Alceste De Ambris: differenze tra le versioni

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Il [[28 luglio]] [[1914]] l'[[Austria]] dichiara guerra alla Serbia. Inizia la Prima guerra mondiale. Molti esponenti della sinistra prendono posizione per un intervento dell'[[Italia]] nel conflitto. La [[Germania]] e l'Austria-Ungheria erano paesi guidati da regimi reazionari e autocratici e un conflitto internazionale avrebbe potuto abbatterli e favorire una evoluzione in senso democratico di quelle società. Scrive Serventi Longhi: «Le ragioni profonde che li muovevano risiedevano...[nella] opportunità di utilizzare il fatto bellico come potente acceleratore di quel processo rivoluzionario inscritto nella modernità e reso esplicito dagli scioperi operai e contadini e dalla Settimana rossa». <ref>Enrico Serventi Longhi. ''Alceste De Ambris. l'utopia concreta di un rivoluzionario sindacalista''. Franco Angeli. Milano 2011.</ref> De Ambris condivide queste posizioni e si schiera con i fautori dell'intevento che diventeranno un vero e proprio movimento. Egli, che si era formato alla scuola di [[Sorel]], sembra avvertire l'insufficienza del mito dello [[sciopero generale]], che non era ancora sfociato nel rovesciamento dell'ordine esistente e concepisce la guerra come un superiore "fatto" di emancipazione morale e militare del proletariato. Il Popolo D'Italia inizia il [[15 novembre]] [[1914]] le sue pubblicazioni, sotto la guida di Mussolini, che in un commento al manifesto lanciato dagli interventisti romani, sancisce la definitiva rottura col pacifismo socialista.
Il [[28 luglio]] [[1914]] l'[[Austria]] dichiara guerra alla Serbia. Inizia la Prima guerra mondiale. Molti esponenti della sinistra prendono posizione per un intervento dell'[[Italia]] nel conflitto. La [[Germania]] e l'Austria-Ungheria erano paesi guidati da regimi reazionari e autocratici e un conflitto internazionale avrebbe potuto abbatterli e favorire una evoluzione in senso democratico di quelle società. Scrive Serventi Longhi: «Le ragioni profonde che li muovevano risiedevano...[nella] opportunità di utilizzare il fatto bellico come potente acceleratore di quel processo rivoluzionario inscritto nella modernità e reso esplicito dagli scioperi operai e contadini e dalla Settimana rossa». <ref>Enrico Serventi Longhi. ''Alceste De Ambris. l'utopia concreta di un rivoluzionario sindacalista''. Franco Angeli. Milano 2011.</ref> De Ambris condivide queste posizioni e si schiera con i fautori dell'intevento che diventeranno un vero e proprio movimento. Egli, che si era formato alla scuola di [[Sorel]], sembra avvertire l'insufficienza del mito dello [[sciopero generale]], che non era ancora sfociato nel rovesciamento dell'ordine esistente e concepisce la guerra come un superiore "fatto" di emancipazione morale e militare del proletariato. Il Popolo D'Italia inizia il [[15 novembre]] [[1914]] le sue pubblicazioni, sotto la guida di Mussolini, che in un commento al manifesto lanciato dagli interventisti romani, sancisce la definitiva rottura col pacifismo socialista.


Il primo Fascio interventista ad essere formato è quello romano il [[24 novembre]] [[1914]], mentre il Fascio rivoluzionario intervenzionista di Milano, primo nucleo del Fascio D'azione rivoluzionaria, nasce il [[30 novembre]]  [[1914]] a Via degli Eustachi, nella pensione-cenacolo-vendita di De Ambris. Infine la sera dell'[[11 dicembre]] [[1914]] nasce ufficialmente il Fascio D'Azione Rivoluzionaria Interventista con una assemblea aperta solo ai tesserati dell'Unione Sindacale, della Camera del Lavoro e delle Sezioni Socialista e Repubblicana di Milano. Su ''Il Popolo D'Italia'' si legge che i Fasci non costituiscono un partito ma "liberi raggruppamenti di quei sovversivi di tutte le scuole e dottrine politiche che ritengono di trovare nell'attuale momento, e in quello che immediatamente a questo succederà , un campo propizio alla fecondazione delle idealità rivoluzionarie e non intendono però lasciare sfuggire la occasione di un movimento in comune". È un documento che risente dello stile e dell'impostazione movimentista del sindacalismo rivoluzionario di De Ambris. <ref> Serventi Longhi. Op.cit.</ref>
Il primo Fascio interventista ad essere formato è quello romano il [[24 novembre]] [[1914]], mentre il Fascio rivoluzionario intervenzionista di Milano, primo nucleo del Fascio D'azione rivoluzionaria, nasce il [[30 novembre]]  [[1914]] a Via degli Eustachi, nella pensione-cenacolo-vendita di De Ambris. Infine la sera dell'[[11 dicembre]] [[1914]] nasce ufficialmente il Fascio D'Azione Rivoluzionaria Interventista con una assemblea aperta solo ai tesserati dell'Unione Sindacale, della Camera del Lavoro e delle Sezioni Socialista e Repubblicana di Milano. Su ''Il Popolo D'Italia'' si legge che i Fasci non costituiscono un partito ma "liberi raggruppamenti di quei sovversivi di tutte le scuole e dottrine politiche che ritengono di trovare nell'attuale momento, e in quello che immediatamente a questo succederà, un campo propizio alla fecondazione delle idealità rivoluzionarie e non intendono però lasciare sfuggire la occasione di un movimento in comune". È un documento che risente dello stile e dell'impostazione movimentista del sindacalismo rivoluzionario di De Ambris. <ref> Serventi Longhi. Op.cit.</ref>


== De Ambris e la guerra ==
== De Ambris e la guerra ==
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== Sindacato e Stato ==
== Sindacato e Stato ==
