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È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta »,<ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ».<ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano<ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità superiore a quella dello stesso prefetto augustale.<ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref> | È rimasta tristemente famosa la distruzione, avvenuta nel 391, del grande tempio del Serapeo, « gigantesco palazzo senza eguali sulla terra, lungo cinquecento cubiti e largo duecentocinquanta »,<ref>Circa 220 metri per 120. Così l'enciclopedista arabo al-Mas'udi, in A. J. Butler, ''The Arab Conquest of Egypt and the Last Thirty of the Roman Dominion'', p. 387.</ref> della biblioteca che vi era ospitata, la Serapiana, e della grande statua di Serapide, opera del celebre scultore ateniese Brasside. Tutto fu saccheggiato e del Serapeo i cristiani « soltanto il pavimento non riuscirono a portar via a causa della pesantezza delle pietre ».<ref>Eunapio, ''Vite di filosofi e sofisti'', VI, p. 137.</ref> Protagonisti della devastazione furono i monaci degli eremi e dei monasteri del deserto di Nitria, di Ennaton e della regione del lago Mariut. In cinquemila vi vivevano<ref>S. A. Takács, ''Hypatia's Murder. The Sacrifice of a Virgin and its Implications'', in AA. VV., ''The Formulation of Christianity by Conflict trought the Ages'', pp. 54 e 58.</ref> e la capacità di mobilitarli testimonia del potere del vescovo Teofilo, che in virtù della ricchezza della chiesa di Alessandria poteva ormai vantare un'autorità superiore a quella dello stesso prefetto augustale.<ref>S. Ronchey, op. cit., p. 31.</ref> | ||
La politica del vescovo Teofilo fu continuata con brutale determinazione dal nipote Cirillo, suo successore nel 412 alla cattedra vescovile. Questi, ambizioso e senza scrupoli, « manovrando la piazza e facendo leva sul rozzo fanatismo degli ambienti monastici, non rifuggì dal sopruso e dalla violenza ». Ipazia fu una delle sue vittime.<ref>G. Visonà , ''Cirillo di Alessandria'', in « Enciclopedia Filosofica Bompiani », II, p. 1945.</ref> | La politica del vescovo Teofilo fu continuata con brutale determinazione dal nipote Cirillo, suo successore nel 412 alla cattedra vescovile. Questi, ambizioso e senza scrupoli, « manovrando la piazza e facendo leva sul rozzo fanatismo degli ambienti monastici, non rifuggì dal sopruso e dalla violenza ». Ipazia fu una delle sue vittime.<ref>G. Visonà, ''Cirillo di Alessandria'', in « Enciclopedia Filosofica Bompiani », II, p. 1945.</ref> | ||
=== Ipazia e la scienza === | === Ipazia e la scienza === | ||
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Come il padre, anche Ipazia insegnò, sia pubblicamente che privatamente. Non ci restano però i suoi scritti, andati distrutti — si è ipotizzato — a causa della ''damnatio memoriae'' decretata dal fondamentalismo cristiano. Oltre al contributo all'opera paterna, aveva composto un commento all'<nowiki></nowiki>''Arithmetica'' di Diofanto, un altro commento alle ''Coniche'' di Apollonio, e un ''Canone astronomico''.<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 3-5.</ref> La natura di quest'ultimo scritto è variamente discussa. Mentre i più lo ritengono un commento a un'opera di Tolomeo, lo stesso ''Sistema matematico'' o le ''Tavole facili'',<ref>M. A. B. Deakin, ''Hypatia of Alexandria, mathematician and martyr'', pp. 95-101; P. Tannery, ''L'article de Suidas sur Hypatie'', p. 199.</ref> vi è chi crede che potesse essere un nuovo trattato sull'astronomia alternativo al sistema tolemaico, giustificando l'ipotesi con gli interessi dimostrati da Ipazia verso i trattati di Apollonio e di Diofanto. Da loro ella avrebbe tratto gli strumenti matematici necessari alla formulazione di un'originale interpretazione del movimento degli astri.