale, come le cooperative alimentari, le scuole, le tipografie, i centri comunitari, le aziende agricole di quartiere, gli squats e così via. Tra gli esponenti del comunitarismo, che si ispirano alle opere di Proudhon, ci sono state personalità  come Martin Buber, Harry Boyte, Colin Ward, per fare qualche nome. Che sia o no esplicitamente teorizzato, il comunitarismo mira a distaccare lentamente lo sviluppo dell'umanità  dalla logica delle imprese private (banche, grandi aziende, supermercati, fabbriche e sistemi industriali in agricoltura) e avvicinarlo allo stile di vita che promuovono, con imprese pubbliche e valori collettivi. La parola "comunitario" spesso è sostituibile col termine "cooperativo", che è una forma di produzione e di scambio che risulta attraente non solo perché richiama un senso d'amicizia e di collettività , ma anche perché è sotto il "controllo operaio" o la "gestione operaia".<br />
Con il termine comunitarismo io intendo riferirmi a quei movimenti e a quelle ideologie che aspirano a trasformare la società  creando cosiddette alternative nel campo economico e dell'esistenza personale, come le cooperative alimentari, le scuole, le tipografie, i centri comunitari, le aziende agricole di quartiere, gli squats e così via. Tra gli esponenti del comunitarismo, che si ispirano alle opere di Proudhon, ci sono state personalità  come Martin Buber, Harry Boyte, Colin Ward, per fare qualche nome. Che sia o no esplicitamente teorizzato, il comunitarismo mira a distaccare lentamente lo sviluppo dell'umanità  dalla logica delle imprese private (banche, grandi aziende, supermercati, fabbriche e sistemi industriali in agricoltura) e avvicinarlo allo stile di vita che promuovono, con imprese pubbliche e valori collettivi. La parola "comunitario" spesso è sostituibile col termine "cooperativo", che è una forma di produzione e di scambio che risulta attraente non solo perché richiama un senso d'amicizia e di collettività, ma anche perché è sotto il "controllo operaio" o la "gestione operaia".<br />
Il comunitarismo non cerca di creare un centro di potere che serva ad abbattere un giorno il capitalismo, ma cerca di metterglisi in concorrenza, di svalutarlo, di sopravvivergli, di fungere da barriera morale all'avidità  e alla malvagità  che agli occhi di tanta gente rende così riprovevole l'economia borghese. Non si tratta, per dirla in breve, di una politica, ma di una pratica, spesso limitata a gruppi di piccole dimensioni che fanno la "scelta" di acquistare o di lavorare in un'azienda cooperativa. Quando indico in Proudhon uno dei padri del comunitarismo, anche se non è esattissimo, faccio risalire la nascita di questa ideologia e di questa pratica a circa centocinquanta anni fa, a un'epoca in cui la maggior parte della produzione di oggetti era affidata agli artigiani e quella agricola e alimentare a piccoli contadini. Da allora sono nate tante cooperative, animate dalle più ambiziose speranze e destinate in genere a fallire, a vivacchiare o a trasformarsi in imprese orientate al profitto. Per riuscire a sopravvivere sul mercato capitalista, sono state regolarmente costrette ad adattarvisi o sono state semplicemente annientate dalla concorrenza di aziende animate da uno spirito di rapina e nei fatti più efficienti, ma tutte orientate unicamente al profitto.»
Il comunitarismo non cerca di creare un centro di potere che serva ad abbattere un giorno il capitalismo, ma cerca di metterglisi in concorrenza, di svalutarlo, di sopravvivergli, di fungere da barriera morale all'avidità  e alla malvagità  che agli occhi di tanta gente rende così riprovevole l'economia borghese. Non si tratta, per dirla in breve, di una politica, ma di una pratica, spesso limitata a gruppi di piccole dimensioni che fanno la "scelta" di acquistare o di lavorare in un'azienda cooperativa. Quando indico in Proudhon uno dei padri del comunitarismo, anche se non è esattissimo, faccio risalire la nascita di questa ideologia e di questa pratica a circa centocinquanta anni fa, a un'epoca in cui la maggior parte della produzione di oggetti era affidata agli artigiani e quella agricola e alimentare a piccoli contadini. Da allora sono nate tante cooperative, animate dalle più ambiziose speranze e destinate in genere a fallire, a vivacchiare o a trasformarsi in imprese orientate al profitto. Per riuscire a sopravvivere sul mercato capitalista, sono state regolarmente costrette ad adattarvisi o sono state semplicemente annientate dalla concorrenza di aziende animate da uno spirito di rapina e nei fatti più efficienti, ma tutte orientate unicamente al profitto.»