l'evento bellico, come abbiamo visto, aveva portato ad una accelerazione delle divisioni ideologiche all'interno del [[socialismo]] ma non solo, aveva prodotto la necessità di un ripensamento complessivo sul ruolo del partito, del sindacato e delle avanguardie rivoluzionarie nel processo di emancipazione verso la creazione di una [[eguaglianza|società egualitaria]] basata sulla giustizia sociale. In questo contesto si pose il problema del ruolo dello [[Stato]] e del rapporto del movimento operaio con le istituzioni. De Ambris aveva già cominciato, durante la guerra, a rivedere le sue posizioni in merito distaccandosi sempre di pù dai contenuti libertari del suo sindacalismo, ponendosi in questo modo in netto contrasto con la [[anarco-sindacalista|corrente anarcosindacalista]], il cui esponente principale era [[Armando Borghi]], per cui la pregiudiziale antistatalista era imprescindibile. Su questa linea, nel febbraio [[1918]], De Ambris diede vita alla rivista «Il Rinnovamento» che voleva favorire l'aggregazione del [[proletariato]] in una organizzazione autonoma, stabile e nazionale. Questa iniziativa sfociò nell'adesione alla Unione socialista italiana, la nuova formazione politica guidata da Bissolati. Nel primo Congresso nazionale di questa organizzazione, composta da personalità molto eterogenee, tenutosi il [[13 maggio|13]], [[14 maggio|14]] e [[15 maggio]] [[1918]] a Roma, fu decisa la nascita di un nuovo organo che rappresentasse la vecchia guardia del sindacalismo italiano che fu chiamato «l'Italia nostra» il cui sottotitolo era molto esplicativo «La patria non si nega si conquista». Essi ritenevano, come disse Edmondo Rossoni in un'altra circostanza, qualche mese dopo, che l'antipatriottismo era superato e che «il proletariato ha tutto l'interesse di affezionarsi al proprio paese e conquistarlo alla giustizia». <ref>Serventi Longhi Op.cit.</ref> De ambris rispose alle polemiche dei libertari dell'Unione Sindacale Italiana sostenendo l'indispensabilità dell'autorità , che non era realistico negare l'esistenza di funzioni istituzionali di potere, e soprattutto l'autorità sindacale sulla quale si doveva basare la società futura.
l'evento bellico, come abbiamo visto, aveva portato ad una accelerazione delle divisioni ideologiche all'interno del [[socialismo]] ma non solo, aveva prodotto la necessità di un ripensamento complessivo sul ruolo del partito, del sindacato e delle avanguardie rivoluzionarie nel processo di emancipazione verso la creazione di una [[eguaglianza|società egualitaria]] basata sulla giustizia sociale. In questo contesto si pose il problema del ruolo dello [[Stato]] e del rapporto del movimento operaio con le istituzioni. De Ambris aveva già cominciato, durante la guerra, a rivedere le sue posizioni in merito distaccandosi sempre di pù dai contenuti libertari del suo sindacalismo, ponendosi in questo modo in netto contrasto con la [[anarco-sindacalista|corrente anarcosindacalista]], il cui esponente principale era [[Armando Borghi]], per cui la pregiudiziale antistatalista era imprescindibile. Su questa linea, nel febbraio [[1918]], De Ambris diede vita alla rivista «Il Rinnovamento» che voleva favorire l'aggregazione del [[proletariato]] in una organizzazione autonoma, stabile e nazionale. Questa iniziativa sfociò nell'adesione alla Unione socialista italiana, la nuova formazione politica guidata da Bissolati. Nel primo Congresso nazionale di questa organizzazione, composta da personalità molto eterogenee, tenutosi il [[13 maggio|13]], [[14 maggio|14]] e [[15 maggio]] [[1918]] a Roma, fu decisa la nascita di un nuovo organo che rappresentasse la vecchia guardia del sindacalismo italiano che fu chiamato «l'Italia nostra» il cui sottotitolo era molto esplicativo «La patria non si nega si conquista». Essi ritenevano, come disse Edmondo Rossoni in un'altra circostanza, qualche mese dopo, che l'antipatriottismo era superato e che «il proletariato ha tutto l'interesse di affezionarsi al proprio paese e conquistarlo alla giustizia». <ref>Serventi Longhi Op.cit.</ref> De ambris rispose alle polemiche dei libertari dell'Unione Sindacale Italiana sostenendo l'indispensabilità dell'autorità, che non era realistico negare l'esistenza di funzioni istituzionali di potere, e soprattutto l'autorità sindacale sulla quale si doveva basare la società futura.


== Il Manifesto di San Sepolcro ==
== Il Manifesto di San Sepolcro ==
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D'Annunzio si era determinato a compiere questa impresa poiché la vittoria gli appariva «mutilata». Egli intendeva rivendicare per l'Italia la propria naturale potestà sull'Adriatico fino a Valona al di là del Patto che era stato firmato a Londra nel [[1915]], al momento dell'entrata in guerra accanto a [[Gran Bretagna]], [[Francia]] e [[Russia]] contro la [[Germania]] e l'Austia-Ungheria. In un ''Cantico'' apparso sul «Corriere della Sera» reclamava l'intera Dalmazia. Inoltre il patto escludeva Fiume dai compensi territoriali non potendo essere prevedibile, a quel momento, la dissoluzione dell'Impero austroungarico a cui la città apparteneva.
D'Annunzio si era determinato a compiere questa impresa poiché la vittoria gli appariva «mutilata». Egli intendeva rivendicare per l'Italia la propria naturale potestà sull'Adriatico fino a Valona al di là del Patto che era stato firmato a Londra nel [[1915]], al momento dell'entrata in guerra accanto a [[Gran Bretagna]], [[Francia]] e [[Russia]] contro la [[Germania]] e l'Austia-Ungheria. In un ''Cantico'' apparso sul «Corriere della Sera» reclamava l'intera Dalmazia. Inoltre il patto escludeva Fiume dai compensi territoriali non potendo essere prevedibile, a quel momento, la dissoluzione dell'Impero austroungarico a cui la città apparteneva.
