Il Martello (New York): differenze tra le versioni

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''Il Martello'' nacque quindi come giornale «di lotta», come lo definiva il suo direttore, nel [[1918]] (dal [[23 marzo]] del [[1919]] fu «'''rivista popolare diretta da Carlo Tresca'''» e dal [[15 gennaio]] [[1921]] fu «'''settimanale di battaglia diretto da Carlo Tresca'''»), quando la fine della guerra offrì la possibilità di una maggiore libera circolazione delle informazioni. Il periodo che va dal [[1918]] al [[1932]] fu infatti quello nel quale ''Il Martello'' fu più vivo, più inserito nelle problematiche che si presentavano all'interno del movimento operaio internazionale: dall'esplosione [[rivoluzionaria]] del dopoguerra, alla «controrivoluzione preventiva» messa in atto dal [[capitalismo]] sotto varie forme a seconda della forza e delle strutture di cui disponeva in ciascun paese, ai tentativi di ribellione a questa schiavitù.
''Il Martello'' nacque quindi come giornale «di lotta», come lo definiva il suo direttore, nel [[1918]] (dal [[23 marzo]] del [[1919]] fu «'''rivista popolare diretta da Carlo Tresca'''» e dal [[15 gennaio]] [[1921]] fu «'''settimanale di battaglia diretto da Carlo Tresca'''»), quando la fine della guerra offrì la possibilità di una maggiore libera circolazione delle informazioni. Il periodo che va dal [[1918]] al [[1932]] fu infatti quello nel quale ''Il Martello'' fu più vivo, più inserito nelle problematiche che si presentavano all'interno del movimento operaio internazionale: dall'esplosione [[rivoluzionaria]] del dopoguerra, alla «controrivoluzione preventiva» messa in atto dal [[capitalismo]] sotto varie forme a seconda della forza e delle strutture di cui disponeva in ciascun paese, ai tentativi di ribellione a questa schiavitù.


Ma la situazione interna degli [[Stati Uniti]] nel dopoguerra era per il movimento [[rivoluzionario]] estremamente difficile. Il primo ventennio del secolo XX vide gli [[anarchici]] e gli [[anarco-sindacalisti]] aderenti al [[sindacato rivoluzionario]], l'[[Industrial Workers of the World]], impegnati a combattere, in un crescendo di lotte e di incisività, contro un [[capitalismo]] imperialista sempre più forte e organizzato e contro i sindacati riformisti che ne assecondavano lo sviluppo. Nel dopoguerra il movimento operaio e [[rivoluzionario]] venne messo sulla difensiva. <ref>Cfr. ''Il fallito sciopero dei minatori dell'acciaio'', IV, 14, 9 luglio 1919, pp. 13-14.</ref>
Ma la situazione interna degli [[Stati Uniti]] nel dopoguerra era per il movimento [[rivoluzionario]] estremamente difficile. Il primo ventennio del secolo XX vide gli [[anarchici]] e gli [[anarco-sindacalisti]] aderenti al [[sindacato rivoluzionario]], l'[[Industrial Workers of the World]], impegnati a combattere, in un crescendo di lotte e di incisività, contro un [[capitalismo]] imperialista sempre più forte e organizzato e contro i [[sindacati]] riformisti che ne assecondavano lo sviluppo. Nel dopoguerra il movimento operaio e [[rivoluzionario]] venne messo sulla difensiva. <ref>Cfr. ''Il fallito sciopero dei minatori dell'acciaio'', IV, 14, 9 luglio 1919, pp. 13-14.</ref>


II più bieco collaborazionismo, sperimentato dai sindacati riformisti aderenti all'American Federation of Labor durante la guerra con la rinuncia «spontanea» allo sciopero, l'accettazione di salari concordati rispetto alle esigenze di produzione bellica, estromise ed emarginò ancor più i [[sindacati rivoluzionari]] e fece sì che questi ultimi rimanessero le sole organizzazioni a contatto con la classe lavoratrice. Solo gli anarchici e i membri dell'[[IWW]] conducssero <ref>''Da Haymarket alle ultime retate di Chicago'', VIII, 19, 3 giugno 1922, p. 1.</ref> una dura opposizione alla guerra, il che permise al [[capitalismo]] americano di mettere in atto una feroce repressione in nome degli interessi della nazione e di isolare queste organizzazioni dalla classe.
