Il Risveglio Anarchico: differenze tra le versioni

Nessun oggetto della modifica
Riga 82: Riga 82:
Nettissimo fu, al tempo stesso, il rifiuto de ''Il Risveglio'' per una partecipazione [[anarchica]] alla costituzione di un «Fronte Unico», in quanto - affermava - «non crediamo esista formula teorica che possa unire tutti gli [[antifascisti]]». <ref>''Lotta antifascista'', supplemento al n. 699, del 21 agosto 1926.</ref> Un anno più tardi, rispondendo a un appello lanciato dalle colonne de l'''Avanti!'' dalla direzione del Partito Socialista, a comunisti, republicani ed [[anarchici]], «per l'unità proletaria nella lotta [[antifascista]]», replicava che gli [[anarchici]] non possono aderirvi, perché:
Nettissimo fu, al tempo stesso, il rifiuto de ''Il Risveglio'' per una partecipazione [[anarchica]] alla costituzione di un «Fronte Unico», in quanto - affermava - «non crediamo esista formula teorica che possa unire tutti gli [[antifascisti]]». <ref>''Lotta antifascista'', supplemento al n. 699, del 21 agosto 1926.</ref> Un anno più tardi, rispondendo a un appello lanciato dalle colonne de l'''Avanti!'' dalla direzione del Partito Socialista, a comunisti, republicani ed [[anarchici]], «per l'unità proletaria nella lotta [[antifascista]]», replicava che gli [[anarchici]] non possono aderirvi, perché:
:«[...] è evidente che l'accordo non può farsi che per determinati atti, il cui sviluppo sarà quel che sarà, secondo circostanze ed opportunità, forze e possibilità, ma sarebbe assurdo esigere da chiunque di rinunciare ad influire sugli avvenimenti in senso proprio, soprattutto quando si tratta, come nel caso nostro, di salvaguardare la maggiore [[libertà]] per tutti [...]. I gruppi senza confondersi e seguendo ciascuno il proprio cammino possono convergere tutti contro il [[fascismo]] [...]. L'azione [[insurrezionale]] deve partire dai più diversi punti della periferia e non da un centro, quasi sempre esitante e ritardatario». <ref>Vedi, sul supplemento al n. 713, del 5 marzo 1927, la rubrica ''Manrovesci e Battimani'', nonché, sullo stesso numero, l'intervento di C. B. ([[Camillo Berneri]]) ''L'Antifascismo in Francia. Il fronte unico''.</ref>
:«[...] è evidente che l'accordo non può farsi che per determinati atti, il cui sviluppo sarà quel che sarà, secondo circostanze ed opportunità, forze e possibilità, ma sarebbe assurdo esigere da chiunque di rinunciare ad influire sugli avvenimenti in senso proprio, soprattutto quando si tratta, come nel caso nostro, di salvaguardare la maggiore [[libertà]] per tutti [...]. I gruppi senza confondersi e seguendo ciascuno il proprio cammino possono convergere tutti contro il [[fascismo]] [...]. L'azione [[insurrezionale]] deve partire dai più diversi punti della periferia e non da un centro, quasi sempre esitante e ritardatario». <ref>Vedi, sul supplemento al n. 713, del 5 marzo 1927, la rubrica ''Manrovesci e Battimani'', nonché, sullo stesso numero, l'intervento di C. B. ([[Camillo Berneri]]) ''L'Antifascismo in Francia. Il fronte unico''.</ref>
=== La rivoluzione spagnola ===
Con le dimissioni di Primo De Rivera e la caduta della monarchia ([[1931]]), l'attenzione dei redattori dell'organo ginevrino cominciò a rivolgersi agli avvenimenti spagnoli, tanto che a partire dal n. 822, del [[16 maggio]] [[1931]], ''Il Risveglio'' iniziò a pubblicare regolarmente i comunicati da Barcellona, dell'«Ufficio libertario di corrispondenza», formato, allora, da [[Pietro Bruzzi|Bruzzi]], [[Virgilio Gozzoli|Gozzoli]] e [[Emilio Castellani|Castellani]]. È, tuttavia, solo dopo il tentato colpo di mano militare del [[19 luglio]] [[1936]] che il problema spagnolo balzò al centro degli interessi del giornale, divenendone anzi il tema dominante, non appena fu possibile intuire la gravità e la reale dimensione che andava assumendo il movimento [[insurrezionale]].