[[File:Reggenza Italiana del Carnaro.jpg|195px|left|thumb|Bandiera della Reggenza Italiana del Carnaro.]]
[[File:Reggenza Italiana del Carnaro.jpg|195px|left|thumb|Bandiera della Reggenza Italiana del Carnaro.]]
Dalla dissoluzione dell'Impero austroungarico stava nascendo il nuovo regno serbo, croato, sloveno. Gli jugoslavi negavano l'italianità di Fiume e affermavano che avevano assolutamente bisogno del suo porto che era l'unico scalo marittimo utlilizzabile per il nuovo [[Stato]]. Sui confini da assegnare all'[[Italia]] e quindi su Fiume si discuteva nella Conferenza della pace in corso a Parigi. L'[[Italia]] chiedeva l'applicazione del Patto di Londra <ref>[http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_Londra Patto di Londra]</ref>con la correzione dell'inclusione della città di Fiume nelle frontiere italiane, ma le altre potenze furono sorde a queste richieste. I rappresentanti italiani abbandonarono allora la Conferenza e furono accolti in Patria con acclamazioni di entusiasmo. D'Annunzio aveva esltato il loro gesto e dichiarato in un fervente discorso: «Non è più tempo di parole... abbiamo fatto troppo sperpero di eloquenza... oggi ogni combattente riprende il suo posto... e pronti... la bandiera di Fiume non parla ma comanda. Oggi una sola domanda è da rivolgere a questa Italia... per difendere il tuo diritto sei pronta a ricombattere?» <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref> Fino al novembre del 1919, De Ambris non aveva avuto l'occasione di conoscere personalmemnte Gabriele D'Annunzio e non ne apprezzava neanche particolarmente l'arte. «Ma vennero le elezioni generali del novembre 1919. Io avevo rifiutato ogni candidatura -scriverà in un opuscolo-  più che per le mie convinzioni antiparlamentariste, per la nausea che mi suscitava la lotta svolta da un lato con la più sconcia demagogia ''neutralista'' , e dall'altro con l'intenzione non dissimulata di trar profitto dall'interventismo praticato, o almeno predicato, durante la guerra. La nausea mi vinse a tal punto che sentii il bisogno di cercare un pò d'aria respirabile e mi parve che avrei potuto trovarla a Fiume.»<ref> Note per un opuscolo. ''Fiume (un tentativo incompreso e vilipeso)'', mai pubblicato. Da Serventi Longhi. Op.cit.</ref> D'altra parte, nonostante il controllo che aveva sulla Uil come segretario e il desiderio che lo animava di preservare il sindacato da derive bolsceviche si rese conto che la debolezza dell'organizzazione, emarginata dal governo e dalle organizzazioni internazionali, non gli avrebbe più consentito di avere un ruolo da protagonista nella scena politica nazionale. Il fatto nuovo che poteva affascinare il movimento operaio e rivoluzionario italiano e significare qualcosa di importante per quel processo di cambiamento istituzionale e sociale tante volte ricercato, era proprio l'occupazione dannunziana  di Fiume. De Ambris poteva essere la figura adatta ad evitare il pericolo di accentramento nazionalista e autoritario del potere e a collocare intorno a D'Annunzio uomini lontani dalle derive ultranazionalistiche e reazionarie che potevano favorire ipotesi golpiste. Il socialista Turati aveva detto, in modo sprezzante, quando alla camera qualcuno aveva paragonato D'Annunzio a Garibaldi: «C'è una certa differenza fra Giuseppe Garibaldi e Gabriele Rapagnetta [vero cognome di D'Annunzio]... quella era la rivoluzione e questa è la reazione militare» e la sua compagna Anna Kuliscioff gli scriveva da Milano: «Il fattaccio di Fiume non è tanto temibile per le ragioni dette[alla Camera]... quanto per le ragioni non dette... ed è la minaccia di un pronunziamento militare anche a Roma». <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref>
Dalla dissoluzione dell'Impero austroungarico stava nascendo il nuovo regno serbo, croato, sloveno. Gli jugoslavi negavano l'italianità di Fiume e affermavano che avevano assolutamente bisogno del suo porto che era l'unico scalo marittimo utlilizzabile per il nuovo [[Stato]]. Sui confini da assegnare all'[[Italia]] e quindi su Fiume si discuteva nella Conferenza della pace in corso a Parigi. L'[[Italia]] chiedeva l'applicazione del Patto di Londra <ref>[http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_Londra Patto di Londra]</ref>con la correzione dell'inclusione della città di Fiume nelle frontiere italiane, ma le altre potenze furono sorde a queste richieste. I rappresentanti italiani abbandonarono allora la Conferenza e furono accolti in Patria con acclamazioni di entusiasmo. D'Annunzio aveva esltato il loro gesto e dichiarato in un fervente discorso: «Non è più tempo di parole... abbiamo fatto troppo sperpero di eloquenza... oggi ogni combattente riprende il suo posto... e pronti... la bandiera di Fiume non parla ma comanda. Oggi una sola domanda è da rivolgere a questa Italia... per difendere il tuo diritto sei pronta a ricombattere?» <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref> Fino al novembre del 1919, De Ambris non aveva avuto l'occasione di conoscere personalmemnte Gabriele D'Annunzio e non ne apprezzava neanche particolarmente l'arte. «Ma vennero le elezioni generali del novembre 1919. Io avevo rifiutato ogni candidatura -scriverà in un opuscolo-  più che per le mie convinzioni antiparlamentariste, per la nausea che mi suscitava la lotta svolta da un lato con la più sconcia demagogia ''neutralista'', e dall'altro con l'intenzione non dissimulata di trar profitto dall'interventismo praticato, o almeno predicato, durante la guerra. La nausea mi vinse a tal punto che sentii il bisogno di cercare un pò d'aria respirabile e mi parve che avrei potuto trovarla a Fiume.»<ref> Note per un opuscolo. ''Fiume (un tentativo incompreso e vilipeso)'', mai pubblicato. Da Serventi Longhi. Op.cit.