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Lo stesso Rabelais è un tipico uomo del Rinascimento. La sua cultura enciclopedica, la sua profonda ammirazione per la letteratura greca, il suo odio per le dottrine scolastiche, il suo cristianesimo pagano, il suo disprezzo per la vita monastica, il suo amore per la [[libertà]] e la bellezza, sono tutte caratteristiche degli umanisti italiani. Come loro, egli aveva una vera passione per la conoscenza e non solo studiò letteratura e filosofia, ma anche medicina e giurisprudenza. Inoltre, come la maggior parte degli umanisti, non provava alcun interesse per i «problemi sociali». La sua ribellione fu puramente individuale e non l'associò ad una rivolta contro il sistema di [[società]]. Vide i mali della [[società]] del suo tempo, ma non cercò di trovare la loro causa né escogitò rimedi per essi. Il Rinascimento non fu un movimento di riforma, fu una ribellione di individui che cercavano la [[libertà]] principalmente per loro stessi. Nonostante il loro nome, gli umanisti non s'interessavano dell'umanità, ma della loro individualità e dei mezzi per esprimerla, si irritavano profondamente per qualsiasi interferenza da parte delle autorità civili o religiose ed erano profondamente consapevoli dei loro diritti, ma non lottavano per la [[libertà]] o per i diritti delle masse. | Lo stesso Rabelais è un tipico uomo del Rinascimento. La sua cultura enciclopedica, la sua profonda ammirazione per la letteratura greca, il suo odio per le dottrine scolastiche, il suo cristianesimo pagano, il suo disprezzo per la vita monastica, il suo amore per la [[libertà]] e la bellezza, sono tutte caratteristiche degli umanisti italiani. Come loro, egli aveva una vera passione per la conoscenza e non solo studiò letteratura e filosofia, ma anche medicina e giurisprudenza. Inoltre, come la maggior parte degli umanisti, non provava alcun interesse per i «problemi sociali». La sua ribellione fu puramente individuale e non l'associò ad una rivolta contro il sistema di [[società]]. Vide i mali della [[società]] del suo tempo, ma non cercò di trovare la loro causa né escogitò rimedi per essi. Il Rinascimento non fu un movimento di riforma, fu una ribellione di individui che cercavano la [[libertà]] principalmente per loro stessi. Nonostante il loro nome, gli umanisti non s'interessavano dell'umanità, ma della loro individualità e dei mezzi per esprimerla, si irritavano profondamente per qualsiasi interferenza da parte delle autorità civili o religiose ed erano profondamente consapevoli dei loro diritti, ma non lottavano per la [[libertà]] o per i diritti delle masse. | ||
L'Abbazia di Telème è qualcosa di più che una descrizione di una corte ideale, o di un ideale collegio, o, come l'interpretò Mumford, di un'ideale casa di campagna. È l'[[utopia]] della nuova aristocrazia del Rinascimento, un'aristocrazia basata sull'intelligenza e sulla conoscenza piuttosto che sul potere o la ricchezza. Rabelais descrive come vivevano questi uomini e donne di buona famiglia, educati, dotati e di bell'aspetto. Per loro non c'è bisogno di leggi e di legislatori, di politici e di predicatori, di denaro e di usurai, di religione e di monaci. Non han bisogno di alcuna norma perché essi sanno come impiegare il loro tempo nel modo più utile e piacevole, non han bisogno di alcuna costrizione morale esterna perché sono naturalmente onesti e pieni di nobili sentimenti. Godono di piena libertà e di completa parità tra uomini e donne. Nulla può esser troppo meraviglioso e sontuoso per uomini e donne che sono, per così dire, il fiore dell'umanità. Vivono in un castello che supera per magnificenza quelli della Turenna, son vestiti cogli abiti più ricchi, hanno un benefattore i cui fondi sono evidentemente senza fine ed un esercito di inservienti e di artigiani che li servono e forniscono loro ogni cosa di cui abbiano necessità [...]