II più bieco collaborazionismo, sperimentato dai [[sindacati]] riformisti aderenti all'American Federation of Labor durante la guerra con la rinuncia «spontanea» allo sciopero, l'accettazione di salari concordati rispetto alle esigenze di produzione bellica, estromise ed emarginò ancor più i [[sindacati rivoluzionari]] e fece sì che questi ultimi rimanessero le sole organizzazioni a contatto con la classe lavoratrice. Solo gli anarchici e i membri dell'[[IWW]] conducssero <ref>''Da Haymarket alle ultime retate di Chicago'', VIII, 19, 3 giugno 1922, p. 1.</ref> una dura opposizione alla guerra, il che permise al [[capitalismo]] americano di mettere in atto una feroce repressione in nome degli interessi della nazione e di isolare queste organizzazioni dalla classe.
[[File:Martello6.jpg|miniatura|300px|''Il Martello'' del [[27 agosto]] [[1927]], dedicato alla tragica e ingiusta fine di [[Sacco e Vanzetti]].]]
[[File:Martello6.jpg|miniatura|300px|''Il Martello'' del [[27 agosto]] [[1927]], dedicato alla tragica e ingiusta fine di [[Sacco e Vanzetti]].]]
Il rapporto di forza determinatosi alla fine della guerra dette la possibilità alle forze governative e padronali di completare l'opera eliminando «fisicamente» e «militarmente» le forze [[rivoluzionarie]] del movimento operaio e rendere così più tranquillo il fronte del movimento. È così che negli anni [[1919]]-[[1920]] centinaia di militanti dell'[[IWW]] e delle altre organizzazioni di sinistra furono processati, talvolta uccisi; migliaia di immigrati vennero rispediti alla loro nazione d'origine, perché considerati «sovversivi». In questo clima si inserì anche la montatura poliziesca contro [[Sacco e Vanzetti]], che portò i due [[anarchici]] alla sedia elettrica, vicenda questa che ''Il Martello'' seguì con estrema attenzione e impegno fin dall'inizio. <ref>Cfr. ''Un'altra possibile congiura: proletari all'erta!'', VI, 11, 15 giugno 1920, p. 3.</ref>
Il rapporto di forza determinatosi alla fine della guerra dette la possibilità alle forze governative e padronali di completare l'opera eliminando «fisicamente» e «militarmente» le forze [[rivoluzionarie]] del movimento operaio e rendere così più tranquillo il fronte del movimento. È così che negli anni [[1919]]-[[1920]] centinaia di militanti dell'[[IWW]] e delle altre organizzazioni di sinistra furono processati, talvolta uccisi; migliaia di immigrati vennero rispediti alla loro nazione d'origine, perché considerati «sovversivi». In questo clima si inserì anche la montatura poliziesca contro [[Sacco e Vanzetti]], che portò i due [[anarchici]] alla sedia elettrica, vicenda questa che ''Il Martello'' seguì con estrema attenzione e impegno fin dall'inizio. <ref>Cfr. ''Un'altra possibile congiura: proletari all'erta!'', VI, 11, 15 giugno 1920, p. 3.</ref>
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[[File:Adunata1.jpg|miniatura|400px|left|''[[L'Adunata dei Refrattari]]'' entrò in attrito con il gruppo e i redattori de ''Il Martello''.]]
[[File:Adunata1.jpg|miniatura|400px|left|''[[L'Adunata dei Refrattari]]'' entrò in attrito con il gruppo e i redattori de ''Il Martello''.]]