Osservatore attento e solitamente bene informato, [[Luigi Bertoni|Bertoni]] - che nell'ottobre di quell'anno aveva anzi varcato i Pirenei, per rendersi conto di persona dello stato di cose - comprese subito che le sorti del conflitto si stavano in realtà decidendo negli ambienti della diplomazia internazionale e che esso avrebbe avuto il suo epilogo, una volta raggiunto l'accordo fra le potenze interessate. L'organo [[anarchico]] non esitò, infatti, a manifestare serie apprensioni per le conseguenze di questa colossale congiura ai danni dell'[[antifascismo]], non solo spagnolo; e a denunciare apertamente sia l'appoggio tacitamente accordato al [[franchismo]], dalla coalizione dei paesi [[capitalisti]], sia il «mostruoso equivoco» e le manovre dei dirigenti moscoviti, che «nella stupida illusione d'imbonirsi l'[[Italia]] contro la [[Germania]], [loro] dichiarata nemica», avevano chiesto, per primi, la soppressione delle sanzioni contro l'[[Italia]] [[fascista]] e dato il via a un intervento politico sempre più spudoratamente controrivoluzionario. <ref name="QS">Cfr. ''Questioni spinose'', n. 961, del 28 novembre 1936; ed anche ''La crisi catalana'', n. 963, del 26 dicembre 1936.</ref>
Giustificato era pertanto il pessimismo sull'esito della [[rivoluzione]] antifranchista, manifestato dal giornale in forma sempre meno larvata, fin dall'autunno del [[1936]]; ed altresì comprensibili i frequenti appelli a diffidare dell'alleanza con gli stalinisti (giacché «[[Solidaridad Obrera]] ci pare esagerare nel senso di «unione sacra» e soprattutto nell'incensare la [[Russia]]» <ref name="QS"></ref>, il cui sospetto comportamento rendeva più che mai leciti i timori di un loro repentino voltafaccia:
:«Quel che favorisce i nemici dei nostri compagni è soprattutto l'importanza presa dal Partito Comunista, che prima del [[19 luglio]] era minuscola frazione in [[Spagna]] ed ora già spadroneggia, come lo provò l'ultima crisi della Generalità catalana. I più [...] dimenticano [...] l'attitudine ambigua del [[bolscevismo]], che nel mondo intero protestava contro il blocco della [[Spagna]], mentre Litvinoff con l'aderirvi lo giustificava. E non si chiedono angosciati se da un momento all'altro non possono essere vittime di un tradimento come lo fu l'[[Etiopia]], quando la [[Russia]] per la prima propose di rinunciare alle sanzioni contro Mussolini, sanzioni che non aveva del resto mai seriamente applicate». <ref>''Vederci chiaro'', n. 966, del 3 febbraio 1937; cfr. anche ''Parliamo chiaro'', n. 961, del 28 novembre 1936.</ref>
Sui primi del ’37, comunque, per l’organo ginevrino non v’erano più dubbi che le forze controrivoluzionarie stessero per avere un netto sopravvento; sicché, dopo la caduta di Malaga ed un’ulteriore constatazione che « la guerra italo-tedesca contro la Spagna continua col tacito consenso di Francia ed Inghilterra, che fingono di non vedere », Bertoni dovette prendere atto, con amarezza, che « la tragedia spagnola non permette più illusioni di sorta » (Guerra civile, sociale e rivoluzionaria, n. 967, del 26 febb. 1937). Circa tre mesi più tardi, commentando la notizia dell’assassinio di C. Berneri, aggiungeva: « È inutile che i nostri compagni spagnoli tentino di diminuire l’amara verta: la controrivoluzione ha avuto un primo innegabile successo; il popolo rivoluzionario viene disarmato e la forza poliziesca del governo borghese è notevolmente accresciuta. Diciamo borghese, esclusiva- mente borghese, perchè anche i sedicenti comunisti che lo compongono hanno espressamente dichiarato di volere far ritorno al capitalismo, e di non mirare ad una rivoluzione sociale, e l’hanno provato con un ostinato lavorio di restaurazione in tutti i campi … Ma fra non molto cadranno le maschere e risulterà evidente la manovra controrivoluzionaria eseguita dagli staliniani per conto proprio e del capitalismo inglese e francese » (Camillo Berneri e la Controrivoluzione, n. 974, del 29 mag. 1937).
