Mafia e fascismo: differenze tra le versioni

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:«Mentre Liggio si nascondeva a Catania, ricevette la visita di due capi dello spessore di Salvatore Greco e Tommaso Buscetta... dovevano discutere della partecipazione della mafia a un colpo di [[Stato]], il cosiddetto golpe Borghese... si trattava di aderire ad un golpe [[militare]] che sarebbe partito da Roma... e il ruolo della mafia era di partecipare alle operazioni in Sicilia. Al momento stabilito, i mafiosi dovevano accompagnare nelle diverse prefetture della Sicilia un personaggio che si sarebbe sostituito al prefetto. Il tramite con i golpisti era un mafioso palermitano... un certo Carlo Morana... un tipo un po'pazzo molto amico di Giuseppe Di Cristina... Si concluse di aderire al colpo di [[Stato]]... Mio fratello Giuseppe andò a Roma per incontrare il principe Valerio Borghese... Questi disse a mio fratello che voleva degli uomini per occupare le prefetture siciliane e imporre nuovi prefetti... e se qualcuno avesse fatto resistenza lo avrebbero dovuto immediatamente arrestare... Pippo ascoltò pazientemente, ma quando il principe arrivò a parlare degli arresti ebbe un sussulto. Giuseppe replicò scandalizzato che noi mafiosi non ci mettiamo a fare arresti... che cose di [[polizia]] non le facciamo... noi non arrestiamo nessuno... Se dobbiamo ammazzare qualcuno va bene, ma servizi di [[polizia]] non se ne fanno. Valerio Borghese convenne che gli uomini d'onore non avrebbero fatto arresti... avrebbero appoggiato le azioni di forza necessarie, affiancando i giovani [[fascisti]] catanesi, palermitani e di altre città, che già sapevano cosa dovevano fare». <ref name="borghese">Da [https://archive.ph/ljwiv ''La storia della mafia siciliana''].</ref>
:«Mentre Liggio si nascondeva a Catania, ricevette la visita di due capi dello spessore di Salvatore Greco e Tommaso Buscetta... dovevano discutere della partecipazione della mafia a un colpo di [[Stato]], il cosiddetto golpe Borghese... si trattava di aderire ad un golpe [[militare]] che sarebbe partito da Roma... e il ruolo della mafia era di partecipare alle operazioni in Sicilia. Al momento stabilito, i mafiosi dovevano accompagnare nelle diverse prefetture della Sicilia un personaggio che si sarebbe sostituito al prefetto. Il tramite con i golpisti era un mafioso palermitano... un certo Carlo Morana... un tipo un po'pazzo molto amico di Giuseppe Di Cristina... Si concluse di aderire al colpo di [[Stato]]... Mio fratello Giuseppe andò a Roma per incontrare il principe Valerio Borghese... Questi disse a mio fratello che voleva degli uomini per occupare le prefetture siciliane e imporre nuovi prefetti... e se qualcuno avesse fatto resistenza lo avrebbero dovuto immediatamente arrestare... Pippo ascoltò pazientemente, ma quando il principe arrivò a parlare degli arresti ebbe un sussulto. Giuseppe replicò scandalizzato che noi mafiosi non ci mettiamo a fare arresti... che cose di [[polizia]] non le facciamo... noi non arrestiamo nessuno... Se dobbiamo ammazzare qualcuno va bene, ma servizi di [[polizia]] non se ne fanno. Valerio Borghese convenne che gli uomini d'onore non avrebbero fatto arresti... avrebbero appoggiato le azioni di forza necessarie, affiancando i giovani [[fascisti]] catanesi, palermitani e di altre città, che già sapevano cosa dovevano fare». <ref name="borghese">Da [https://archive.ph/ljwiv ''La storia della mafia siciliana''].</ref>


Borghese aveva offerto in cambio la revisione dei processi in atto, riferendosi soprattutto al processo Rimi <ref name="senzamemoria">[http://archive.is/iVmG ''Andreotti e il processo Rimi'']</ref> (che aveva già visto la condanna di Filippo e Vincenzo Rimi); proprio per questo si cercò di coinvolgere anche Gaetano Badalamenti, che aveva a cuore la sorte dei due Rimi. Salvatore Greco "Cicchiteddu", Salvatore Riina, Gerlando Alberti e Giuseppe Calderone incontrarono a Milano Badalamenti spiegando quanto loro proposto dai [[Fascismo|fascisti]] di Borghese.
Borghese aveva offerto in cambio la revisione dei processi in atto, riferendosi soprattutto al processo Rimi <ref name="senzamemoria">Cfr. [http://archive.is/iVmG ''Andreotti e il processo Rimi''].</ref> (che aveva già visto la condanna di Filippo e Vincenzo Rimi); proprio per questo si cercò di coinvolgere anche Gaetano Badalamenti, che aveva a cuore la sorte dei due Rimi. Salvatore Greco "Cicchiteddu", Salvatore Riina, Gerlando Alberti e Giuseppe Calderone incontrarono a Milano Badalamenti spiegando quanto loro proposto dai [[Fascismo|fascisti]] di Borghese.


