Gracchus Babeuf: differenze tra le versioni

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Babeuf comprende che le leggi non sono che la legittimazione e la difesa dell'ordine esistente: da una parte, i codici « servirono agli usurpatori come titoli legittimanti i loro saccheggi, e alle famiglie vinte come irrevocabili decreti di confisca delle loro spoglie », e dall'altra impedirono a queste ultime « di sollevarsi da tale sorta di avvilimento » e fecero in modo che « dalla classe vittoriosa fossero considerate costituenti una sorta di classe molto inferiore della specie umana ». Queste leggi non scendono dal cielo e non sono il prodotto di una necessità  della natura, ma è stata proprio la classe vittoriosa a stabilire « nelle assemblee convocate per la redazione di siffatti codici gli articoli a suo piacimento ».
Babeuf comprende che le leggi non sono che la legittimazione e la difesa dell'ordine esistente: da una parte, i codici « servirono agli usurpatori come titoli legittimanti i loro saccheggi, e alle famiglie vinte come irrevocabili decreti di confisca delle loro spoglie », e dall'altra impedirono a queste ultime « di sollevarsi da tale sorta di avvilimento » e fecero in modo che « dalla classe vittoriosa fossero considerate costituenti una sorta di classe molto inferiore della specie umana ». Queste leggi non scendono dal cielo e non sono il prodotto di una necessità  della natura, ma è stata proprio la classe vittoriosa a stabilire « nelle assemblee convocate per la redazione di siffatti codici gli articoli a suo piacimento ».


Molto migliori sono allora, secondo Babeuf, le tesi comuniste del « Riformatore del mondo intero », per quanto « sia un vero peccato che egli lasci un vuoto a proposito dei mezzi » con i quali costituire la nuova società . Per realizzare una tale rivoluzione « bisogna operare grandi mutamenti », rendendo realmente eguali tutti gli uomini: « Perché accordare maggiore considerazione a chi porta una spada, piuttosto che a quello che l'ha saputa forgiare? ». ''L'Avant-coureur'', come Rousseau sostiene che gli uomini sono tutti eguali, e perciò « non devono possedere nulla in particolare, ma godere di tutto in comune », e « ci fa fare quattro buoni pasti al giorno, ci veste molto elegantemente e dà, a ognuno di noi padri di famiglia, incantevoli case da mille luigi », a differenza - dice Babeuf - di Rousseau, che invece ci manda « in mezzo ai boschi, a saziarci sotto una quercia, ad abbeverarci al primo ruscello ».
Molto migliori sono allora, secondo Babeuf, le tesi comuniste del « Riformatore del mondo intero », per quanto « sia un vero peccato che egli lasci un vuoto a proposito dei mezzi » con i quali costituire la nuova società. Per realizzare una tale rivoluzione « bisogna operare grandi mutamenti », rendendo realmente eguali tutti gli uomini: « Perché accordare maggiore considerazione a chi porta una spada, piuttosto che a quello che l'ha saputa forgiare? ». ''L'Avant-coureur'', come Rousseau sostiene che gli uomini sono tutti eguali, e perciò « non devono possedere nulla in particolare, ma godere di tutto in comune », e « ci fa fare quattro buoni pasti al giorno, ci veste molto elegantemente e dà, a ognuno di noi padri di famiglia, incantevoli case da mille luigi », a differenza - dice Babeuf - di Rousseau, che invece ci manda « in mezzo ai boschi, a saziarci sotto una quercia, ad abbeverarci al primo ruscello ».