. L'educazione ricevuta dai telemiti è tale da confarsi a futuri prìncipi o uomini di corte ed è del tutto simile a | L'Abbazia di Telème è qualcosa di più che una descrizione di una corte ideale, o di un ideale collegio, o, come l'interpretò Mumford, di un'ideale casa di campagna. È l'[[utopia]] della nuova aristocrazia del Rinascimento, un'aristocrazia basata sull'intelligenza e sulla conoscenza piuttosto che sul potere o la ricchezza. Rabelais descrive come vivevano questi uomini e donne di buona famiglia, educati, dotati e di bell'aspetto. Per loro non c'è bisogno di leggi e di legislatori, di politici e di predicatori, di denaro e di usurai, di religione e di monaci. Non han bisogno di alcuna norma perché essi sanno come impiegare il loro tempo nel modo più utile e piacevole, non han bisogno di alcuna costrizione morale esterna perché sono naturalmente onesti e pieni di nobili sentimenti. Godono di piena libertà e di completa parità tra uomini e donne. Nulla può esser troppo meraviglioso e sontuoso per uomini e donne che sono, per così dire, il fiore dell'umanità. Vivono in un castello che supera per magnificenza quelli della Turenna, son vestiti cogli abiti più ricchi, hanno un benefattore i cui fondi sono evidentemente senza fine ed un esercito di inservienti e di artigiani che li servono e forniscono loro ogni cosa di cui abbiano necessità [...]. L'educazione ricevuta dai telemiti è tale da confarsi a futuri prìncipi o uomini di corte ed è del tutto simile a | ||
quella prescritta dal Castiglione per l'ideale cortigiano del Rinascimento [...]. Questa educazione, come quella ricevuta dai «monaci e dalle monache» dell'Abbazia di Teleme, può creare un alto livello di perfezione individuale, ma è curiosamente slegata da qualsiasi fine utilitaristico. I telemiti non paiono esser destinati ad intraprendere alcuna utile professione o mestiere, ma ad avere per tutta la loro vita uno stuolo di servitori ai loro comandi. È anche improbabile che troveranno molto gusto in un lavoro che è semplicemente l'esercizio del corpo o della mente, ma che non è finalizzato a creare qualcosa di utile. Non si può fare a meno di aver l'impressione che, nonostante tutta la sua magnificenza, la vita nell'Abbazia di Rabelais ben presto sarebbe divenuta monotona e la noia si sarebbe impadronita dei telemiti, come in effetti s'impadronì di molti prìncipi e cortigiani anche nelle corti più brillanti. Ad onore di Rabelais si deve ricordare, tuttavia, che nella sua comunità ideale non esiste né re né principe da adulare e divertire. Queste osservazioni sarebbero state superflue se molti, spinti dall'entusiasmo per il famoso motto rabelaisiano «Fa quel che vuoi», non si fossero dimenticati che egli lo riservava solamente per i: «[...] freschi, giocondi, allegri, piacevoli, graziosi: e tutti in generale gentili compagnoni [...] dame d'alta stirpe, con franco cuore e liete, | quella prescritta dal Castiglione per l'ideale cortigiano del Rinascimento [...]. Questa educazione, come quella ricevuta dai «monaci e dalle monache» dell'Abbazia di Teleme, può creare un alto livello di perfezione individuale, ma è curiosamente slegata da qualsiasi fine utilitaristico. I telemiti non paiono esser destinati ad intraprendere alcuna utile professione o mestiere, ma ad avere per tutta la loro vita uno stuolo di servitori ai loro comandi. È anche improbabile che troveranno molto gusto in un lavoro che è semplicemente l'esercizio del corpo o della mente, ma che non è finalizzato a creare qualcosa di utile. Non si può fare a meno di aver l'impressione che, nonostante tutta la sua magnificenza, la vita nell'Abbazia di Rabelais ben presto