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Dalla tolleranza religiosa di Costantino si passò all'intolleranza di Teodosio. Con tre decreti emanati nel febbraio 391, nel giugno 391 e nel novembre 392<ref>''Codex Theodosianus'', XVI, 10, 10-12.</ref> venne interdetto l'accesso ai templi e proibiti i culti pagani, pena la morte. Il vescovo di Alessandria Teofilo, « perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e malvagio, le cui mani furono alternativamente macchiate dal sangue e dall'oro »,<ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', III, pp. 123-124.</ref> approfittò immediatamente della situazione. Dapprima chiese e gli fu concesso di convertire in chiesa il tempio di Dioniso,<ref>Socrate Scolastico, ''Historia Ecclesiastica'', VII, 15.</ref> così come era stato fatto quattro anni prima con il tempio di Augusto o Cesareo,<ref>S. Ronchey, ''Ipazia. La vera storia'', p. 203.</ref> poi sollecitò e ottenne da Teodosio l'ordine di distruzione di tutti gli antichi templi della città. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., V, 16.</ref> | Dalla tolleranza religiosa di Costantino si passò all'intolleranza di Teodosio. Con tre decreti emanati nel febbraio 391, nel giugno 391 e nel novembre 392<ref>''Codex Theodosianus'', XVI, 10, 10-12.</ref> venne interdetto l'accesso ai templi e proibiti i culti pagani, pena la morte. Il vescovo di Alessandria Teofilo, « perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e malvagio, le cui mani furono alternativamente macchiate dal sangue e dall'oro »,<ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', III, pp. 123-124.</ref> approfittò immediatamente della situazione. Dapprima chiese e gli fu concesso di convertire in chiesa il tempio di Dioniso,<ref>Socrate Scolastico, ''Historia Ecclesiastica'', VII, 15.</ref> così come era stato fatto quattro anni prima con il tempio di Augusto o Cesareo,<ref>S. Ronchey, ''Ipazia. La vera storia'', p. 203.</ref> poi sollecitò e ottenne da Teodosio l'ordine di distruzione di tutti gli antichi templi della città. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., V, 16.</ref> | ||
È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta »,<ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ». <ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano<ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità superiore a quella dello stesso prefetto augustale. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref> | È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta »,<ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ». <ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano <ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità superiore a quella dello stesso prefetto augustale. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref> | ||
La politica del vescovo Teofilo fu continuata con brutale determinazione dal nipote Cirillo, suo successore nel 412 alla cattedra vescovile. Questi, ambizioso e senza scrupoli, « manovrando la piazza e facendo leva sul rozzo fanatismo degli ambienti monastici, non rifuggì dal sopruso e dalla violenza ». Ipazia fu una delle sue vittime. <ref>G. Visonà, ''Cirillo di Alessandria'', in « Enciclopedia Filosofica Bompiani », II, p. 1945.</ref> | La politica del vescovo Teofilo fu continuata con brutale determinazione dal nipote Cirillo, suo successore nel 412 alla cattedra vescovile. Questi, ambizioso e senza scrupoli, « manovrando la piazza e facendo leva sul rozzo fanatismo degli ambienti monastici, non rifuggì dal sopruso e dalla violenza ». Ipazia fu una delle sue vittime. <ref>G. Visonà, ''Cirillo di Alessandria'', in « Enciclopedia Filosofica Bompiani », II, p. 1945.</ref> | ||