Scopriamo così che a quest'epoca Babeuf non ha ben compreso, se pure lo ha letto, il ''Discorso sull'origine della diseguaglianza'' di Rousseau, dal momento che egli ripete le critiche malevoli e soprattutto ingiustificate che [[Voltaire]] portò nel [[1755]] all'opera di Rousseau. La sua adesione al comunismo è però evidente, anche se non gli è chiaro il modo con il quale costruire una società  perfettamente egualitaria.
Scopriamo così che a quest'epoca Babeuf non ha ben compreso, se pure lo ha letto, il ''Discorso sull'origine della diseguaglianza'' di Rousseau, dal momento che egli ripete le critiche malevoli e soprattutto ingiustificate che [[Voltaire]] portò nel [[1755]] all'opera di Rousseau. La sua adesione al comunismo è però evidente, anche se non gli è chiaro il modo con il quale costruire una società  perfettamente egualitaria.
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Una Costituzione che enumerasse tutte le libertà  garantire ai cittadini, che fosse scritta con assoluta chiarezza e semplicità, « senza ambiguità, senza possibilità  di commenti o interpretazioni » da parte di gente in cerca di cavilli, godrebbe del rispetto della grande maggioranza dei cittadini che avrebbe successo sulle mene di una minoranza che non vuole la vera eguaglianza. Invece « oggi il popolo è come il bue », che si sottomette perché ignora la propria forza.
Una Costituzione che enumerasse tutte le libertà  garantire ai cittadini, che fosse scritta con assoluta chiarezza e semplicità, « senza ambiguità, senza possibilità  di commenti o interpretazioni » da parte di gente in cerca di cavilli, godrebbe del rispetto della grande maggioranza dei cittadini che avrebbe successo sulle mene di una minoranza che non vuole la vera eguaglianza. Invece « oggi il popolo è come il bue », che si sottomette perché ignora la propria forza.


Bisognerà  anche che ogni cittadino sia un soldato, per difendere le vere libertà . Oggi l'esercito regolare e permanente, guidato da ufficiali nobili, è « una superfluità  e un pericolo per la libertà  ». Per il momento, dopo averlo ridotto di numero, occorrerebbe introdurvi la regola della « nomina di tutti i capi a maggioranza di voti, e l'eguaglianza nella paga per tutti i gradi », impiegandolo, in tempo di pace, a lavori utili, « anziché lasciarlo marcire in un ozio funesto ».
Bisognerà  anche che ogni cittadino sia un soldato, per difendere le vere libertà. Oggi l'esercito regolare e permanente, guidato da ufficiali nobili, è « una superfluità  e un pericolo per la libertà  ». Per il momento, dopo averlo ridotto di numero, occorrerebbe introdurvi la regola della « nomina di tutti i capi a maggioranza di voti, e l'eguaglianza nella paga per tutti i gradi », impiegandolo, in tempo di pace, a lavori utili, « anziché lasciarlo marcire in un ozio funesto ».


Fondamento della rigenerazione sociale è la riforma agraria, « questa legge che i ricchi temono » e alla quale, però, nemmeno pensa « il gran numero dei diseredati, cioè i quarantanove cinquantesimi del genere umano ». Sulla riforma agraria vi è un pregiudizio ancora più radicato di quello che esiste sulla monarchia, rileva il repubblicano Babeuf. Si pensa comunemente che una seria riforma sarebbe un attentato alla proprietà  e ne deriverebbe il disfacimento della società, oppure che dopo un po' tutto tornerebbe come prima, con i molti che hanno poco o nulla e i pochi che posseggono quasi tutto.
Fondamento della rigenerazione sociale è la riforma agraria, « questa legge che i ricchi temono » e alla quale, però, nemmeno pensa « il gran numero dei diseredati, cioè i quarantanove cinquantesimi del genere umano ». Sulla riforma agraria vi è un pregiudizio ancora più radicato di quello che esiste sulla monarchia, rileva il repubblicano Babeuf. Si pensa comunemente che una seria riforma sarebbe un attentato alla proprietà  e ne deriverebbe il disfacimento della società, oppure che dopo un po' tutto tornerebbe come prima, con i molti che hanno poco o nulla e i pochi che posseggono quasi tutto.
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Secondo Babeuf, « la terra non dev'essere alienabile; ognuno, nascendo, ha diritto di avere la sua parte sufficiente, come avviene per l'aria e l'acqua; morendo, deve lasciarne eredi la società  intera, e non quelli che gli sono più vicini, perché proprio quest'ultimo sistema di alienazione ha dato tutto agli uni e niente agli altri ». L'inalienabilità  della terra impedirebbe la possibilità  di ristabilire col tempo le vecchie diseguaglianze, ognuno sarebbe sicuro « del suo patrimonio » e vivrebbe tranquillo per l'avvenire suo e dei suoi figli. L'artigianato e l'industria non scomparirebbero, perché evidentemente « non tutti potrebbero essere contadini » e si continuerebbero i necessari scambi di servizi, mantenendo ciascuno nella terra « un patrimonio inalienabile, in ogni tempo e circostanza un fondo, una risorsa inattaccabile contro i bisogni ».
Secondo Babeuf, « la terra non dev'essere alienabile; ognuno, nascendo, ha diritto di avere la sua parte sufficiente, come avviene per l'aria e l'acqua; morendo, deve lasciarne eredi la società  intera, e non quelli che gli sono più vicini, perché proprio quest'ultimo sistema di alienazione ha dato tutto agli uni e niente agli altri ». L'inalienabilità  della terra impedirebbe la possibilità  di ristabilire col tempo le vecchie diseguaglianze, ognuno sarebbe sicuro « del suo patrimonio » e vivrebbe tranquillo per l'avvenire suo e dei suoi figli. L'artigianato e l'industria non scomparirebbero, perché evidentemente « non tutti potrebbero essere contadini » e si continuerebbero i necessari scambi di servizi, mantenendo ciascuno nella terra « un patrimonio inalienabile, in ogni tempo e circostanza un fondo, una risorsa inattaccabile contro i bisogni ».


