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«Noi anarchici pensiamo che è il momento di cessare simili vergogne; e che si lasci a Fiume quella libertà che né l'Italia né le a ltri nazioni borghesi potranno mai concederle». Seguì il commento della redazione: «Di quello che ci racconta il Vella non ci meravigliamo. Da D'Annunzio non c'era da aspettarsi altro». <ref>[[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]].</ref> | «Noi anarchici pensiamo che è il momento di cessare simili vergogne; e che si lasci a Fiume quella libertà che né l'Italia né le a ltri nazioni borghesi potranno mai concederle». Seguì il commento della redazione: «Di quello che ci racconta il Vella non ci meravigliamo. Da D'Annunzio non c'era da aspettarsi altro». <ref>[[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «Umanità Nova», [[20 luglio]] [[1920]].</ref> | ||
Istituita l'[[8 settembre]] la Reggenza del Carnaro, «Umanità Nova» non mancò di commentare la notizia, pubblicando un articolo in prima pagina dieci giorni dopo l'evento: | |||
:«Poiché ogni tanto il pubblico, seccato della commedia fiumana, se ne disinteressa, e tutto minaccia di finire tra la generale indifferenza, il divo e immaginifico Vate dell'Italia futurista ne pensa qualche altra, che valga a richiamar l'attenzione e a far voltare la testa alla gente che passa. Tempo fa voleva fare di Fiume una repubblichetta bolscevica... per decreto reale; adesso ne fa una Reggenza. | |||
Abbiamo letto tempo fa nei giornaletti clandestini del fascismo quel lungo sproloquio da manicomio, misto di reminiscenze medioevali e di luoghi comuni modernissimi che voleva arieggiare una forma di legislazione assai buffa, in quanto ogni articolo di legge era qualcosa di vago e impreciso; buono per tutti i gusti, imitante un po' di salmi di Davide e un po' di sfoghi di Zarathustra. Con quel parto cerebrale pareva che D'Annunzio volesse dare le dimissioni da persona intelligente... Vero è che D'Annunzio è un intellettuale; e spesso gli intellettuali sono tutt'altro che intelligenti. Si possono scrivere volumi di bei versi e di prosa cesellata senza essere obbligati a capire come si sta al mondo, e che cosa sia la vita dei popoli. Quale “costituzione” possa essere immaginata da cervelli simili ognuno comprende. Anzi... non ci capisce niente!» <ref>''La Reggenza di Fiume'', «Umanità Nova», [[18 settembre]] [[1920]].</ref> | |||
Se già la prima parte dell'articolo non aveva mostrato un giudizio positivo, la seconda rivelò una presa di posizione netta, contraria alla Reggenza, chiarendo i motivi per i quali l'impresa era stata portata avanti così a lungo: | |||
:«Noi non conosciamo D'Annunzio personalmente, e non sappiamo se la sua stravaganza è sincera oppure è d'uno che fa il matto per furberia. Certo è, a parte ogni considerazione personale, che la cosiddetta impresa di Ronchi [...] è stata e continua ad essere una impresa del militarismo italiano, condotta con la tolleranza del governo e con l'aiuto dello Stato Maggiore dell'Esercito, che in Italia fa il comodo suo da che c'è la guerra, con o senza il consenso del governo medesimo. L'impresa ha servito sin qui a molteplici usi. Anzitutto a far proseguire la vita di oziosi e vagabondi ad una quantità d'ufficialetti, che sarebbero dovuti tornare all'odiato lavoro del pane quotidiano, dopo finita la cuccagna della guerra. Poi a tener accesa sull'altra sponda dell'Adriatico una fiammella di guerra, che servisse a mantenere intorbidate le acque in modo da permettervi la pesca agli avventurieri della politica e della finanza. Terzo, a fare di Fiume una specie di campo trincerato del movimento anti proletario, un vivaio del teppismo bianco, ricattatore con i ricchi e aggressore dei poveri, un fulcro per la dittatura militare italiana [...]. Quarto, a rompere le tasche ai cittadini fiumani, rovinandone economicamente del tutto la città. [...] Noi siamo d'opinione che Fiume, come del resto pensavamo per Trieste, la Dalmazia, ecc. non acquisterebbe proprio nulla a passare sotto al dominio italiano, che non è affatto meglio dell'ex governo austriaco. Allo stesso modo nulla guadagnerebbe dall'essere sottoposta al regime jugoslavo. [...] La sua indipendenza come città libera, pur non essendo la soluzione ideale col perdurare del regime borghese e statale, sarebbe però sempre la soluzione migliore; ed è quello che auguriamo per ora alle povere città dell'Adriatico». <ref>''La Reggenza di Fiume'', «Umanità Nova», [[18 settembre]] [[1920]].</ref> | |||
