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Tolstoj


Lev Tolstoj in un ritratto di Clifford Harper.

Alla fine degli anni '70 dell'Ottocento, cominciano in Tolstoj a manifestarsi i primi sintomi della sua crisi spirituale: studia i Vangeli canonici, scrive saggi religiosi e polemici contro la Chiesa Ortodossa. Questo tormento lo porterà a pubblicare diverse opere a carattere morale e religioso: Confessione (1882), Qual è la mia fede (1888), I Vangeli (1890), La Chiesa e lo Stato (1891), Il regno di Dio è in noi (1894).

Nei primi anni '80 comincia a lavorare la terra perché vuol vivere come i suoi contadini, rinuncia almeno formalmente ai privilegi dell'agiatezza, un fatto che porterà alla nascita di interminabili conflitti familiari: la moglie riteneva folli le idee di Lev, mentre i figli si divisero: le figlie simpatizzeranno per le idee del padre, mentre i figli maschi difendevano la madre. Tolstoj in questa fase abbraccia totalmente l'idea non violenta, diviene vegetariano (per compassione verso gli animali), si convince che il mondo non possa che cambiare pacificamente e solo attraverso il lavoro manuale ed individuale. Prende inoltre la decisione definitiva di rimanere per sempre a Jàsnaja Poljàna e dichiara: «Ho completamente rotto con la vita del mio ambiente».

Trasferitosi con la famiglia a Mosca, nel gennaio del 1882 partecipa al censimento della popolazione con l'intento di rendere pubblici i disagi delle classi sociali più povere, sia delle città che delle campagne. L'esperienza vissuta in mezzo ai poveri lo ispireranno per la stesura del saggio Che fare? (o Che cosa dobbiamo fare?) del 1886. Nel suo Confessione (1882), Tolstoj descrive la propria conversione verso quella forma di cristianesimo che oggi viene definito cristianesimo anarchico.