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A questi eventi assistette anche Ipazia, che ad Alessandria era nata in un anno imprecisato della seconda metà del IV secolo. <ref>''Ipazia'', in ''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 3. L'anno di nascita si pone dal 355 al 370.</ref> Il suo nome deriva dalla preposizione greca ''hyper'', « iper », da cui il femminile ''hypate'', l'« altissima », che designa altresì la più alta delle tre corde sulle quali si formava l'antica scala musicale. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 121-122. Ne scrive anche Platone, ''Repubblica'', 443 d.</ref> Naturalmente, lo sapeva bene suo padre Teotecno,<ref>Teotecno significa « figlio di dio »: cfr. D. Roques, ''Theoteknos, « Fils de Dieu »'', pp. 735-756.</ref> più noto col diminutivo di Teone,<ref>G. Bigoni, ''Ipazia Alessandrina'', p. 50.</ref> studioso di geometria e filosofo, particolarmente dedito alla matematica e all'astronomia,<ref>Così la voce ''Teone'' in ''Suidae Lexikon'', II, p. 702, 10-16.</ref> dandole un nome che unisce nel suo significato l'eminenza della persona alla grazia della musica. | A questi eventi assistette anche Ipazia, che ad Alessandria era nata in un anno imprecisato della seconda metà del IV secolo. <ref>''Ipazia'', in ''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 3. L'anno di nascita si pone dal 355 al 370.</ref> Il suo nome deriva dalla preposizione greca ''hyper'', « iper », da cui il femminile ''hypate'', l'« altissima », che designa altresì la più alta delle tre corde sulle quali si formava l'antica scala musicale. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 121-122. Ne scrive anche Platone, ''Repubblica'', 443 d.</ref> Naturalmente, lo sapeva bene suo padre Teotecno,<ref>Teotecno significa « figlio di dio »: cfr. D. Roques, ''Theoteknos, « Fils de Dieu »'', pp. 735-756.</ref> più noto col diminutivo di Teone,<ref>G. Bigoni, ''Ipazia Alessandrina'', p. 50.</ref> studioso di geometria e filosofo, particolarmente dedito alla matematica e all'astronomia,<ref>Così la voce ''Teone'' in ''Suidae Lexikon'', II, p. 702, 10-16.</ref> dandole un nome che unisce nel suo significato l'eminenza della persona alla grazia della musica. | ||
Teone, che sarebbe morto alla fine del IV secolo o all'inizio del V,<ref>''Teone'' in ''Suidae Lexikon'', cit.</ref> fu insegnante nel glorioso Museo di Alessandria e fu maestro anche d'Ipazia, la quale collaborò alle sue ricerche e curò l'edizione dei tredici libri del ''Sistema matematico'' di Tolomeo, nonché i commenti paterni al testo di Tolomeo a partire del III libro, dove Teone scrive che l'edizione « è stata controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia ». <ref>G. Seaton, ''Ancient Science and Modern Civilization'', p. 83. Dei ''Commentaria in Ptolomaei syntaxin mathematicam'' di Teone sono perduti gran parte del V libro e tutto l'XI. Del ruolo di Ipazia nell'opera paterna si sono occupati W. R. Knorr, ''Textual Studies in Ancient and Mediaeval Geometry'', e A. Cameron, ''Isidore of Myletus and Hypatia: on the Editing of mathematical Texts''.</ref> Teone osservò le eclissi solari e lunari avvenute nel 364,<ref>Rispettivamente il 15 giugno e il 26 novembre.</ref> pubblicò un commento ai ''Fenomeni'' di Arato<ref>''Commentariorum in Aratum reliquiae'', pp. 146-151.</ref> e uno studio su Sirio, ed ebbe interessi di magia e di divinazione, scrivendo sui presagi, su Ermete Trismegisto e su Orfeo,<ref>Giovanni Malala, ''Cronographia'', p. 265.</ref> e componendo inni religiosi in celebrazione degli astri. <ref>M. Dzielska, ''Ipazia e la sua cerchia intellettuale'', pp. 74-77; S. Ronchey, op. cit., p. 161.</ref> | Teone, che sarebbe morto alla fine del IV secolo o all'inizio del V,<ref>''Teone'' in ''Suidae Lexikon'', cit.