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[[File:Anarchy symbol neat.png|thumb|left|150px|La "A" cerchiata, uno dei simboli del movimento anarchico]]
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Il municipalismo libertario, invece, è decisamente un'espressione politica antistatale che vuole la democrazia, il rapporto diretto, faccia a faccia, il dialogo, il confronto. è soprattutto attento alle questioni fondamentali del potere. Pone questi interrogativi: dove dovrà  sussistere il potere? Quale parte della società  dovrà  esercitarlo? Quali istituzioni sono necessarie per rendere possibile ed efficace un esercizio del potere non statale? Se è vero che vivere/lavorare in una cooperativa può essere una cosa buona per instillare nelle persone valori, interessi, relazioni di stampo collettivista, le cooperative non offrono i mezzi istituzionali per l'acquisizione del potere. Consentitemi di sottolineare questo termine, "istituzioni", perché mi viene in mente uno slogan degli anarchici spagnoli che diceva: "Guerra alle istituzioni, non al popolo." Io ritengo che uno slogan del genere crei confusione e disorientamento, perché lascia intendere che le persone politically correct siano individui "autonomi", liberi da ogni obbligo istituzionale, mentre le istituzioni in quanto tali sarebbero una sorta di gabbie che impediscono all'individuo di scoprire il proprio "io autentico" e di realizzarsi.<br />
Il municipalismo libertario, invece, è decisamente un'espressione politica antistatale che vuole la democrazia, il rapporto diretto, faccia a faccia, il dialogo, il confronto. è soprattutto attento alle questioni fondamentali del potere. Pone questi interrogativi: dove dovrà  sussistere il potere? Quale parte della società  dovrà  esercitarlo? Quali istituzioni sono necessarie per rendere possibile ed efficace un esercizio del potere non statale? Se è vero che vivere/lavorare in una cooperativa può essere una cosa buona per instillare nelle persone valori, interessi, relazioni di stampo collettivista, le cooperative non offrono i mezzi istituzionali per l'acquisizione del potere. Consentitemi di sottolineare questo termine, "istituzioni", perché mi viene in mente uno slogan degli anarchici spagnoli che diceva: "Guerra alle istituzioni, non al popolo." Io ritengo che uno slogan del genere crei confusione e disorientamento, perché lascia intendere che le persone politically correct siano individui "autonomi", liberi da ogni obbligo istituzionale, mentre le istituzioni in quanto tali sarebbero una sorta di gabbie che impediscono all'individuo di scoprire il proprio "io autentico" e di realizzarsi.<br />
No: è un grosso errore. Gli animali, senza dubbio, possono vivere senza istituzioni (spesso perché il loro comportamento è geneticamente condizionato), ma gli esseri umani ne hanno bisogno per modellare in modo creativo le strutture sociali, basate non tanto su una supposta genetica o su certe usanze, ma soprattutto su "forme di libertà " (come le definivo già  negli anni sessanta) razionalmente costituite che servono a organizzare ed esprimere il potere in forma tanto collettiva quanto personale. Perciò, se oggi dovessi riscrivere in forma più estesa il mio articolo The Forms of Freedom, vi aggiungerei che sono necessarie costituzioni e leggi formulate per mezzo di assemblee di democrazia diretta e aperte al dialogo. In effetti, per molto tempo sono stati gli oppressi a richiedere e a pretendere costituzioni e leggi, quali strumenti di controllo, anzi di eliminazione del potere arbitrario esercitato da re, tiranni, nobili e dittatori. Ignorare questo fatto storico e regredire a un "istinto di solidarietà ", a un "istinto rivoluzionario", a un "istinto di condivisione", significa abbandonare un auspicabilissimo mondo civile per ritirarsi nel mondo della bestialità , optare per una zoologia sociale che non ha senso applicare all'umanità  intesa come specie dalle capacità  d'innovazione che crea e ricrea se stessa come crea e ricrea il mondo.<br />
No: è un grosso errore. Gli animali, senza dubbio, possono vivere senza istituzioni (spesso perché il loro comportamento è geneticamente condizionato), ma gli esseri umani ne hanno bisogno per modellare in modo creativo le strutture sociali, basate non tanto su una supposta genetica o su certe usanze, ma soprattutto su "forme di libertà " (come le definivo già  negli anni sessanta) razionalmente costituite che servono a organizzare ed esprimere il potere in forma tanto collettiva quanto personale. Perciò, se oggi dovessi riscrivere in forma più estesa il mio articolo The Forms of Freedom, vi aggiungerei che sono necessarie costituzioni e leggi formulate per mezzo di assemblee di democrazia diretta e aperte al dialogo. In effetti, per molto tempo sono stati gli oppressi a richiedere e a pretendere costituzioni e leggi, quali strumenti di controllo, anzi di eliminazione del potere arbitrario esercitato da re, tiranni, nobili e dittatori. Ignorare questo fatto storico e regredire a un "istinto di solidarietà ", a un "istinto rivoluzionario", a un "istinto di condivisione", significa abbandonare un auspicabilissimo mondo civile per ritirarsi nel mondo della bestialità, optare per una zoologia sociale che non ha senso applicare all'umanità  intesa come specie dalle capacità  d'innovazione che crea e ricrea se stessa come crea e ricrea il mondo.<br />