Legge agraria significa eguaglianza reale. Da qui discendono diritti e libertà . Nessuna divisione di classe tra i cittadini; diritto di ammissione di tutti a tutti i posti; diritto di voto per tutti, diritto di esprimere le proprie opinioni e di sorvegliare l'attività  dell'Assemblea legislativa; libertà  di riunione; diritto di tutti i cittadini di portare le armi, al solo scopo di distruggere lo spirito di corpo delle forze armate tradizionali e di combattere i nemici esterni.
Legge agraria significa eguaglianza reale. Da qui discendono diritti e libertà. Nessuna divisione di classe tra i cittadini; diritto di ammissione di tutti a tutti i posti; diritto di voto per tutti, diritto di esprimere le proprie opinioni e di sorvegliare l'attività  dell'Assemblea legislativa; libertà  di riunione; diritto di tutti i cittadini di portare le armi, al solo scopo di distruggere lo spirito di corpo delle forze armate tradizionali e di combattere i nemici esterni.


Senza una riforma agraria, « libertà, eguaglianza, diritti dell'uomo saranno sempre parole ridondanti e vuote di significato ». Per questo motivo gli aristocratici si oppongono, perché sanno che « una volta posta una mano profana su quello che chiamano il ''sacro diritto della proprietà '', la mancanza di rispetto non conoscerà  più limiti ». I loro interessi e i loro timori sono esattamente opposti a quelli dei difensori degli affamati. Lo scopo della società  è quello di procurare ai suoi membri la maggiore felicità  possibile. E allora a che servono le leggi, « se non riescono a trarre dagli abissi della miseria questa enorme massa d'indigenti, questa moltitudine che compone la stragrande maggioranza della società ? ».
Senza una riforma agraria, « libertà, eguaglianza, diritti dell'uomo saranno sempre parole ridondanti e vuote di significato ». Per questo motivo gli aristocratici si oppongono, perché sanno che « una volta posta una mano profana su quello che chiamano il ''sacro diritto della proprietà '', la mancanza di rispetto non conoscerà  più limiti ». I loro interessi e i loro timori sono esattamente opposti a quelli dei difensori degli affamati. Lo scopo della società  è quello di procurare ai suoi membri la maggiore felicità  possibile. E allora a che servono le leggi, « se non riescono a trarre dagli abissi della miseria questa enorme massa d'indigenti, questa moltitudine che compone la stragrande maggioranza della società ? ».
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In questo periodo, alla Rivoluzione veniva impresso un indirizzo democratico grazie al crescente influsso nella Convenzione della sinistra rappresentata dai Montagnardi - deputati provenienti dal circolo dei Giacobini radicali e in parte da quello dei Cordiglieri - guidati da Robespierre e all'inverso calo di consensi nei confronti della destra rappresentata dai Girondini. Le difficoltà  della guerra, il tradimento del generale Dumouriez, il crescente carovita, provocarono alla fine di maggio l'insurrezione delle sezioni rivoluzionarie di Parigi che portò il [[2 giugno]] all'arresto dei deputati girondini. Il successo dei Montagnardi era stato favorito dalle loro prese di posizione a favore dell'elemento popolare rappresentato dai sanculotti.  
In questo periodo, alla Rivoluzione veniva impresso un indirizzo democratico grazie al crescente influsso nella Convenzione della sinistra rappresentata dai Montagnardi - deputati provenienti dal circolo dei Giacobini radicali e in parte da quello dei Cordiglieri - guidati da Robespierre e all'inverso calo di consensi nei confronti della destra rappresentata dai Girondini. Le difficoltà  della guerra, il tradimento del generale Dumouriez, il crescente carovita, provocarono alla fine di maggio l'insurrezione delle sezioni rivoluzionarie di Parigi che portò il [[2 giugno]] all'arresto dei deputati girondini. Il successo dei Montagnardi era stato favorito dalle loro prese di posizione a favore dell'elemento popolare rappresentato dai sanculotti.  