<ref>G. Beretta, op. cit., pp. 48-55.</ref> | Come il padre, anche Ipazia insegnò, sia pubblicamente che privatamente. Non ci restano però i suoi scritti, andati distrutti — si è ipotizzato — a causa della ''damnatio memoriae'' decretata dal fondamentalismo cristiano. Oltre al contributo all'opera paterna, aveva composto un commento all'<nowiki></nowiki>''Arithmetica'' di Diofanto, un altro commento alle ''Coniche'' di Apollonio, e un ''Canone astronomico''.<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 644, 3-5.</ref> La natura di quest'ultimo scritto è variamente discussa. Mentre i più lo ritengono un commento a un'opera di Tolomeo, lo stesso ''Sistema matematico'' o le ''Tavole facili'',<ref>M. A. B. Deakin, ''Hypatia of Alexandria, mathematician and martyr'', pp. 95-101; P. Tannery, ''L'article de Suidas sur Hypatie'', p. 199.</ref> vi è chi crede che potesse essere un nuovo trattato sull'astronomia alternativo al sistema tolemaico, giustificando l'ipotesi con gli interessi dimostrati da Ipazia verso i trattati di Apollonio e di Diofanto. Da loro ella avrebbe tratto gli strumenti matematici necessari alla formulazione di un'originale interpretazione del movimento degli astri.<ref>G. Beretta, op. cit., pp. 48-55.</ref> | ||
A conforto di questa ipotesi si cita Sinesio, un allievo d'Ipazia, il quale nel 399 scriveva, a proposito degli astronomi del passato, che « essi lavorarono su mere ipotesi » e « le più importanti questioni non erano state ancora risolte e la geometria era ancora ai suoi primi vagiti ». Ora era possibile andare oltre, verso la « perfezione ». Dei perfezionamenti moderni Sinesio cita l'astrolabio da lui costruito « sulla base di quanto mi insegnò la mia veneratissima maestra » Ipazia.<ref>Sinesio, ''A Peonio sul dono'', in ''Opere di Sinesio di Cirene'', p. 547.</ref> Utilizzato per calcolare il tempo e definire la posizione dei pianeti, del sole e delle altre stelle, era formato da due dischi metallici forati e sovrapposti, congiunti con un perno in modo da ruotare uno sull'altro. Un altro strumento costruito su indicazioni di Ipazia e citato da Sinesio, fu un aerometro, un misuratore della densità dei liquidi: « un tubo cilindrico avente la forma e la misura di un flauto. In linea perpendicolare reca degli intagli, a mezzo dei quali misuriamo il peso dei liquidi ».<ref>Sinesio, ''Epistola 15'', op. cit., pp. 100-102.</ref> Munito di un peso a un'estremità , il tubo s'immergeva nel liquido e al livello d'immersione si leggeva sulla scala graduata il peso specifico risultante. | A conforto di questa ipotesi si cita Sinesio, un allievo d'Ipazia, il quale nel 399 scriveva, a proposito degli astronomi del passato, che « essi lavorarono su mere ipotesi » e « le più importanti questioni non erano state ancora risolte e la geometria era ancora ai suoi primi vagiti ». Ora era possibile andare oltre, verso la « perfezione ». Dei perfezionamenti moderni Sinesio cita l'astrolabio da lui costruito « sulla base di quanto mi insegnò la mia veneratissima maestra » Ipazia.<ref>Sinesio, ''A Peonio sul dono'', in ''Opere di Sinesio di Cirene'', p. 547.</ref> Utilizzato per calcolare il tempo e definire la posizione dei pianeti, del sole e delle altre stelle, era formato da due dischi metallici forati e sovrapposti, congiunti con un perno in modo da ruotare uno sull'altro. Un altro strumento costruito su indicazioni di Ipazia e citato da Sinesio, fu un aerometro, un misuratore della densità dei liquidi: « un tubo cilindrico avente la forma e la misura di un flauto. In linea perpendicolare reca degli intagli, a mezzo dei quali misuriamo il peso dei liquidi ».<ref>Sinesio, ''Epistola 15'', op. cit., pp. 100-102.</ref> Munito di un peso a un'estremità, il tubo s'immergeva nel liquido e al livello d'immersione si leggeva sulla scala graduata il peso specifico risultante. | ||
