Iconoclastia
Il termine iconoclasta (dal greco εἰκών - eikòn, "immagine" e κλάω - kláō, "distruggo") significa propriamente «distruttore di immagini» (il termine immagine si applica, fin dai tempi antichi, a tutte le figure dipinte o scolpite). Si riferisce in particolare alle persone o alle sette che si oppongono al culto delle immagini e di conseguenza ne perpetrano la distruzione. L'iconoclastia, specificamente, appartiene alla storia delle religioni che hanno accettato e praticato il culto delle immagini e a tutte le manifestazioni che ne hanno continuato, attraverso il tempo, gli apparentamenti religiosi. [1]
Storicamente il termine iconoclastia - o iconoclasmo viene usato per definire un movimento di carattere politico e religioso sviluppatosi nell'impero bizantino intorno alla prima metà del secolo VIII. Questo movimento (orientativamente va dal 726 al 843) basava la propria dottrina sull'affermazione che la venerazione delle icone spesso sfociasse in una forma di idolatria: l'"iconolatria".
Per estensione, dandogli un'accezione politica, il termine indica anche tutti coloro che esercitano «una critica demolitrice e sovversiva nei confronti dei principi, delle idee, delle convenzioni che regolano la società» [2]. Non sorprende quindi che anche molti anarchici si siano definiti iconoclasti e che diversi giornali, articoli o saggi abbiano utilizzato questa terminologia in riferimento ad una particolare concezione dell'anarchia (Renzo Novatore è stato probabilmente l'anarchico iconoclasta per eccellenza)
L'iconoclastia religiosa
La questione teologica della rappresentazione del divino attraversa le tre religioni monoteiste. Tutti attribuiscono la caratteristica della trascendenza alla divinità che va al di là della capacità umana di poterla rappresentare.
Tanto nel giudaismo quanto nel cristianesimo nasce il divieto di rappresentare una figura divina, fedelmente a quanto riporta la Bibbia:
- «Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6 ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi». (Esodo 20,4)
La proibizione di riprodurre immagini è un'interdizione fatta risalire quindi a Mosè stesso. Il popolo ebraico però diventò monoteista e iconoclasta solo dopo il ritorno dallesilio di Babilonia nel VI secolo; lo stesso cristianesimo, nonostante l'espresso divieto, produsse rapidamente le immagini, che chiamavano icone. L'Iconoclastia è quindi esistita fin dall'antichità e la riprova sta anche nel fatto che nell'Egitto dei faraoni non era raro vedere statue dei faraoni divinizzati distrutte dai loro successori (ad esempio, la distruzione delle statue di Hatshepsut dal suo successore Thutmose III).
Storicamente si individua l'iconoclastia come movimento religioso, quella sviluppata a Bisanzio tra l'VIII e il IX secolo, che considerava idolatrico il culto delle immagini sacre (Cristo, la Vergine, i santi) riprovevole e quindi ne predicava la loro distruzione.
La venerazione delle immagini (iconolatria) in Oriente aveva dato vita a diverse forme di fanatismo. La disputa assunse toni politici quando nel 726 l'imperatore bizantino Leone III Isaurico, una volta abbracciata in maniera chiara l'iconoclastia, iniziò una campagna persecutoria nei confronti degli adoratori di immagini (iconoduli). Furono chiusi monasteri e chiese ribelli, vennero confiscate e distribuite ai contadini-soldati le loro terre; Leone tentò di imporre anche a Roma la distruzione delle immagini sacre, ma si dovette scontrare con la decisa opposizione di papa Gregorio II, che di fatto portò alla fine del dominio bizantino nell'Italia centro-settentrionale: i governatori bizantini (esarchi) di Venezia, Ravenna e Roma vennero cacciati o uccisi dai seguaci di Gregorio II. Come ritorsione, l'imperatore ordinò che le diocesi di Grecia, Macedonia, Epiro e Creta passassero alla giurisdizione romana. Inizia così la separazione della Chiesa greca da quella romana. Le tesi iconoclaste furono ribadite al concilio di Hieria (753) dall'imperatore Costantino V Copronimo, figlio e successore di Leone III.
Affrancata dalla tutela bizantina, nel frattempo Roma si appoggiò prima ai longobardi, poi ai franchi, al cui re Carlo finì addirittura per riconoscere il titolo imperiale nell'800. Il concilio di Nicea II (787), filoromano, promosso dall'imperatrice Irene e dall'imperatore Costantino VI, su richiesta di papa Adriano I, si svolse con la partecipazione di 367 padri (tra cui anche Giovanni Damasceno e Teodoro Studita), quando Tarasio era patriarca a Bisanzio. Il Concilio stabilì che le icone potevano essere venerate ma non adorate. Gli iconoclasti furono scomunicati.