Il [[24 aprile]] 1793 Robespierre aveva proposto di modificare la Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789 sulla proprietà, definendola  « il diritto che ogni cittadino ha di godere di quella parte dei beni che gli è assicurata dalla legge », stabilendone così il carattere sociale, perciò non inviolabile in quanto non più « diritto naturale ».<ref>Principio recepito nell'art. 19 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1793, preambolo dell'Atto costituzionale approvato il 24 giugno 1793, in cui era scritto che « Nessuno può essere privato della benchè minima parte della sua proprietà, senza il suo consenso, tranne quando la necessità  pubblica legalmente constatata lo esige, e sotto la condizione di una giusta e preventiva indennità  ».</ref> Il [[4 maggio]] era stato stabilito un ''maximum'' ai prezzi delle merci di prima necessità .   
Il [[24 aprile]] 1793 Robespierre aveva proposto di modificare la Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789 sulla proprietà, definendola  « il diritto che ogni cittadino ha di godere di quella parte dei beni che gli è assicurata dalla legge », stabilendone così il carattere sociale, perciò non inviolabile in quanto non più « diritto naturale ».<ref>Principio recepito nell'art. 19 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1793, preambolo dell'Atto costituzionale approvato il 24 giugno 1793, in cui era scritto che « Nessuno può essere privato della benchè minima parte della sua proprietà, senza il suo consenso, tranne quando la necessità  pubblica legalmente constatata lo esige, e sotto la condizione di una giusta e preventiva indennità  ».</ref> Il [[4 maggio]] era stato stabilito un ''maximum'' ai prezzi delle merci di prima necessità.   


Scrivendo il [[7 maggio]] ad Anaxagoras Chaumette, giornalista delle ''Révolutions de Paris'' e simpatizzante dei sanculotti, Babeuf gli esprimeva ammirazione per aver favorito il decreto della Comune di Parigi che stabiliva lo « stato d'insurrezione finché non saranno assicurate le sussistenze ». Analoga ammirazione manifestava per l'iniziativa di Robespierre, il « nostro legislatore », il « nostro Licurgo » che aveva avanzato il principio secondo il quale « il diritto di proprietà  non può pregiudicare l'esistenza dei nostri simili, che la società  è obbligata a provvedere alla sussistenza di tutti i suoi membri, sia procurando loro del lavoro, sia assicurando i mezzi di esistenza a coloro che non sono in grado di lavorare ».<ref>Principio recepito nell'art. 21 della Dichiarazione del 1793: « I soccorsi pubblici sono un debito sacro. La società  deve la sussistenza ai cittadini svantaggiati, sia procurando loro del lavoro, sia assicurando i mezzi di esistenza a quelli che non sono in età  di poter lavorare».</ref> Era entusiasta, Babeuf, convinto che la Rivoluzione stesse portando ai « giorni di una felicità  generale ignota a tutte le età  e a tutte le nazioni ».
Scrivendo il [[7 maggio]] ad Anaxagoras Chaumette, giornalista delle ''Révolutions de Paris'' e simpatizzante dei sanculotti, Babeuf gli esprimeva ammirazione per aver favorito il decreto della Comune di Parigi che stabiliva lo « stato d'insurrezione finché non saranno assicurate le sussistenze ». Analoga ammirazione manifestava per l'iniziativa di Robespierre, il « nostro legislatore », il « nostro Licurgo » che aveva avanzato il principio secondo il quale « il diritto di proprietà  non può pregiudicare l'esistenza dei nostri simili, che la società  è obbligata a provvedere alla sussistenza di tutti i suoi membri, sia procurando loro del lavoro, sia assicurando i mezzi di esistenza a coloro che non sono in grado di lavorare ».<ref>Principio recepito nell'art. 21 della Dichiarazione del 1793: « I soccorsi pubblici sono un debito sacro. La società  deve la sussistenza ai cittadini svantaggiati, sia procurando loro del lavoro, sia assicurando i mezzi di esistenza a quelli che non sono in età  di poter lavorare».</ref> Era entusiasta, Babeuf, convinto che la Rivoluzione stesse portando ai « giorni di una felicità  generale ignota a tutte le età  e a tutte le nazioni ».
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Babeuf fu trasferito nel carcere dei ''Baudets'' di Arras. In un altro carcere di questa città  era detenuto dal [[15 gennaio]] 1795 per il suo « estremismo » politico un sottufficiale, [[Charles Germain]], che seppe di Babeuf e iniziò con lui una corrispondenza. Germain divenne subito amico e discepolo di Babeuf che prese a chiamarlo « generale », perché era sua intenzione destinarlo a svolgere propaganda presso i soldati.
Babeuf fu trasferito nel carcere dei ''Baudets'' di Arras. In un altro carcere di questa città  era detenuto dal [[15 gennaio]] 1795 per il suo « estremismo » politico un sottufficiale, [[Charles Germain]], che seppe di Babeuf e iniziò con lui una corrispondenza. Germain divenne subito amico e discepolo di Babeuf che prese a chiamarlo « generale », perché era sua intenzione destinarlo a svolgere propaganda presso i soldati.


