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=== La distruzione del Serapeo === | === La distruzione del Serapeo === | ||
[[File:Theophilo di Alessandria.jpg|thumb|left|150px|Il « trionfo » di Teofilo]] | [[File:Theophilo di Alessandria.jpg|thumb|left|150px|Il « trionfo » di Teofilo]] | ||
Dalla tolleranza religiosa di Costantino si passò all'intolleranza di Teodosio. Con tre decreti emanati nel febbraio 391, nel giugno 391 e nel novembre 392<ref>''Codex Theodosianus'', XVI, 10, 10-12.</ref> venne interdetto l'accesso ai templi e proibiti i culti pagani, pena la morte. Il vescovo di Alessandria Teofilo, « perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e malvagio, le cui mani furono alternativamente macchiate dal sangue e dall'oro »,<ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', III, pp. 123-124.</ref> approfittò immediatamente della situazione. Dapprima chiese e gli fu concesso di convertire in chiesa il tempio di Dioniso,<ref>Socrate Scolastico, ''Historia Ecclesiastica'', VII, 15.</ref> così come era stato fatto quattro anni prima con il tempio di Augusto o Cesareo,<ref>S. Ronchey, ''Ipazia. La vera storia'', p. 203.</ref> poi sollecitò e ottenne da Teodosio l'ordine di distruzione di tutti gli antichi templi della città .<ref>Socrate Scolastico, op. cit., V, 16.</ref> | Dalla tolleranza religiosa di Costantino si passò all'intolleranza di Teodosio. Con tre decreti emanati nel febbraio 391, nel giugno 391 e nel novembre 392<ref>''Codex Theodosianus'', XVI, 10, 10-12.</ref> venne interdetto l'accesso ai templi e proibiti i culti pagani, pena la morte. Il vescovo di Alessandria Teofilo, « perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e malvagio, le cui mani furono alternativamente macchiate dal sangue e dall'oro »,<ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', III, pp. 123-124.</ref> approfittò immediatamente della situazione. Dapprima chiese e gli fu concesso di convertire in chiesa il tempio di Dioniso,<ref>Socrate Scolastico, ''Historia Ecclesiastica'', VII, 15.</ref> così come era stato fatto quattro anni prima con il tempio di Augusto o Cesareo,<ref>S. Ronchey, ''Ipazia. La vera storia'', p. 203.</ref> poi sollecitò e ottenne da Teodosio l'ordine di distruzione di tutti gli antichi templi della città.<ref>Socrate Scolastico, op. cit., V, 16.</ref> | ||
È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta »,<ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ».<ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano<ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità superiore a quella dello stesso prefetto augustale.<ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref> | È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta »,<ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ».<ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano<ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità superiore a quella dello stesso prefetto augustale.<ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref> | ||
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Per Sinesio è Ipazia la « vera iniziatrice ai misteri e alle orge della filosofia »,<ref>Sinesio, ''Lettera 137'', op. cit., p. 330.</ref> « la veneratissima filosofa prediletta da Dio » e beati sono coloro che ascoltano « la voce mirabile »<ref>Sinesio, ''Lettera 5'', op. cit., p. 90.</ref> di qualla « adorata maestra » dall'« anima divinissima »,<ref>Sinesio, ''Lettera 10'', op. cit., p. 96.</ref> che è anche « madre e sorella »,<ref>Sinesio, ''Lettera 16'', op. cit., p. 102.</ref> suo « unico bene »,<ref>Sinesio, ''Lettera 81'', op. cit., p. 230.