</ref> fu insegnante nel glorioso Museo di Alessandria e fu maestro anche d'Ipazia, la quale collaborò alle sue ricerche e curò l'edizione dei tredici libri del ''Sistema matematico'' di Tolomeo, nonché i commenti paterni al testo di Tolomeo a partire del III libro, dove Teone scrive che l'edizione « è stata controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia ». <ref>G. Seaton, ''Ancient Science and Modern Civilization'', p. 83. Dei ''Commentaria in Ptolomaei syntaxin mathematicam'' di Teone sono perduti gran parte del V libro e tutto l'XI. Del ruolo di Ipazia nell'opera paterna si sono occupati W. R. Knorr, ''Textual Studies in Ancient and Mediaeval Geometry'', e A. Cameron, ''Isidore of Myletus and Hypatia: on the Editing of mathematical Texts''.</ref> Teone osservò le eclissi solari e lunari avvenute nel 364,<ref>Rispettivamente il 15 giugno e il 26 novembre.</ref> pubblicò un commento ai ''Fenomeni'' di Arato <ref>''Commentariorum in Aratum reliquiae'', pp. 146-151.</ref> e uno studio su Sirio, ed ebbe interessi di magia e di divinazione, scrivendo sui presagi, su Ermete Trismegisto e su Orfeo,<ref>Giovanni Malala, ''Cronographia'', p. 265.</ref> e componendo inni religiosi in celebrazione degli astri. <ref>M. Dzielska, ''Ipazia e la sua cerchia intellettuale'', pp. 74-77; S. Ronchey, op. cit., p. 161.</ref> | ||
Della madre di Ipazia niente si sa. Conosciamo il nome di un fratello, quell'Epifanio cui il padre dedicò il suo ''Piccolo commentario alle Tavole facili di Tolomeo'' e il IV libro dei ''Commentaria in Ptolomaei''. Non avrebbe invece fondamento la tesi dell'esistenza di un altro fratello di nome Atanasio, che invece sarebbe stato un allievo di Ipazia,<ref>M. Dzielska, op. cit., pp. 50-51.</ref> così come è frutto di un errore la notizia che sia mai stata sposata. <ref>Con il filosofo Isidoro, in ''Suidae Lexikon'', p. 644, 2-3, ma si tratta di un fraintendimento: cfr. S. Ronchey, op. cit., p. 203.</ref> | Della madre di Ipazia niente si sa. Conosciamo il nome di un fratello, quell'Epifanio cui il padre dedicò il suo ''Piccolo commentario alle Tavole facili di Tolomeo'' e il IV libro dei ''Commentaria in Ptolomaei''. Non avrebbe invece fondamento la tesi dell'esistenza di un altro fratello di nome Atanasio, che invece sarebbe stato un allievo di Ipazia,<ref>M. Dzielska, op. cit., pp. 50-51.</ref> così come è frutto di un errore la notizia che sia mai stata sposata. <ref>Con il filosofo Isidoro, in ''Suidae Lexikon'', p. 644, 2-3, ma si tratta di un fraintendimento: cfr. S. Ronchey, op. cit., p. 203.</ref> | ||
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Si sa del legame dell'astronomia con l'astrologia, e il ''Dione'' dedicato a Ipazia, alla quale Sinesio chiede se sia il caso di pubblicarlo, « rivela non poche dottrine inviolabili che restano celate ai profani »,<ref>Sinesio, ''Epistola 154'', op. cit., p. 374.</ref> mentre il suo trattato ''Sui sogni'' contiene numerose citazioni degli oracoli caldei, ormai proibiti nell'Impero cristianizzato. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 160.</ref> | Si sa del legame dell'astronomia con l'astrologia, e il ''Dione'' dedicato a Ipazia, alla quale Sinesio chiede se sia il caso di pubblicarlo, « rivela non poche dottrine inviolabili che restano celate ai profani »,<ref>Sinesio, ''Epistola 154'', op. cit., p. 374.</ref> mentre il suo trattato ''Sui sogni'' contiene numerose citazioni degli oracoli caldei, ormai proibiti nell'Impero cristianizzato. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 160.</ref> | ||