</ref> D'altra parte, nonostante il controllo che aveva sulla Uil come segretario e il desiderio che lo animava di preservare il sindacato da derive bolsceviche si rese conto che la debolezza dell'organizzazione, emarginata dal governo e dalle organizzazioni internazionali, non gli avrebbe più consentito di avere un ruolo da protagonista nella scena politica nazionale. Il fatto nuovo che poteva affascinare il movimento operaio e rivoluzionario italiano e significare qualcosa di importante per quel processo di cambiamento istituzionale e sociale tante volte ricercato, era proprio l'occupazione dannunziana  di Fiume. De Ambris poteva essere la figura adatta ad evitare il pericolo di accentramento nazionalista e autoritario del potere e a collocare intorno a D'Annunzio uomini lontani dalle derive ultranazionalistiche e reazionarie che potevano favorire ipotesi golpiste. Il socialista Turati aveva detto, in modo sprezzante, quando alla camera qualcuno aveva paragonato D'Annunzio a Garibaldi: «C'è una certa differenza fra Giuseppe Garibaldi e Gabriele Rapagnetta [vero cognome di D'Annunzio]... quella era la rivoluzione e questa è la reazione militare» e la sua compagna Anna Kuliscioff gli scriveva da Milano: «Il fattaccio di Fiume non è tanto temibile per le ragioni dette[alla Camera]... quanto per le ragioni non dette... ed è la minaccia di un pronunziamento militare anche a Roma». <ref>Antonio Spinosa. Op.cit.</ref>


== La Carta del Carnaro ==
== La Carta del Carnaro ==
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sostenute dai comitati pro-Fiume di ispirazione [[nazionalista]] e [[militarismo|militarista]]. Questi gruppi erano stati l'ossatura dell'organizzazione fiumana del primo periodo. Ma il fallimento di queste iniziative avevano smorzato, almeno in parte, l'entusiasmo che circondava l'[[Aspetti libertari dell'impresa di Fiume|impresa di Fiume]]. Molte forze nel paese, economiche e politiche erano contrarie all'avventura del rovesciamento del potere in [[Italia]], anche se non si dimostravano ostili alla battaglia di D'Annunzio. Lo stesso Mussolini, pur appoggiando formalmente l'impresa del Comandante, in realtà vedeva in D'Annunzio un pericoloso concorrente in vista dei suoi progetti futuri sull'[[Italia]]. In questa situazione di stallo e di confuse pulsioni nazionaliste e combattentistiche che, in maniera contraddittoria, si manifestavano in un contesto di assoluta libertà e di rivendicazioni sociali, trovò spazio l'opera di De Ambris. Tra tutti i sindacalisti interventisti egli era quello che, nel suo percorso ideologico, era giunto, più lucidamente di tutti, alla sintesi tra l'idea di nazione - come comunità di produttori e valore sopra gli interessi di parte - e l'idea di emancipazione economica e politica delle classi lavoratrici come liberazione della società dal parassitismo delle rendite fondiarie e finanziarie e in cui la proprietà privata doveva assumere una funzione sociale, pena l'esproprio. «Il 21 dicembre il "Comandante" chiamò De Ambris, con il compito... di sostituire Giuriati alla carica di Capo di Gabinetto. La sua chiamata fu certo frutto del raffreddamento dei rapporti con l'area moderata del Comando, nonché del deterioramento delle relazioni con il Consiglio nazionale fiumano, interessato solo all'annessione». <ref>Serventi Longhi. Op.cit.</ref> Ma D'Annunzio aveva anche interpretato gli umori più profondi dei suoi ufficiali, e cioé il desiderio diffuso di trasformare l'[[Aspetti libertari dell'impresa di Fiume|impresa di Fiume]] in qualcosa di assolutamente innovativo per gli equilibri della società italiana.  
sostenute dai comitati pro-Fiume di ispirazione [[nazionalista]] e [[militarismo|militarista]]. Questi gruppi erano stati l'ossatura dell'organizzazione fiumana del primo periodo. Ma il fallimento di queste iniziative avevano smorzato, almeno in parte, l'entusiasmo che circondava l'[[Aspetti libertari dell'impresa di Fiume|impresa di Fiume]]. Molte forze nel paese, economiche e politiche erano contrarie all'avventura del rovesciamento del potere in [[Italia]], anche se non si dimostravano ostili alla battaglia di D'Annunzio. Lo stesso Mussolini, pur appoggiando formalmente l'impresa del Comandante, in realtà vedeva in D'Annunzio un pericoloso concorrente in vista dei suoi progetti futuri sull'[[Italia]]. In questa situazione di stallo e di confuse pulsioni nazionaliste e combattentistiche che, in maniera contraddittoria, si manifestavano in un contesto di assoluta libertà e di rivendicazioni sociali, trovò spazio l'opera di De Ambris. Tra tutti i sindacalisti interventisti egli era quello che, nel suo percorso ideologico, era giunto, più lucidamente di tutti, alla sintesi tra l'idea di nazione - come comunità di produttori e valore sopra gli interessi di parte - e l'idea di emancipazione economica e politica delle classi lavoratrici come liberazione della società dal parassitismo delle rendite fondiarie e finanziarie e in cui la proprietà privata doveva assumere una funzione sociale, pena l'esproprio. «Il 21 dicembre il "Comandante" chiamò De Ambris, con il compito... di sostituire Giuriati alla carica di Capo di Gabinetto. La sua chiamata fu certo frutto del raffreddamento dei rapporti con l'area moderata del Comando, nonché del deterioramento delle relazioni con il Consiglio nazionale fiumano, interessato solo all'annessione». <ref>Serventi Longhi. Op.cit.</ref> Ma D'Annunzio aveva anche interpretato gli umori più profondi dei suoi ufficiali, e cioé il desiderio diffuso di trasformare l'[[Aspetti libertari dell'impresa di Fiume|impresa di Fiume]] in qualcosa di assolutamente innovativo per gli equilibri della società italiana.  


