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Di questi ragionamenti è oggi pieno il movimento anarchico, alla continua ricerca di motivazioni travestite da analisi teoriche che giustifichino la propria assoluta inazione. C’è chi vuole far nulla perché è scettico, chi perché non vuole imporre qualcosa a qualcuno, chi perché ritiene il [[potere]] troppo forte per lui e chi perché non vuole seguirne i ritmi e i tempi; ogni pretesto è buono. Ma questi anarchici, avranno un sogno capace di incendiare il loro cuore? | Di questi ragionamenti è oggi pieno il movimento anarchico, alla continua ricerca di motivazioni travestite da analisi teoriche che giustifichino la propria assoluta inazione. C’è chi vuole far nulla perché è scettico, chi perché non vuole imporre qualcosa a qualcuno, chi perché ritiene il [[potere]] troppo forte per lui e chi perché non vuole seguirne i ritmi e i tempi; ogni pretesto è buono. Ma questi anarchici, avranno un sogno capace di incendiare il loro cuore? | ||
Per sbarazzare il campo da quelle miserabili scuse, vale la pena ricordare un paio di cose. Non esistono due mondi, il loro e il nostro, e anche se per assurdo esistessero, come farebbero a convivere? Esiste un solo mondo, il modo dell’autorità e del denaro, dello sfruttamento e dell’obbedienza: il mondo dove siamo costretti a vivere. Non è possibile chiamarci fuori. Ecco perché non ci possiamo permettere l’indifferenza, ecco perché non riusciamo a ignorarlo. Se ci opponiamo allo [[Stato]], se siamo sempre pronti a cogliere l’occasione per attaccarlo, non è perché ne siamo indirettamente plasmati, non è perché abbiamo sacrificato i nostri desideri sull’altare della rivoluzione, ma perché i nostri desideri sono irrealizzabili finché esiste lo [[Stato]], finché esisterà un [[potere]]. La rivoluzione non ci distoglie dai nostri sogni, ma al contrario è la sola possibilità che consenta le condizioni della loro realizzazione. Noi vogliamo sovvertire questo mondo, al più presto, qui ed ora, perché qui ed ora ci sono solo caserme, tribunali, banche, cemento, supermercati, galere. Qui ed ora, c’è solo lo sfruttamento. Mentre la [[libertà]], ciò che noi intendiamo per [[libertà]], quella non esiste proprio. | Per sbarazzare il campo da quelle miserabili scuse, vale la pena ricordare un paio di cose. Non esistono due mondi, il loro e il nostro, e anche se per assurdo esistessero, come farebbero a convivere? Esiste un solo mondo, il modo dell’autorità e del denaro, dello sfruttamento e dell’obbedienza: il mondo dove siamo costretti a vivere. Non è possibile chiamarci fuori. Ecco perché non ci possiamo permettere l’indifferenza, ecco perché non riusciamo a ignorarlo. Se ci opponiamo allo [[Stato]], se siamo sempre pronti a cogliere l’occasione per attaccarlo, non è perché ne siamo indirettamente plasmati, non è perché abbiamo sacrificato i nostri desideri sull’altare della [[rivoluzione]], ma perché i nostri desideri sono irrealizzabili finché esiste lo [[Stato]], finché esisterà un [[potere]]. La [[rivoluzione]] non ci distoglie dai nostri sogni, ma al contrario è la sola possibilità che consenta le condizioni della loro realizzazione. Noi vogliamo sovvertire questo mondo, al più presto, qui ed ora, perché qui ed ora ci sono solo caserme, tribunali, banche, cemento, supermercati, galere. Qui ed ora, c’è solo lo sfruttamento. Mentre la [[libertà]], ciò che noi intendiamo per [[libertà]], quella non esiste proprio. | ||
Questo non vuol dire che dobbiamo tralasciare di crearci spazi che siano nostri in cui sperimentare i rapporti che preferiamo. Significa solo che questi spazi, questi rapporti, non rappresentano la [[libertà]] assoluta che vogliamo, per noi come per tutti. Sono un passo, un primo passo, ma non l’ultimo, tanto meno il definitivo. Una [[libertà]] che finisce sulla soglia della nostra casa occupata, della nostra comune “libera”, non ci basta, non ci soddisfa. Una simile [[libertà]] è illusoria perché ci renderebbe liberi soltanto di starcene a casa, di non uscire dai confini che ci siamo imposti. Se non consideriamo la necessità di attaccare lo [[Stato]] (e su questo concetto di “attacco” molto ci sarebbe da dire), in definitiva non facciamo che permettergli di fare il comodo suo in eterno, limitandoci a sopravvivere nella piccola “isola felice” che ci saremo costruiti. Tenersi distanti dallo [[Stato]] significa conservare la vita, affrontarlo significa vivere. | Questo non vuol dire che dobbiamo tralasciare di crearci spazi che siano nostri in cui sperimentare i rapporti che preferiamo. Significa solo che questi spazi, questi rapporti, non rappresentano la [[libertà]] assoluta che vogliamo, per noi come per tutti. Sono un passo, un primo passo, ma non l’ultimo, tanto meno il definitivo. Una [[libertà]] che finisce sulla soglia della nostra casa occupata, della nostra comune “libera”, non ci basta, non ci soddisfa. Una simile [[libertà]] è illusoria perché ci renderebbe liberi soltanto di starcene a casa, di non uscire dai confini che ci siamo imposti. Se non consideriamo la necessità di attaccare lo [[Stato]] (e su questo concetto di “attacco” molto ci sarebbe da dire), in definitiva non facciamo che permettergli di fare il comodo suo in eterno, limitandoci a sopravvivere nella piccola “isola felice” che ci saremo costruiti. Tenersi distanti dallo [[Stato]] significa conservare la vita, affrontarlo significa vivere. |