Quale fosse la precisa natura del neo-platonismo professato e insegnato da Ipazia resta comunque difficile da definire. Indubbiamente aveva interessi religiosi e « insegnò materie quali l'astronomia e la geometria nel contesto di una visione neo-platonica dell'universo », e nel neo-platonismo « anche le questioni più razionali sono radicate in una realtà totalmente mistica ». <ref>J. Bregman, op. cit., p. 20.</ref> Se il suo neo-platonismo fosse più vicino all'interpretazione di Plotino<ref>Plotino è il maggior esponente del neo-platonismo.</ref> anziché a quella di Porfirio o di Giamblico,<ref>Ch. Lacombrade, ''Synésios de Cyrène, hellène et chrétien'', p. 50.</ref> o se fosse il contrario,<ref>A. Cameron, J. Long, ''Barbarians and Politics at the court of Arcadius'', pp. 50-51.</ref> se, come Sinesio, si opponesse all'« inclinazione orientaleggiante del neo-platonismo » e mantenesse « una certa neutralità nei confronti del cristianesimo »,<ref>A. Garzya, ''Introduzione alle Opere di Sinesio di Cirene'', p. 32.</ref> se e in che misura ella ammettesse pratiche teurgiche nel suo insegnamento,<ref>P. Chuvin, M. Tardieu, ''Le « cynisme » d'Hypatie. Historiographie et sources anciennes'', p. 67.</ref> è impossibile da determinare. | Quale fosse la precisa natura del neo-platonismo professato e insegnato da Ipazia resta comunque difficile da definire. Indubbiamente aveva interessi religiosi e « insegnò materie quali l'astronomia e la geometria nel contesto di una visione neo-platonica dell'universo », e nel neo-platonismo « anche le questioni più razionali sono radicate in una realtà totalmente mistica ». <ref>J. Bregman, op. cit., p. 20.</ref> Se il suo neo-platonismo fosse più vicino all'interpretazione di Plotino <ref>Plotino è il maggior esponente del neo-platonismo.</ref> anziché a quella di Porfirio o di Giamblico,<ref>Ch. Lacombrade, ''Synésios de Cyrène, hellène et chrétien'', p. 50.</ref> o se fosse il contrario,<ref>A. Cameron, J. Long, ''Barbarians and Politics at the court of Arcadius'', pp. 50-51.</ref> se, come Sinesio, si opponesse all'« inclinazione orientaleggiante del neo-platonismo » e mantenesse « una certa neutralità nei confronti del cristianesimo »,<ref>A. Garzya, ''Introduzione alle Opere di Sinesio di Cirene'', p. 32.</ref> se e in che misura ella ammettesse pratiche teurgiche nel suo insegnamento,<ref>P. Chuvin, M. Tardieu, ''Le « cynisme » d'Hypatie. Historiographie et sources anciennes'', p. 67.</ref> è impossibile da determinare. | ||
[[File:Lee W Zeigler Hypatia.jpg|thumb|left|190px|<center>Lee W. Zeigler</center><center>''Ipazia celebra un rito pagano''</center>]] | [[File:Lee W Zeigler Hypatia.jpg|thumb|left|190px|<center>Lee W. Zeigler</center><center>''Ipazia celebra un rito pagano''</center>]] | ||
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L'ariano Filostorgio tiene a sottolineare che Ipazia « fu fatta a pezzi da quanti professavano la consustanzialità », ossia non da comuni, per quanto fanatici cittadini di Alessandria, ma proprio da elementi del clero cirilliano, seguace della teoria teologica dell'eguale sostanza delle cosiddette tre persone divine, un omicidio che, secondo Filostorgio, avrebbe avuto l'avallo dello stesso giovane imperatore Teodosio II. <ref>Filostorgio, op. cit., p. 111.</ref> | L'ariano Filostorgio tiene a sottolineare che Ipazia « fu fatta a pezzi da quanti professavano la consustanzialità », ossia non da comuni, per quanto fanatici cittadini di Alessandria, ma proprio da elementi del clero cirilliano, seguace della teoria teologica dell'eguale sostanza delle cosiddette tre persone divine, un omicidio che, secondo Filostorgio, avrebbe avuto l'avallo dello stesso giovane imperatore Teodosio II. <ref>Filostorgio, op. cit., p. 111.</ref> | ||