Queste istanze di rinnovamento radicale trovano la loro espressione più alta e significativa nella Carta del Carnaro del [[1920]], la Costituzione per l'ordinamento politico ed amministrativo del territorio della città di Fiume, elaborata da Alceste De Ambris e che esprime nella maniera più compiuta la sua visione della società , nello stesso tempo nazionale e sociale. «Il popolo della Libera Città di Fiume - scrive De Ambris nella Premessa - in nome... dell'inalienabile diritto di autodecisione, riconferma di voler far parte integrante dello Stato Italiano mediante un esplicito atto di annessione; ma poiché l'altrui prepotenza gli vieta per ora il compimento di questa legittima volontà , delibera di darsi una Costituzione... ». Questo, documento tra i più significativi
Queste istanze di rinnovamento radicale trovano la loro espressione più alta e significativa nella Carta del Carnaro del [[1920]], la Costituzione per l'ordinamento politico ed amministrativo del territorio della città di Fiume, elaborata da Alceste De Ambris e che esprime nella maniera più compiuta la sua visione della società, nello stesso tempo nazionale e sociale. «Il popolo della Libera Città di Fiume - scrive De Ambris nella Premessa - in nome... dell'inalienabile diritto di autodecisione, riconferma di voler far parte integrante dello Stato Italiano mediante un esplicito atto di annessione; ma poiché l'altrui prepotenza gli vieta per ora il compimento di questa legittima volontà, delibera di darsi una Costituzione... ». Questo, documento tra i più significativi
dell'epoca, non è stato adeguatamente studiato e valutato dalla storiografia nazionale se si pensa che molti dei suoi contenuti li ritroviamo, quasi nella identica formulazione, nell'attuale Costituzione della Repubblica Italiana. Basta citare anche solo sinteticamente qualche comma degli articoli della Parte generale per rendersene conto: '''Art.2 - La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta che ha per base il lavoro produttivo... e decentra per quanto è possibile i poteri dello Stato. Art.3 - La Re pubblica si propone... di provvedere alla difesa... della libertà e dei diritti comuni... di promuovere una più alta dignità morale ed una maggiore prosperità materiale di tutti i cittadini... Art.5 - La Costituzione garantisce... a tutti i cittadini senza distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di malattia o D'involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia... l'inviolabilità del domicilio... Art.6 - La Repubblica considera la proprietà come una funzione sociale, non come un assoluto diritto o privilegio individuale. Perciò il solo titolo legittimo di proprietà su qualsiasi mezzo di produzione e di scambio è il lavoro che rende la proprietà stessa fruttifera a beneficio dell'economia generale.''' <ref>Costituzione della Repubblica Italiana. Art.1 - l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro... Art.2 - La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo... Art.3 - È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale [che] impediscono il pieno sviluppo della persona umana... Art.5 La Repubblica... attua... il più ampio decentramento amministrativo... Art.14 - Il domicilio è inviolabile... Art.34 - l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita... Art.36 - Il Lavoratore ha diritto ad una retribuzione... sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa... Art.38 - I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria... Art.42 - La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi D'acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale... La proprietà privata... salvo indennizzo [può essere] espropriata per motivi di interesse generale...</ref>
dell'epoca, non è stato adeguatamente studiato e valutato dalla storiografia nazionale se si pensa che molti dei suoi contenuti li ritroviamo, quasi nella identica formulazione, nell'attuale Costituzione della Repubblica Italiana. Basta citare anche solo sinteticamente qualche comma degli articoli della Parte generale per rendersene conto: '''Art.2 - La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta che ha per base il lavoro produttivo... e decentra per quanto è possibile i poteri dello Stato. Art.3 - La Re pubblica si propone... di provvedere alla difesa... della libertà e dei diritti comuni... di promuovere una più alta dignità morale ed una maggiore prosperità materiale di tutti i cittadini... Art.5 - La Costituzione garantisce... a tutti i cittadini senza distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di malattia o D'involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia... l'inviolabilità del domicilio... Art.6 - La Repubblica considera la proprietà come una funzione sociale, non come un assoluto diritto o privilegio individuale. Perciò il solo titolo legittimo di proprietà su qualsiasi mezzo di produzione e di scambio è il lavoro che rende la proprietà stessa fruttifera a beneficio dell'economia generale.''' <ref>Costituzione della Repubblica Italiana. Art.1 - l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro... Art.2 - La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo... Art.3 - È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale [che] impediscono il pieno sviluppo della persona umana... Art.5 La Repubblica... attua... il più ampio decentramento amministrativo... Art.14 - Il domicilio è inviolabile... Art.34 - l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita... Art.36 - Il Lavoratore ha diritto ad una retribuzione... sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa... Art.38 - I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria... Art.42 - La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi D'acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale... La proprietà privata... salvo indennizzo [può essere] espropriata per motivi di interesse generale...</ref>


