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== La situazione politica: Torino e il fascismo nel 1922 == | == La situazione politica: Torino e il fascismo nel 1922 == | ||
Dal [[31 ottobre]] [[1922]] [[Benito Mussolini|Mussolini]] era capo di un governo di coalizione che univa reazionari e conservatori: fascisti, popolari, liberali e i sedicenti radicali del Partito della Democrazia Sociale. Mussolini vi aveva assunto anche la carica di ministro degli Interni, mentre il fascista [[Aldo Oviglio]] deteneva il portafogli della Giustizia. Capo della Polizia era stato nominato l'[[11 novembre]] il fascista [[Emilio De Bono]] che, appena insediato, si era proposto di riformare l'organismo per renderlo sempre più funzionale agli interessi del nuovo Regime<ref>Alla fine di dicembre verrà istituita la Milizia Nazionale e vennero soppresse le Guardie regie, un'iniziativa che provocò rivolte tra le guardie, soffocate dall'intervento dell'Esercito.</ref>. Naturalmente, oltre ad aver ottenuto il governo istituzionale del Paese, il fascismo intendeva mantenere il controllo del territorio attraverso le sue squadre, illegali ma sempre tollerate e persino favorite dalle forze dell'ordine della Polizia, dei Carabinieri e delle Guardie regie. | Dal [[31 ottobre]] [[1922]] [[Benito Mussolini|Mussolini]] era capo di un governo di coalizione che univa reazionari e conservatori: fascisti, popolari, liberali e i sedicenti radicali del Partito della Democrazia Sociale. Mussolini vi aveva assunto anche la carica di ministro degli Interni, mentre il fascista [[Aldo Oviglio]] deteneva il portafogli della Giustizia. Capo della Polizia era stato nominato l'[[11 novembre]] il fascista [[Emilio De Bono]] che, appena insediato, si era proposto di riformare l'organismo per renderlo sempre più funzionale agli interessi del nuovo Regime <ref>Alla fine di dicembre verrà istituita la Milizia Nazionale e vennero soppresse le Guardie regie, un'iniziativa che provocò rivolte tra le guardie, soffocate dall'intervento dell'Esercito.</ref>. Naturalmente, oltre ad aver ottenuto il governo istituzionale del Paese, il fascismo intendeva mantenere il controllo del territorio attraverso le sue squadre, illegali ma sempre tollerate e persino favorite dalle forze dell'ordine della Polizia, dei Carabinieri e delle Guardie regie. | ||
Prima ancora della cosiddetta [[Marcia su Roma]], il [[17 settembre]] era stata costituita a [[Torre Pellice]] la "Milizia fascista", embrione di quella "Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale" che, costituita dal governo Mussolini il [[14 gennaio]] [[1923]], sarà un Corpo militare di Stato con funzioni di « ordine » pubblico. Il quotidiano di Mussolini « Il Popolo d'Italia » aveva comunicato il [[3 ottobre]] il ''Regolamento di disciplina'' di questa milizia, definita « volontaria o per mercede », che la rendeva un'organizzazione di tipo para-militare, divisa in "legioni". Capo degli Milizia era il quadrumviro [[Cesare Maria De Vecchi]], che aveva ai suoi diretti ordini il capitano Cesare Forni, capo delle legioni dell'Alta Italia; capi delle "coorti" torinesi erano il marchese Carlo Scarampi del Cairo, il capitano Cagli e i tenenti Cerutti e Piero Brandimarte, quest'ultimo destinato, unicamente grazie ai suoi meriti squadristici, a diventare niente di meno che generale. | Prima ancora della cosiddetta [[Marcia su Roma]], il [[17 settembre]] era stata costituita a [[Torre Pellice]] la "Milizia fascista", embrione di quella "Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale" che, costituita dal governo Mussolini il [[14 gennaio]] [[1923]], sarà un Corpo militare di Stato con funzioni di « ordine » pubblico. Il quotidiano di Mussolini « Il Popolo d'Italia » aveva comunicato il [[3 ottobre]] il ''Regolamento di disciplina'' di questa milizia, definita « volontaria o per mercede », che la rendeva un'organizzazione di tipo para-militare, divisa in "legioni". Capo degli Milizia era il quadrumviro [[Cesare Maria De Vecchi]], che aveva ai suoi diretti ordini il capitano Cesare Forni, capo delle legioni dell'Alta Italia; capi delle "coorti" torinesi erano il marchese Carlo Scarampi del Cairo, il capitano Cagli e i tenenti Cerutti e Piero Brandimarte, quest'ultimo destinato, unicamente grazie ai suoi meriti squadristici, a diventare niente di meno che generale. | ||
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Angelo Quintagliè, 43 anni, era un ex-carabiniere - e perciò leale «al Re e alla Patria», come testimoniò poi la vedova - assunto nelle Ferrovie come usciere: la mattina del 19 dicembre, in quell'ufficio dove il giorno prima era stato sequestrato e poi ucciso Carlo Berruti, chiese informazioni sull'accaduto a un manovale fascista che lì lavorava, un certo Gallegari. Saputo della morte di Berruti, Quintagliè espresse apertamente rammarico e deplorazione. Fu una grave imprudenza. | Angelo Quintagliè, 43 anni, era un ex-carabiniere - e perciò leale «al Re e alla Patria», come testimoniò poi la vedova - assunto nelle Ferrovie come usciere: la mattina del 19 dicembre, in quell'ufficio dove il giorno prima era stato sequestrato e poi ucciso Carlo Berruti, chiese informazioni sull'accaduto a un manovale fascista che lì lavorava, un certo Gallegari. Saputo della morte di Berruti, Quintagliè espresse apertamente rammarico e deplorazione. Fu una grave imprudenza. | ||
Un'ora dopo entrarono nell'ufficio sei squadristi che, identificato il Quintagliè, gli si gettarono addosso, tempestandolo prima di bastonate e infine uccidendolo a revolverate. La moglie denunciò inutilmente il fatto: rimasti non identificati gli assassini, la spia Gallegari, denunciato nel [[1945]] dal figlio di Angelo Quintagliè, scontò due soli anni di carcere<ref>G. Carcano, cit., pp. 92-94.</ref>. | Un'ora dopo entrarono nell'ufficio sei squadristi che, identificato il Quintagliè, gli si gettarono addosso, tempestandolo prima di bastonate e infine uccidendolo a revolverate. La moglie denunciò inutilmente il fatto: rimasti non identificati gli assassini, la spia Gallegari, denunciato nel [[1945]] dal figlio di Angelo Quintagliè, scontò due soli anni di carcere <ref>G. Carcano, cit., pp. 92-94.</ref>. | ||
=== Cesare Pochettino === | === Cesare Pochettino === |