</ref> quell'« amata Ipazia » che Sinesio ricorderà anche nell'Ade.<ref>Sinesio, ''Lettera 124'', op. cit., p. 302.</ref> Tali espressioni tratte dall'epistolario di Sinesio testimoniano l'ininterrotto legame « sacro » intercorso tra l'allievo e la maestra e individuano in Ipazia la figura di una maestra di filosofia che era anche un'« alta sacerdotessa » del neo-platonismo alessandrino.<ref>J. Bregman, ''Synesius of Cyrene. Philosopher Bishop'', p. 20.</ref> | Per Sinesio è Ipazia la « vera iniziatrice ai misteri e alle orge della filosofia »,<ref>Sinesio, ''Lettera 137'', op. cit., p. 330.</ref> « la veneratissima filosofa prediletta da Dio » e beati sono coloro che ascoltano « la voce mirabile »<ref>Sinesio, ''Lettera 5'', op. cit., p. 90.</ref> di qualla « adorata maestra » dall'« anima divinissima »,<ref>Sinesio, ''Lettera 10'', op. cit., p. 96.</ref> che è anche « madre e sorella »,<ref>Sinesio, ''Lettera 16'', op. cit., p. 102.</ref> suo « unico bene »,<ref>Sinesio, ''Lettera 81'', op. cit., p. 230.</ref> quell'« amata Ipazia » che Sinesio ricorderà anche nell'Ade.<ref>Sinesio, ''Lettera 124'', op. cit., p. 302.</ref> Tali espressioni tratte dall'epistolario di Sinesio testimoniano l'ininterrotto legame « sacro » intercorso tra l'allievo e la maestra e individuano in Ipazia la figura di una maestra di filosofia che era anche un'« alta sacerdotessa » del neo-platonismo alessandrino.<ref>J. Bregman, ''Synesius of Cyrene. Philosopher Bishop'', p. 20.</ref> | ||
Sinesio sembra « aver sperimentato alla scuola d'Ipazia un'autentica "conversione" alla filosofia. Nei suoi ''Inni'' egli si rivela poeta metafisico di intuito religioso di notevole profondità . Inoltre egli, come dimostrano le sue lettere a Ipazia e ad altri, fece parte per tutta la vita di un circolo di iniziati alessandrini, con i quali condivise i misteri della filosofia ».<ref>J. Bregman, op. cit., p. 19.</ref> Tale circolo formante una tetrattide,<ref>La ''tetraktys'', o « gruppo di quattro », è il simbolo numerico che per i pitagorici rappresenta l'universo.</ref> comprendeva, con lui, Erculiano, Isidoro Pelusiota e Olimpio, tutti allievi d'Ipazia.<ref>Sinesio, ''Epistola 143'', op. cit., pp. 346-348.</ref> | Sinesio sembra « aver sperimentato alla scuola d'Ipazia un'autentica "conversione" alla filosofia. Nei suoi ''Inni'' egli si rivela poeta metafisico di intuito religioso di notevole profondità. Inoltre egli, come dimostrano le sue lettere a Ipazia e ad altri, fece parte per tutta la vita di un circolo di iniziati alessandrini, con i quali condivise i misteri della filosofia ».<ref>J. Bregman, op. cit., p. 19.</ref> Tale circolo formante una tetrattide,<ref>La ''tetraktys'', o « gruppo di quattro », è il simbolo numerico che per i pitagorici rappresenta l'universo.</ref> comprendeva, con lui, Erculiano, Isidoro Pelusiota e Olimpio, tutti allievi d'Ipazia.<ref>Sinesio, ''Epistola 143'', op. cit., pp. 346-348.</ref> | ||
[[File:Raffaello Plotino.jpg|thumb|160px|<center>Raffaello</center><center>''Il filosofo Plotino''</center>]] | [[File:Raffaello Plotino.jpg|thumb|160px|<center>Raffaello</center><center>''Il filosofo Plotino''</center>]] | ||
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==== Il pogrom antiebraico ==== | ==== Il pogrom antiebraico ==== | ||
[[File:Cirillo d'Alessandria.jpg|thumb|140px|Cirillo d'Alessandria]] | [[File:Cirillo d'Alessandria.jpg|thumb|140px|Cirillo d'Alessandria]] | ||
