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=== La distruzione del Serapeo === | === La distruzione del Serapeo === | ||
[[File:Theophilo di Alessandria.jpg|thumb|left|150px|Il « trionfo » di Teofilo]] | [[File:Theophilo di Alessandria.jpg|thumb|left|150px|Il « trionfo » di Teofilo]] | ||
Dalla tolleranza religiosa di Costantino si passò all'intolleranza di Teodosio. Con tre decreti emanati nel febbraio 391, nel giugno 391 e nel novembre 392<ref>''Codex Theodosianus'', XVI, 10, 10-12.</ref> venne interdetto l'accesso ai templi e proibiti i culti pagani, pena la morte. Il vescovo di Alessandria Teofilo, « perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e malvagio, le cui mani furono alternativamente macchiate dal sangue e dall'oro »,<ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', III, pp. 123-124.</ref> approfittò immediatamente della situazione. Dapprima chiese e gli fu concesso di convertire in chiesa il tempio di Dioniso,<ref>Socrate Scolastico, ''Historia Ecclesiastica'', VII, 15.</ref> così come era stato fatto quattro anni prima con il tempio di Augusto o Cesareo,<ref>S. Ronchey, ''Ipazia. La vera storia'', p. 203.</ref> poi sollecitò e ottenne da Teodosio l'ordine di distruzione di tutti gli antichi templi della città. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., V, 16.</ref> | Dalla tolleranza religiosa di Costantino si passò all'intolleranza di Teodosio. Con tre decreti emanati nel febbraio 391, nel giugno 391 e nel novembre 392 <ref>''Codex Theodosianus'', XVI, 10, 10-12.</ref> venne interdetto l'accesso ai templi e proibiti i culti pagani, pena la morte. Il vescovo di Alessandria Teofilo, « perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e malvagio, le cui mani furono alternativamente macchiate dal sangue e dall'oro »,<ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', III, pp. 123-124.</ref> approfittò immediatamente della situazione. Dapprima chiese e gli fu concesso di convertire in chiesa il tempio di Dioniso,<ref>Socrate Scolastico, ''Historia Ecclesiastica'', VII, 15.</ref> così come era stato fatto quattro anni prima con il tempio di Augusto o Cesareo,<ref>S. Ronchey, ''Ipazia. La vera storia'', p. 203.</ref> poi sollecitò e ottenne da Teodosio l'ordine di distruzione di tutti gli antichi templi della città. <ref>Socrate Scolastico, op. cit., V, 16.</ref> | ||
È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta »,<ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ». <ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano <ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità superiore a quella dello stesso prefetto augustale. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref> | È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta »,<ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ». <ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano <ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità superiore a quella dello stesso prefetto augustale. <ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref> |