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La letteratura scritta su Rabelais è grandiosa. Quella che io ho utilizzato per questo mio lavoro, lo posso dire senza falsa modestia, ed in onore di chi mi ha aiutato a comprendere Rabelais, è la migliore e la più ragionevole, se faccio eccezione di qualche opera secondaria. Ho provato un immenso piacere di trovare fra tutte le opere da me consultate lo studio di '''Ginguené''' ''De l'autorité de Rabelais dans la revolution présente et dans la constitution civile du Clergé'' ([[1879]]). Della sua introduzione riproduco qualche brano che ci conferma tutto quello che noi abbiamo intravisto, leggendo, meditando, ripensando ed annotando l'insieme dell'opera di Rabelais. '''«Voglio dare a Rabelais solo ciò che gli è dovuto, tirarlo fuori dall'oblio in cui è lasciato, ricordare che aveva disprezzato il culto di certi idoli che noi abbiamo adorato ancora due secoli dopo di lui, e che la sua autorità dev'essere messa tra quella dei saggi che hanno preparato la distruzione delle nostre sciocchezze politiche e religiose»'''. Il merito di Ginguené è di aver attirato l'attenzione sul contenuto del pensiero dell'opera di Rabelais e si può affermare che dopo quell'opuscolo, molti cessarono di considerare il libro sotto un aspetto unicamente umoristico d'un raccontatore spiritoso e divertente. Ho sentito dire che, nel [[1853]], '''Eusèbe Salverte''' pubblicò otto articoli nella ''Revue Encyclopedique'' in cui non solo lodò il pregiato scrittore, ma anche il pensatore, '''«il più gaio dei filosofi francesi che si è servito della follia per interpretare la saggezza. Certamente che egli ha avuto il presentimento che senza agire in quel modo, non sarebbe stato ascoltato. Erasmo, prima di lui, aveva seguito lo stesso metodo nell'Elogio della pazzia»'''. '''Félix Dubois''', nel capitolo "La Dottrina" del suo libro ''Le peril anarchiste'' ricorda i precursori dell'[[anarchia]]. Senza risalire a Platone, egli si accontenta di raccogliere nel sedicesimo secolo e ricorda che l'[[anarchismo]] ha preso da Rabelais la famosa frase: «Fa ciò che vuoi». E seguita, presentandoci il Nostro come precursore dell'ideale anarchico: '''«L'allegro curato di Meudon ha creato nell'abbazia di Telemaco una società ideale, una riunione di uomini ubbidienti agli stessi istinti, che si compiace di ricordare la propria esistenza... Così, dice Rabelais, nessun vincolo, nessuno di quegli statuti fondamentali delle così dette società organizzate; nessun limite alla [[libertà]] individuale; gli anarchici non predicano diversamente»'''. | La letteratura scritta su Rabelais è grandiosa. Quella che io ho utilizzato per questo mio lavoro, lo posso dire senza falsa modestia, ed in onore di chi mi ha aiutato a comprendere Rabelais, è la migliore e la più ragionevole, se faccio eccezione di qualche opera secondaria. Ho provato un immenso piacere di trovare fra tutte le opere da me consultate lo studio di '''Ginguené''' ''De l'autorité de Rabelais dans la revolution présente et dans la constitution civile du Clergé'' ([[1879]]). Della sua introduzione riproduco qualche brano che ci conferma tutto quello che noi abbiamo intravisto, leggendo, meditando, ripensando ed annotando l'insieme dell'opera di Rabelais. '''«Voglio dare a Rabelais solo ciò che gli è dovuto, tirarlo fuori dall'oblio in cui è lasciato, ricordare che aveva disprezzato il culto di certi idoli che noi abbiamo adorato ancora due secoli dopo di lui, e che la sua autorità dev'essere messa tra quella dei saggi che hanno preparato la distruzione delle nostre sciocchezze politiche e religiose»'''. Il merito di Ginguené è di aver attirato l'attenzione sul contenuto del pensiero dell'opera di Rabelais e si può affermare che dopo quell'opuscolo, molti cessarono di considerare il libro sotto un aspetto unicamente umoristico d'un raccontatore spiritoso e divertente. Ho sentito dire che, nel [[1853]], '''Eusèbe Salverte''' pubblicò otto articoli nella ''Revue Encyclopedique'' in cui non solo lodò il pregiato scrittore, ma anche il pensatore, '''«il più gaio dei filosofi francesi che si è servito della follia per interpretare la saggezza. Certamente che egli ha avuto il presentimento che senza agire in quel modo, non sarebbe stato ascoltato. Erasmo, prima di lui, aveva seguito lo stesso metodo nell'Elogio della pazzia»'''. '''Félix Dubois''', nel capitolo "La Dottrina" del suo libro ''Le peril anarchiste'' ricorda i precursori dell'[[anarchia]]. Senza risalire a Platone, egli si accontenta di raccogliere nel sedicesimo secolo e ricorda che l'[[anarchismo]] ha preso da Rabelais la famosa frase: «Fa ciò che vuoi». E seguita, presentandoci il Nostro come precursore dell'ideale anarchico: '''«L'allegro curato di Meudon ha creato nell'abbazia di Telemaco una società ideale, una riunione di uomini ubbidienti agli stessi istinti, che si compiace di ricordare la propria esistenza... Così, dice Rabelais, nessun vincolo, nessuno di quegli statuti fondamentali delle così dette società organizzate; nessun limite alla [[libertà]] individuale; gli anarchici non predicano diversamente»'''. | ||