=== Ipazia e la filosofia === | === Ipazia e la filosofia === | ||
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[[File:Raffaello Plotino.jpg|thumb|160px|<center>Raffaello</center><center>''Il filosofo Plotino''</center>]] | [[File:Raffaello Plotino.jpg|thumb|160px|<center>Raffaello</center><center>''Il filosofo Plotino''</center>]] | ||
La concezione che egli ha dell'astronomia è quella stessa d'Ipazia. Scrive infatti Sinesio, offrendo all'amico Peonio un libro scritto « sulla base di quanto m'insegnò la mia veneratissima maestra », che l'astronomia « è già di per sé una scienza di alta dignità , ma può servire da ascesa a qualcosa di ancora più alto, può essere l'adatto tramite, io credo, ai misteri della teologia, perché il corpo perfetto del cielo ha la materia sotto di sé e il suo moto è stato equiparato dai maggiori filosofi all'attività dell'intelletto. Questa scienza procede alle sue dimostrazioni in maniera incontrovertibile e si serve dell'aiuto della geometria e dell'aritmetica, che non ritengo disdicevole chiamare retto canone di verità ».<ref>Sinesio, ''Discorso sul dono'', op. cit., p. 544.</ref> | La concezione che egli ha dell'astronomia è quella stessa d'Ipazia. Scrive infatti Sinesio, offrendo all'amico Peonio un libro scritto « sulla base di quanto m'insegnò la mia veneratissima maestra », che l'astronomia « è già di per sé una scienza di alta dignità, ma può servire da ascesa a qualcosa di ancora più alto, può essere l'adatto tramite, io credo, ai misteri della teologia, perché il corpo perfetto del cielo ha la materia sotto di sé e il suo moto è stato equiparato dai maggiori filosofi all'attività dell'intelletto. Questa scienza procede alle sue dimostrazioni in maniera incontrovertibile e si serve dell'aiuto della geometria e dell'aritmetica, che non ritengo disdicevole chiamare retto canone di verità ».<ref>Sinesio, ''Discorso sul dono'', op. cit., p. 544.</ref> | ||
Si sa del legame dell'astronomia con l'astrologia, e il ''Dione'' dedicato a Ipazia, alla quale Sinesio chiede se sia il caso di pubblicarlo, « rivela non poche dottrine inviolabili che restano celate ai profani »,<ref>Sinesio, ''Epistola 154'', op. cit., p. 374.</ref> mentre il suo trattato ''Sui sogni'' contiene numerose citazioni degli oracoli caldei, ormai proibiti nell'Impero cristianizzato.<ref>S. Ronchey, op. cit., p. 160.</ref> | Si sa del legame dell'astronomia con l'astrologia, e il ''Dione'' dedicato a Ipazia, alla quale Sinesio chiede se sia il caso di pubblicarlo, « rivela non poche dottrine inviolabili che restano celate ai profani »,<ref>Sinesio, ''Epistola 154'', op. cit., p. 374.</ref> mentre il suo trattato ''Sui sogni'' contiene numerose citazioni degli oracoli caldei, ormai proibiti nell'Impero cristianizzato.<ref>S. Ronchey, op. cit., p. 160.</ref> | ||
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Fallita la riconciliazione pacifica col prefetto, Cirillo ricorse alle maniere forti. Dai monti della Nitria, a pochi chilometri da Alessandria, fece intervenire cinquecento monaci, i cosiddetti parabalani, « esseri abominevoli, vere bestie » secondo le fonti antiche,<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 645, 13-14.</ref> che avevano generalmente funzioni di infermieri,<ref>Così citati nel ''Codex Theodosianus'', 16, 2, 42, del 416 e negli atti del Concilio di Calcedonia del 451, ''Acta conciliorum oecomenicorum'', II, 1, 1. La diffusa dizione ''parabolani'' è erronea.</ref> ma « di fatto costituivano un vero e proprio corpo di polizia che i vescovi di Alessandria usavano per mantenere nella città il loro ordine ».<ref>G. Beretta, op. cit., p. 11.</ref> Alla loro opera aveva infatti già fatto ricorso Teofilo, lo zio di Cirillo, per sbarazzarsi di Dioscoro, il vescovo di Ermopoli, e dei suoi fratelli.