Carmelo Bene: differenze tra le versioni

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== L'anarchismo di Carmelo Bene ==
== L'anarchismo di Carmelo Bene ==
Benché rifiutasse l'etichetta di "[[anarchico]]", Carmelo Bene si è definito tale in svariate occasioni.


Benché rifiutasse l'etichetta di "[[anarchico]]", Carmelo Bene si è definito tale in svariate occasioni. Seguono un paio di esempi significativi in tema di sottomissione alla storia e di sfruttamento del lavoro.
=== Sulla storia e sul lavoro ===
Seguono un paio di esempi significativi in tema di sottomissione alla storia e di sfruttamento del lavoro.


:«In quanto [[anarchico]], io rimango fuori dalla tradizione, meglio ancora: fuori dalla storia. Io contesto la storia, la rifiuto. Anzi, ho una profonda nostalgia per la storia che non è stata fatta. Per esempio, se Marco Antonio avesse vinto la battaglia di Azio, nessuno può mettere in dubbio che la storia avrebbe avuto un corso diverso. Ebbene io sono per i corsi che non ci sono stati e per la gente che ha sempre perduto, per quella fetta di umanità che ha sempre subito la storia, senza mai farla» (''Carmelo Bene arriva e dice che non recita!'', ''Corriere della Sera'', [[20 marzo]] [[1974]]).
:«In quanto [[anarchico]], io rimango fuori dalla tradizione, meglio ancora: fuori dalla storia. Io contesto la storia, la rifiuto. Anzi, ho una profonda nostalgia per la storia che non è stata fatta. Per esempio, se Marco Antonio avesse vinto la battaglia di Azio, nessuno può mettere in dubbio che la storia avrebbe avuto un corso diverso. Ebbene io sono per i corsi che non ci sono stati e per la gente che ha sempre perduto, per quella fetta di umanità che ha sempre subito la storia, senza mai farla» (''Carmelo Bene arriva e dice che non recita!'', ''Corriere della Sera'', [[20 marzo]] [[1974]]).
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:«Al governo c’è una fondamentale mancanza di ingredienti erotici, ci sono delle perversioni senza portafoglio; senza sforzo mi sono sforzato sempre di rappresentare queste cose in un contesto [[anarchico]] squisitamente politico e quando l'operaio vede lo spettacolo deve dire: mi stanno defraudando di una mia carica vitale. Si potrebbe dire: forse domani se saremo [[liberi]] potremo occuparci di noi. Questo è pericoloso! Sputa sulla famiglia, sputa sulla [[patria]], su Dio, sulla madre, sui soldi, sull'anima, sulla [[religione]], su me stesso; i cosiddetti [[anarchici]] sapevano che migliorare il lavoro significava niente, una truffa - qualunque ideologia è una truffa come qualunque prospettiva di lavoro, se poi il lavoro lo vediamo anche in prospettiva... » (''Se il teatro è erotismo non si può dire che Bene'', ''Il Nuovo'', [[6 luglio]] [[1975]]).
:«Al governo c’è una fondamentale mancanza di ingredienti erotici, ci sono delle perversioni senza portafoglio; senza sforzo mi sono sforzato sempre di rappresentare queste cose in un contesto [[anarchico]] squisitamente politico e quando l'operaio vede lo spettacolo deve dire: mi stanno defraudando di una mia carica vitale. Si potrebbe dire: forse domani se saremo [[liberi]] potremo occuparci di noi. Questo è pericoloso! Sputa sulla famiglia, sputa sulla [[patria]], su Dio, sulla madre, sui soldi, sull'anima, sulla [[religione]], su me stesso; i cosiddetti [[anarchici]] sapevano che migliorare il lavoro significava niente, una truffa - qualunque ideologia è una truffa come qualunque prospettiva di lavoro, se poi il lavoro lo vediamo anche in prospettiva... » (''Se il teatro è erotismo non si può dire che Bene'', ''Il Nuovo'', [[6 luglio]] [[1975]]).


=== Max Stirner ===
Bene ha più volte sottolineato l'importanza del pensiero di [[Max Stirner]] (nell'Unico Bene vedeva il superamento dell'Io, che l'attore distruggeva sulla scena immedesimandosi nel ruolo che voleva demolire). Seguono alcuni esempi.  
Bene ha più volte sottolineato l'importanza del pensiero di [[Max Stirner]] (nell'Unico Bene vedeva il superamento dell'Io, che l'attore distruggeva sulla scena immedesimandosi nel ruolo che voleva demolire). Seguono alcuni esempi.  


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:«Aveva capito tutto con largo anticipo: il [[marxismo]], il [[comunismo]], l'illusionismo. ''L'Unico'' è una pietra miliare».
:«Aveva capito tutto con largo anticipo: il [[marxismo]], il [[comunismo]], l'illusionismo. ''L'Unico'' è una pietra miliare».


