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Si tratta di una vera e propria trama ordita tra la fine del [[1897]] e l'inizio del [[1898]] dal direttore generale delle carceri e il Ministero della Giustizia con l'intento di incrementare e giustificare la [[repressione]] sociale. Nel novembre del [[1897]] si conclude con un «non luogo a procedere contro tutti gli imputati per difetto e insufficienza di indizi» il processo a carico di diversi anarchici accusati di ([[Pietro Colabona]], [[Cherubino Trenta]], [[Aristide Ceccarelli]], [[Ernesto Diotallevi]], [[Federico Gudino]], [[Ettore Sottovia]], [[Umberto Farina]] ed [[Eolo Varagnoli]]). | Si tratta di una vera e propria trama ordita tra la fine del [[1897]] e l'inizio del [[1898]] dal direttore generale delle carceri e il Ministero della Giustizia con l'intento di incrementare e giustificare la [[repressione]] sociale. Nel novembre del [[1897]] si conclude con un «non luogo a procedere contro tutti gli imputati per difetto e insufficienza di indizi» il processo a carico di diversi anarchici accusati di ([[Pietro Colabona]], [[Cherubino Trenta]], [[Aristide Ceccarelli]], [[Ernesto Diotallevi]], [[Federico Gudino]], [[Ettore Sottovia]], [[Umberto Farina]] ed [[Eolo Varagnoli]]). | ||
All'inizio del [[1899]] ne vengono fermati altri cinque, tra cui il noto anarchico romano [[Aristide Ceccarelli]]. Nonostante lo stato d'arresto in cui si trova, Pietro Acciarito è costretto a subire nuovi e pesanti interrogatori sul presunto complotto ordito ai danni dei Savoia. Alla fine, stressato e impaurito dalle minacce, Acciarito rilascia una falsa testimonianza. Il [[22 giugno]] a Roma si tiene il processo per il "complotto", ma tutto si ritorce contro lo [[Stato]] italiano, visto che in aula l'anarchico ritratta e accusa le [[autorità ]] di avergli estorto con la forza la confessione precedente. Peraltro i testimoni dell'accusa non riusciranno a dimostrare l'esistenza di un complotto antigovernativo. Un membro della giuria abbandona l'aula, il processo viene rinviato e poi insabbiato del tutto (nessun responsabile della macchinazione processuale verrà però incriminato). | All'inizio del [[1899]] ne vengono fermati altri cinque, tra cui il noto anarchico romano [[Aristide Ceccarelli]]. Nonostante lo stato d'arresto in cui si trova, Pietro Acciarito è costretto a subire nuovi e pesanti interrogatori sul presunto complotto ordito ai danni dei Savoia. Alla fine, stressato e impaurito dalle minacce, Acciarito rilascia una falsa testimonianza. Il [[22 giugno]] a Roma si tiene il processo per il "complotto", ma tutto si ritorce contro lo [[Stato]] italiano, visto che in aula l'anarchico ritratta e accusa le [[autorità]] di avergli estorto con la forza la confessione precedente. Peraltro i testimoni dell'accusa non riusciranno a dimostrare l'esistenza di un complotto antigovernativo. Un membro della giuria abbandona l'aula, il processo viene rinviato e poi insabbiato del tutto (nessun responsabile della macchinazione processuale verrà però incriminato). | ||
Tutto questo però non servirà all'anarchico di Artena per cambiare il proprio destino, nonostante un ultimo vano tentativo di [[Francesco Saverio Merlino]] di ricorrere in Cassazione contro la condanna all'ergastolo. | Tutto questo però non servirà all'anarchico di Artena per cambiare il proprio destino, nonostante un ultimo vano tentativo di [[Francesco Saverio Merlino]] di ricorrere in Cassazione contro la condanna all'ergastolo. |