Riguardo al mandante dell'omicidio, è indicato esplicitamente in Cirillo da Damascio — « tramò la sua uccisione »<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 645.</ref> — e da Giovanni Malala — « avuta licenza dal loro vescovo, gli alessandrini aggredirono e bruciarono Ipazia »<ref>G. Malala, op. cit., p. 280.</ref> — mentre Socrate Scolastico scrive che « questo misfatto procurò non poco biasimo<ref>''momos'', equivalente a biasimo, onta, disonore, obbrobrio, infamia.</ref> a Cirillo e alla chiesa di Alessandria ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 15.</ref> Ë un'implicita ma chiara accusa a Cirillo come mandante e ai monaci come esecutori: perché altrimenti « biasimare » Cirillo e la chiesa di Alessandria se fossero stati estranei alla vicenda?<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 94.</ref> | Riguardo al mandante dell'omicidio, è indicato esplicitamente in Cirillo da Damascio — « tramò la sua uccisione »<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 645.</ref> — e da Giovanni Malala — « avuta licenza dal loro vescovo, gli alessandrini aggredirono e bruciarono Ipazia »<ref>G. Malala, op. cit., p. 280.</ref> — mentre Socrate Scolastico scrive che « questo misfatto procurò non poco biasimo <ref>''momos'', equivalente a biasimo, onta, disonore, obbrobrio, infamia.</ref> a Cirillo e alla chiesa di Alessandria ». <ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 15.</ref> Ë un'implicita ma chiara accusa a Cirillo come mandante e ai monaci come esecutori: perché altrimenti « biasimare » Cirillo e la chiesa di Alessandria se fossero stati estranei alla vicenda?<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 94.</ref> | ||
Giovanni di Nikiu, entusiasta ammiratore di Cirillo, non si fa scrupoli nell'attribuirgli il "merito" della morte di Ipazia. Egli scrive che sotto la guida di Pietro, « perfetto servitore di Gesù Cristo », i monaci uccisero e bruciarono Ipazia; poi, gli alessandrini « circondarono Cirillo e lo chiamarono ''nuovo Teofilo'', perché aveva liberato la città dagli ultimi resti dell'idolatria ». <ref>Giovanni di Nikiu, op. cit. p. 346.</ref> | Giovanni di Nikiu, entusiasta ammiratore di Cirillo, non si fa scrupoli nell'attribuirgli il "merito" della morte di Ipazia. Egli scrive che sotto la guida di Pietro, « perfetto servitore di Gesù Cristo », i monaci uccisero e bruciarono Ipazia; poi, gli alessandrini « circondarono Cirillo e lo chiamarono ''nuovo Teofilo'', perché aveva liberato la città dagli ultimi resti dell'idolatria ». <ref>Giovanni di Nikiu, op. cit. p. 346.</ref> | ||
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Travisato completamente l'insegnamento di Gesù, ormai la gerarchia ecclesiastica non proclama santi gli uomini di specchiata virtù, ma coloro che con i loro scritti hanno reso falsamente grande la chiesa « magnificandone l'autorità spirituale » ma degradando e rendendo schiavi gli spiriti dei loro concittadini. Egualmente santi furono considerati i principi, i potenti e i ricchi, ma « viziosi e tirannici », che donarono alla chiesa grandi possedimenti e oppressero col patibolo, con la spada e con la proscrizione chi osasse mettere in discussione i suoi decreti. Infine, quei « visionari » che con mortificazioni formali acquisirono agli occhi degli ignoranti una falsa fama di devozione furono ricompensati con « il premio immaginario della santità » proprio da chi in realtà « disprezzava la loro austerità ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 35.</ref> | Travisato completamente l'insegnamento di Gesù, ormai la gerarchia ecclesiastica non proclama santi gli uomini di specchiata virtù, ma coloro che con i loro scritti hanno reso falsamente grande la chiesa « magnificandone l'autorità spirituale » ma degradando e rendendo schiavi gli spiriti dei loro concittadini. Egualmente santi furono considerati i principi, i potenti e i ricchi, ma « viziosi e tirannici », che donarono alla chiesa grandi possedimenti e oppressero col patibolo, con la spada e con la proscrizione chi osasse mettere in discussione i suoi decreti. Infine, quei « visionari » che con mortificazioni formali acquisirono agli occhi degli ignoranti una falsa fama di devozione furono ricompensati con « il premio immaginario della santità » proprio da chi in realtà « disprezzava la loro austerità ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 35.</ref> | ||
