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«...con tutto ciò egli era lo spauracchio, il babau, lo spettro incubante dell'autorità, solo perché era un anarchico ed una figura fisicamente atletica ed energica. Un insieme di ombre, di esagerazioni iperboliche, di vociferazioni fantastiche valse a creare nell'autorità uno stato d'animo tenebrosamente odioso da indurle, dopo esperita ogni altra via, alla soppressione del nostro amico. | «...con tutto ciò egli era lo spauracchio, il babau, lo spettro incubante dell'autorità, solo perché era un anarchico ed una figura fisicamente atletica ed energica. Un insieme di ombre, di esagerazioni iperboliche, di vociferazioni fantastiche valse a creare nell'autorità uno stato d'animo tenebrosamente odioso da indurle, dopo esperita ogni altra via, alla soppressione del nostro amico. | ||
Mercoledi, quando il giornale andava in macchina, ebbero luogo i funerali del caro indimenticabile compagno nostro Dante Carnesecchi assassinato dai carabinieri della stazione del Limone. La questura fece del suo meglio per applicare l'ostruzionismo e la censura ai manifesti degli anarchici e della Camera del Lavoro Sindacale. Soltanto alle ore 14,30 poterono essere affissi, vale a dire soltanto due ore e mezzo prima dei funerali... Malgrado questi miserevoli espedienti migliaia di compagni e di lavoratori intervennero ai funerali che riuscirono seri, imponenti, commoventi. Il carro era coperto di corone e la bara era avvolta da un labaro rosso, su cui era scritto in nero: Giù le armi! Vi erano i vessilli degli [[anarchici]], dei [[comunisti]], dei [[socialisti]] e delle organizzazioni aderenti alla Camera Sindacale e a quella Confederale. Senza che nessuno l'avesse chiesto spontaneamente nell'ora dei funerali lungo il percorso del corteo, dall'Ospedale Civile per via Provinciale al Cimitero dei Boschetti, tutti i negozi in segno di lutto erano chiusi e tutti salutavano commossi la salma del compagno nostro. Quando il corteo giunse sullo spiazzale della camera mortuaria del Cimitero vi si erano già riversati tutti gli abitanti del Limone, Termo d'Arcola e paesi vicini, accorsi tutti ad attestare la stima e l'affetto al povero assassinato e la protesta contro i suoi assassini. Dissero commoventi ed inspirate parole per gli anarchici il compagno [[Pasquale Binazzi]] ed [[Ennio Mattias]] per la Camera Sindacale.» | Mercoledi, quando il giornale andava in macchina, ebbero luogo i funerali del caro indimenticabile compagno nostro Dante Carnesecchi assassinato dai carabinieri della stazione del Limone. La questura fece del suo meglio per applicare l'ostruzionismo e la censura ai manifesti degli anarchici e della Camera del Lavoro Sindacale. Soltanto alle ore 14,30 poterono essere affissi, vale a dire soltanto due ore e mezzo prima dei funerali... Malgrado questi miserevoli espedienti migliaia di compagni e di lavoratori intervennero ai funerali che riuscirono seri, imponenti, commoventi. Il carro era coperto di corone e la bara era avvolta da un labaro rosso, su cui era scritto in nero: Giù le armi! Vi erano i vessilli degli [[anarchici]], dei [[comunisti]], dei [[socialisti]] e delle organizzazioni aderenti alla Camera Sindacale e a quella Confederale. Senza che nessuno l'avesse chiesto spontaneamente nell'ora dei funerali lungo il percorso del corteo, dall'Ospedale Civile per via Provinciale al Cimitero dei Boschetti, tutti i negozi in segno di lutto erano chiusi e tutti salutavano commossi la salma del compagno nostro. Quando il corteo giunse sullo spiazzale della camera mortuaria del Cimitero vi si erano già riversati tutti gli abitanti del Limone, Termo d'Arcola e paesi vicini, accorsi tutti ad attestare la stima e l'affetto al povero assassinato e la protesta contro i suoi assassini. Dissero commoventi ed inspirate parole per gli anarchici il compagno [[Pasquale Binazzi]] ed [[Ennio Mattias]] per la Camera Sindacale.» | ||
* '''Articolo da «IL SECOLO XIX» del [[30 marzo]] [[1921]] intitolato ''Conflitto mortale con i carabinieri''''': | * '''Articolo da «IL SECOLO XIX» del [[30 marzo]] [[1921]] intitolato ''Conflitto mortale con i carabinieri''''': | ||
