Strage di Torino (18-20 dicembre 1922): differenze tra le versioni

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La macchina ripartì in direzione di Nichelino e si fermò in aperta campagna, non lontano dalla linea ferroviaria. A cento metri di distanza, sui pali dell'alta tensione stavano lavorando alcuni operai delle Ferrovie, che poterono così osservare tutta la scena. Tra di loro era il diciottenne comunista [[Gustavo Comollo]]: <ref>Detto Pietro: su di lui cfr. la [http://www.anpi.it/uomini/comollo_gustavo.htm nota biografica dell'ANPI].</ref> « I fascisti erano tre o quattro. Scesero spingendo avanti uno, lo fecero andare per un sentiero e lui camminò tranquillo senza voltarsi [...] gli spararono tre o quattro colpi nella schiena [...] lui cadde giù. Ricordo che cadde lentamente. In fretta quelli salirono sull'auto e sparirono a gran velocità  [...] Dopo un poco ci siamo avvicinati. Alcuni amici dissero che c'era Mariotti su quella macchina [...] forse c'era anche il traditore Porro [...] poi è venuta della gente e anche i carabinieri [...] Berruti restò un bel po' steso per terra ». <ref>In G. Carcano, cit., pp. 59-60.</ref>
La macchina ripartì in direzione di Nichelino e si fermò in aperta campagna, non lontano dalla linea ferroviaria. A cento metri di distanza, sui pali dell'alta tensione stavano lavorando alcuni operai delle Ferrovie, che poterono così osservare tutta la scena. Tra di loro era il diciottenne comunista [[Gustavo Comollo]]: <ref>Detto Pietro: su di lui cfr. la [http://www.anpi.it/uomini/comollo_gustavo.htm nota biografica dell'ANPI].</ref> « I fascisti erano tre o quattro. Scesero spingendo avanti uno, lo fecero andare per un sentiero e lui camminò tranquillo senza voltarsi [...] gli spararono tre o quattro colpi nella schiena [...] lui cadde giù. Ricordo che cadde lentamente. In fretta quelli salirono sull'auto e sparirono a gran velocità  [...] Dopo un poco ci siamo avvicinati. Alcuni amici dissero che c'era Mariotti su quella macchina [...] forse c'era anche il traditore Porro [...] poi è venuta della gente e anche i carabinieri [...] Berruti restò un bel po' steso per terra ». <ref>In G. Carcano, cit., pp. 59-60.</ref>


Dante Mariotti era il comandante della squadra « Enrico Toti »,<ref>Notizie sulla composizione delle squadre fasciste sono contenute in Dante Maria Tuninetti, ''Squadrismo, squadristi, piemontesi'', Roma, Pinciana 1942.</ref> mentre « il traditore » era Luigi Porro, figlio di Carlo, uno degli inetti generali dello Stato Maggiore rimossi dopo il disastro di Caporetto. Nel 1921 quel giovane studente d'ingegneria si era iscritto al Partito comunista, ma l'anno dopo era tornato nel più congegnale ambiente della canaglia fascista. Secondo tutte le testimonianze, anche di parte fascista, in quei giorni il Porro indicò i comunisti da colpire. <ref>Lo squadrista e poi repubblichino F. G., importante esponente del fascismo piemontese che non volle che fosse pubblicato il suo nome in un'intervista concessa nel 1972, dichiarò che in quei giorni il Porro, appartenente alla squadra « Enrico Toti » indicò delle persone, ma  « non ammazzò nessuno ». Va tenuto conto che quando l'intervista fu rilasciata l'ingegner Luigi Porro, dirigente d'azienda, era ancora vivo. Cfr. G. Carcano, cit., p. 112.</ref> Secondo [[Teresa Noce]],<ref>Al tempo, giovane operaia comunista che poi sposò Luigi Longo e divenne una dirigente di primo piano del PCI.</ref> il Porro comandò un gruppo di fascisti che era alla ricerca di [[Luigi Longo]], suo compagno di corso all'Università, entrando nel negozio della famiglia Longo, nella centrale via Po, per assassinarlo, ma Longo si trovava allora a Mosca. <ref>G. Carcano, cit., p. 115.</ref>
Dante Mariotti era il comandante della squadra « Enrico Toti », <ref>Notizie sulla composizione delle squadre fasciste sono contenute in Dante Maria Tuninetti, ''Squadrismo, squadristi, piemontesi'', Roma, Pinciana 1942.</ref> mentre « il traditore » era Luigi Porro, figlio di Carlo, uno degli inetti generali dello Stato Maggiore rimossi dopo il disastro di Caporetto. Nel 1921 quel giovane studente d'ingegneria si era iscritto al Partito comunista, ma l'anno dopo era tornato nel più congegnale ambiente della canaglia fascista. Secondo tutte le testimonianze, anche di parte fascista, in quei giorni il Porro indicò i comunisti da colpire. <ref>Lo squadrista e poi repubblichino F. G., importante esponente del fascismo piemontese che non volle che fosse pubblicato il suo nome in un'intervista concessa nel 1972, dichiarò che in quei giorni il Porro, appartenente alla squadra « Enrico Toti » indicò delle persone, ma  « non ammazzò nessuno ». Va tenuto conto che quando l'intervista fu rilasciata l'ingegner Luigi Porro, dirigente d'azienda, era ancora vivo. Cfr. G. Carcano, cit., p. 112.</ref> Secondo [[Teresa Noce]], <ref>Al tempo, giovane operaia comunista che poi sposò Luigi Longo e divenne una dirigente di primo piano del PCI.</ref> il Porro comandò un gruppo di fascisti che era alla ricerca di [[Luigi Longo]], suo compagno di corso all'Università, entrando nel negozio della famiglia Longo, nella centrale via Po, per assassinarlo, ma Longo si trovava allora a Mosca. <ref>G. Carcano, cit., p. 115.</ref>


Il vice-prefetto Palumbo provvide a comunicare al ministro dell'Interno, che era poi Mussolini, la nota sull'accaduto, si direbbe con qualche brivido di compiacimento e molte inesattezze: « Il Berruti pericoloso anarchico schedato ch'ebbe già  a soggiornare in Svizzera ed in Inghilterra, e qui conviveva con altra nota sovversiva ».
Il vice-prefetto Palumbo provvide a comunicare al ministro dell'Interno, che era poi Mussolini, la nota sull'accaduto, si direbbe con qualche brivido di compiacimento e molte inesattezze: « Il Berruti pericoloso anarchico schedato ch'ebbe già  a soggiornare in Svizzera ed in Inghilterra, e qui conviveva con altra nota sovversiva ».
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