La sua conclusione è che, infuriando le persecuzioni contro chi volesse « restaurare la virtù e la cultura », Ipazia cadde sotto i colpi degli ecclesiastici del suo tempo, « che non poterono perdonarle di essere bella, casta e tanto più colta di loro ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 36.</ref> Una lettura perfino femminista — è stato rilevato<ref>E. Gajeri, op. cit., pp. 56-57.</ref> — quella fatta da Toland, che non casualmente definisce Ipazia « gloria del suo sesso e vergogna del nostro ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 3.</ref> | La sua conclusione è che, infuriando le persecuzioni contro chi volesse « restaurare la virtù e la cultura », Ipazia cadde sotto i colpi degli ecclesiastici del suo tempo, « che non poterono perdonarle di essere bella, casta e tanto più colta di loro ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 36.</ref> Una lettura perfino femminista — è stato rilevato <ref>E. Gajeri, op. cit., pp. 56-57.</ref> — quella fatta da Toland, che non casualmente definisce Ipazia « gloria del suo sesso e vergogna del nostro ». <ref>J. Toland, op. cit., p. 3.</ref> | ||
L'immediata risposta dell'anglicano Thomas Lewis fu semplicistica: lo storico Damascio mente, Socrate Scolastico è un puritano, Ipazia un'impudente, Cirillo e il suo clero sono candidi come gigli e Toland è un calunniatore che col pretesto della storia d'Ipazia vuol colpire in realtà il reverendo Henry Sacheverell, uno zelante predicatore che per il suo fanatismo era stato processato e condannato dieci anni prima per diffamazione. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 80-81.</ref> In questo torno anche il giansenista Claude Pierre Goujet si preoccupò non solo di difendere Cirillo, ma di farne un'esaltazione con una sua ''Dissertazione su Ipazia'',<ref>''Dissertation sur Hypatie, où l'on justifie Saint Cyrille sur la mort de cette Sçavante'', in P. N. Desmolets, ''Continuation des Mémoires de littérature et d'histoire'', V, pp. 138-187. Lo scritto di Goujet è del 1727.</ref> mentre quattro sono le ''Dissertationes'' del protestante tedesco Wernsdorf in difesa di Cirillo pubblicate nel 1747 e 1748 anche contro Arnold e Toland. | L'immediata risposta dell'anglicano Thomas Lewis fu semplicistica: lo storico Damascio mente, Socrate Scolastico è un puritano, Ipazia un'impudente, Cirillo e il suo clero sono candidi come gigli e Toland è un calunniatore che col pretesto della storia d'Ipazia vuol colpire in realtà il reverendo Henry Sacheverell, uno zelante predicatore che per il suo fanatismo era stato processato e condannato dieci anni prima per diffamazione. <ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 80-81.</ref> In questo torno anche il giansenista Claude Pierre Goujet si preoccupò non solo di difendere Cirillo, ma di farne un'esaltazione con una sua ''Dissertazione su Ipazia'',<ref>''Dissertation sur Hypatie, où l'on justifie Saint Cyrille sur la mort de cette Sçavante'', in P. N. Desmolets, ''Continuation des Mémoires de littérature et d'histoire'', V, pp. 138-187. Lo scritto di Goujet è del 1727.</ref> mentre quattro sono le ''Dissertationes'' del protestante tedesco Wernsdorf in difesa di Cirillo pubblicate nel 1747 e 1748 anche contro Arnold e Toland. |