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== De Ambris esule in Francia ==
== De Ambris esule in Francia ==
Il primo atto di opposizione formale al Fascismo, non ancora al potere, De Ambris lo aveva fatto quando, una volta rieletto il 21 marzo 1921, segretario della Camera del Lavoro di Parma aveva compilato un ''dossier'' sulle violenze degli agrari e dei fascisti contro i lavoratori organizzati. l'aveva poi spedito, assieme ad una lettera, a Cesare Rossi, dirigente del comitato centrale fascista minacciando, che se fossero continuate, si sarebbe messo alla testa del movimento di reazione. Con la presa del potere del Fascismo, si avviò presto la repressione dei settori del legionarismo più ribelli. Fu perquisita l'abitazione di De Ambris e una delle sedi più importanti del movimento a Firenze. Il 16 dicembre 1922 fu costituita la Confederazione delle corporazioni sindacali fasciste e due giorni dopo fu sciolta la Federazione italiana dei lavoratori del mare che era la più forte organizzazione di ispirazione legionaria, eliminando così una delle principali fonti di attrito tra fascisti e dannunziani. Tutto avvenne nel silenzio di D'Annunzio «spaventato dalle polemiche giornalistiche di Roberto Farinacci e dei fascisti intransigenti e blandito dalle nuove promesse di tipo materiale - titoli e denaro - dello stesso Mussolini.»<ref> Serventi Longhi. Op.cit.</ref> Questi avvenimenti che affossarono definitivamente il progetto di De Ambris di Costituente sindacale, cioè il tentativo di unire in un unico sindacato tutte le organizzazioni operaie per il rilancio della visione finalistica del sindacalismo ispirata alla Carta del Carnaro e che sembrava - in un primo momento - essere condiviso anche da Mussolini, tracciarono un solco invalicabile e definitivo tra la tradizione di lotte che De Ambris rappresentava e il Fascismo. Quando poi la sera del 20 dicembre 1922 a Genova, dopo aver lasciato il caffé Diana e aver preso un mezzo per tornare a casa, intercettato dai fascisti guidati dal capo della milizia della città , fu sbeffeggiato, insultato e condotto a forza in Questura per De Ambris non restò che la strada dell'esilio che già aveva dovuto percorrere quando, in seguito alla sua azione rivoluzionaria, era ricercato dalla polizia del Regno.
Il primo atto di opposizione formale al Fascismo, non ancora al potere, De Ambris lo aveva fatto quando, una volta rieletto il 21 marzo 1921, segretario della Camera del Lavoro di Parma aveva compilato un ''dossier'' sulle violenze degli agrari e dei fascisti contro i lavoratori organizzati. l'aveva poi spedito, assieme ad una lettera, a Cesare Rossi, dirigente del comitato centrale fascista minacciando, che se fossero continuate, si sarebbe messo alla testa del movimento di reazione. Con la presa del potere del Fascismo, si avviò presto la repressione dei settori del legionarismo più ribelli. Fu perquisita l'abitazione di De Ambris e una delle sedi più importanti del movimento a Firenze. Il 16 dicembre 1922 fu costituita la Confederazione delle corporazioni sindacali fasciste e due giorni dopo fu sciolta la Federazione italiana dei lavoratori del mare che era la più forte organizzazione di ispirazione legionaria, eliminando così una delle principali fonti di attrito tra fascisti e dannunziani. Tutto avvenne nel silenzio di D'Annunzio «spaventato dalle polemiche giornalistiche di Roberto Farinacci e dei fascisti intransigenti e blandito dalle nuove promesse di tipo materiale - titoli e denaro - dello stesso Mussolini.»<ref> Serventi Longhi. Op.cit.</ref> Questi avvenimenti che affossarono definitivamente il progetto di De Ambris di Costituente sindacale, cioè il tentativo di unire in un unico sindacato tutte le organizzazioni operaie per il rilancio della visione finalistica del sindacalismo ispirata alla Carta del Carnaro e che sembrava - in un primo momento - essere condiviso anche da Mussolini, tracciarono un solco invalicabile e definitivo tra la tradizione di lotte che De Ambris rappresentava e il Fascismo. Quando poi la sera del 20 dicembre 1922 a Genova, dopo aver lasciato il caffé Diana e aver preso un mezzo per tornare a casa, intercettato dai fascisti guidati dal capo della milizia della città, fu sbeffeggiato, insultato e condotto a forza in Questura per De Ambris non restò che la strada dell'esilio che già aveva dovuto percorrere quando, in seguito alla sua azione rivoluzionaria, era ricercato dalla polizia del Regno.