=== Teatro ===
Tutto il teatro di Carmelo Bene rappresenta un gesto sovversivo nei confronti dei paradigmi dominanti del teatro convenzionale. Alle unità aristoteliche di tempo, di luogo e d'azione Bene contrappone rispettivamente il rifiuto della storia, <ref>Bene scaglia anatemi ed improperi contro il teatro dell'azione o del "moto a luogo", che viene a svolgersi nel tempo '''''Kronos''''', contro gli "spazzini del proscenio" (così definisce gli attori) del teatro di regia, a cui contrappone quello della "scrittura di scena" (e in seguito quello della "macchina attoriale"), che accade nel tempo '''''Aion'''''. Sulla dicotomia ''Kronos''/''Aion'' è forte l'influenza di Gilles Deleuze, che in ''Logica del senso'' ([[1969]]) ne sviluppò la teorizzazione a partire dal pensiero degli Stoici.</ref> il teatro come "non-luogo" <ref>In quello che Bene definisce "Grande Teatro" agisce, o meglio, viene agito il "non-attore" o la "macchina attoriale", non vi è rappresentazione e rappresentanza, divisione dei ruoli, messaggio più o meno sociale, psicodrammaticità. In questa [[utopia]] o "'''non-luogo'''" viene a imporsi l'osceno (fuori scena e fuori di sé) e l'assenza, il porno (l'aldilà del desiderio: in tal senso Bene ha definito [[Franz Kafka]] il più grande pornografo).</ref> e l'atto. <ref>Bene sostiene l'impossibilità di una qualunque azione di realizzare appieno uno scopo, se non smarrendosi nell'atto. L''''atto''' è ciò che tenta di negare, di ostacolare, di sgambettare l'azione, che resta orfana del suo artefice.</ref> All'Io contrappone la "macchina attoriale" <ref>La "macchina attoriale" (o "C.B.") è la conseguenza dell'attore che si è svestito delle umane capacità espressive corporee (vocalità, espressione del viso, gestualità ecc.) per indossare una veste amplificata sia sonora che visiva. La "macchina attoriale" è una fusione tra macchina e attore: l'amplificazione non è una mera protesi ma un'estensione organica ulteriore dove la voce ormai non è più caratterizzata dalla sua fisicità ma prevalentemente dal meccanismo sonoro.</ref>, al testo a monte la "scrittura di scena" <ref>Quello di Bene è un tetro del dire e non del detto. Per Bene il teatro del già detto, che [[Artaud]], a cui Bene si è ispirato, definì "un teatro di invertiti", non dice niente di nuovo, è solo un citare a memoria parole scritte altrove. Bene sostiene che l'importanza del testo nella "scrittura di scena" è del tutto uguale a qualsiasi altro oggetto, più o meno significativo, che si trova sulla scena. Il testo a monte, invece, non è nient'altro che il testo originale, riproposto così in maniera più o meno fedele. Per Bene il teatro di regia rappresenta dunque un progetto, una direzione, contrariamente al campo minato e allo sprogettare della "scrittura di scena".</ref> e al teatro di rappresentazione la "sospensione del tragico". <ref>Il teatro della rappresentazione cerca di rendere la tragedia attendibile, credibile, con mezzi, modi e maniere: per Bene si tratta di minare il suo senso dalle fondamenta. Sono fondamentali perciò tutta una serie di ''handicap'', appositamente creati sulla scena, che consentono di trasgredire quanto prescritto e consolidato dalla tradizione. Anche sul piano dei monologhi e dialoghi monologati c'è questo sgambettarsi, questo cortocircuitarsi del linguaggio, tale da rendere inattendibile l'evento. La tragedia viene ecceduta dal comico: esiste una continuità tra il tragico e il comico e non un'effettiva apparente dissonanza; più che due facce della stessa medaglia, si tratta di una gradazione di infiniti doppi. Non c'è un margine che possa arginare il comico dal tragico o viceversa: si è in balia della trasgressione. Perciò, nel teatro di Carmelo Bene, soltanto la "macchina attoriale" può essere assoggettata a questa variabilità, perturbabilità fondante e non l'Io, che è rappresentativo, svolgendo un ruolo istituzionale e di controllo, anche quando sembra voglia trasgredire.</ref> Da questo punto di vista l'opera di Bene è caratterizzata da un piglio [[nichilista]] decisamente più ''costruens'' che ''destruens'' <ref>«Il mio è un [[nichilismo]] attivo, non negativo. Ognuno di noi cerca quello che non ha, quello che non è, perché ognuno di noi è quello che non è. Il mio nuovo libro ''La voce di Narciso'' inizia con questa frase: "Non esisto, dunque sono"» (''Carmelo Bene anzi benissimo'', Renato Palazzi, ''Corriere della Sera illustrato'', [[21 novembre]] [[1981]]).</ref> e dall'incomunicabilità di quanto rappresentato ("rappresentazione senza spettacolo"): Bene sosteneva che, proprio a causa di questo «vuoto» (da non confondersi - ribadiva - col ''nihil'' filosofico) di fronte al quale veniva a trovarsi, lo spettatore subiva un'esperienza traumatica che non era in grado di riferire.