sarebbe divenuta monotona e la noia si sarebbe impadronita dei telemiti, come in effetti s'impadronì di molti prìncipi e cortigiani anche nelle corti più brillanti. Ad onore di Rabelais si deve ricordare, tuttavia, che nella sua comunità ideale non esiste né re né principe da adulare e divertire. Queste osservazioni sarebbero state superflue se molti, spinti dall'entusiasmo per il famoso motto rabelaisiano «Fa' quel che vuoi», non si fossero dimenticati che egli lo riservava solamente per i: «[...] freschi, giocondi, allegri, piacevoli, graziosi: e tutti in generale gentili compagnoni [...] dame d'alta stirpe, con franco cuore e liete, | ||
fiori di bellezza dal viso celeste, dal corpo snello, dal fare onesto e saggio». | fiori di bellezza dal viso celeste, dal corpo snello, dal fare onesto e saggio». | ||
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Non bisogna cercare di scoprire nell'opera di Rabelais ciò che non vi è ed ancor meno non bisogna cercare di far dire a Rabelais quello che non ha mai detto e scritto. | Non bisogna cercare di scoprire nell'opera di Rabelais ciò che non vi è ed ancor meno non bisogna cercare di far dire a Rabelais quello che non ha mai detto e scritto. | ||
Ciascuno ricordi il prologo di ''Gargantua'': «Bisogna aprire il libro e pensare attentamente ciò che vi è raccontato. Allora voi conoscerete che la droga che vi è racchiusa ha un valore ben diverso di quello che la scatola prometteva: cioè che la materia che vi è trattata non è così leggera come il titolo pretendeva». Se per esaltare questo grande uomo, si dovesse piegare il suo pensiero agli imperativi di una dottrina sociale, filosofica od etica – fosse pur essa anarchica – sarebbe meglio rinunciarvi subito, perché si commetterebbe la peggiore aberrazione e l'insulto che si farebbe a Rabelais ricadrebbe immancabilmente sul nostro ideale al quale renderemmo il peggiore dei servizi. Per questo io cercherò di estrarre da questa sostanziale materia, tutto quello che può arricchire le nostre idee, tutto quello che può risvegliare risonanze amiche e fraterne con il nostro pensiero anarchico, eternamente sveglio ed alla ricerca costante di tutto ciò che può vivificarlo ed abbellirlo. | Ciascuno ricordi il prologo di ''Gargantua'': «Bisogna aprire il libro e pensare attentamente ciò che vi è raccontato. Allora voi conoscerete che la droga che vi è racchiusa ha un valore ben diverso di quello che la scatola prometteva: cioè che la materia che vi è trattata non è così leggera come il titolo pretendeva». Se per esaltare questo grande uomo, si dovesse piegare il suo pensiero agli imperativi di una dottrina sociale, filosofica od etica – fosse pur essa anarchica – sarebbe meglio rinunciarvi subito, perché si commetterebbe la peggiore aberrazione e l'insulto che si farebbe a Rabelais ricadrebbe immancabilmente sul nostro ideale al quale renderemmo il peggiore dei servizi. Per questo io cercherò di estrarre da questa sostanziale materia, tutto quello che può arricchire le nostre idee, tutto quello che può risvegliare risonanze amiche e fraterne con il nostro pensiero anarchico, eternamente sveglio ed alla ricerca costante di tutto ciò che può vivificarlo ed abbellirlo. | ||
L'idea fondamentale sulla quale Rabelais cerca di costruire la sua opera, è che la natura è buona e benigna all'uomo. Rabelais proclamerà sempre che bisogna seguire la natura con fiducia e che bisogna stare in guardia contro quelle severe discipline sempre invocate per giustificare pretenziose sorveglianze, il cui scopo è di correggere la signora perbene. In questo modo Rabelais riabilita l'uomo, quell'altro mondo, come egli si compiace definirlo nel corso di tutta la sua opera. Dell'uomo, centro di gravità, magnifica scoperta che il Rinascimento esalterà con