Mentre il [[28 dicembre]] D'Annunzio riuniva il Consiglio nazionale pronto ad accettare un incontro con gli emissari del governo italiano, «Umanità Nova» si scagliò contro i nazionalisti: | |||
:«Dopo tutto gli stessi che parlano di paese “proletario”, son quelli che ne rendono più difficile la vita, sperperandone energia e danari nella messa in scena di quella commedia da miliardari che si rappresenta a Fiume sotto la direzione del capo comico D'Annunzio! Si potrebbe dire ai nazionalisti, che se l'Italia è una nazione proletaria, smettano di farle assumere cotest'aria da gran signora... » (Quand-même, “La grande proletaria”, «Umanità Nova», [[28 dicembre]] [[1920]]). | |||
Complici nell'umiliare l'Italia, sostennero gli anarchici di «Umanità Nova», furono anche i diplomatici italiani. <ref>«È da un anno e mezzo che la nostra diplomazia copre di ridicolo l'Italia in faccia a tutto il mondo. Ormai all'estero tutti han compreso la solenne mistificazione che il governo italiano ha inscenato a danno di tutto il popolo e nessuno piglia più sul serio le scalmane patriottiche di tutta la grande stampa italiana, foraggiata largamente dalla plutocrazia pescecanesca che sta succhiando sin l'ultima goccia di sangue a questo nostro disgraziato paese. [...] La questione di Fiume è sorta a guerra terminata. I capitalisti italiani hanno allora subito compreso la grande portata di una simile questione. Finché il problema di Fiume è aperto, niente smobilitazione e quindi tutta la cosiddetta | |||
bardatura di guerra che tanti miliardi ha fruttato al pescecanismo italiano doveva continuare. [... ]Il ritardo di un mese, di un solo giorno, nella soluzione del problema di Fiume rappresenta miliardi e milioni che i pescicani continuano a sottrarre alle casse dello stato». <ref>''Fiume e la cuccagna del capitalismo'', «Umanità Nova», [[28 dicembre]] [[1920]].</ref> | |||
Quando a Fiume le ostilità cessarono, l'attenzione della stampa anarchica si concentrò, non tanto sui ribelli sconfitti, quanto sull'azione della borghesia italiana all'interno della vicenda. Essa avrebbe potuto trarre i propri vantaggi dal conflitto appena concluso, eliminando ogni pericolo sovversivo scaturito dall'esperienza fiumana. <ref>«La tragicommedia di Fiume sarà così finita; la borghesia italiana lascerà seppellire in silenzio i “cento regolari trucidati dagli arditi” e per qualche giorno speculerà sul ribasso dei cambi, per giocare al rialzo non appena sarà noto che il nuovo partito comunista avrà | |||
raccolto intorno a sé centomila aderenti! Perché tutta la logica borghese la logica del portafoglio è ferrea e precisa. [...] La borghesia italiana nella sua stragrande maggioranza si è schierata con il | |||
rinunciatario e disfattista Giolitti contro l'italianissimo e puro patriota D'Annunzio: per questo vuole ad ogni costo con poco o molto spargimento di sangue non importa finirla con le gesta del pazzo poeta. | |||
La borghesia vuol vivere in pace, vuole digerire tranquillamente il danaro insanguinato accumulato durante la guerra senza essere disturbata; che siano socialisti, anarchici, futuristi, poeti od arditi che la disturbano, al la borghesia non importa, ed essa distingue solo tra gli uni e gli altri per condannare i sovversivi a vent'anni, e i ribelli borghesi a venti giorni!» <ref>''La logica borghese'', «Umanità Nova», [[31 dicembre]] [[1920]].</ref> | |||