Da segnalare è altresì l’ampia documentazione fornita dal giornale, lungo questo arco di mesi, sull’andamento delle operazioni militari e corredata, per di più, da notizie di prima mano ed analisi dal vivo, della situazione, fatte pervenire dalla Spagna, dai corrispondenti del foglio ginevrino (tra i più assidui, ricordo « Tranquillo » [Giuseppe Ruozzi] e Domenico Ludovici).
Interessante da seguire, per una maggiore comprensione della posizione, non solo ideologica ma anche tattica, del foglio di Bertoni, è altresì l’intervento nella polemica scatenatasi negli ambienti libertari, alla notizia che le organizzazioni anarchiche e anarco-sindacaliste, avevano accettato di partecipare al governo della Generalitat di Catalogna e, quindi, a quello centrale di Madrid. All’intransigenza dell’ala « purista » che si era affrettata a scagliare anatemi contro i compagni spagnoli, il cui cedimento era stato interpretato come un’abiura all’« ideologia antistatale », Il Risveglio oppose una più serena e tollerante comprensione per l’operato dei propri correligionari — costretti ad agire, sottolineava, in condizioni del tutto particolari ed in pratica sotto la pressione di « un vero e proprio ricatto, Madrid disponendo sola d’armi e di denaro » — ma non celando, per questo, perplessità e riserve, anche sul terreno dei principi. « Confessiamo — si legge, infatti, nel già cit. editoriale Questioni spinose — che si tratta di un esperimento che c’inspira seri timori, malgrado l’intera fiducia negli uomini. Sappiamo che il governo attuale di Spagna differisce assai da un governo ordinario, ma quanto avremmo preferito la partecipazone ad un semplice Consiglio di difesa, la cui esistenza è limitata al periodo di guerra». Tuttavia — vi si aggiungeva, subito dopo — « per aver visto le cose da vicino ed essere stati informati della reale situazione, noi non condanniamo i nostri saliti o piuttosto scesi … al potere. Necessità non ha legge. Cosa immaginare di più drammatico d’una richiesta per telefono dal fronte di munizioni, a cui non si può rispondere con l’immediato invio? E a cosa non ci si sobbarcherebbe per essere invece in grado di darvi seguito? È così che va posta la questione e non altrimenti, se non si vogliono fare delle vane dissertazioni e pronunciare invece un equo giudizio ».
A sostegno di tali vedute, Bertoni aveva anche riproposto alla riflessione dei suoi oppositori, il vecchio scritto di E. Malatesta, Verso l’Anarchia (1910), ripubblicandolo sul n. 959, del 31 ott. 1936, con una postilla redazionale, in cui si precisava che « diamo una volta di più questo penetrante art. di Malatesta per quei compagni che rimproverano alla C.N.T. ed alla F.A.I. di non aver realizzato l’anarchia d’un solo colpo e che trovano inamissibili le concezioni che hanno finito per fare con gravi strappi ai principi ». Costretto, dalTinasprimento della polemica, a risollevare più volte la questione, Bertoni ribadì, in tali occasioni, che i compagni spagnoli «hanno dovuto semplicemente cedere a mostruose necessità d’una guerra che da civile è diventata internazionale»; e che, in ultima analisi, non sussistevano alternative al mantenimento della forma statale, « voluta del resto dalla maggioranza del popolo », dal momento che « la Spagna non poteva rompere i suoi rapporti diplomatici e statali col resto del mondo, per l’ovvia ragione che facendolo il potere legittimo diventava quello di Franco ». Vd., in particolare, su questo interessante dibattito, Polemica, n. 961, del 28 [recte: 12] dic. 1936; e In margine alla polemica, n. 967, del 26 febb. 1937.


==Note==
==Note==
64 364

contributi