Per questa posizione concettuale, oltre che per la pretesa di rappresentare l'ideale puro dell'[[anarchia]] <ref>Vedi l'articolo di fondo del n. 1, 15 aprile 1922, p. 1.</ref>, ''[[L'Adunata dei Refrattari]]'' entrò in urto con numerosi altri gruppi [[anarchici]] (vedi, a partire dal [[1924]], i giornali «La Sferza», «Il Bohemien», «Lo Staffile», «All'Armi», oltre agli innumerevoli articoli e trafiletti che apparivano su ogni numero de ''[[L'Adunata dei Refrattari|L'Adunata]]'') e particolarmente con il gruppo e i redattori de ''Il Martello''. Questa polemica venne alimentata anche dall'arrivo negli [[Stati Uniti]] di [[Armando Borghi]], che rinnegò la sua esperienza sindacalista e [[organizzatrice]] per spostarsi su posizioni [[antiorganizzative]] <ref>Cfr. [[Armando Borghi]], ''Gli anarchici e le alleanze'', New York, 1927, opuscolo contro l'[[organizzazione]] unitaria [[antifascista]], come era l'Alleanza Antifascista, alla quale collaborò per un certo periodo anche il gruppo de ''[[L'Adunata dei Refrattari|L'Adunata]]'' e alla quale collaborava attivamente il gruppo de ''Il Martello''.</ref>, in stretta aderenza con le posizioni de ''[[L'Adunata dei Refrattari|L'Adunata]]''. Si arrivò così, nel [[1928]], al paradosso con la «scomunica» lanciata contro [[Carlo Tresca]], individuato quale principale responsabile delle posizioni «eretiche» de ''Il Martello''. <ref>Cfr. [[Carlo Tresca]], ''Evviva il giudice Thayer'' e ''Il fattaccio'', XIII, 20, 26 maggio 1928, p. 3; oltre alla copia del documento di «scomunica» in ACSR, C.P.C., busta 5618-9.</ref>
Per questa posizione concettuale, oltre che per la pretesa di rappresentare l'ideale puro dell'[[anarchia]] <ref>Vedi l'articolo di fondo del n. 1, 15 aprile 1922, p. 1.</ref>, ''[[L'Adunata dei Refrattari]]'' entrò in urto con numerosi altri gruppi [[anarchici]] (vedi, a partire dal [[1924]], i giornali «La Sferza», «Il Bohemien», «Lo Staffile», «All'Armi», oltre agli innumerevoli articoli e trafiletti che apparivano su ogni numero de ''[[L'Adunata dei Refrattari|L'Adunata]]'') e particolarmente con il gruppo e i redattori de ''Il Martello''. Questa polemica venne alimentata anche dall'arrivo negli [[Stati Uniti]] di [[Armando Borghi]], che rinnegò la sua esperienza sindacalista e [[organizzatrice]] per spostarsi su posizioni [[antiorganizzative]] <ref>Cfr. [[Armando Borghi]], ''Gli anarchici e le alleanze'', New York, 1927, opuscolo contro l'[[organizzazione]] unitaria [[antifascista]], come era l'Alleanza Antifascista, alla quale collaborò per un certo periodo anche il gruppo de ''[[L'Adunata dei Refrattari|L'Adunata]]'' e alla quale collaborava attivamente il gruppo de ''Il Martello''.</ref>, in stretta aderenza con le posizioni de ''[[L'Adunata dei Refrattari|L'Adunata]]''. Si arrivò così, nel [[1928]], al paradosso con la «scomunica» lanciata contro [[Carlo Tresca]], individuato quale principale responsabile delle posizioni «eretiche» de ''Il Martello''. <ref>Cfr. [[Carlo Tresca]], ''Evviva il giudice Thayer'' e ''Il fattaccio'', XIII, 20, 26 maggio 1928, p. 3; oltre alla copia del documento di «scomunica» in ACSR, C.P.C., busta 5618-9.</ref>
La base reale di questa accusa fu la stessa linea politica del gruppo redazionale de ''Il Martello'' che, in una visione dell'attività [[rivoluzionaria]] più aderente al mondo degli immigrati italo-americani, non si chiudeva nella «torre d'avorio», ma riteneva necessario, in un momento di involuzione politica a livello internazionale, un confronto continuo con le altre forze politiche e sindacali e quindi agiva all'interno di comitati ed associazioni [[antifasciste]] unitarie, collaborava con le frange estremiste all'interno dei sindacati e offriva loro l'appoggio del giornale. La concezione dell'[[anarchismo]] de ''Il Martello'', infatti, in parallelo con la parte del [[movimento anarchico]] internazionale che vedeva ormai «l'[[anarchia]] come [[anarchismo]]» <ref>Cfr. G. Cerrito, ''Il movimento anarchico internazionale nella sua struttura attuale'', in ''Anarchici e anarchia nel mondo contemporaneo. Atti del Convegno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi - Torino, 5-6-7 dicembre 1969'', Torino, 1971, p. 131.</ref>, si andava via via evolvendo e costruendo verso una concezione dell'[[anarchismo]] che superasse il momento della propaganda verbale o «[[propaganda col fatto|col fatto]]» e tendesse all'organizzazione delle masse sfruttate rese coscienti dalle esperienze di lotta che compivano insieme sul posto di lavoro, nei sindacati, nelle organizzazioni [[antifasciste]].