Al termine dell'incontro la mafia decise di rifiutare l'offerta, ma la famiglia mafiosa di Alcamo si interessò autonomamente al progetto del golpe, tanto che Natale Rimi, figlio di Vincenzo Rimi, a cui importava la revisione del processo a carico del padre e del fratello, era tra coloro che nella notte tra il [[7 dicembre|7]] e l'[[8 dicembre]] [[1970]] si recarono a prendere le armi in una caserma [[militare]] di Roma (dettaglio riferito a Buscetta da Gaetano Badalamenti). Anche se il golpe non fu mai messo in atto, le circostanze esposte da Buscetta coincidono con quelle di Antonino Calderone.
Al termine dell'incontro la mafia decise di rifiutare l'offerta, ma la famiglia mafiosa di Alcamo si interessò autonomamente al progetto del golpe, tanto che Natale Rimi, figlio di Vincenzo Rimi, a cui importava la revisione del processo a carico del padre e del fratello, era tra coloro che nella notte tra il [[7 dicembre|7]] e l'[[8 dicembre]] [[1970]] si recarono a prendere le armi in una caserma [[militare]] di Roma (dettaglio riferito a Buscetta da Gaetano Badalamenti). Anche se il golpe non fu mai messo in atto, le circostanze esposte da Buscetta coincidono con quelle di Antonino Calderone.
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Anche dalle testimonianze di altri pentiti emerse come la Sicilia, anche in quel periodo, fu teatro di intensi rapporti tra la massoneria (ad esempio, l'allora capitano dei carabinieri Giuseppe Russo, massone, avrebbe avuto il compito di arrestare il prefetto di Palermo), la mafia (gran parte dei nomi coinvolti nel tentato golpe erano iscritti alla loggia massonica "P2" di Licio Gelli) e i [[neofascisti]], tutti accomunati da un viscerale odio per i [[comunismo|comunisti]].
Anche dalle testimonianze di altri pentiti emerse come la Sicilia, anche in quel periodo, fu teatro di intensi rapporti tra la massoneria (ad esempio, l'allora capitano dei carabinieri Giuseppe Russo, massone, avrebbe avuto il compito di arrestare il prefetto di Palermo), la mafia (gran parte dei nomi coinvolti nel tentato golpe erano iscritti alla loggia massonica "P2" di Licio Gelli) e i [[neofascisti]], tutti accomunati da un viscerale odio per i [[comunismo|comunisti]].


In questo contesto si inserì anche l'assassinio del giornalista Mauro De Mauro ([[16 settembre]] [[1970]]), colpevole di aver scoperto la tentata alleanza tra i boss mafiosi e i golpisti, oltre una serie di sporchi affari che vedeva protagonisti alcuni insospettabili uomini delle istituzioni italiane. <ref>[http://www.repubblica.it/2005/f/sezioni/cronaca/demauromafia/demauromafia/demauromafia.html ''De Mauro ucciso per uno scoop, scoprì il patto tra boss e golpisti'']</ref> <ref>[http://www.socialismolibertario.it/caso_de_mauro.htm ''Il caso De Mauro'']</ref>
In questo contesto si inserì anche l'assassinio del giornalista Mauro De Mauro ([[16 settembre]] [[1970]]), colpevole di aver scoperto la tentata alleanza tra i boss mafiosi e i golpisti, oltre una serie di sporchi affari che vedeva protagonisti alcuni insospettabili uomini delle istituzioni italiane. <ref>Cfr. [http://www.repubblica.it/2005/f/sezioni/cronaca/demauromafia/demauromafia/demauromafia.html ''De Mauro ucciso per uno scoop, scoprì il patto tra boss e golpisti''].</ref> <ref>Cfr. [http://www.socialismolibertario.it/caso_de_mauro.htm ''Il caso De Mauro''].</ref>


== Il dossier Casarrubea Cereghino ==
== Il dossier Casarrubea Cereghino ==