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«La sera del 27 marzo, alla stazione di Termo d'Arcola, una squadra di carabinieri vestiti in borghese, usciti fuori dalla nuova caserma messa alla vicina Limone non sappiamo il perché..., <ref>Si addombra la premeditazione dell'omicidio, dimostrata dalla creazione di una nuova caserma vicina al luogo dove abitava il Carnesecchi, formata da militi particolarmente motivati in chiave repressiva.</ref> partirono in numero di dieci, bene armati di fucili americani e di pugnali, e bene innaffiati di vino, al canto di "Bandiera rossa" s'avviarono in cerca della vittima da tempo predestinata: Dante Carnesecchi, l'anarchico spauracchio, uscito da pochi giorni dalle carceri di Sarzana ove era stato parecchi mesi in attesa del processo che poi non venne... Egli stava in quell'ora, in casa sua, suonando la chitarra in compagnia di uno zio violoncellista. Accostatisi a casa sua i dieci manigoldi vi s'appiattarono e al momento opportuno, cioè quando il buon Dante uscito da casa sua s'accingeva ad accompagnare lo zio all'abitazione di lui, sbucarono fuori con i fucili spianati e perquisirono quelle loro due prede. Vistele disarmate incominciarono "la funzione". Terribili colpi di nervo colpirono il nostro compagno alla faccia; egli si difese come poté colla chitarra che teneva in mano, ma questa ben presto andò in frantumi ed egli con un gesto disperato (aveva la faccia letteralmente spaccata dai nervi ferrati) riuscì a divincolarsi e a fuggire. Non aveva fatto ancora dieci passi che una raffica di colpi l'atterrò. Appena a terra gli furono sopra e gli vibrarono trenta pugnalate. Poi col calcio dei fucili gli spaccarono la testa. L'assassinio fu compiuto con tanta malvagità e tanta brutalità impossibili a concepirsi. Lo derubarono di tutto e poscia minacciarono di morte (vigliacchi, ormai egli era già in agonia!) anche i militi della Pubblica Assistenza che andarono per portarlo via. Un milite piangente nel caricarlo sulla barella gli disse: "Coraggio Dante". Ed egli, col filo di voce che ancora gli rimaneva: "Sono episodi della vita... Non è niente... Datemi dell'acqua... Muoio". Il brigadiere sempre col pugnale in mano urlò infuriato: "Ah vigliacco! Vivi sempre. Sei più duro d'un bue". E gli sputò ancora addosso...» | «La sera del 27 marzo, alla stazione di Termo d'Arcola, una squadra di carabinieri vestiti in borghese, usciti fuori dalla nuova caserma messa alla vicina Limone non sappiamo il perché..., <ref>Si addombra la premeditazione dell'omicidio, dimostrata dalla creazione di una nuova caserma vicina al luogo dove abitava il Carnesecchi, formata da militi particolarmente motivati in chiave repressiva.</ref> partirono in numero di dieci, bene armati di fucili americani e di pugnali, e bene innaffiati di vino, al canto di "Bandiera rossa" s'avviarono in cerca della vittima da tempo predestinata: Dante Carnesecchi, l'anarchico spauracchio, uscito da pochi giorni dalle carceri di Sarzana ove era stato parecchi mesi in attesa del processo che poi non venne... Egli stava in quell'ora, in casa sua, suonando la chitarra in compagnia di uno zio violoncellista. Accostatisi a casa sua i dieci manigoldi vi s'appiattarono e al momento opportuno, cioè quando il buon Dante uscito da casa sua s'accingeva ad accompagnare lo zio all'abitazione di lui, sbucarono fuori con i fucili spianati e perquisirono quelle loro due prede. Vistele disarmate incominciarono "la funzione". Terribili colpi di nervo colpirono il nostro compagno alla faccia; egli si difese come poté colla chitarra che teneva in mano, ma questa ben presto andò in frantumi ed egli con un gesto disperato (aveva la faccia letteralmente spaccata dai nervi ferrati) riuscì a divincolarsi e a fuggire. Non aveva fatto ancora dieci passi che una raffica di colpi l'atterrò. Appena a terra gli furono sopra e gli vibrarono trenta pugnalate. Poi col calcio dei fucili gli spaccarono la testa. L'assassinio fu compiuto con tanta malvagità e tanta brutalità impossibili a concepirsi. Lo derubarono di tutto e poscia minacciarono di morte (vigliacchi, ormai egli era già in agonia!) anche i militi della Pubblica Assistenza che andarono per portarlo via. Un milite piangente nel caricarlo sulla barella gli disse: "Coraggio Dante". Ed egli, col filo di voce che ancora gli rimaneva: "Sono episodi della vita... Non è niente... Datemi dell'acqua... Muoio". Il brigadiere sempre col pugnale in mano urlò infuriato: "Ah vigliacco! Vivi sempre. Sei più duro d'un bue". E gli sputò ancora addosso...» | ||
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