La base reale di questa accusa fu la stessa linea politica del gruppo redazionale de ''Il Martello'' che, in una visione dell'attività [[rivoluzionaria]] più aderente al mondo degli immigrati italo-americani, non si chiudeva nella «torre d'avorio», ma riteneva necessario, in un momento di involuzione politica a livello internazionale, un confronto continuo con le altre forze politiche e sindacali e quindi agiva all'interno di comitati ed associazioni [[antifasciste]] unitarie, collaborava con le frange estremiste all'interno dei [[sindacati]] e offriva loro l'appoggio del giornale. La concezione dell'[[anarchismo]] de ''Il Martello'', infatti, in parallelo con la parte del [[movimento anarchico]] internazionale che vedeva ormai «l'[[anarchia]] come [[anarchismo]]» <ref>Cfr. G. Cerrito, ''Il movimento anarchico internazionale nella sua struttura attuale'', in ''Anarchici e anarchia nel mondo contemporaneo. Atti del Convegno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi - Torino, 5-6-7 dicembre 1969'', Torino, 1971, p. 131.</ref>, si andava via via evolvendo e costruendo verso una concezione dell'[[anarchismo]] che superasse il momento della propaganda verbale o «[[propaganda col fatto|col fatto]]» e tendesse all'organizzazione delle masse sfruttate rese coscienti dalle esperienze di lotta che compivano insieme sul posto di lavoro, nei [[sindacati]], nelle organizzazioni [[antifasciste]].
[[File: Carlo-tresca-1910.jpg|thumb|left|[[Carlo Tresca]], anima e direttore de ''Il Martello''.]]
[[File: Carlo-tresca-1910.jpg|thumb|left|[[Carlo Tresca]], anima e direttore de ''Il Martello''.]]
''Il Martello'' in quegli anni combatté infatti il [[fascismo]] in [[Italia]], che considerava espressione del bisogno «di assicurare il dominio della borghesia sulla classe operaia, sulla massa dei proletari» e «l'illimitato diritto della borghesia a trarre il massimo profitto dall'altrui fatica», chiarendo così come il [[fascismo]] non fosse che uno dei modi della gestione dello sfruttamento [[capitalista]]. <ref>Cfr. [[Carlo Tresca]], ''Re fascista'', VII, 38, 28 ottobre 1922, p. 1; [[Luigi Fabbri]], ''La reazione europea e l'Italia'', IX, 46, 22 dicembre 1923, p. 3.</ref>
''Il Martello'' in quegli anni combatté infatti il [[fascismo]] in [[Italia]], che considerava espressione del bisogno «di assicurare il dominio della borghesia sulla classe operaia, sulla massa dei proletari» e «l'illimitato diritto della borghesia a trarre il massimo profitto dall'altrui fatica», chiarendo così come il [[fascismo]] non fosse che uno dei modi della gestione dello sfruttamento [[capitalista]]. <ref>Cfr. [[Carlo Tresca]], ''Re fascista'', VII, 38, 28 ottobre 1922, p. 1; [[Luigi Fabbri]], ''La reazione europea e l'Italia'', IX, 46, 22 dicembre 1923, p. 3.</ref>
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L'attività [[antifascista]] de ''Il Martello'' si fece incisiva a tal punto che il giornale venne preso di mira non solo dagli organi ufficiali di stampa del [[fascismo]] in [[Italia]], ma anche dalle autorità americane, su pressione dell'ambasciatore italiano. [[Carlo Tresca|Tresca]] fu arrestato il [[14 agosto]] [[1923]] con una scusa banale: quella di aver spedito per posta un numero de ''Il Martello'' contenente pubblicità a pubblicazioni favorevoli al controllo delle nascite. [[Carlo