<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14; AA. VV., ''Biografia universale antica e moderna'', XVI, ''Dioscoro'', p. 46.</ref> | Fallita la riconciliazione pacifica col prefetto, Cirillo ricorse alle maniere forti. Dai monti della Nitria, a pochi chilometri da Alessandria, fece intervenire cinquecento monaci, i cosiddetti parabalani, « esseri abominevoli, vere bestie » secondo le fonti antiche,<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 645, 13-14.</ref> che avevano generalmente funzioni di infermieri,<ref>Così citati nel ''Codex Theodosianus'', 16, 2, 42, del 416 e negli atti del Concilio di Calcedonia del 451, ''Acta conciliorum oecomenicorum'', II, 1, 1. La diffusa dizione ''parabolani'' è erronea.</ref> ma « di fatto costituivano un vero e proprio corpo di polizia che i vescovi di Alessandria usavano per mantenere nella città il loro ordine ».<ref>G. Beretta, op. cit., p. 11.</ref> Alla loro opera aveva infatti già fatto ricorso Teofilo, lo zio di Cirillo, per sbarazzarsi di Dioscoro, il vescovo di Ermopoli, e dei suoi fratelli.<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14; AA. VV., ''Biografia universale antica e moderna'', XVI, ''Dioscoro'', p. 46.</ref> | ||
I parabalani, giunti in città , « si appostarono per sorprendere il prefetto mentre passava col carro. Avvicinatisi, lo chiamavano sacrificatore ed elleno, e gli gridavano molti altri insulti. Egli allora, sospettando un'insidia di Cirillo, proclamò di essere cristiano e di essere stato battezzato dal vescovo Attico. Ma i monaci non badavano a quel che diceva e uno di loro, di nome Ammonio, colpì Oreste alla testa con una pietra ».<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14.</ref> Ammonio fu arrestato e morì sotto tortura. Nuovi rapporti furono inviati a Costantinopoli da Oreste e da Cirillo, il quale intanto fece pubblicamente del parabalano Ammonio un martire, in modo da far passare Oreste per persecutore dei cristiani. « Ma chi aveva senno, anche se cristiano, non approvò l'intrigo di Cirillo. Sapeva, infatti, che Ammonio era stato punito per la sua temerarietà e non era morto sotto le torture per costringerlo a negare Cristo », tanto che Cirillo, di fronte alla riprovazione di una parte dei suoi stessi fedeli, « si adoperò per far dimenticare al più presto l'accaduto con il silenzio ».<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14.</ref> | I parabalani, giunti in città, « si appostarono per sorprendere il prefetto mentre passava col carro. Avvicinatisi, lo chiamavano sacrificatore ed elleno, e gli gridavano molti altri insulti. Egli allora, sospettando un'insidia di Cirillo, proclamò di essere cristiano e di essere stato battezzato dal vescovo Attico. Ma i monaci non badavano a quel che diceva e uno di loro, di nome Ammonio, colpì Oreste alla testa con una pietra ».<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14.</ref> Ammonio fu arrestato e morì sotto tortura. Nuovi rapporti furono inviati a Costantinopoli da Oreste e da Cirillo, il quale intanto fece pubblicamente del parabalano Ammonio un martire, in modo da far passare Oreste per persecutore dei cristiani. « Ma chi aveva senno, anche se cristiano, non approvò l'intrigo di Cirillo. Sapeva, infatti, che Ammonio era stato punito per la sua temerarietà e non era morto sotto le torture per costringerlo a negare Cristo », tanto che Cirillo, di fronte alla riprovazione di una parte dei suoi stessi fedeli, « si adoperò per far dimenticare al più presto l'accaduto con il silenzio ».<ref>Socrate Scolastico, op. cit., VII, 14.</ref> | ||
==== L'« invidia » di Cirillo ==== | ==== L'« invidia » di Cirillo ==== | ||