Il passo di Giovanni di Nikiu illumina, a modo suo, il conflitto che era allora in atto ad Alessandria tra l'autorità imperiale, impersonata dal prefetto Oreste e appoggiata dall'intellettualità ellenica, con in testa Ipazia, e il vescovo Cirillo. Da lui, dalla sua politica e dai suoi seguaci il cristiano Oreste si era allontanato — non certamente dalla fede cristiana — per difendere « quella che oggi chiameremmo la laicità dello stato »,<ref>G. Giorello, ''Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo'', p. 104.</ref> contrastando il violento tentativo di Cirillo di imporre la sua visione fondamentalistica della società . | Il passo di Giovanni di Nikiu illumina, a modo suo, il conflitto che era allora in atto ad Alessandria tra l'autorità imperiale, impersonata dal prefetto Oreste e appoggiata dall'intellettualità ellenica, con in testa Ipazia, e il vescovo Cirillo. Da lui, dalla sua politica e dai suoi seguaci il cristiano Oreste si era allontanato — non certamente dalla fede cristiana — per difendere « quella che oggi chiameremmo la laicità dello stato »,<ref>G. Giorello, ''Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo'', p. 104.</ref> contrastando il violento tentativo di Cirillo di imporre la sua visione fondamentalistica della società. | ||
Come scrive Socrate Scolastico, Cirillo « si accinse a rendere l'episcopato ancora più simile a un principato di quanto non fosse stato al tempo di Teofilo », prendendo a dominare « la cosa pubblica oltre il limite consentito all'ordine episcopale ».<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 7.</ref> Cirillo aveva una concezione teocratica dello Stato, intendendo la funzione del vescovo, sul modello romano, non solo come un'autorità indiscussa sul piano dottrinale ma anche quale diretto gestore della cosa pubblica, anche se egli, come i suoi sostenitori, tentò di occultare la vera natura del suo piano politico e pose « la questione nei termini di una lotta religiosa riproponendo lo spettro del conflitto tra paganesimo e cristianesimo ».<ref>G. Beretta, op. cit., p. 13.</ref> | Come scrive Socrate Scolastico, Cirillo « si accinse a rendere l'episcopato ancora più simile a un principato di quanto non fosse stato al tempo di Teofilo », prendendo a dominare « la cosa pubblica oltre il limite consentito all'ordine episcopale ».<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 7.</ref> Cirillo aveva una concezione teocratica dello Stato, intendendo la funzione del vescovo, sul modello romano, non solo come un'autorità indiscussa sul piano dottrinale ma anche quale diretto gestore della cosa pubblica, anche se egli, come i suoi sostenitori, tentò di occultare la vera natura del suo piano politico e pose « la questione nei termini di una lotta religiosa riproponendo lo spettro del conflitto tra paganesimo e cristianesimo ».<ref>G. Beretta, op. cit., p. 13.</ref> | ||
Il conflitto tra il vescovo e il prefetto esplose alla fine del 414 quando Ierace, un predicatore, « il più attivo nel suscitare gli applausi nelle adunanze in cui il vescovo insegnava », insieme con altri suoi sostenitori andò a provocare gli ebrei nel corso di una pubblica assemblea. A seguito della loro denuncia, Ierace fu fatto arrestare e torturare dal prefetto Oreste, provocando la reazione di Cirillo che convocò i capi della comunità ebraica, minacciandoli di dure sanzioni e suscitando l'odio degli ebrei che una notte compirono ad Alessandria una strage di cristiani. A quel punto Cirillo scatenò il pogrom: rase al suolo le sinagoghe, saccheggiate le loro case, confiscati i beni, tutti gli ebrei di Alessandria furono cacciati dalla città .