Tutto il teatro di Carmelo Bene rappresenta un gesto sovversivo nei confronti dei paradigmi dominanti del teatro convenzionale. Alle unità aristoteliche di tempo, di luogo e d'azione Bene contrappone rispettivamente il rifiuto della storia, <ref>Bene scaglia anatemi ed improperi contro il teatro dell'azione o del "moto a luogo", che viene a svolgersi nel tempo '''''Kronos''''', contro gli "spazzini del proscenio" (così definisce gli attori) del teatro di regia, a cui contrappone quello della "scrittura di scena" (e in seguito quello della "macchina attoriale"), che accade nel tempo '''''Aion'''''. Sulla dicotomia ''Kronos''/''Aion'' è forte l'influenza di Gilles Deleuze, che in ''Logica del senso'' ([[1969]]) ne sviluppò la teorizzazione a partire dal pensiero degli Stoici.</ref> il teatro come "non-luogo" <ref>In quello che Bene definisce "Grande Teatro" agisce, o meglio, viene agito il "non-attore" o la "macchina attoriale", non vi è rappresentazione e rappresentanza, divisione dei ruoli, messaggio più o meno sociale, psicodrammaticità. In questa [[utopia]] o "'''non-luogo'''" viene a imporsi l'osceno (fuori scena e fuori di sé) e l'assenza, il porno (l'aldilà del desiderio: in tal senso Bene ha definito [[Franz Kafka]] il più grande pornografo).</ref> e l'atto. <ref>Bene sostiene l'impossibilità di una qualunque azione di realizzare appieno uno scopo, se non smarrendosi nell'atto. L''''atto''' è ciò che tenta di negare, di ostacolare, di sgambettare l'azione, che resta orfana del suo artefice.</ref> All'Io contrappone la "macchina attoriale" <ref>La "macchina attoriale" (o "C.B.") è la conseguenza dell'attore che si è svestito delle umane capacità espressive corporee (vocalità, espressione del viso, gestualità ecc.) per indossare una veste amplificata sia sonora che visiva. La "macchina attoriale" è una fusione tra macchina e attore: l'amplificazione non è una mera protesi ma un'estensione organica ulteriore dove la voce ormai non è più caratterizzata dalla sua fisicità ma prevalentemente dal meccanismo sonoro.</ref>, al testo a monte la "scrittura di scena" <ref>Quello di Bene è un tetro del dire e non del detto. Per Bene il teatro del già detto, che [[Artaud]], a cui Bene si è ispirato, definì "un teatro di invertiti", non dice niente di nuovo, è solo un citare a memoria parole scritte altrove. Bene sostiene che l'importanza del testo nella "scrittura di scena" è del tutto uguale a qualsiasi altro oggetto, più o meno significativo, che si trova sulla scena. Il testo a monte, invece, non è nient'altro che il testo originale, riproposto così in maniera più o meno fedele. Per Bene il teatro di regia rappresenta dunque un progetto, una direzione, contrariamente al campo minato e allo sprogettare della "scrittura di scena".</ref> e al teatro di rappresentazione la "sospensione del tragico". <ref>Il teatro della rappresentazione cerca di rendere la tragedia attendibile, credibile, con mezzi, modi e maniere: per Bene si tratta di minare il suo senso dalle fondamenta. Sono fondamentali perciò tutta una serie di ''handicap'', appositamente creati sulla scena, che consentono di trasgredire quanto prescritto e consolidato dalla tradizione. Anche sul piano dei monologhi e dialoghi monologati c'è questo sgambettarsi, questo cortocircuitarsi del linguaggio, tale da rendere inattendibile l'evento. La tragedia viene ecceduta dal comico: esiste una continuità tra il tragico e il comico e non un'effettiva apparente dissonanza; più che due facce della stessa medaglia, si tratta di una gradazione di infiniti doppi. Non c'è un margine che possa arginare il comico dal tragico o viceversa: si è in balia della trasgressione. Perciò, nel teatro di Carmelo Bene, soltanto la "macchina attoriale" può essere assoggettata a questa variabilità, perturbabilità fondante e non l'Io, che è rappresentativo, svolgendo un ruolo istituzionale e di controllo, anche quando sembra voglia trasgredire.</ref> Da questo punto di vista l'opera di Bene è caratterizzata da un piglio [[nichilista]] decisamente più ''costruens'' che ''destruens'' <ref>«Il mio è un [[nichilismo]] attivo, non negativo. Ognuno di noi cerca quello che non ha, quello che non è, perché ognuno di noi è quello che non è. Il mio nuovo libro ''La voce di Narciso'' inizia con questa frase: "Non esisto, dunque sono"» (''Carmelo Bene anzi benissimo'', Renato Palazzi, ''Corriere della Sera illustrato'', [[21 novembre]] [[1981]]).</ref> e dall'incomunicabilità di quanto rappresentato ("rappresentazione senza spettacolo"): Bene sosteneva che, proprio a causa di questo «vuoto» (da non confondersi - ribadiva - col ''nihil'' filosofico) di fronte al quale veniva a trovarsi, lo spettatore subiva un'esperienza traumatica che non era in grado di riferire.


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