== l'antifascismo di De Ambris ==
== l'antifascismo di De Ambris ==
De Ambris espresse la natura del suo antifascismo in un noto articolo: ''l'evolution du Fascisme'' pubblicato su ''Le Mercure de France'' nel numero del 15 febbraio-15 marzo 1923. <ref>Serventi Longhi Op.cit.</ref> In questo articolo il sindacalista denuncia la degenerazione violenta e classista del [[Fascismo]] e il suo carattere reazionario. Riconosce al movimento il merito di avere in un primo tempo combattuto vittoriosamente il bolscevismo italiano ma dichiara che già all'epoca  si intravvedevano le contraddizioni che avrebbero minato il futuro del nuovo partito di governo che egli individuava nell''''«ambiguità che gli ha permesso di dichiararsi a parole ultraindividualista e di appoggiarsi di fatto alle masse organizzate, di disprezzare verbalmente il parlamentarismo e di cercare di conquistare seggi elettorali, di esaltare lo Stato forte e di farsene beffa violando continuamente e impunemente le sue leggi, di predicare la disciplina assoluta e quasi mistica e di tollerare nei suoi ranghi la più pericolsa indisciplina, di non voler rinunciare alla "tendenza repubblicana" e di partecipare attivamente alle manifestazioni monarchiche». '''
De Ambris espresse la natura del suo antifascismo in un noto articolo: ''l'evolution du Fascisme'' pubblicato su ''Le Mercure de France'' nel numero del 15 febbraio-15 marzo 1923. <ref>Serventi Longhi Op.cit.</ref> In questo articolo il sindacalista denuncia la degenerazione violenta e classista del [[Fascismo]] e il suo carattere reazionario. Riconosce al movimento il merito di avere in un primo tempo combattuto vittoriosamente il bolscevismo italiano ma dichiara che già all'epoca  si intravvedevano le contraddizioni che avrebbero minato il futuro del nuovo partito di governo che egli individuava nell''''«ambiguità che gli ha permesso di dichiararsi a parole ultraindividualista e di appoggiarsi di fatto alle masse organizzate, di disprezzare verbalmente il parlamentarismo e di cercare di conquistare seggi elettorali, di esaltare lo Stato forte e di farsene beffa violando continuamente e impunemente le sue leggi, di predicare la disciplina assoluta e quasi mistica e di tollerare nei suoi ranghi la più pericolsa indisciplina, di non voler rinunciare alla "tendenza repubblicana" e di partecipare attivamente alle manifestazioni monarchiche». '''


Questa ambiguità , secondo De Ambris, non avrebbe potuto continuare perché nascondeva, dietro una  proditoria demagogia, un sostanziale conservatorismo. Essa era anche testimoniata dal perdurare di conflitti e di episodi di violenza anche personale con gli imprenditori che non rispettavano i patti sottoscritti con il [[corporativismo|sindacato fascista]] e che dimostravano la difficoltà di contenere le rivendicazioni operaie nel quadro del supremo interesse nazionale. Tuttavia il Partito non aveva ancora attuato la fascistizzazione dello Stato che avverrà solo nel [[1925]] e non era ancora esclusa la possibilità che le pressioni delle masse, che si erano mobilitate attorno al movimento e i lavoratori potessero spingere il Regime ad un ritorno agli ideali delle origini. Fu per questo che personalità fasciste che, in passato erano state vicine a De Ambris, cercarono di coinvolgerlo - pensando addirittura ad incarichi istituzionali - nella costruzione del Regime soprattutto in riferimento alla realizzazione del Corporativismo. «La speranza di coinvolgere De Ambris convinse lo stesso Mussolini dell'opportunità di inviare un emissario prestigioso per intavolare trattative dirette, il celebre scrittore e giornalista Kurt Erich Suckert, anche noto come Curzio Malaparte. Il capo del governo [...] sapeva che molti quadri sindacali delle confederazioni fasciste e parte del mondo legionario ancora avevano in De Ambris un innegabile riferimento morale, che consigliava di concedergli una funzione direttiva». <ref>Serventi Longhi. Op.cit.</ref>  
Questa ambiguità, secondo De Ambris, non avrebbe potuto continuare perché nascondeva, dietro una  proditoria demagogia, un sostanziale conservatorismo. Essa era anche testimoniata dal perdurare di conflitti e di episodi di violenza anche personale con gli imprenditori che non rispettavano i patti sottoscritti con il [[corporativismo|sindacato fascista]] e che dimostravano la difficoltà di contenere le rivendicazioni operaie nel quadro del supremo interesse nazionale. Tuttavia il Partito non aveva ancora attuato la fascistizzazione dello Stato che avverrà solo nel [[1925]] e non era ancora esclusa la possibilità che le pressioni delle masse, che si erano mobilitate attorno al movimento e i lavoratori potessero spingere il Regime ad un ritorno agli ideali delle origini. Fu per questo che personalità fasciste che, in passato erano state vicine a De Ambris, cercarono di coinvolgerlo - pensando addirittura ad incarichi istituzionali - nella costruzione del Regime soprattutto in riferimento alla realizzazione del Corporativismo. «La speranza di coinvolgere De Ambris convinse lo stesso Mussolini dell'opportunità di inviare un emissario prestigioso per intavolare trattative dirette, il celebre scrittore e giornalista Kurt Erich Suckert, anche noto come Curzio Malaparte. Il capo del governo [...] sapeva che molti quadri sindacali delle confederazioni fasciste e parte del mondo legionario ancora avevano in De Ambris un innegabile riferimento morale, che consigliava di concedergli una funzione direttiva». <ref>Serventi Longhi. Op.cit.</ref>  
Ma queste trattative non ebbero alcun esito e in seguito ad una serie di avvenimenti, tra cui il delitto Matteotti, le posizioni antifasciste di De Ambris andarono sempre più consolidandosi. Egli divenne un attivista delle organizzazioni antifasciste degli esuli italiani in [[Francia]] svolgendo all'interno di esse diversi ruoli. Fu quindi oggetto dell'accanimento e della vendetta da parte del Regime ed in particolare di quei fascisti intransigenti che gli rimproveravano di aver contrastato il fascismo sul suo stesso terreno. Questi chiesero espressamente a Mussolini la radiazione dallo Stato civile di De Ambris. Ciò provocò un forte disagio personale al protagonista di molta parte della storia del suo paese il quale scrisse nella sue Memorie: ''«Dalla fine del 1922 sono in Francia, nel mio terzo esilio. Il costante rifiuto da me opposto a diversi tentativi fatti da Mussolini, a mezzo dei suoi emissari, per farmi aderire al fascismo e il vigore della mia opera antifascista mi hanno valso l'onore di vedermi tolta la nazionalità italiana, con decreto regio del 1925: sono ormai un [...]senza patria. Così il mio stato di servizio è completo: 55 anni, dei quali 17 passati in esilio, un numero considerevole di imprigionamenti di cui non ho parlato per brevità , 43 condanne politiche, e finalmente la privazion e della cittadinanza della mia patria, per la quale ho combattuto durante tre anni di guerra come volontario».'' <ref>Memorie autobiografiche di Alceste De Ambris in Serventi Longhi. Op.cit.</ref>