<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref> | Il conflitto tra il vescovo e il prefetto esplose alla fine del 414 quando Ierace, un predicatore, « il più attivo nel suscitare gli applausi nelle adunanze in cui il vescovo insegnava », insieme con altri suoi sostenitori andò a provocare gli ebrei nel corso di una pubblica assemblea. A seguito della loro denuncia, Ierace fu fatto arrestare e torturare dal prefetto Oreste, provocando la reazione di Cirillo che convocò i capi della comunità ebraica, minacciandoli di dure sanzioni e suscitando l'odio degli ebrei che una notte compirono ad Alessandria una strage di cristiani. A quel punto Cirillo scatenò il pogrom: rase al suolo le sinagoghe, saccheggiate le loro case, confiscati i beni, tutti gli ebrei di Alessandria furono cacciati dalla città.<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref> | ||
Oreste « s'indignò molto per l'accaduto e provò un gran dolore perché una città tanto importante era stata completamente svuotata di esseri umani »,<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref> ma non poté prendere alcun provvedimento contro Cirillo, perché dal 384 una costituzione stabiliva che il clero non fosse soggetto al tribunale civile: gli ecclesiastici « hanno i loro propri giudici e nulla in comune con le leggi pubbliche ».<ref>Citato in J. Rougé, ''Les débuts de l'épiscopat de Cyrille d'Alexandrie e le Code Théodosien'', in AA. VV., ''Alexandrina: héllénisme, judaïsme et christianisme à Alexandrie'', p. 348.</ref> Oreste dovette accontentarsi d'inviare una relazione all'imperatore, come fece anche Cirillo, il quale offrì al prefetto una singolare riconciliazione: mostrandogli il libro dei vangeli come una minaccia, cercò d'imporgli un accordo pacificatore « in nome del rispetto per la religione », come se il vangelo potesse giustificare i suoi crimini. Giustamente, Oreste rifiutò.<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref> | Oreste « s'indignò molto per l'accaduto e provò un gran dolore perché una città tanto importante era stata completamente svuotata di esseri umani »,<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref> ma non poté prendere alcun provvedimento contro Cirillo, perché dal 384 una costituzione stabiliva che il clero non fosse soggetto al tribunale civile: gli ecclesiastici « hanno i loro propri giudici e nulla in comune con le leggi pubbliche ».<ref>Citato in J. Rougé, ''Les débuts de l'épiscopat de Cyrille d'Alexandrie e le Code Théodosien'', in AA. VV., ''Alexandrina: héllénisme, judaïsme et christianisme à Alexandrie'', p. 348.</ref> Oreste dovette accontentarsi d'inviare una relazione all'imperatore, come fece anche Cirillo, il quale offrì al prefetto una singolare riconciliazione: mostrandogli il libro dei vangeli come una minaccia, cercò d'imporgli un accordo pacificatore « in nome del rispetto per la religione », come se il vangelo potesse giustificare i suoi crimini. Giustamente, Oreste rifiutò.<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 13.</ref> | ||
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[[File:Ipazia Oreste.jpg|thumb|left|160px|Ipazia e il prefetto Oreste]] | [[File:Ipazia Oreste.jpg|thumb|left|160px|Ipazia e il prefetto Oreste]] | ||