A differenza del comunitarismo, il municipalismo libertario si preoccupa del potere: non semplicemente del potere di autocontrollo che si può acquisire partecipando a una riunione ispiratrice, ma il potere concreto che si esprime in forme organizzate di libertà , concepite in modo razionale e costituite con modalità  democratiche. Se da un lato posso ben comprendere il rifiuto di Proudhon, nella sua qualità  di deputato alla Camera francese, di votare una bozza di costituzione (che era orientata verso la tutela della proprietà  e la costruzione di uno Stato), respingo completamente le ragioni che adduceva per questa scelta. "No!", aveva dichiarato, "Io non voto contro la Costituzione perché è una costituzione più o meno cattiva, ma perché è una costituzione." Un comportamento così fatuo lo faceva regredire, intellettualmente come politicamente, nel mondo del potere arbitrario contro il quale, nell'ottavo secolo avanti Cristo si schieravano i contadini greci oppressi; come faceva Esiodo, che denunciava i "baroni", come li definiva, che non facevano che asservire e sfruttare gli agricoltori ellenici, e rivendicava una società  basata sulla legge, non sull'arbitrio degli uomini. Il municipalismo libertario vuole raggiungere il potere, non vuole semplicemente sfruttare la rivendicazione del potere a scopi di propaganda e di spettacolo, e non respinge l'uso del potere, ma vuole darlo in mano alla gente nelle assemblee popolari.<br />
A differenza del comunitarismo, il municipalismo libertario si preoccupa del potere: non semplicemente del potere di autocontrollo che si può acquisire partecipando a una riunione ispiratrice, ma il potere concreto che si esprime in forme organizzate di libertà, concepite in modo razionale e costituite con modalità  democratiche. Se da un lato posso ben comprendere il rifiuto di Proudhon, nella sua qualità  di deputato alla Camera francese, di votare una bozza di costituzione (che era orientata verso la tutela della proprietà  e la costruzione di uno Stato), respingo completamente le ragioni che adduceva per questa scelta. "No!", aveva dichiarato, "Io non voto contro la Costituzione perché è una costituzione più o meno cattiva, ma perché è una costituzione." Un comportamento così fatuo lo faceva regredire, intellettualmente come politicamente, nel mondo del potere arbitrario contro il quale, nell'ottavo secolo avanti Cristo si schieravano i contadini greci oppressi; come faceva Esiodo, che denunciava i "baroni", come li definiva, che non facevano che asservire e sfruttare gli agricoltori ellenici, e rivendicava una società  basata sulla legge, non sull'arbitrio degli uomini. Il municipalismo libertario vuole raggiungere il potere, non vuole semplicemente sfruttare la rivendicazione del potere a scopi di propaganda e di spettacolo, e non respinge l'uso del potere, ma vuole darlo in mano alla gente nelle assemblee popolari.<br />
E non ci serve molto che ci vengano a dire che per arrivare a una comunità  basata sui principi del municipalismo libertario bisogna prima prepararle il terreno, cementandola con uno stile di vita basato sulla reciprocità  come quello offerto dalle attività  cooperative. Fin troppo spesso le cooperative sono diventate fini a se stesse e, quando ce l'hanno fatta, hanno privilegiato gli scopi che rispondevano alle proprie logiche interne, opposte alle comunità  per le quali volevano rappresentare un riferimento. Ne ho viste tante, di cooperative alimentari che non solo chiudevano gli occhi davanti alle altre dello stesso tipo, entrando addirittura in concorrenza con loro, ma che abdicavano a tutte le loro supposte attività  "educative", togliendo a tutti i propri associati ogni potere e trasformandoli in semplici clienti. Costrette dal capitalismo ad adottare i metodi dell'organizzazione capitalistica, assumono manager e specialisti del business di un genere o di un altro, col risultato che, invece di educare i propri associati, esse rivestono il capitalismo con i panni eleganti delle istituzioni virtuose.