Nella sua lettera a Germain del [[28 luglio]] [[1795]] Babeuf espone la sua critica della presente organizzazione sociale e la sua visione di una nuova società . Il commercio - dove per commercio Babeuf intende il complesso del sistema economico capitalistico, dalla produzione alla distribuzione - « deve arrecare nutrimento a tutti i suoi agenti, dal primo operaio che produce e appresta le materie prime, fino al capo di manifattura che dirige i grandi esercizi e al commerciante che fa circolare i manufatti nei più diversi luoghi ».  
Nella sua lettera a Germain del [[28 luglio]] [[1795]] Babeuf espone la sua critica della presente organizzazione sociale e la sua visione di una nuova società. Il commercio - dove per commercio Babeuf intende il complesso del sistema economico capitalistico, dalla produzione alla distribuzione - « deve arrecare nutrimento a tutti i suoi agenti, dal primo operaio che produce e appresta le materie prime, fino al capo di manifattura che dirige i grandi esercizi e al commerciante che fa circolare i manufatti nei più diversi luoghi ».  


Così dovrebbe fare, ma così non fa o fa in modo ineguale. Su cento persone che abitano le città  o i villaggi, novantanove sono mal vestite e sono operai. Sono senza camicia o senza scarpe quasi tutti coloro che tessono e filano lana e seta, e quelli che trattano il cuoio e fabbricano le scarpe. Analogamente, ha la casa spoglia l'operaio edile e chi fabbrica mobili. Invece, a non mancare di niente sono, oltre ai proprietari terrieri, « tutti coloro che di fatto non mettono le mani in pasta », cioè dei pochi che s'impadroniscono del frutto del lavoro di una moltitudine di braccia, dei pochi che si mettono d'accordo tra loro « per ridurre senza tregua il salario del lavoratore » e poi s'accordano « con i distributori di quanto hanno accumulato, i mercanti loro complici, per fissare la quota di tutte le cose », in modo che tale quota sia solo alla loro portata, alla portata di coloro che posseggono il denaro, l'oro e l'argento.
Così dovrebbe fare, ma così non fa o fa in modo ineguale. Su cento persone che abitano le città  o i villaggi, novantanove sono mal vestite e sono operai. Sono senza camicia o senza scarpe quasi tutti coloro che tessono e filano lana e seta, e quelli che trattano il cuoio e fabbricano le scarpe. Analogamente, ha la casa spoglia l'operaio edile e chi fabbrica mobili. Invece, a non mancare di niente sono, oltre ai proprietari terrieri, « tutti coloro che di fatto non mettono le mani in pasta », cioè dei pochi che s'impadroniscono del frutto del lavoro di una moltitudine di braccia, dei pochi che si mettono d'accordo tra loro « per ridurre senza tregua il salario del lavoratore » e poi s'accordano « con i distributori di quanto hanno accumulato, i mercanti loro complici, per fissare la quota di tutte le cose », in modo che tale quota sia solo alla loro portata, alla portata di coloro che posseggono il denaro, l'oro e l'argento.
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La società  immaginata da Babeuf è quella in cui i produttori, cioè « gli agricoltori e gli operai, gli artigiani, gli artisti e i dotti » lavoreranno per « il magazzino comune e ciascuno di essi vi invierà  il prodotto in natura del suo lavoro individuale », mentre gli « agenti di distribuzione », diversamente dagli attuali commercianti che operano nel proprio esclusivo interesse, lavoreranno nell'interesse della « grande famiglia » del popolo intero, facendo « rifluire verso ogni cittadino la sua parte eguale e varia della massa intera dei prodotti di tutta l'associazione ».
La società  immaginata da Babeuf è quella in cui i produttori, cioè « gli agricoltori e gli operai, gli artigiani, gli artisti e i dotti » lavoreranno per « il magazzino comune e ciascuno di essi vi invierà  il prodotto in natura del suo lavoro individuale », mentre gli « agenti di distribuzione », diversamente dagli attuali commercianti che operano nel proprio esclusivo interesse, lavoreranno nell'interesse della « grande famiglia » del popolo intero, facendo « rifluire verso ogni cittadino la sua parte eguale e varia della massa intera dei prodotti di tutta l'associazione ».