Qui Sinesio si riferisce alle gelosie che possono insorgere tra i maestri di cultura. Quando Cirillo conduceva la lotta per il potere ad Alessandria, egli era già morto da due anni, e in vita non avrebbe neanche immaginato che la sua maestra ne sarebbe rimasta coinvolta. Eppure, il vescovo mirava ad assumere il potere spirituale e politico in quanto capo gerarchico dell'istituzione ecclesiastica, non per l'autorità derivante dall'eccellenza della propria vita e dall'altezza del proprio pensiero. Nella tradizione ellenica, continuata da Ipazia, erano invece le virtù della ''paideia'', dell'educazione, della cultura e dell'intelligenza, a giustificare l'assunzione dell'autorità .<ref>G. Beretta, op. cit., pp. 88-89.</ref> Le due opposte visioni erano destinate a scontrarsi. | Qui Sinesio si riferisce alle gelosie che possono insorgere tra i maestri di cultura. Quando Cirillo conduceva la lotta per il potere ad Alessandria, egli era già morto da due anni, e in vita non avrebbe neanche immaginato che la sua maestra ne sarebbe rimasta coinvolta. Eppure, il vescovo mirava ad assumere il potere spirituale e politico in quanto capo gerarchico dell'istituzione ecclesiastica, non per l'autorità derivante dall'eccellenza della propria vita e dall'altezza del proprio pensiero. Nella tradizione ellenica, continuata da Ipazia, erano invece le virtù della ''paideia'', dell'educazione, della cultura e dell'intelligenza, a giustificare l'assunzione dell'autorità.<ref>G. Beretta, op. cit., pp. 88-89.</ref> Le due opposte visioni erano destinate a scontrarsi. | ||
Ë ancora Socrate Scolastico, subito dopo aver descritto l'aggressione a Oreste, a scrivere che « per la straordinaria saggezza » di Ipazia « l'invidia si armò contro di lei ». L'invidia [''phthonos''] produce la calunnia, e la calunnia messa in giro da Cirillo tra i suoi fedeli era che « fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il vescovo ».<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 15.</ref> Anche per Esichio Ipazia « patì per l'invidia della sua straordinaria saggezza, ma soprattutto per l'ostilità alla sua sapienza astronomica ».<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 5-8.</ref> | Ë ancora Socrate Scolastico, subito dopo aver descritto l'aggressione a Oreste, a scrivere che « per la straordinaria saggezza » di Ipazia « l'invidia si armò contro di lei ». L'invidia [''phthonos''] produce la calunnia, e la calunnia messa in giro da Cirillo tra i suoi fedeli era che « fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il vescovo ».<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 15.</ref> Anche per Esichio Ipazia « patì per l'invidia della sua straordinaria saggezza, ma soprattutto per l'ostilità alla sua sapienza astronomica ».<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 5-8.</ref> | ||
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[[File:Astronomia.jpg|thumb|130px|<center>''L'astronoma''</center>]] | [[File:Astronomia.jpg|thumb|130px|<center>''L'astronoma''</center>]] | ||
Ë stato sostenuto che non sarebbe credibile che Cirillo venisse a sapere solo allora dell'ubicazione della casa di Ipazia e di quanto vi avveniva,<ref>M. Dzielska, op. cit., p. 98.</ref> osservazione peraltro contestata, in quanto Ipazia avrebbe abitato in un luogo poco frequentato dell'estrema periferia della città .<ref>Così P. Chuvin, M. Tardieu, op. cit., pp. 61-62.</ref> Inoltre Damascio, secondo un ''topos'' presente nelle antiche biografie, poteva anche proponrsi di « catturare il gesto che rivelava l'anima ».<ref>P. Cox, ''Biography in Late Antiquity, a Quest for the Holy Man'', p. XI.</ref> La finzione letteraria della rappresentazione di Cirillo davanti alla casa di Ipazia — se di finzione si tratta — serve a mettere in risalto due realtà : la personalità meschina e violenta del vescovo da una parte, e il prestigio e la popolarità di Ipazia dall'altra.<ref>G. Beretta, op. cit., p. 137.</ref> | Ë stato sostenuto che non sarebbe credibile che Cirillo venisse a sapere solo allora dell'ubicazione della casa di Ipazia e di quanto vi avveniva,<ref>M. Dzielska, op. cit., p. 98.