Strage di Torino (18-20 dicembre 1922): differenze tra le versioni

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Prima ancora della cosiddetta [[Marcia su Roma]], il [[17 settembre]] era stata costituita a [[Torre Pellice]] la "Milizia fascista", embrione di quella "Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale" che, costituita dal governo Mussolini il [[14 gennaio]] [[1923]], sarà  un Corpo militare di Stato con funzioni di « ordine » pubblico. Il quotidiano di Mussolini « Il Popolo d'Italia » aveva comunicato il [[3 ottobre]] il ''Regolamento di disciplina'' di questa milizia, definita « volontaria o per mercede », che la rendeva un'organizzazione di tipo para-militare, divisa in "legioni". Capo degli Milizia era il quadrumviro [[Cesare Maria De Vecchi]], che aveva ai suoi diretti ordini il capitano Cesare Forni, capo delle legioni dell'Alta Italia; capi delle "coorti" torinesi erano il marchese Carlo Scarampi del Cairo, il capitano Cagli e i tenenti Cerutti e Piero Brandimarte, quest'ultimo destinato, unicamente grazie ai suoi meriti squadristici, a diventare niente di meno che generale.  
Prima ancora della cosiddetta [[Marcia su Roma]], il [[17 settembre]] era stata costituita a [[Torre Pellice]] la "Milizia fascista", embrione di quella "Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale" che, costituita dal governo Mussolini il [[14 gennaio]] [[1923]], sarà  un Corpo militare di Stato con funzioni di « ordine » pubblico. Il quotidiano di Mussolini « Il Popolo d'Italia » aveva comunicato il [[3 ottobre]] il ''Regolamento di disciplina'' di questa milizia, definita « volontaria o per mercede », che la rendeva un'organizzazione di tipo para-militare, divisa in "legioni". Capo degli Milizia era il quadrumviro [[Cesare Maria De Vecchi]], che aveva ai suoi diretti ordini il capitano Cesare Forni, capo delle legioni dell'Alta Italia; capi delle "coorti" torinesi erano il marchese Carlo Scarampi del Cairo, il capitano Cagli e i tenenti Cerutti e Piero Brandimarte, quest'ultimo destinato, unicamente grazie ai suoi meriti squadristici, a diventare niente di meno che generale.  


Il tenente Dante Mariotti ebbe la responsabilità  dei "veliti"<ref>Da ''velites'', gli antichi soldati romani armati alla leggera, incaricati di effettuare brevi e rapidi assalti contro il nemico.</ref>, squadre formate da poche persone che sparavano, bastonavano e sùbito fuggivano, mentre incarichi più strettamente politici erano chiamati a svolgere Annibale Monferrino, Luigi Voltolina, Mario Gioda, amico personale del duce, e Massimo Rocca, membro della Direzionale nazionale del [[Partito Nazionale Fascista|PNF]].
Il tenente Dante Mariotti ebbe la responsabilità  dei "veliti" <ref>Da ''velites'', gli antichi soldati romani armati alla leggera, incaricati di effettuare brevi e rapidi assalti contro il nemico.</ref>, squadre formate da poche persone che sparavano, bastonavano e sùbito fuggivano, mentre incarichi più strettamente politici erano chiamati a svolgere Annibale Monferrino, Luigi Voltolina, Mario Gioda, amico personale del duce, e Massimo Rocca, membro della Direzionale nazionale del [[Partito Nazionale Fascista|PNF]].
    
    
Il Piemonte, nel suo complesso, era stato sufficientemente « normalizzato » dalle aggressioni mirate alle sedi di partito, di sindacato, dei circoli e della stampa della sinistra, che raggiungevano spesso lo scopo di intimidire e disperdere militanti e simpatizzanti delle uniche forze realmente in grado di opporsi all'avanzata del fascismo, i quali finivano in buona parte per non partecipare più alla pubblica attività  politica, lasciando il campo libero ai fascisti e a coloro che nel fascismo avevano creduto di individuare la forza che avrebbe liberato l'Italia dal « pericolo rosso ». Era stato il caso di città  come Alessandria, Biella, Novara, ma non di Torino.  
Il Piemonte, nel suo complesso, era stato sufficientemente « normalizzato » dalle aggressioni mirate alle sedi di partito, di sindacato, dei circoli e della stampa della sinistra, che raggiungevano spesso lo scopo di intimidire e disperdere militanti e simpatizzanti delle uniche forze realmente in grado di opporsi all'avanzata del fascismo, i quali finivano in buona parte per non partecipare più alla pubblica attività  politica, lasciando il campo libero ai fascisti e a coloro che nel fascismo avevano creduto di individuare la forza che avrebbe liberato l'Italia dal « pericolo rosso ». Era stato il caso di città  come Alessandria, Biella, Novara, ma non di Torino.  
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