È questo un modo paradossale di presentare l'[[anarchia]], ma non vale la pena di polemizzare con l'autore di ''Peril Anarchiste''. Anche se la sua opera è ben documentata, certe parti sono ispirate dalla fantasia. '''[[Max Nettlau]]''' in ''Bibliographie de l'Anarchie'' ricorda che François Rabelais enumera i precetti dell'Abbazia di Telemaco che potrebbero essere ancora quelli di coloro che praticano l'[[anarchismo]]. '''[[Kropotkin|Piotr Kropotkin]]''' in ''La Scienza Moderna e l'Anarchia'' dice: '''«Nello stesso modo in cui il movimento anabattista del sedicesimo secolo, che inaugurò e fece la riforma, aveva un fondo anarchico... così Rabelais nella prima metà dello stesso secolo, Fenelon verso la fine del XVII secolo e, soprattutto l'enciclopedista Diderot, nella seconda metà del XVII, svilupparono le stesse idee, che trovarono qualche applicazione pratica durante la Grande Rivoluzione»'''. '''Yves Guyot''' e '''Sigismond Lacroix''', nella loro ''Histoire des Proletaires'', non mancarono di vedere in Rabelais l'uomo del Rinascimento: '''«egli ride di un grande riso che passa sulle cose sante, sulle autorità costituite come un soffio di tempesta, e le danneggia talmente che molte rimangono rovinate per sempre»'''. | È questo un modo paradossale di presentare l'[[anarchia]], ma non vale la pena di polemizzare con l'autore di ''Peril Anarchiste''. Anche se la sua opera è ben documentata, certe parti sono ispirate dalla fantasia. '''[[Max Nettlau]]''' in ''Bibliographie de l'Anarchie'' ricorda che François Rabelais enumera i precetti dell'Abbazia di Telemaco che potrebbero essere ancora quelli di coloro che praticano l'[[anarchismo]]. '''[[Kropotkin|Piotr Kropotkin]]''' in ''La Scienza Moderna e l'Anarchia'' dice: '''«Nello stesso modo in cui il movimento anabattista del sedicesimo secolo, che inaugurò e fece la riforma, aveva un fondo anarchico... così Rabelais nella prima metà dello stesso secolo, Fenelon verso la fine del XVII secolo e, soprattutto l'enciclopedista Diderot, nella seconda metà del XVII, svilupparono le stesse idee, che trovarono qualche applicazione pratica durante la Grande Rivoluzione»'''. '''Yves Guyot''' e '''Sigismond Lacroix''', nella loro ''Histoire des Proletaires'', non mancarono di vedere in Rabelais l'uomo del Rinascimento: '''«egli ride di un grande riso che passa sulle cose sante, sulle autorità costituite come un soffio di tempesta, e le danneggia talmente che molte rimangono rovinate per sempre»'''. | ||
Consultando il dizionario del XIX secolo del Larousse, ecco che cosa trovo: «In mezzo agli avvenimenti del XVI secolo, nel momento in cui la grande secessione religiosa preparava la guerra civile ed accendeva i roghi, lo spirito di Rabelais fu un diversivo alle lotte dei partiti. Strana e potente epoca! Il movimento prodigioso dell'intelligenza produsse il Rinascimento; la scienza e le arti sbocciarono e fiorirono, la filosofia nacque, il medioevo agonizzava, il nuovo pensiero stava germogliando, i roghi scoppiettavano, il sangue scorreva da tutte le parti, ed in mezzo a questi contrasti ed a questi antagonismi, si sente risuonare l'immenso scoppio di riso di quel Democrate gallico, di quell'Omero buffone la cui opera monumentale non perirà mai, non solo per la sua potente originalità, non solo perché vi si trova origini della nostra lingua, ma perché dietro lo scetticismo, lo scherzo irreligioso e la pazza immaginazione, vi si sente una critica superiore e dei giudizi eccellenti, un vivo amore per l'umanità, la passione della giustizia e il culto della scienza e dell'arte». È certo che nel corso della storia, diversi Rabelais sono stati ricordati; ciascuno dei suoi ammiratori o detrattori ha intravisto l'uomo o l'opera sotto aspetti molto differenti. È certo che le lodi vanno di pari passo con le diffamazioni ed oggi