Sindacalismo rivoluzionario: differenze tra le versioni

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== In Italia ==
== In Italia ==
[[File: Armando_borghi.jpg|thumb|Armando Borghi]]
[[File: Armando_borghi.jpg|thumb|Armando Borghi]]
In [[Italia]] il sindacalismo rivoluzionario si affermò inizialmente all' interno del Partito socialista. Secondo quanto scrive [[Armando Borghi]] <ref>''Mezzo secolo di anarchia. Edizioni scientifiche italiane''. Napoli, 1954</ref> c'erano almeno tre diverse correnti. Quella che faceva capo ad Arturo Labriola, Enrico Leone, Walter Mocchi, redattori della rivista «Avanguardia socialista», pubblicata a Milano sin dal [[1903]], che si proponeva di lavorare all' interno del partito pur sostenendo la intransigenza elettorale assoluta e l'[[azione diretta]]. Questi esponenti socialisti furono tra i primi e principali protagonisti dello sviluppo teorico del sindacalismo rivoluzionario di ispirazione soreliana in [[Italia]], dove era stato introdotto verso la fine del [[1800]] da una serie di contatti che personalità  italiane, tra cui Croce e lo stesso Labriola, avevano avuto con Sorel. Il [[sindacalismo]] di [[Alceste De Ambris]] che negava al partito socialista la facoltà  di designare i candidati alle elezioni. I candidati dovevano essere eletti dalle organizzazioni operaie o dai sindacati e dovevano servirsi della immunità  parlamentare per sabotare dal di dentro le istituzioni. E infine il sindacalismo di Ottavio Dinale, Agostino Lanzillo, Paolo Mantica, Paolo Orano, Cesare Rossi, Edmondo Rossoni, Angelo Oliviero Olivetti, che si riuniranno poi nel [[1907]] intorno alla rivista «Pagine libere», i quali negavano anch' essi il [[parlamentarismo]] pur ammettendolo in via eccezionale. La funzione di queste correnti era quella di critica al riformismo [[socialista]] ma via via si radicalizzarono e condussero i sindacalisti fuori dal partito. Infatti, a partire dallo [[sciopero generale]] del [[1904]], «il primo sperimentato in Italia con una estensione nazionale e con un indirizzo tipicamente soreliano» <ref>E. Santarelli. ''Sorel e il sorelismo in Italia. Rivista storica del socialismo, periodico quadrimestrale''. Fascicolo 10 del maggio-agosto 1960</ref> il sindacalismo rivoluzionario in [[Italia]] andrà  sempre più crescendo in importanza ed efficacia. Nel congresso del Partito socialista di quell' anno, tenuto a Bologna, i sindacalisti rivoluzionari riusciranno ad imporre il proprio punto di vista e si riveleranno come un nucleo dirigente dei gruppi della sinistra interna, rafforzandosi sul piano della combattività  e della compattezza. Si arriverà  così nel luglio del [[1907]], a Ferrara, alla rottura definitiva ed alla loro uscita dal partito.
In [[Italia]] il sindacalismo rivoluzionario si affermò inizialmente all'interno del Partito socialista. Secondo quanto scrive [[Armando Borghi]] <ref>''Mezzo secolo di anarchia. Edizioni scientifiche italiane''. Napoli, 1954</ref> c'erano almeno tre diverse correnti. Quella che faceva capo ad Arturo Labriola, Enrico Leone, Walter Mocchi, redattori della rivista «Avanguardia socialista», pubblicata a Milano sin dal [[1903]], che si proponeva di lavorare all'interno del partito pur sostenendo la intransigenza elettorale assoluta e l'[[azione diretta]]. Questi esponenti socialisti furono tra i primi e principali protagonisti dello sviluppo teorico del sindacalismo rivoluzionario di ispirazione soreliana in [[Italia]], dove era stato introdotto verso la fine del [[1800]] da una serie di contatti che personalità  italiane, tra cui Croce e lo stesso Labriola, avevano avuto con Sorel. Il [[sindacalismo]] di [[Alceste De Ambris]] che negava al partito socialista la facoltà  di designare i candidati alle elezioni. I candidati dovevano essere eletti dalle organizzazioni operaie o dai sindacati e dovevano servirsi della immunità  parlamentare per sabotare dal di dentro le istituzioni. E infine il sindacalismo di Ottavio Dinale, Agostino Lanzillo, Paolo Mantica, Paolo Orano, Cesare Rossi, Edmondo Rossoni, Angelo Oliviero Olivetti, che si riuniranno poi nel [[1907]] intorno alla rivista «Pagine libere», i quali negavano anch' essi il [[parlamentarismo]] pur ammettendolo in via eccezionale. La funzione di queste correnti era quella di critica al riformismo [[socialista]] ma via via si radicalizzarono e condussero i sindacalisti fuori dal partito. Infatti, a partire dallo [[sciopero generale]] del [[1904]], «il primo sperimentato in Italia con una estensione nazionale e con un indirizzo tipicamente soreliano» <ref>E. Santarelli. ''Sorel e il sorelismo in Italia. Rivista storica del socialismo, periodico quadrimestrale''. Fascicolo 10 del maggio-agosto 1960</ref> il sindacalismo rivoluzionario in [[Italia]] andrà  sempre più crescendo in importanza ed efficacia. Nel congresso del Partito socialista di quell'anno, tenuto a Bologna, i sindacalisti rivoluzionari riusciranno ad imporre il proprio punto di vista e si riveleranno come un nucleo dirigente dei gruppi della sinistra interna, rafforzandosi sul piano della combattività  e della compattezza. Si arriverà  così nel luglio del [[1907]], a Ferrara, alla rottura definitiva ed alla loro uscita dal partito.


I sindacalisti rivoluzionari dopo aver promosso con [[Alceste De Ambris]] il grande sciopero di Parma del [[1908]], fuoriuscirono dalla CGL e fondarono, nel [[1912]], l'[[Unione Sindacale Italiana]] di cui [[Filippo Corridoni]] fu un esponente di rilievo tra coloro che si adoperavano per superare le [[corporativismo|divisioni corporativistiche]] cosiddette di mestiere. Molti anarchici entrarono fra le file dell'USI. Nel dibattito del [[1914]]-[[1915]] sulle scelte di intervento o neutralità , la frazione interventista fu battuta dal neutralismo [[antimilitarismo|antimilitarista]] dell'anarchico [[Armando Borghi]]. Gli interventisti furono espulsi dall’[[USI]] a guerra inoltrata e fondarono nel [[1918]] l'[[Unione italiana del lavoro]].
I sindacalisti rivoluzionari dopo aver promosso con [[Alceste De Ambris]] il grande sciopero di Parma del [[1908]], fuoriuscirono dalla CGL e fondarono, nel [[1912]], l'[[Unione Sindacale Italiana]] di cui [[Filippo Corridoni]] fu un esponente di rilievo tra coloro che si adoperavano per superare le [[corporativismo|divisioni corporativistiche]] cosiddette di mestiere. Molti anarchici entrarono fra le file dell'USI. Nel dibattito del [[1914]]-[[1915]] sulle scelte di intervento o neutralità , la frazione interventista fu battuta dal neutralismo [[antimilitarismo|antimilitarista]] dell'anarchico [[Armando Borghi]]. Gli interventisti furono espulsi dall’[[USI]] a guerra inoltrata e fondarono nel [[1918]] l'[[Unione italiana del lavoro]].
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