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Mandante e assassini rimasero impuniti. L'oro di Cirillo corruppe il conte Edesio, il responsabile delle indagini, e tutto fu messo a tacere.<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 645.</ref> A Costantinopoli, la reggente Pulcheria e il giovanissimo Teodosio II, religiosissimi, apprezzavano molto il vescovo criminale e non ebbero alcuna esitazione a insabbiare l'inchiesta. L'unica concessione al prefetto Oreste consistette nella riduzione del numero dei parabalani presenti in città e nel divieto a loro imposto di frequentare i luoghi pubblici. La chiesa, riconoscente, farà di Pulcheria una « santa ».<ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 64-65.</ref> | Mandante e assassini rimasero impuniti. L'oro di Cirillo corruppe il conte Edesio, il responsabile delle indagini, e tutto fu messo a tacere.<ref>''Suidae Lexikon'', IV, p. 645.</ref> A Costantinopoli, la reggente Pulcheria e il giovanissimo Teodosio II, religiosissimi, apprezzavano molto il vescovo criminale e non ebbero alcuna esitazione a insabbiare l'inchiesta. L'unica concessione al prefetto Oreste consistette nella riduzione del numero dei parabalani presenti in città e nel divieto a loro imposto di frequentare i luoghi pubblici. La chiesa, riconoscente, farà di Pulcheria una « santa ».<ref>S. Ronchey, op. cit., pp. 64-65.</ref> | ||
== La memoria storica di Ipazia tra verità , fantasie e menzogne == | == La memoria storica di Ipazia tra verità, fantasie e menzogne == | ||
:La menzogna « riesce a fare di un moro un bianco, di un ateo un santo e di un dissoluto un patriota ».<ref>Jonathan Swift, ''L'arte della menzogna politica''.</ref> | :La menzogna « riesce a fare di un moro un bianco, di un ateo un santo e di un dissoluto un patriota ».<ref>Jonathan Swift, ''L'arte della menzogna politica''.</ref> | ||
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Gli apologeti del vescovo Cirillo hanno il serio problema di fare i conti con lo storico Socrate. Due sono i modi di combatterlo: falsarlo o negargli autorità . L'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'', alla voce ''Cirillo d'Alessandria'', scrive: « Se bisogna credere a Socrate, gli inizi del suo episcopato furono segnati da continue rivolte e violenze in cui restò compromesso indirettamente il vescovo stesso [...] La causa principale di queste agitazioni fu la discordia con il prefetto Oreste. Nel 415, durante una baruffa, la celebre Ipazia, versatissima nella filosofia neoplatonica, fu ammazzata da un parabolano a causa della sua presunta influenza presso il prefetto. Non si può imputare a Cirillo questo assassinio nonostante le insinuazioni di Socrate, il quale non è imparziale ».<ref>''Enciclopedia cattolica'', II, c. 1716.</ref> | Gli apologeti del vescovo Cirillo hanno il serio problema di fare i conti con lo storico Socrate. Due sono i modi di combatterlo: falsarlo o negargli autorità . L'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'', alla voce ''Cirillo d'Alessandria'', scrive: « Se bisogna credere a Socrate, gli inizi del suo episcopato furono segnati da continue rivolte e violenze in cui restò compromesso indirettamente il vescovo stesso [...] La causa principale di queste agitazioni fu la discordia con il prefetto Oreste. Nel 415, durante una baruffa, la celebre Ipazia, versatissima nella filosofia neoplatonica, fu ammazzata da un parabolano a causa della sua presunta influenza presso il prefetto. Non si può imputare a Cirillo questo assassinio nonostante le insinuazioni di Socrate, il quale non è imparziale ».<ref>''Enciclopedia cattolica'', II, c. 1716.</ref> | ||