</ref> osservazione peraltro contestata, in quanto Ipazia avrebbe abitato in un luogo poco frequentato dell'estrema periferia della città.<ref>Così P. Chuvin, M. Tardieu, op. cit., pp. 61-62.</ref> Inoltre Damascio, secondo un ''topos'' presente nelle antiche biografie, poteva anche proponrsi di « catturare il gesto che rivelava l'anima ».<ref>P. Cox, ''Biography in Late Antiquity, a Quest for the Holy Man'', p. XI.</ref> La finzione letteraria della rappresentazione di Cirillo davanti alla casa di Ipazia — se di finzione si tratta — serve a mettere in risalto due realtà : la personalità meschina e violenta del vescovo da una parte, e il prestigio e la popolarità di Ipazia dall'altra.<ref>G. Beretta, op. cit., p. 137.</ref> | ||
Un'invidia complessa, quella di Cirillo: invidia per la sapienza di Ipazia, per il favore goduto presso Oreste, e anche per « la naturale gelosia del chierico per la donna di mondo ».<ref>S. Ronchey, op. cit., p. 57.</ref> Infine, uccidendo Ipazia, Cirillo raggiungeva due obiettivi: toglieva al prefetto Oreste un importante appoggio di contrasto alla sua trama politica e soddisfaceva il suo personale rancore contro una persona che egli sapeva essergli superiore. | Un'invidia complessa, quella di Cirillo: invidia per la sapienza di Ipazia, per il favore goduto presso Oreste, e anche per « la naturale gelosia del chierico per la donna di mondo ».<ref>S. Ronchey, op. cit., p. 57.</ref> Infine, uccidendo Ipazia, Cirillo raggiungeva due obiettivi: toglieva al prefetto Oreste un importante appoggio di contrasto alla sua trama politica e soddisfaceva il suo personale rancore contro una persona che egli sapeva essergli superiore. | ||
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[[File:Ipazia Rachel Weisz.jpg|thumb|140px|Ipazia.<ref>Dal film di Alejandro Amenábar.</ref>]] | [[File:Ipazia Rachel Weisz.jpg|thumb|140px|Ipazia.<ref>Dal film di Alejandro Amenábar.</ref>]] | ||
Gli apologeti del vescovo Cirillo hanno il serio problema di fare i conti con lo storico Socrate. Due sono i modi di combatterlo: falsarlo o negargli autorità . L'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'', alla voce ''Cirillo d'Alessandria'', scrive: « Se bisogna credere a Socrate, gli inizi del suo episcopato furono segnati da continue rivolte e violenze in cui restò compromesso indirettamente il vescovo stesso [...] La causa principale di queste agitazioni fu la discordia con il prefetto Oreste. Nel 415, durante una baruffa, la celebre Ipazia, versatissima nella filosofia neoplatonica, fu ammazzata da un parabolano a causa della sua presunta influenza presso il prefetto. Non si può imputare a Cirillo questo assassinio nonostante le insinuazioni di Socrate, il quale non è imparziale ».<ref>''Enciclopedia cattolica'', II, c. 1716.</ref> | Gli apologeti del vescovo Cirillo hanno il serio problema di fare i conti con lo storico Socrate. Due sono i modi di combatterlo: falsarlo o negargli autorità. L'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'', alla voce ''Cirillo d'Alessandria'', scrive: « Se bisogna credere a Socrate, gli inizi del suo episcopato furono segnati da continue rivolte e violenze in cui restò compromesso indirettamente il vescovo stesso [...] La causa principale di queste agitazioni fu la discordia con il prefetto Oreste. Nel 415, durante una baruffa, la celebre Ipazia, versatissima nella filosofia neoplatonica, fu ammazzata da un parabolano a causa della sua presunta influenza presso il prefetto. Non si può imputare a Cirillo questo assassinio nonostante le insinuazioni di Socrate, il quale non è imparziale ».<ref>''Enciclopedia cattolica'', II, c. 1716.</ref> | ||
