66 514
contributi
K2 (discussione | contributi) (→Storia) |
K2 (discussione | contributi) (→Storia) |
||
Riga 30: | Riga 30: | ||
L'attività [[antifascista]] de ''Il Martello'' si fece incisiva a tal punto che il giornale venne preso di mira non solo dagli organi ufficiali di stampa del [[fascismo]] in [[Italia]], ma anche dalle autorità americane, su pressione dell'ambasciatore italiano. [[Carlo Tresca|Tresca]] fu arrestato il [[14 agosto]] [[1923]] con una scusa banale: quella di aver spedito per posta un numero de ''Il Martello'' contenente pubblicità a pubblicazioni favorevoli al controllo delle nascite. [[Carlo Tresca|Tresca]] fu condannato a un anno di carcere. <ref>Sulla vicenda, cfr. ''Carlo Tresca arrestato e rilasciato dietro garanzia'', IX, 31, 18 agisto 1923, p. 2; ''Storia di una persecuzione disonesta e indecente'', IX, 46, 22 dicembre 1923, pp. 1-2; [[Carlo Tresca]], ''«L'Impero» di Roma torna alla carica'', X, 12, 29 dicembre 1924, p. 3. Sulle pressioni esercitate dall'ambasciatore italiano sulle autorità americane, vedi ''Consolato Generale d'Italia a New York a Ministero degli Interni'', 20 giugno 1926 e 21 luglio 1926 (in ACSR, P.S., 1926, b. 86), oltre ai vari riferimenti contenuti nelle cartelle di Tresca e Vacirca del C.P.C.</ref> | L'attività [[antifascista]] de ''Il Martello'' si fece incisiva a tal punto che il giornale venne preso di mira non solo dagli organi ufficiali di stampa del [[fascismo]] in [[Italia]], ma anche dalle autorità americane, su pressione dell'ambasciatore italiano. [[Carlo Tresca|Tresca]] fu arrestato il [[14 agosto]] [[1923]] con una scusa banale: quella di aver spedito per posta un numero de ''Il Martello'' contenente pubblicità a pubblicazioni favorevoli al controllo delle nascite. [[Carlo Tresca|Tresca]] fu condannato a un anno di carcere. <ref>Sulla vicenda, cfr. ''Carlo Tresca arrestato e rilasciato dietro garanzia'', IX, 31, 18 agisto 1923, p. 2; ''Storia di una persecuzione disonesta e indecente'', IX, 46, 22 dicembre 1923, pp. 1-2; [[Carlo Tresca]], ''«L'Impero» di Roma torna alla carica'', X, 12, 29 dicembre 1924, p. 3. Sulle pressioni esercitate dall'ambasciatore italiano sulle autorità americane, vedi ''Consolato Generale d'Italia a New York a Ministero degli Interni'', 20 giugno 1926 e 21 luglio 1926 (in ACSR, P.S., 1926, b. 86), oltre ai vari riferimenti contenuti nelle cartelle di Tresca e Vacirca del C.P.C.</ref> | ||
Allo stesso modo il giornale | Allo stesso modo il giornale seguì tutte le vicende che riguardarono il movimento dei lavoratori italiani negli [[Stati Uniti]], appoggiò ogni tentativo di organizzazione autonoma dei lavoratori in quei sindacati, come l'Amalgamated Clothing Workers of America e l'International Ladies Garment Workers Union, dove la presenza degli italiani era importante. <ref>Cfr. alcuni dei numerosi articoli sull'argomento: P. Scipione, ''Lo sciopero dei sarti di Philadelphia'', VIII, 35, 7 ottobre 1922, p. 2; [[Carlo Tresca]], ''Ego Sum, Lo sciopero dei sarti'', XI, 47, 20 novembre 1927, p. 1; ''Red, Reazione gialla'', XI, 24, 12 giugno 1926, p. 1.</ref> In questi sindacati, come in altri, ci si contrapponeva apertamente all'attività collaborazionista dei dirigenti, che avevano perso completamente di vista la necessità della [[lotta di classe (concetto)|lotta di classe]] e trascinavano i lavoratori nella collaborazione col sistema [[capitalistico]]. <ref>Cfr. ''Open shop'', VII, 5, 12 febbraio 1921, p. 3.</ref> | ||
Interessante è poi la posizione de Il Martello di fronte alla crisi del | Interessante è poi la posizione de ''Il Martello'' di fronte alla crisi del [[1929]], una crisi che il giornale considerò insita nel sistema [[capitalistico]] e affliggente in prima persona i lavoratori, creando migliaia di disoccupati <ref>Cfr. ''Disoccupazione e fame bussano alla porta di casa dei lavoratori d'America'', XV, 6, 15 febbraio 1930, p. 1.</ref> Per il giornale, anche il prezzo della ristrutturazione messa in atto da Roosevelt col New Deal veniva pagato dai lavoratori, che venivano usati come uno degli elementi fondamentali e indispensabili al riequilibrio del sistema. La politica di Roosevelt mirava in sostanza, da una parte, a razionalizzare il sistema [[capitalistico]] attraverso un controllo più diretto dello [[Stato]], che cura gli interessi generali del [[capitalismo]] in modo abbastanza omogeneo, dall'altra, ad assicurare, attraverso un'abile politica nei confronti delle organizzazioni operaie, un interlocutore che, ponendosi in maniera «dialettica» nei confronti del [[capitale]], si preoccupasse di conservare gli equilibri del sistema, garantendo agli sfruttati quel «giusto» potere di acquisto atto ad assicurare una prosperità permanente al [[capitale]]. <ref>Cfr. ''Roosevelt, l'uomo e la sua politica nella vita americana'', XXIII, I, 14 febbraio 1938, p. 1; [[Carlo Tresca]], ''Reazione e rivoluzione'', XVIII, 10, 14 giugno 1934, p. 1.</ref> | ||
Se da un lato questa politica ingabbia nuovamente le spinte innovatrici del movimento operaio per qualche anno, dall’altra dà la possibilità ai lavoratori di difendere le loro organizzazioni e di rafforzarle, e lascia dei margini di autonomia che, grazie anche alle esperienze accumulate nelle lotte dell’inizio del secolo dall’Industriai Workers of thè World, permetteranno la rinascita del movimento di classe con l’occupazione delle fabbriche automobilistiche nel 1936-7 (cfr. Quo vadis?, XXII, II (28 giu. 1937), p. 1). | Se da un lato questa politica ingabbia nuovamente le spinte innovatrici del movimento operaio per qualche anno, dall’altra dà la possibilità ai lavoratori di difendere le loro organizzazioni e di rafforzarle, e lascia dei margini di autonomia che, grazie anche alle esperienze accumulate nelle lotte dell’inizio del secolo dall’Industriai Workers of thè World, permetteranno la rinascita del movimento di classe con l’occupazione delle fabbriche automobilistiche nel 1936-7 (cfr. Quo vadis?, XXII, II (28 giu. 1937), p. 1). |