Nel 815 si tenne in Santa Sofia, a Costantinopoli, un nuovo sinodo iconoclasta, ma nel 843 Papa Gregorio IV abolì definitivamente l'iconoclastia.
Seppur l'iconoclastia delimiti storicamente un periodo ben preciso (726-843), esistono periodi storici in cui essa tornò di "moda": molti leader protestanti, fra i quali Giovanni Calvino, incoraggiarono la distruzione delle immagini religiose in quanto la loro venerazione era considerata un'eresia pagana (es. Zurigo nel 1523, Copenaghen nel 1530, Ginevra nel 1535, e Augusta nel 1537). A partire dal 1562, con le prime guerre di religione, ci fu un riesplodere dell'iconoclastia; monumenti prestigiosi come la Basilica di San Martino a Tours, la Cattedrale della Santa Croce di Orléans, l'Abbazia di Jumièges, la Cattedrale di San Pietro di Angoulême, la Basilica di Santa Maddalena a Vézelay furono seriamente danneggiate e distrutte. Nel 1566 furono le Fiandre ed i Paesi Bassi in generale a subire una grave crisi iconoclasta.
Uno dei casi più recenti di iconoclastia riguarda la distruzione dei Buddha di Bamiyan (Afghanistan), avvenuta nel 2001 ad opera dei talebani [3]. L'Islam ortodosso depreca la rappresentazione della figura umana laddove essa possa essere oggetto di venerazione, tuttavia per altri versi è tollerante e frequentemente ha concesso "strappi alla regola", purché esso non significasse la sovrapposizione dell'immagine alla divinità stessa.
L'accezione politica ed anarchica
Oggi, nel linguaggio comune, si definisce "iconoclasta" una persona che va contro le idee comunemente accettate (per esempio il rifiuto della tradizione), soprattutto quando ciò comporta, letteralmente o in senso figurato, la distruzione o la profanazione degli idoli.
Molti anarchici si sono spesso definiti iconoclasti, tra questi Renzo Novatore e Bruno Filippi sono forse i più conosciuti. Il primo collaborò intensamente alla rivista Iconoclasta! (Pistoia), fondata da Virgilio Gozzoli e a cui contribuirono anche diversi anarchici, tra cui Bruno Filippi, Giovanni Governato ecc. Di Filippi, dopo la sua morte nel 1919, Novatore pubblicherà nel 1920 i suoi scritti postumi intitolati I grandi iconoclasti.
Gli anarchici iconoclasti sono anarco-individualisti radicali, nemici di qualsiasi organizzazione sociale che limiti la libertà individuale ed i loro riferimenti culturali sono stati e sono soprattutto Max Stirner, Friedrich Nietzsche, Georges Palante, Oscar Wilde, Henrik Ibsen, Charles Baudelaire ecc. Il solito Renzo Novatore, nel suo Il mio individualismo iconoclasta (pubblicato in «Iconoclasta!», 1920), attaccò polemicamente l'anarchismo non-individualista ed esplicitò la sua idea iconoclasta dell'anarchia:
- «Ogni Società che voi costruirete avrà i suoi margini e sui margini di ogni Società si aggireranno i vagabondi eroici e scapigliati, dai pensieri vergini e selvaggi che solo sanno vivere preparando sempre nuove e formidabili esplosioni ribelli! Io sarò fra quelli!»
- «Ora fra il rogo ardente delle mie Idee anch'io son diventato di fiamma; e scotto, brucio, corrodo... A me devono accostarsi soltanto coloro che gioiscono contemplando ardenti vulcani che lanciano verso le stelle le lave sinistre esplodenti dal loro seno di fuoco [...] Io mi dichiaro in guerra aperta, palese e nascosta contro la Società: contro ogni Società!»
Un uguale riferimento all'anarchia iconoclasta di Novatore si trova in Verso il nulla creatore:
- «Bisogna che tutto ciò che si chiama "proprietà materiale", "proprietà privata", "proprietà esteriore" diventi per gli individui ciò che è il sole, la luce, il cielo, il mare, le stelle. E ciò avverrà! Avverrà perché noi - gli iconoclasti - la violenteremo! Solo la ricchezza etica e spirituale è invulnerabile. È vera proprietà dell'individuo. Il resto no! Il resto è vulnerabile! E tutto ciò che è vulnerabile sarà vulnerato».
Note
Bibliografia
- Renzo Novatore, Verso il nulla creatore, Edizioni Anarchismo, Trieste 2009.