E non ci serve molto che ci vengano a dire che per arrivare a una comunità  basata sui principi del municipalismo libertario bisogna prima prepararle il terreno, cementandola con uno stile di vita basato sulla reciprocità  come quello offerto dalle attività  cooperative. Fin troppo spesso le cooperative sono diventate fini a se stesse e, quando ce l'hanno fatta, hanno privilegiato gli scopi che rispondevano alle proprie logiche interne, opposte alle comunità  per le quali volevano rappresentare un riferimento. Ne ho viste tante, di cooperative alimentari che non solo chiudevano gli occhi davanti alle altre dello stesso tipo, entrando addirittura in concorrenza con loro, ma che abdicavano a tutte le loro supposte attività  "educative", togliendo a tutti i propri associati ogni potere e trasformandoli in semplici clienti. Costrette dal capitalismo ad adottare i metodi dell'organizzazione capitalistica, assumono manager e specialisti del business di un genere o di un altro, col risultato che, invece di educare i propri associati, esse rivestono il capitalismo con i panni eleganti delle istituzioni virtuose.


===Educazione e formazione===
===Educazione e formazione===
[[Image:Anarchist logo.png|right|thumb|]]
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Il municipalismo libertario si impegna in ogni modo per non affondare nella palude comunitaria, perdendo la propria identità  per dedicarsi alla costruzione, al mantenimento e all'espansione di cooperative, indipendentemente dal fatto che questa sia o no una cosa buona. Il municipalismo libertario è il tentativo di recuperare e superare la definizione aristotelica dell'uomo quale zoon politikòn, animale politico. "L'uomo" o quanto meno, l'uomo greco, nella Politica di Aristotele, è chi vive nella polis, cioè in un municipio e non, come spesso si ritiene erroneamente, una città -stato. è questo uno dei teloi, dei fini dell'uomo, una forma che si attualizza in quanto essere umano. Per esprimersi in termini religiosi, egli è destinato a essere l'abitante della polis, della città , nella misura in cui realizza la propria umanità . I suoi teloi, che comprendono un sistema di leggi (di diritti come di doveri) razionalmente e democraticamente costituito, includono anche la sua facoltà  di essere cittadino, vale a dire un essere umano preparato, con una formazione o paideia che dura tutta la vita, in modo da possedere tutte le competenze che servono per assumersi tutti gli impegni di autogoverno. Deve essere capace, intellettualmente come fisicamente, di surrogare tutte le funzioni socio-politiche assunte dallo Stato, in particolare quelle dell'apparato fatto di militari, polizia, burocrati, rappresentanti legislativi e così via. Lo Stato non è liquidato solo istituzionalmente, ma anche soggettivamente, rendendo la gestione della società  una faccenda rigorosamente umana. Lo Stato, in sostanza, è sostituito da cittadini liberi e istruiti che, all'interno di assemblee popolari, ne eliminano la pretesa di avere la competenza esclusiva su di sé, che giustifica la propria esistenza col fatto che i suoi costituenti sono bambini ignoranti che hanno bisogno di un "padre" capace di gestire le loro faccende.<br />
Il municipalismo libertario si impegna in ogni modo per non affondare nella palude comunitaria, perdendo la propria identità  per dedicarsi alla costruzione, al mantenimento e all'espansione di cooperative, indipendentemente dal fatto che questa sia o no una cosa buona. Il municipalismo libertario è il tentativo di recuperare e superare la definizione aristotelica dell'uomo quale zoon politikòn, animale politico. "L'uomo" o quanto meno, l'uomo greco, nella Politica di Aristotele, è chi vive nella polis, cioè in un municipio e non, come spesso si ritiene erroneamente, una città -stato. è questo uno dei teloi, dei fini dell'uomo, una forma che si attualizza in quanto essere umano. Per esprimersi in termini religiosi, egli è destinato a essere l'abitante della polis, della città, nella misura in cui realizza la propria umanità . I suoi teloi, che comprendono un sistema di leggi (di diritti come di doveri) razionalmente e democraticamente costituito, includono anche la sua facoltà  di essere cittadino, vale a dire un essere umano preparato, con una formazione o paideia che dura tutta la vita, in modo da possedere tutte le competenze che servono per assumersi tutti gli impegni di autogoverno. Deve essere capace, intellettualmente come fisicamente, di surrogare tutte le funzioni socio-politiche assunte dallo Stato, in particolare quelle dell'apparato fatto di militari, polizia, burocrati, rappresentanti legislativi e così via. Lo Stato non è liquidato solo istituzionalmente, ma anche soggettivamente, rendendo la gestione della società  una faccenda rigorosamente umana. Lo Stato, in sostanza, è sostituito da cittadini liberi e istruiti che, all'interno di assemblee popolari, ne eliminano la pretesa di avere la competenza esclusiva su di sé, che giustifica la propria esistenza col fatto che i suoi costituenti sono bambini ignoranti che hanno bisogno di un "padre" capace di gestire le loro faccende.<br />
Vorrei aggiungere che la paideia richiede un'educazione e una formazione rigorose, anzi la costruzione di un carattere e di un integrità  etica, se si deve giustificare la competenza del cittadino (la sua capacità  di sostituire lo Stato). È così non solo eliminando lo Stato, ma anche eliminando la gerarchia. Un'educazione e una formazione rigorose implicano a loro volta non fatui tentativi di "espressione dell'io", spesso di un io appena sbozzato e non ancora formato, ma un processo di apprendimento sistematico, programmato con cura, bene organizzato. L'umanità  non può produrre cittadini se l'educazione e la formazione che essa assicura ai giovani avviene attraverso gruppi d'incontro che si presumono "spontanei", in cui lo studente è chiamato ad accettare qualsiasi cosa gli venga somministrata. Proprio questa attenzione alla paideia rende la Repubblica di Platone un'opera così grande nonostante i suoi tanti difetti: in realtà , molti dei testi migliori dalla filosofia greca racchiudono idee su come educare i giovani per farne dei cittadini capaci non solo di riflettere in modo sistematico, ma anche di usare le armi per difendersi e per difendere la democrazia. La democrazia ateniese, vorrei aggiungere, fu raggiunta quando la cavalleria aristocratica fu sostituita dagli opliti, i soldati di fanteria, la guardia civile del quinto secolo avanti Cristo, che assicurò la supremazia del popolo al posto di quella della nobiltà .
Vorrei aggiungere che la paideia richiede un'educazione e una formazione rigorose, anzi la costruzione di un carattere e di un integrità  etica, se si deve giustificare la competenza del cittadino (la sua capacità  di sostituire lo Stato). È così non solo eliminando lo Stato, ma anche eliminando la gerarchia. Un'educazione e una formazione rigorose implicano a loro volta non fatui tentativi di "espressione dell'io", spesso di un io appena sbozzato e non ancora formato, ma un processo di apprendimento sistematico, programmato con cura, bene organizzato. L'umanità  non può produrre cittadini se l'educazione e la formazione che essa assicura ai giovani avviene attraverso gruppi d'incontro che si presumono "spontanei", in cui lo studente è chiamato ad accettare qualsiasi cosa gli venga somministrata. Proprio questa attenzione alla paideia rende la Repubblica di Platone un'opera così grande nonostante i suoi tanti difetti: in realtà, molti dei testi migliori dalla filosofia greca racchiudono idee su come educare i giovani per farne dei cittadini capaci non solo di riflettere in modo sistematico, ma anche di usare le armi per difendersi e per difendere la democrazia. La democrazia ateniese, vorrei aggiungere, fu raggiunta quando la cavalleria aristocratica fu sostituita dagli opliti, i soldati di fanteria, la guardia civile del quinto secolo avanti Cristo, che assicurò la supremazia del popolo al posto di quella della nobiltà .


===La questione del potere===
===La questione del potere===