Come si vede, l'Enciclopedia vaticana mente tacciando Socrate d'imparzialità , parlando di compromissione indiretta di Cirillo, e trasformando ridicolmente il criminale complotto clericale in una « baruffa ». Ammette almeno che furono i parabalani ad assassinare Ipazia. La soluzione del ''Dizionario ecclesiastico'' dei « reverendi » Mercati e Pelzer è diversa ma egualmente menzognera: Ipazia « fu uccisa in una dimostrazione popolare perché avversa al cristianesimo; non fu però mai provata la colpevolezza di San Cirillo Alessandrino in questo fatto, come pretesero un secolo più tardi il filosofo Damascio nella sua ''Vita Isidori'' e lo storico bizantino Socrate nell'<nowiki></nowiki>''Historia ecclesiastica'' ».<ref>''Ipazia'', in AA. VV., ''Dizionario ecclesiastico'', II, p. 465.</ref> Qui si arriva alla « falsificazione grossolana » di spostare la cronologia di Socrate « nel secolo successivo e sentenziare che dunque non poteva sapere perché vissuto un secolo dopo i fatti ».<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 95.</ref> | Come si vede, l'Enciclopedia vaticana mente tacciando Socrate d'imparzialità, parlando di compromissione indiretta di Cirillo, e trasformando ridicolmente il criminale complotto clericale in una « baruffa ». Ammette almeno che furono i parabalani ad assassinare Ipazia. La soluzione del ''Dizionario ecclesiastico'' dei « reverendi » Mercati e Pelzer è diversa ma egualmente menzognera: Ipazia « fu uccisa in una dimostrazione popolare perché avversa al cristianesimo; non fu però mai provata la colpevolezza di San Cirillo Alessandrino in questo fatto, come pretesero un secolo più tardi il filosofo Damascio nella sua ''Vita Isidori'' e lo storico bizantino Socrate nell'<nowiki></nowiki>''Historia ecclesiastica'' ».<ref>''Ipazia'', in AA. VV., ''Dizionario ecclesiastico'', II, p. 465.</ref> Qui si arriva alla « falsificazione grossolana » di spostare la cronologia di Socrate « nel secolo successivo e sentenziare che dunque non poteva sapere perché vissuto un secolo dopo i fatti ».<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 95.</ref> | ||
Sia l'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'' ([[1950]]) che il ''Dizionario ecclesiastico'' ([[1953]]) ammettono comunque che Socrate Scolastico accusa Cirillo della morte di Ipazia. Si arrampica invece sugli specchi il tedesco ''Lexikon für Theologie und Kirche'' ([[1961]]) per negare che l'antico storico faccia Cirillo responsabile dell'omicidio di Ipazia. Scrive infatti alla voce dedicata a Cirillo: « Accaddero eventi oscuri: la battaglia di una banda di monaci contro il prefetto Oreste, la crudele uccisione della filosofa Ipazia da parte di una folla cristiana, organizzata dal lettore Pietro. Socrate parla della "vergogna" per Cirillo e per la Chiesa di Alessandria, ma non di una colpa di Cirillo ».<ref>''Kyrillos'', in AA. VV., ''Lexikon für Theologie und Kirche'', VI, c. 707.</ref> Forse non è un caso che la terza edizione del ''Lexikon'' ([[1994]]) eviti del tutto ogni riferimento all'omicidio di Ipazia: « una ben curiosa autocensura ».<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 96.</ref> | Sia l'<nowiki></nowiki>''Enciclopedia cattolica'' ([[1950]]) che il ''Dizionario ecclesiastico'' ([[1953]]) ammettono comunque che Socrate Scolastico accusa Cirillo della morte di Ipazia. Si arrampica invece sugli specchi il tedesco ''Lexikon für Theologie und Kirche'' ([[1961]]) per negare che l'antico storico faccia Cirillo responsabile dell'omicidio di Ipazia. Scrive infatti alla voce dedicata a Cirillo: « Accaddero eventi oscuri: la battaglia di una banda di monaci contro il prefetto Oreste, la crudele uccisione della filosofa Ipazia da parte di una folla cristiana, organizzata dal lettore Pietro. Socrate parla della "vergogna" per Cirillo e per la Chiesa di Alessandria, ma non di una colpa di Cirillo ».<ref>''Kyrillos'', in AA. VV., ''Lexikon für Theologie und Kirche'', VI, c. 707.</ref> Forse non è un caso che la terza edizione del ''Lexikon'' ([[1994]]) eviti del tutto ogni riferimento all'omicidio di Ipazia: « una ben curiosa autocensura ».<ref>L. Canfora, ''Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica'', p. 96.</ref> |