Ogni industria perderà  il suo carattere privato venendo esercitata a profitto della « grande famiglia » di tutti i cittadini e l'associazione dei lavoratori garantirà  che non si produca né troppo né troppo poco e determinerà  il numero necessario degli addetti a ciascun specifico lavoro, in modo che tutto sia adeguato ai bisogni presenti e previsti dell'intera comunità . Sparirà  la concorrenza, ciascuno scambierà  il prodotto del suo lavoro con tutti gli oggetti reali che gli sono necessari, mentre la società  si prenderà  cura di tutti coloro che non possono lavorare, i bambini, i vecchi e i malati.
Ogni industria perderà  il suo carattere privato venendo esercitata a profitto della « grande famiglia » di tutti i cittadini e l'associazione dei lavoratori garantirà  che non si produca né troppo né troppo poco e determinerà  il numero necessario degli addetti a ciascun specifico lavoro, in modo che tutto sia adeguato ai bisogni presenti e previsti dell'intera comunità. Sparirà  la concorrenza, ciascuno scambierà  il prodotto del suo lavoro con tutti gli oggetti reali che gli sono necessari, mentre la società  si prenderà  cura di tutti coloro che non possono lavorare, i bambini, i vecchi e i malati.


Certamente, il commercio estero non sarà  possibile, finché nelle altre nazioni esisterà  ancora la « vecchia bottega » della produzione e del commercio privato. Fortunatamente, in Francia si è in grado di produrre tutto il necessario e « noi » - osserva Babeuf - potremo intanto offrire all'ammirazione degli altri popoli « la nostra virtù sociale ».
Certamente, il commercio estero non sarà  possibile, finché nelle altre nazioni esisterà  ancora la « vecchia bottega » della produzione e del commercio privato. Fortunatamente, in Francia si è in grado di produrre tutto il necessario e « noi » - osserva Babeuf - potremo intanto offrire all'ammirazione degli altri popoli « la nostra virtù sociale ».
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Il [[6 novembre]] Babeuf scrive per sollecitare la popolazione alla vigilanza, a non farsi addormentare né conquistare dai nuovi padroni della Francia, come Tallien, come il corrotto Barras, come l'eterno voltagabbana Fouché, già  suo amico, che gli offrì denaro e migliaia di abbonamenti al ''Tribun du peuple'' purché passasse dalla parte del governo.
Il [[6 novembre]] Babeuf scrive per sollecitare la popolazione alla vigilanza, a non farsi addormentare né conquistare dai nuovi padroni della Francia, come Tallien, come il corrotto Barras, come l'eterno voltagabbana Fouché, già  suo amico, che gli offrì denaro e migliaia di abbonamenti al ''Tribun du peuple'' purché passasse dalla parte del governo.


