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{{Biblioteca/Titolo 2|nome=<big><span style="color:#C11B17">[[Enrico Baj]]</span></big>|autore=Enrico Baj|altro=}}
{{Biblioteca/Titolo 2|nome=<big><span style="color:#C11B17">[[Tolstoj]]</span></big>|autore=Lev Tolstoj|altro=}}
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[[Image:Baj Ubu.jpg|right|thumb|230px|[[Enrico Baj]] (Milano, [[31 ottobre]] [[1924]] - Vergiate, Varese, [[16 giugno]] [[2003]]) è stato un pittore, grafico, scultore e saggista [[libertario]] italiano. Nella foto: [[Baj]] davanti al suo Ubu Re.]]
[[File:Leo-Tolstoy.jpg|thumb|230px|[[Lev Tolstoj]] in un ritratto di [[Clifford Harper]].]]
«La Patafisica, come l'[[arte]], difende il principio della [[libertà]] e della [[libertà]] esistenziale e raccomanda proprio l'immaginario della fantasia quale migliore arma di difesa per preservare almeno l'autonomia del nostro pensiero. La Patafisica è una forma di resistenza all'oppressione in quanto tale. Proprio perché vi è un'oppressione a livello di potere, vi è un'oppressione al livello anche culturale, è evidente che ormai l'industria e l'organizzazione culturale sono opprimenti ed è anche evidente che si svolgono solo secondo modelli che sono quelli che piacciono al Grande Fratello. Quindi noi vediamo che l'oppressione, che va dall'asservimento dell'individuo e dei suoi comportamenti ai media e alla diffusione estrema di un sistema di produzione e di consumo forzato, è presente ovunque (da '''''Che cos'è la Patafisica?''''')».
Alla fine degli anni '70 dell'Ottocento, cominciano in [[Tolstoj]] a manifestarsi i primi sintomi della sua crisi spirituale: studia i Vangeli canonici, scrive saggi religiosi e polemici contro la [[Chiesa]] Ortodossa. Questo tormento lo porterà a pubblicare diverse opere a carattere morale e religioso: ''Confessione'' ([[1882]]), ''Qual è la mia fede'' ([[1888]]), ''I Vangeli'' ([[1890]]), ''La Chiesa e lo Stato'' ([[1891]]), ''Il regno di Dio è in noi'' ([[1894]]).  


[[Baj]], il "patapittore", come lo definì il poeta Jean-Clarence Lambert, è uno tra i più fervidi seguaci di Alfred Jarry e della sua Patafisica, sposa i contenuti di questa «scienza delle soluzioni immaginarie» portandoli a vessillo del proprio universo culturale. [[Baj]] matura negli anni una sua visione della Patafisica che proietta nella propria opera e che utilizza come arma contro le contraddizioni e le costrizioni del mondo e della società. L'irriverenza, l'ironia e il gusto del paradosso, propri di questa scienza, costituiscono per l'artista gli «anticorpi dell'uomo contemporaneo contro l'oppressione e la massificazione della burocrazia, dei codici fiscali, postali, telefonici, bancomatici, internettici eccetera». La Patafisica, che [[Baj]] riassume col motto «imago ergo sum», in opposizione alla razionalità matematica cartesiana, è nello stesso tempo musa e linfa vitale che rinnova e rinvigorisce la forza dell'immaginazione. Per [[Baj]], infatti, il pittore, come il patafisico, rifiuta le spiegazioni scientifiche definitive, non riconoscendone alcuna valenza morale o estetica. Allo stesso modo egli azzera con la fantasia, facoltà «che può valicare le più alte vette e superare ogni difficoltà», la comune tensione a trovare una soluzione logica a ogni problema.
Nei primi anni '80 comincia a lavorare la terra perché vuol vivere come i suoi contadini, rinuncia almeno formalmente ai privilegi dell'agiatezza, un fatto che porterà alla nascita di interminabili conflitti familiari: la moglie riteneva folli le idee di Lev, mentre i figli si divisero: le figlie simpatizzeranno per le idee del padre, mentre i figli maschi difendevano la madre. [[Tolstoj]] in questa fase abbraccia totalmente l'idea [[Nonviolenza|non violenta]], diviene [[vegetariano|vegetariano]] (per compassione verso gli animali), si convince che il mondo non possa che cambiare pacificamente e solo attraverso il lavoro manuale ed individuale. Prende inoltre la decisione definitiva di rimanere per sempre a Jàsnaja Poljàna e dichiara: «Ho completamente rotto con la vita del mio ambiente».  
 
Trasferitosi con la famiglia a Mosca, nel gennaio del [[1882]] partecipa al censimento della popolazione con l'intento di rendere pubblici i disagi delle classi sociali più povere, sia delle città che delle campagne. L'esperienza vissuta in mezzo ai poveri lo ispireranno per la stesura del saggio ''Che fare?'' (o ''Che cosa dobbiamo fare?'') del [[1886]]. Nel suo ''Confessione'' ([[1882]]), [[Tolstoj]] descrive la propria conversione verso quella forma di cristianesimo che oggi viene definito [[Anarchismo cristiano|cristianesimo anarchico]].
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Versione attuale delle 11:02, 23 lug 2025

Tolstoj


Lev Tolstoj in un ritratto di Clifford Harper.

Alla fine degli anni '70 dell'Ottocento, cominciano in Tolstoj a manifestarsi i primi sintomi della sua crisi spirituale: studia i Vangeli canonici, scrive saggi religiosi e polemici contro la Chiesa Ortodossa. Questo tormento lo porterà a pubblicare diverse opere a carattere morale e religioso: Confessione (1882), Qual è la mia fede (1888), I Vangeli (1890), La Chiesa e lo Stato (1891), Il regno di Dio è in noi (1894).

Nei primi anni '80 comincia a lavorare la terra perché vuol vivere come i suoi contadini, rinuncia almeno formalmente ai privilegi dell'agiatezza, un fatto che porterà alla nascita di interminabili conflitti familiari: la moglie riteneva folli le idee di Lev, mentre i figli si divisero: le figlie simpatizzeranno per le idee del padre, mentre i figli maschi difendevano la madre. Tolstoj in questa fase abbraccia totalmente l'idea non violenta, diviene vegetariano (per compassione verso gli animali), si convince che il mondo non possa che cambiare pacificamente e solo attraverso il lavoro manuale ed individuale. Prende inoltre la decisione definitiva di rimanere per sempre a Jàsnaja Poljàna e dichiara: «Ho completamente rotto con la vita del mio ambiente».

Trasferitosi con la famiglia a Mosca, nel gennaio del 1882 partecipa al censimento della popolazione con l'intento di rendere pubblici i disagi delle classi sociali più povere, sia delle città che delle campagne. L'esperienza vissuta in mezzo ai poveri lo ispireranno per la stesura del saggio Che fare? (o Che cosa dobbiamo fare?) del 1886. Nel suo Confessione (1882), Tolstoj descrive la propria conversione verso quella forma di cristianesimo che oggi viene definito cristianesimo anarchico.