Tresca|Tresca]] fu condannato a un anno di carcere. <ref>Sulla vicenda, cfr. ''Carlo Tresca arrestato e rilasciato dietro garanzia'', IX, 31, 18 agisto 1923, p. 2; ''Storia di una persecuzione disonesta e indecente'', IX, 46, 22 dicembre 1923, pp. 1-2; [[Carlo Tresca]], ''«L'Impero» di Roma torna alla carica'', X, 12, 29 dicembre 1924, p. 3. Sulle pressioni esercitate dall'ambasciatore italiano sulle autorità americane, vedi ''Consolato Generale d'Italia a New York a Ministero degli Interni'', 20 giugno 1926 e 21 luglio 1926 (in ACSR, P.S., 1926, b. 86), oltre ai vari riferimenti contenuti nelle cartelle di Tresca e Vacirca del C.P.C.</ref>
L'attività [[antifascista]] de ''Il Martello'' si fece incisiva a tal punto che il giornale venne preso di mira non solo dagli organi ufficiali di stampa del [[fascismo]] in [[Italia]], ma anche dalle autorità americane, su pressione dell'ambasciatore italiano. [[Carlo Tresca|Tresca]] fu arrestato il [[14 agosto]] [[1923]] con una scusa banale: quella di aver spedito per posta un numero de ''Il Martello'' contenente pubblicità a pubblicazioni favorevoli al controllo delle nascite. [[Carlo Tresca|Tresca]] fu condannato a un anno di carcere. <ref>Sulla vicenda, cfr. ''Carlo Tresca arrestato e rilasciato dietro garanzia'', IX, 31, 18 agisto 1923, p. 2; ''Storia di una persecuzione disonesta e indecente'', IX, 46, 22 dicembre 1923, pp. 1-2; [[Carlo Tresca]], ''«L'Impero» di Roma torna alla carica'', X, 12, 29 dicembre 1924, p. 3. Sulle pressioni esercitate dall'ambasciatore italiano sulle autorità americane, vedi ''Consolato Generale d'Italia a New York a Ministero degli Interni'', 20 giugno 1926 e 21 luglio 1926 (in ACSR, P.S., 1926, b. 86), oltre ai vari riferimenti contenuti nelle cartelle di Tresca e Vacirca del C.P.C.</ref>


Allo stesso modo il giornale seguì tutte le vicende che riguardarono il movimento dei lavoratori italiani negli [[Stati Uniti]], appoggiò ogni tentativo di organizzazione autonoma dei lavoratori in quei sindacati, come l'Amalgamated Clothing Workers of America e l'International Ladies Garment Workers Union, dove la presenza degli italiani era importante. <ref>Cfr. alcuni dei numerosi articoli sull'argomento: P. Scipione, ''Lo sciopero dei sarti di Philadelphia'', VIII, 35, 7 ottobre 1922, p. 2; Ego Sum ([[Carlo Tresca]]), ''Lo sciopero dei sarti'', XI, 47, 20 novembre 1927, p. 1; ''Red, Reazione gialla'', XI, 24, 12 giugno 1926, p. 1.</ref> In questi sindacati, come in altri, ci si contrapponeva apertamente all'attività collaborazionista dei dirigenti, che avevano perso completamente di vista la necessità della [[lotta di classe (concetto)|lotta di classe]] e trascinavano i lavoratori nella collaborazione col sistema [[capitalistico]]. <ref>Cfr. ''Open shop'', VII, 5, 12 febbraio 1921, p. 3.</ref>
Allo stesso modo il giornale seguì tutte le vicende che riguardarono il movimento dei lavoratori italiani negli [[Stati Uniti]], appoggiò ogni tentativo di organizzazione autonoma dei lavoratori in quei [[sindacati]], come l'Amalgamated Clothing Workers of America e l'International Ladies Garment Workers Union, dove la presenza degli italiani era importante. <ref>Cfr. alcuni dei numerosi articoli sull'argomento: P. Scipione, ''Lo sciopero dei sarti di Philadelphia'', VIII, 35, 7 ottobre 1922, p. 2; Ego Sum ([[Carlo Tresca]]), ''Lo sciopero dei sarti'', XI, 47, 20 novembre 1927, p. 1; ''Red, Reazione gialla'', XI, 24, 12 giugno 1926, p. 1.