Il [[30 novembre]] pubblica il ''Manifesto dei plebei''. La Rivoluzione del 1789 - scrive - fu la rivolta dei poveri contro i ricchi per conquistare la vera eguaglianza, l'eguaglianza di fatto e non a parole. Questa non si è realizzata e « l'accumularsi dell'oppressione » rende più che mai urgente « lo scuotimento possente del popolo contro i suoi spogliatori ». Alla radice dell'ineguaglianza è il diritto di proprietà . Questo diritto non è altro che la legge del più forte, che va abrogata, se si vuole realizzare l'eguaglianza di fatto.
Il [[30 novembre]] pubblica il ''Manifesto dei plebei''. La Rivoluzione del 1789 - scrive - fu la rivolta dei poveri contro i ricchi per conquistare la vera eguaglianza, l'eguaglianza di fatto e non a parole. Questa non si è realizzata e « l'accumularsi dell'oppressione » rende più che mai urgente « lo scuotimento possente del popolo contro i suoi spogliatori ». Alla radice dell'ineguaglianza è il diritto di proprietà. Questo diritto non è altro che la legge del più forte, che va abrogata, se si vuole realizzare l'eguaglianza di fatto.


L'eguaglianza di fatto non è una chimera. La realizzò - scrive Babeuf - il legislatore spartano Licurgo ripartendo egualmente oneri e benefici, garantendo a tutti la sufficienza e a nessuno il superfluo. Le persone più stimabili condivisero il grande principio dell'eguaglianza. Non tanto Gesù, come si pensa, perché la sua massima « ama il fratello tuo come te stesso » non dice esplicitamente che « la prima di tutte le leggi è che nessun uomo può legittimamente pretendere che qualcuno dei suoi simili sia meno felice di lui ».
L'eguaglianza di fatto non è una chimera. La realizzò - scrive Babeuf - il legislatore spartano Licurgo ripartendo egualmente oneri e benefici, garantendo a tutti la sufficienza e a nessuno il superfluo. Le persone più stimabili condivisero il grande principio dell'eguaglianza. Non tanto Gesù, come si pensa, perché la sua massima « ama il fratello tuo come te stesso » non dice esplicitamente che « la prima di tutte le leggi è che nessun uomo può legittimamente pretendere che qualcuno dei suoi simili sia meno felice di lui ».
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=== La congiura degli Uguali ===
=== La congiura degli Uguali ===
La congiura degli Uguali fu il primo tentativo storico di introdurre realmente il [[comunismo]] nella società . Il [[30 marzo]] [[1796]] (10 germinale anno IV) fu istituito un "Comitato insurrezionale" che si fondava su un nucleo dirigente, appoggiandosi anche ad un nutrito numero di militanti e ad una folta schiera di simpatizzanti.
La congiura degli Uguali fu il primo tentativo storico di introdurre realmente il [[comunismo]] nella società. Il [[30 marzo]] [[1796]] (10 germinale anno IV) fu istituito un "Comitato insurrezionale" che si fondava su un nucleo dirigente, appoggiandosi anche ad un nutrito numero di militanti e ad una folta schiera di simpatizzanti.


La congiura, che comprendeva tra gli altri [[Filippo Buonarroti]], [[Sylvain Maréchal]], [[Jacques Roux]] e [[Jean Varlet]], venne però scoperta. Il processo a Babeuf e agli altri cominciò il [[20 febbraio]] [[1797]] a Vendôme. Babeuf ed altri 30 furono giustiziati il [[27 maggio]] [[1797]] a Vendome, altri, come [[Filippo Buonarroti]] furono esiliati; Varlet invece riuscì a sfuggire alla cattura e pubblicò "Explosion", uno dei primi proclami anarchici, il quale dichiarava che «Governo e rivoluzione sono incompatibili».   
La congiura, che comprendeva tra gli altri [[Filippo Buonarroti]], [[Sylvain Maréchal]], [[Jacques Roux]] e [[Jean Varlet]], venne però scoperta. Il processo a Babeuf e agli altri cominciò il [[20 febbraio]] [[1797]] a Vendôme. Babeuf ed altri 30 furono giustiziati il [[27 maggio]] [[1797]] a Vendome, altri, come [[Filippo Buonarroti]] furono esiliati; Varlet invece riuscì a sfuggire alla cattura e pubblicò "Explosion", uno dei primi proclami anarchici, il quale dichiarava che «Governo e rivoluzione sono incompatibili».   
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