Come si vede, l'Enciclopedia vaticana mente tacciando Socrate d'imparzialità, parlando di compromissione indiretta di Cirillo, e trasformando ridicolmente il criminale complotto clericale in una « baruffa ». Ammette almeno che furono i parabalani ad assassinare Ipazia. La soluzione del ''Dizionario ecclesiastico'' dei « reverendi » Mercati e Pelzer è diversa ma egualmente menzognera: Ipazia « fu uccisa in una dimostrazione popolare perché avversa al cristianesimo; non fu però mai provata la colpevolezza di San Cirillo Alessandrino in questo fatto, come pretesero un secolo più tardi il filosofo Damascio nella sua ''Vita Isidori'' e lo storico bizantino Socrate nell'<nowiki></nowiki>''Historia ecclesiastica'' ».<ref>''Ipazia'', in AA. VV., ''Dizionario ecclesiastico'', II, p. 465.</ref> Qui si arriva alla « falsificazione grossolana » di spostare la cronologia di Socrate « nel secolo successivo e sentenziare che dunque non poteva sapere perché vissuto un secolo dopo i fatti ».<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 95.</ref> | Come si vede, l'Enciclopedia vaticana mente tacciando Socrate d'imparzialità, parlando di compromissione indiretta di Cirillo, e trasformando ridicolmente il criminale complotto clericale in una « baruffa ». Ammette almeno che furono i parabalani ad assassinare Ipazia. La soluzione del ''Dizionario ecclesiastico'' dei « reverendi » Mercati e Pelzer è diversa ma egualmente menzognera: Ipazia « fu uccisa in una dimostrazione popolare perché avversa al cristianesimo; non fu però mai provata la colpevolezza di San Cirillo Alessandrino in questo fatto, come pretesero un secolo più tardi il filosofo Damascio nella sua ''Vita Isidori'' e lo storico bizantino Socrate nell'<nowiki></nowiki>''Historia ecclesiastica'' ».<ref>''Ipazia'', in AA. VV., ''Dizionario ecclesiastico'', II, p. 465.</ref> Qui si arriva alla « falsificazione grossolana » di spostare la cronologia di Socrate « nel secolo successivo e sentenziare che dunque non poteva sapere perché vissuto un secolo dopo i fatti ».<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 95.</ref> | ||
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Sia l'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'' ([[1950]]) che il ''Dizionario ecclesiastico'' ([[1953]]) ammettono comunque che Socrate Scolastico accusa Cirillo della morte di Ipazia. Si arrampica invece sugli specchi il tedesco ''Lexikon für Theologie und Kirche'' ([[1961]]) per negare che l'antico storico faccia Cirillo responsabile dell'omicidio di Ipazia. Scrive infatti alla voce dedicata a Cirillo: « Accaddero eventi oscuri: la battaglia di una banda di monaci contro il prefetto Oreste, la crudele uccisione della filosofa Ipazia da parte di una folla cristiana, organizzata dal lettore Pietro. Socrate parla della "vergogna" per Cirillo e per la Chiesa di Alessandria, ma non di una colpa di Cirillo ».<ref>''Kyrillos'', in AA. VV., ''Lexikon für Theologie und Kirche'', VI, c. 707.</ref> Forse non è un caso che la terza edizione del ''Lexikon'' ([[1994]]) eviti del tutto ogni riferimento all'omicidio di Ipazia: « una ben curiosa autocensura ».<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 96.</ref> | Sia l'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'' ([[1950]]) che il ''Dizionario ecclesiastico'' ([[1953]]) ammettono comunque che Socrate Scolastico accusa Cirillo della morte di Ipazia. Si arrampica invece sugli specchi il tedesco ''Lexikon für Theologie und Kirche'' ([[1961]]) per negare che l'antico storico faccia Cirillo responsabile dell'omicidio di Ipazia. Scrive infatti alla voce dedicata a Cirillo: « Accaddero eventi oscuri: la battaglia di una banda di monaci contro il prefetto Oreste, la crudele uccisione della filosofa Ipazia da parte di una folla cristiana, organizzata dal lettore Pietro. Socrate parla della "vergogna" per Cirillo e per la Chiesa di Alessandria, ma non di una colpa di Cirillo ».