ancora gli educatori continuano a presentare ai giovani un Rabelais talmente purgato che fa pietà sentire come parlano di un'opera così piena di vita e di filosofia. Rabelais è dominato non solo da un'ardente passione per la scienza ma anche, ed è ciò che vale di più, per la [[libertà]] di pensiero che egli esalterà con una gaiezza che nessuno aveva fatto prima di lui. Tutto questo sembra pericolosamente [[rivoluzionario]], così si continuerà a deformare gli scritti o a lasciare sussistere leggende grottesche accreditate stupidamente nel corso degli anni, con la complicità dei grandi e con quella dei valletti servili, devoti all'ordine costituito. | Consultando il dizionario del XIX secolo del '''Larousse''', ecco che cosa trovo: '''«In mezzo agli avvenimenti del XVI secolo, nel momento in cui la grande secessione religiosa preparava la guerra civile ed accendeva i roghi, lo spirito di Rabelais fu un diversivo alle lotte dei partiti. Strana e potente epoca! Il movimento prodigioso dell'intelligenza produsse il Rinascimento; la scienza e le arti sbocciarono e fiorirono, la filosofia nacque, il medioevo agonizzava, il nuovo pensiero stava germogliando, i roghi scoppiettavano, il sangue scorreva da tutte le parti, ed in mezzo a questi contrasti ed a questi antagonismi, si sente risuonare l'immenso scoppio di riso di quel Democrate gallico, di quell'Omero buffone la cui opera monumentale non perirà mai, non solo per la sua potente originalità, non solo perché vi si trova origini della nostra lingua, ma perché dietro lo scetticismo, lo scherzo irreligioso e la pazza immaginazione, vi si sente una critica superiore e dei giudizi eccellenti, un vivo amore per l'umanità, la passione della giustizia e il culto della scienza e dell'arte»'''. È certo che nel corso della storia, diversi Rabelais sono stati ricordati; ciascuno dei suoi ammiratori o detrattori ha intravisto l'uomo o l'opera sotto aspetti molto differenti. È certo che le lodi vanno di pari passo con le diffamazioni ed oggi ancora gli educatori continuano a presentare ai giovani un Rabelais talmente purgato che fa pietà sentire come parlano di un'opera così piena di vita e di filosofia. Rabelais è dominato non solo da un'ardente passione per la scienza ma anche, ed è ciò che vale di più, per la [[libertà]] di pensiero che egli esalterà con una gaiezza che nessuno aveva fatto prima di lui. Tutto questo sembra pericolosamente [[rivoluzionario]], così si continuerà a deformare gli scritti o a lasciare sussistere leggende grottesche accreditate stupidamente nel corso degli anni, con la complicità dei grandi e con quella dei valletti servili, devoti all'ordine costituito. | ||
La mania di tutti coloro che sono fedeli al passato è sempre stata quella di ridurre e di purgare: persino Anatole France, un giorno facendo una conferenza su Rabelais davanti ad un eletto uditorio di Buenos Aires e di Montevideo, incominciò con un piacevole preambolo che informava i suoi ascoltatori che egli prenderebbe tutte le precauzioni per evitare di offendere il pudore più ombroso e le orecchie più suscettibili. Così, dunque, Rabelais può ancora scandalizzare ai nostri giorni quel mondo di benpensanti che, purtroppo, è senza cervello e senza giudizio. Avrebbe potuto scegliere un altro soggetto, quel Crainquebille della convenzione e dei pregiudizi, ma l'abilità di Anatole France è così grande che di un'esposizione scabrosa ne fa qualche cosa di presentabile persino a dei catecumeni. | La mania di tutti coloro che sono fedeli al passato è sempre stata quella di ridurre e di purgare: persino Anatole France, un giorno facendo una conferenza su Rabelais davanti ad un eletto uditorio di Buenos Aires e di Montevideo, incominciò con un piacevole preambolo che informava i suoi ascoltatori che egli prenderebbe tutte le precauzioni per evitare di offendere il pudore più ombroso e le orecchie più suscettibili. Così, dunque, Rabelais può ancora scandalizzare ai nostri giorni quel mondo di benpensanti che, purtroppo, è senza cervello e senza giudizio. Avrebbe potuto scegliere un altro soggetto, quel Crainquebille della convenzione e dei pregiudizi, ma l'abilità di Anatole France è così grande che di un'esposizione scabrosa ne fa qualche cosa di presentabile persino a dei catecumeni. | ||