Ma queste trattative non ebbero alcun esito e in seguito ad una serie di avvenimenti, tra cui il delitto Matteotti, le posizioni antifasciste di De Ambris andarono sempre più consolidandosi. Egli divenne un attivista delle organizzazioni antifasciste degli esuli italiani in [[Francia]] svolgendo all'interno di esse diversi ruoli. Fu quindi oggetto dell'accanimento e della vendetta da parte del Regime ed in particolare di quei fascisti intransigenti che gli rimproveravano di aver contrastato il fascismo sul suo stesso terreno. Questi chiesero espressamente a Mussolini la radiazione dallo Stato civile di De Ambris. Ciò provocò un forte disagio personale al protagonista di molta parte della storia del suo paese il quale scrisse nella sue Memorie: ''«Dalla fine del 1922 sono in Francia, nel mio terzo esilio. Il costante rifiuto da me opposto a diversi tentativi fatti da Mussolini, a mezzo dei suoi emissari, per farmi aderire al fascismo e il vigore della mia opera antifascista mi hanno valso l'onore di vedermi tolta la nazionalità italiana, con decreto regio del 1925: sono ormai un [...]senza patria. Così il mio stato di servizio è completo: 55 anni, dei quali 17 passati in esilio, un numero considerevole di imprigionamenti di cui non ho parlato per brevità, 43 condanne politiche, e finalmente la privazion e della cittadinanza della mia patria, per la quale ho combattuto durante tre anni di guerra come volontario».'' <ref>Memorie autobiografiche di Alceste De Ambris in Serventi Longhi. Op.cit.</ref>


Dopo l'emanazione nel [[1925]] da parte del Regime delle leggi eccezionali, dette "fascistissime", arrivarono esuli in Francia i principali leader italiani dei partiti democratici, socialisti e dei sindacati. l'[[antifascismo]] italiano in esilio divenne una comunità variegata e complessa costituita da correnti e organizzazioni spesso in conflitto tra loro. Una di queste organizzazioni era la Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo di cui De Ambris era stato uno dei principali animatori. Nel [[1927]] si sentì l'esigenza di creare una discontinuità con la fase precedente, caratterizzata dall'azione spesso indisciplinata ,confusa e velleitaria e di iniziare un nuovo corso dell'emigrazione politica più organico ed unitario dando vita a Parigi alla ''Concentrazione antifascista''. La LIDU aderì all'organizzazione, conservando tuttavia le sue caratteristiche consistenti prevalentemente nel dare assistenza giuridica e logistica ai fuoriusciti. In questo nuovo contesto l'azione di De Ambris divenne più pregnante dal punto di vista della discussione politica e dell'individuazione degli obiettivi che l'[[antifascismo]] doveva porsi, non tanto rispetto al dopo - cioè alla natura del sistema politico che avrebbe dovuto instaurarsi dopo la caduta del Fascismo - ma all'oggi, riguardo, cioé, a quello che era necessario fare per combatterlo. In merito a questo le posizioni di De Ambris andarono sempre più distinguendosi da quelle della maggior parte delle forze che facevano parte della ''Concentrazione  '' e soprattutto da quelle della LIDU di cui era segretario che, nonostante i suoi sforzi, non era riuscita ad affrancarsi - secondo la sua opinione -  dal ruolo di ente burocratico ed assistenziale che ostacolava la concezione rivoluzionaria dell'antifascismo. Per queste ragioni il 15 novembre 1932, si dimise da segretario dell'organizzazione - rimanendone semplice militante - con queste parole: "[Le mie convinzioni] mi fanno considerare la LIDU come una formazione di combattimento, piuttosto che come una succursale dell'Esercito della Salvezza". <ref>Serventi Longhi. Op.cit.</ref>
Dopo l'emanazione nel [[1925]] da parte del Regime delle leggi eccezionali, dette "fascistissime", arrivarono esuli in Francia i principali leader italiani dei partiti democratici, socialisti e dei sindacati. l'[[antifascismo]] italiano in esilio divenne una comunità variegata e complessa costituita da correnti e organizzazioni spesso in conflitto tra loro. Una di queste organizzazioni era la Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo di cui De Ambris era stato uno dei principali animatori. Nel [[1927]] si sentì l'esigenza di creare una discontinuità con la fase precedente, caratterizzata dall'azione spesso indisciplinata ,confusa e velleitaria e di iniziare un nuovo corso dell'emigrazione politica più organico ed unitario dando vita a Parigi alla ''Concentrazione antifascista''. La LIDU aderì all'organizzazione, conservando tuttavia le sue caratteristiche consistenti prevalentemente nel dare assistenza giuridica e logistica ai fuoriusciti. In questo nuovo contesto l'azione di De Ambris divenne più pregnante dal punto di vista della discussione politica e dell'individuazione degli obiettivi che l'[[antifascismo]] doveva porsi, non tanto rispetto al dopo - cioè alla natura del sistema politico che avrebbe dovuto instaurarsi dopo la caduta del Fascismo - ma all'oggi, riguardo, cioé, a quello che era necessario fare per combatterlo. In merito a questo le posizioni di De Ambris andarono sempre più distinguendosi da quelle della maggior parte delle forze che facevano parte della ''Concentrazione  '' e soprattutto da quelle della LIDU di cui era segretario che, nonostante i suoi sforzi, non era riuscita ad affrancarsi - secondo la sua opinione -  dal ruolo di ente burocratico ed assistenziale che ostacolava la concezione rivoluzionaria dell'antifascismo. Per queste ragioni il 15 novembre 1932, si dimise da segretario dell'organizzazione - rimanendone semplice militante - con queste parole: "[Le mie convinzioni] mi fanno considerare la LIDU come una formazione di combattimento, piuttosto che come una succursale dell'Esercito della Salvezza". <ref>Serventi Longhi. Op.cit.</ref>