<ref>''Kyrillos'', in AA. VV., ''Lexikon für Theologie und Kirche'', VI, c. 707.</ref> Forse non è un caso che la terza edizione del ''Lexikon'' ([[1994]]) eviti del tutto ogni riferimento all'omicidio di Ipazia: « una ben curiosa autocensura ».<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 96.</ref> | ||
A partire dall'affermarsi del [[femminismo]], Ipazia diviene oggetto di studi e protagonista di romanzi, oltre a dare il nome a diverse riviste,<ref>Tra le prime, ''Hypatia. A Journal of Feminist Philosophy'' (1983) e ''Hypatia. Feminist Studies'' (1984).</ref> e a essere compresa dall'artista americana Judy Chicago nel suo imponente ''Dinner Party'' ([[1979]]) al Brooklyn Museum di New York: una tavolata triangolare di 16 metri di lato per accogliere idealmente 39 convitate, personaggi storici — ma anche alcune divinità mitologiche — che hanno illustrato la storia dell'umanità . Sul pavimento sono iscritti 999 nomi femminili.<ref>[http://3.bp.blogspot.com/_ctzkBkZJxzE/TQe9f8COnRI/AAAAAAAAACY/mLId33UXRGs/s1600/Judy-Chicago-The-Dinner-Party-01.jpg Il ''Dinner Party''] di Judy Chicago.</ref> | A partire dall'affermarsi del [[femminismo]], Ipazia diviene oggetto di studi e protagonista di romanzi, oltre a dare il nome a diverse riviste,<ref>Tra le prime, ''Hypatia. A Journal of Feminist Philosophy'' (1983) e ''Hypatia. Feminist Studies'' (1984).</ref> e a essere compresa dall'artista americana Judy Chicago nel suo imponente ''Dinner Party'' ([[1979]]) al Brooklyn Museum di New York: una tavolata triangolare di 16 metri di lato per accogliere idealmente 39 convitate, personaggi storici — ma anche alcune divinità mitologiche — che hanno illustrato la storia dell'umanità. Sul pavimento sono iscritti 999 nomi femminili.<ref>[http://3.bp.blogspot.com/_ctzkBkZJxzE/TQe9f8COnRI/AAAAAAAAACY/mLId33UXRGs/s1600/Judy-Chicago-The-Dinner-Party-01.jpg Il ''Dinner Party''] di Judy Chicago.</ref> | ||
In ''Renaissance en Paganie'' di Andrée Ferretti, donna attiva politicamente per l'indipendenza del Québec, Ipazia rappresenta « l'ultima resistenza all'instaurazione di un primo potere assoluto fondato su una visione egemonica del mondo », mentre per Ursule Molinaro « il sordido assassinio » di Ipazia « segna la fine di un'epoca in cui le donne erano ancora apprezzate per il loro cervello sotto la loro capigliatura », ma anche l'ultima donna sessualmente liberata grazie alla sua cultura, prima che il cristianesimo fattosi potere imponesse la sua visione sessuofobica e misogina.<ref>U. Molinaro, ''A Christian Martyr in Reverse: Hypatia 370-415'', in « Hypatia. Feminist Studies », 1989.</ref> | In ''Renaissance en Paganie'' di Andrée Ferretti, donna attiva politicamente per l'indipendenza del Québec, Ipazia rappresenta « l'ultima resistenza all'instaurazione di un primo potere assoluto fondato su una visione egemonica del mondo », mentre per Ursule Molinaro « il sordido assassinio » di Ipazia « segna la fine di un'epoca in cui le donne erano ancora apprezzate per il loro cervello sotto la loro capigliatura », ma anche l'ultima donna sessualmente liberata grazie alla sua cultura, prima che il cristianesimo fattosi potere imponesse la sua visione sessuofobica e misogina.<ref>U. Molinaro, ''A Christian Martyr in Reverse: Hypatia 370-415'', in « Hypatia. Feminist Studies », 1989.</ref> |