A che cosa serve, la perfezione di stile, la facilità oratoria, se diventano complici indirette di un pensiero che non osa esprimersi in tutta [[libertà]]? Ho molto apprezzato le riflessioni di '''Paul Souday''', il quale ricordando il Rabelais d'Anatole France, dice: '''«La sua filosofia naturalista o naturista, ispirata direttamente all'antichità, chiudeva il medioevo ed inaugurava il pensiero moderno. È un po' comico pretendere che egli non fosse un pensatore... Dispiace che Anatole France, per delle convenienze locali, abbia quasi fatto delle concessioni»'''. Rabelais ebbe molti detrattori ed io accennerò a qualcuno di quei valletti che presentarono Rabelais come un monaco scettico, buffone e cinico, personaggio poco raccomandabile, fuori programma per certuni, che bisognava mettere in quarantena ed impedire che la gioventù sfogliasse le pagine truculenti della sua opera. Si ricorderà che Ronsard lo dipinse come un ubriacone ed una specie di Panurge; più vicino a noi un La Bruyére non poté perdonargli di avere seminato lordura nei suoi scritti, ed infine quel triste Brunetière scrisse: «Ha meritato veramente di essere chiamato l'incantatore della canaglia» e continuerà aggiungendo: «getta sulla sua opera delle manate di fango che si scavalcano turandosi il naso». Si può constatare che in tutti i secoli quando si è trattato di eliminare o distruggere l'espressione del pensiero sovversivo, i procedimenti sono sempre stati gli stessi. Per questo sono contento di salutare in Rabelais un precursore delle nostre idee anarchiche. Che cosa importano i brontolii dei letterati, sempre pronti ad urlare con i lupi per diffamare ed insultare coloro che si rifiutano di pestare nello stesso fango? Ciò che vi è di notevole nel Nostro è il suo rifiuto di arrivare a delle conclusioni dogmatiche. Nei suoi scritti c'è da accontentare tutti i gusti. Dalla sua «fontana fantastica» sgorgano impressioni confortevoli in cui si mescolano la satira mordente e la facezia libera, ma da tutto questo ne esce una morale, una filosofia generosa e forte. Rabelais sviluppa in un'esposizione meravigliosa sull'educazione, la necessità di armonizzare l'evoluzione del corpo con quella dell'anima. Egli sostituisce alle astrazioni, dei fatti visibili e tangibili, perché è tanto con la vista quanto con i libri che ci istruiamo. | A che cosa serve, la perfezione di stile, la facilità oratoria, se diventano complici indirette di un pensiero che non osa esprimersi in tutta [[libertà]]? Ho molto apprezzato le riflessioni di '''Paul Souday''', il quale ricordando il Rabelais d'Anatole France, dice: '''«La sua filosofia naturalista o naturista, ispirata direttamente all'antichità, chiudeva il medioevo ed inaugurava il pensiero moderno. È un po' comico pretendere che egli non fosse un pensatore... Dispiace che Anatole France, per delle convenienze locali, abbia quasi fatto delle concessioni»'''. Rabelais ebbe molti detrattori ed io accennerò a qualcuno di quei valletti che presentarono Rabelais come un monaco scettico, buffone e cinico, personaggio poco raccomandabile, fuori programma per certuni, che bisognava mettere in quarantena ed impedire che la gioventù sfogliasse le pagine truculenti della sua opera. Si ricorderà che Ronsard lo dipinse come un ubriacone ed una specie di Panurge; più vicino a noi un La Bruyére non poté perdonargli di avere seminato lordura nei suoi scritti, ed infine quel triste Brunetière scrisse: «Ha meritato veramente di essere chiamato l'incantatore della canaglia» e continuerà aggiungendo: «getta sulla sua opera delle manate di fango che si scavalcano turandosi il naso». Si può constatare che in tutti i secoli quando si è trattato di eliminare o distruggere l'espressione del pensiero sovversivo, i procedimenti sono sempre stati gli stessi. Per questo sono contento di salutare in Rabelais un precursore delle nostre idee anarchiche. Che cosa importano i brontolii dei letterati, sempre pronti ad urlare con i lupi per diffamare ed insultare coloro che si rifiutano di pestare nello stesso fango? Ciò che vi è di notevole nel Nostro è il suo rifiuto di arrivare a delle conclusioni dogmatiche. Nei suoi scritti c'è da accontentare tutti i gusti. Dalla sua «fontana fantastica» sgorgano impressioni confortevoli in cui si mescolano la satira mordente e la facezia libera, ma da tutto questo ne esce una morale, una filosofia generosa e forte. Rabelais sviluppa in un'esposizione meravigliosa sull'educazione, la necessità di armonizzare l'evoluzione del corpo con quella dell'anima. Egli sostituisce alle astrazioni, dei fatti visibili e tangibili, perché è tanto con la vista quanto con i libri che ci istruiamo. |