passione, Rabelais dirà tutto il valore supremo, quel valore che deve essere rispettato a tutti i costi. Non sorprende, quindi, di trovare in Rabelais l'odio per la guerra «ciò che i Saraceni ed i Barbari una volta chiamavano eroismo noi ora lo chiamiamo brigantaggio e cattiveria». Questo odio lo riporta sui conquistatori la cui mentalità insensata e criminale si esprime in tutto il suo ''Gargantua''. Così l'uomo ha il suo vero posto e Rabelais gli restituisce la sua [[libertà]] intera e gli dice: «Fa quello che tu vorrai». Tutto questo è essenzialmente [[rivoluzionario]] e necessita un nuovo indirizzo nell'educazione. | L'idea fondamentale sulla quale Rabelais cerca di costruire la sua opera, è che la natura è buona e benigna all'uomo. Rabelais proclamerà sempre che bisogna seguire la natura con fiducia e che bisogna stare in guardia contro quelle severe discipline sempre invocate per giustificare pretenziose sorveglianze, il cui scopo è di correggere la signora perbene. In questo modo Rabelais riabilita l'uomo, quell'altro mondo, come egli si compiace definirlo nel corso di tutta la sua opera. Dell'uomo, centro di gravità, magnifica scoperta che il Rinascimento esalterà con passione, Rabelais dirà tutto il valore supremo, quel valore che deve essere rispettato a tutti i costi. Non sorprende, quindi, di trovare in Rabelais l'odio per la guerra «ciò che i Saraceni ed i Barbari una volta chiamavano eroismo noi ora lo chiamiamo brigantaggio e cattiveria». Questo odio lo riporta sui conquistatori la cui mentalità insensata e criminale si esprime in tutto il suo ''Gargantua''. Così l'uomo ha il suo vero posto e Rabelais gli restituisce la sua [[libertà]] intera e gli dice: «Fa' quello che tu vorrai». Tutto questo è essenzialmente [[rivoluzionario]] e necessita un nuovo indirizzo nell'educazione. | ||
Rabelais se n'era reso conto perfettamente poiché iniziava un nuovo sistema pedagogico. Che egli sia rimasto incompreso dai suoi contemporanei, egli che tentava di sostituire alla maniera scolastica di moda un'educazione naturale, non c'è affatto da stupirsi. È ancora Rabelais che enuncerà quel meraviglioso pensiero: «Scienza senza coscienza non è che la rovina dell'anima». | Rabelais se n'era reso conto perfettamente poiché iniziava un nuovo sistema pedagogico. Che egli sia rimasto incompreso dai suoi contemporanei, egli che tentava di sostituire alla maniera scolastica di moda un'educazione naturale, non c'è affatto da stupirsi. È ancora Rabelais che enuncerà quel meraviglioso pensiero: «Scienza senza coscienza non è che la rovina dell'anima». | ||
Egli è l'iniziatore di una nuova filosofia e questa filosofia (espressa nel Pantagruel) è la vittoria progressiva dell'uomo sulla natura. Non cerchiamo tuttavia di scoprire in ''Gargantua'' e in ''Pantagruel'' di Rabelais un'esposizione di dottrine politiche o sociologiche. Niente di tutto questo e neppure qualche cosa di prossimo. Ma cercando bene vi si scoprirà qualche cosa di meglio, gli elementi di ciò che io chiamerei una politica personale. La sua opera rimane, quindi, un contributo prezioso per il suo tempo e si presenta indiscutibilmente come un rinnovamento del libero pensiero. | Egli è l'iniziatore di una nuova filosofia e questa filosofia (espressa nel Pantagruel) è la vittoria progressiva dell'uomo sulla natura. Non cerchiamo tuttavia di scoprire in ''Gargantua'' e in ''Pantagruel'' di Rabelais un'esposizione di dottrine politiche o sociologiche. Niente di tutto questo e neppure qualche cosa di prossimo. Ma cercando bene vi si scoprirà qualche cosa di meglio, gli elementi di ciò che io chiamerei una politica personale. La sua opera rimane, quindi, un contributo prezioso per il suo tempo e si presenta indiscutibilmente come un rinnovamento del libero pensiero. |