</ref> In questi [[sindacati]], come in altri, ci si contrapponeva apertamente all'attività collaborazionista dei dirigenti, che avevano perso completamente di vista la necessità della [[lotta di classe (concetto)|lotta di classe]] e trascinavano i lavoratori nella collaborazione col sistema [[capitalistico]]. <ref>Cfr. ''Open shop'', VII, 5, 12 febbraio 1921, p. 3.</ref>


Interessante è poi la posizione de ''Il Martello'' di fronte alla crisi del [[1929]], una crisi che il giornale considerò insita nel sistema [[capitalistico]] e affliggente in prima persona i lavoratori, creando migliaia di disoccupati <ref>Cfr. ''Disoccupazione e fame bussano alla porta di casa dei lavoratori d'America'', XV, 6, 15 febbraio 1930, p. 1.</ref> Per il giornale, anche il prezzo della ristrutturazione messa in atto da Roosevelt col New Deal veniva pagato dai lavoratori, che venivano usati come uno degli elementi fondamentali e indispensabili al riequilibrio del sistema. La politica di Roosevelt mirava in sostanza, da una parte, a razionalizzare il sistema [[capitalistico]] attraverso un controllo più diretto dello [[Stato]], che cura gli interessi generali del [[capitalismo]] in modo abbastanza omogeneo, dall'altra, ad assicurare, attraverso un'abile politica nei confronti delle organizzazioni operaie, un interlocutore che, ponendosi in maniera «dialettica» nei confronti del [[capitale]], si preoccupasse di conservare gli equilibri del sistema, garantendo agli sfruttati quel «giusto» potere di acquisto atto ad assicurare una prosperità permanente al [[capitale]]. <ref>Cfr. ''Roosevelt, l'uomo e la sua politica nella vita americana'', XXIII, I, 14 febbraio 1938, p. 1; [[Carlo Tresca]], ''Reazione e rivoluzione'', XVIII, 10, 14 giugno 1934, p. 1.</ref>
Interessante è poi la posizione de ''Il Martello'' di fronte alla crisi del [[1929]], una crisi che il giornale considerò insita nel sistema [[capitalistico]] e affliggente in prima persona i lavoratori, creando migliaia di disoccupati <ref>Cfr. ''Disoccupazione e fame bussano alla porta di casa dei lavoratori d'America'', XV, 6, 15 febbraio 1930, p. 1.</ref> Per il giornale, anche il prezzo della ristrutturazione messa in atto da Roosevelt col New Deal veniva pagato dai lavoratori, che venivano usati come uno degli elementi fondamentali e indispensabili al riequilibrio del sistema. La politica di Roosevelt mirava in sostanza, da una parte, a razionalizzare il sistema [[capitalistico]] attraverso un controllo più diretto dello [[Stato]], che cura gli interessi generali del [[capitalismo]] in modo abbastanza omogeneo, dall'altra, ad assicurare, attraverso un'abile politica nei confronti delle organizzazioni operaie, un interlocutore che, ponendosi in maniera «dialettica» nei confronti del [[capitale]], si preoccupasse di conservare gli equilibri del sistema, garantendo agli sfruttati quel «giusto» potere di acquisto atto ad assicurare una prosperità permanente al [[capitale]]. <ref>Cfr. ''Roosevelt, l'uomo e la sua politica nella vita americana'', XXIII, I, 14 febbraio 1938, p. 1; [[Carlo Tresca]], ''Reazione e rivoluzione'', XVIII, 10, 14 giugno 1934, p. 1.</ref>
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